Zampe dei gechi: meraviglie della natura
Zampe dei gechi: da Aristotele alle nanotecnologie
Le zampe dei gechi rappresentano un bellissimo esempio di biofisica applicata (la scienza che studia i processi biologici sulla base delle leggi fisiche), tanto che se ne era accordo anche Aristotele, riportandolo nel suo Historia animalium, 2500 anni fa.
È infatti nota, fin dall’antichità, la capacità dei gechi di camminare su superfici lisce molto inclinate o verticali.
Il segreto deve essere per forza racchiuso nelle zampe, ma solo in tempi piuttosto recenti si è riusciti a svelarlo.
Partiamo però da due domande chiave:
- Come si appiccicano le zampotte a superfici lisce come il vetro? E tanto più in verticale o, addirittura, sottosopra?
- Se sono bravi come i ragni, com’è possibile che non rimangano appiccicati contro la loro volontà alle superfici su cui camminano?
Come funzionano le zampe dei gechi?
Viste da vicino, le zampe dei gechi appaiono decisamente particolari. Saltano subito agli occhi le numerosissime lamelle che rivestono la superficie interna delle dita, ma il trucco sta nell’osservarle al microscopio, che ne svela la reale natura.
Ogni lamella è, a sua volta, ricoperta da decine di migliaia di setae per millimetro quadrato.
Queste setole, più sottili di un capello umano, giocano un ruolo chiave donando al geco la sua straordinaria abilità.
Nel 2000, infatti, i ricercatori hanno scoperto che, tra le migliaia di setae del geco e le superfici su cui poggia i polpastrelli, si sviluppano le mitiche forze di van der Waals.
Queste ultime sono delle deboli forze intermolecolari elettromagnetiche di attrazione o repulsione.
Sono centinaia di volte più deboli rispetto ad un legame covalente o ionico e soprattutto perdono la loro intensità con l’aumentare della distanza tra le molecole. Dipendono dalle momentanee fluttuazioni delle cariche elettriche nelle molecole.
Le forze di van der Waals possono sostenere il peso di un geco
Queste forze intermolecolari sono deboli, se prese singolarmente, ma sono direttamente proporzionali all’aumento delle superfici in contatto e le setae dei gechi sono centinaia di migliaia per millimetro quadrato!
Ecco che l’adesione dei gechi consentirebbe di sopportare 50 (cinquanta!) volte il loro peso.
Addirittura il potere adesivo delle zampe dei gechi rimane invariato anche dopo la loro morte. Ergo un povero geco potrebbe morire e rimanere saldamente ancorato al soffitto di casa nostra…
Passiamo ora alla seconda domanda.
Come fanno, i gechi, a staccarsi dalle superfici?
Si è scoperto che i gechi, oltre a poter sostenere decine di volte il loro peso, possono spostarsi di venti lunghezze corporee al secondo.
Il trucco c’è ma è difficile da osservare: l’angolo di contatto tra polpastrelli e superfici. Variando tale angolo riescono ad annullare le forze di van der Waals e spostare così le zampe. Sono sufficienti appena 30°.
Le nanotecnologie ispirate al movimento del geco
È perfettamente normale che scienziati di tutto il mondo si chiedano come sviluppare tecnologie ispirate alle zampe dei gechi.
Il materiale che sta alla base di questi studi è ovviamente la fibra di carbonio. Questo perché è possibile ricavarne nanotubuli che, imitando le setae del geco, aumentano la superficie di contatto, generando le forze di van der Waals necessarie all’adesione.
Ecco che, ad esempio, all’Università di Dayton, all’Air Force Research Laboratory e all’Università di Akron è stato sviluppato (già nel 2008) un materiale adesivo composto da migliaia di nanotubuli in grado di creare una forza adesiva anisotropica: le caratteristiche fisiche e il comportamento meccanico possono variare a seconda della direzione longitudinale e trasversale.
Tale materiale potrebbe consentire il collegamento tra dispositivi elettronici e sostituire alcuni adesivi utilizzati nel vuoto dello Spazio (quindi soggetti a perdere efficacia a causa della colla che si “secca” in condizioni di temperature estreme e radiazioni).
Non solo, è al centro di numerose ricerche anche lo sviluppo di robot capaci di arrampicarsi in luoghi impervi, o utilizzabili nella manifattura automatica e nelle catene di assemblaggio e sollevamento.
Conclusioni e criticità
Chiaramente è nell’interesse di ogni università e istituto di ricerca riuscire a sviluppare materiali adesivi dalle capacità quasi fantascientifiche, dati gli interessanti risvolti pratici. Tuttavia, seppur sulla strata giusta, la ricerca incontra non poche difficoltà, in primis quelle tecniche.
Sviluppare questa tipologia di materiali utilizzando nanotubuli di carbonio (o di alluminio, nel caso dell’Università di Singapore) è molto complesso: un’imperfezione di pochi micron potrebbe causare una netta perdita di efficacia adesiva.
Anche i costi sono ancora proibitivi: creare un materiale del genere è già molto costoso per campioni di piccole dimensioni, figuriamoci per tessuti indossabili da un essere umano.
Ma la ricerca non si ferma: oltre alle zampe dei gechi, anche la seta di ragno, il grafene e le foglie di loto sono oggetto di studio per lo sviluppo di nuovi materiali che apporterebbero moltissimi benefici all’umanità intera.
FONTI
https://www.sciencedaily.com/releases/2008/10/081009143704.htm
https://it.wikipedia.org/wiki/Forza_di_van_der_Waals
https://www.eurekalert.org/pub_releases/2014-08/osu-sdt081114.php
https://www.jstor.org/stable/3884747?seq=1
https://www.focus.it/ambiente/animali/i-gechi-mantengono-la-presa-anche-da-morti
Fin da bambino le mie più grandi passioni sono la natura e i libri: ho fuso le due cose nella divulgazione scientifica e dal 2018 faccio parte del Team di MissioneScienza.
Sono un Perito Agrario iscritto al CdL in Scienze Agrarie all’Università degli Studi di Udine e mi piacerebbe specializzarmi in Agricoltura di Precisione.
Mentre completo gli studi, lavoro come Insegnante Tecnico-Pratico in una scuola superiore in provincia di Pordenone. Insomma, la divulgazione è parte integrante della mia vita!