Visione e illusioni ottiche: parte 1

Visione = capacità di percepire gli stimoli luminosi. Davvero significa solo questo?

Diamo troppe cose per scontate nella nostra vita. Respirare, dormire, vedere.

Ma il meccanismo della visione non è per nulla così scontato da poter essere definito in poche semplici parole.

Leggevo “L’uomo che credeva di essere morto” di Ramachandran. Arrivato al capitolo “Vedere e sapere” ne sono rimasto abbagliato. In queste pagine è bene spiegata una parte affascinante della visione. Cercheremo di parlarne e approfondirla in questi articoli.

Iniziamo descrivendo il meccanismo della visione.

Come facciamo a vedere?

Iniziamo con una spiegazione semplice e capiamo perché non è sufficiente.

“Se vedo una sedia, la sua immagine viene proiettata sulla retina. Quindi viene trasmessa lungo il nervo ottico all’area visiva del cervello e la vediamo. Naturalmente l’immagine proiettata sulla retina è capovolta, per cui deve essere raddrizzata nel cervello prima di vederla.”

Questa banale spiegazione contiene però una grossa fallace logica: “la fallacia dell’homunculus”.

Se l’immagine sulla retina venisse trasmessa al cervello e proiettata su uno schermo mentale interno, avremmo bisogno, dentro il nostro cervello, di un homunculus (omino) che guardasse l’immagine e la interpretasse. Ma come farebbe l’omino a capire le immagini proiettate sullo schermo? Avrebbe bisogno di avere nella propria testa un altro omino ancora più piccolo che guardasse le immagini, e così via.

Quindi questa intuizione semplice non spiega in maniera appropriata il fenomeno della visione.

Cosa significa quindi vedere?

Innanzitutto, dobbiamo liberarci della banale convinzione che dalla retina l’immagine venga trasferita al cervello. L’immagine che noi vediamo non è un JPEG che può essere semplicemente spostato da una cartella (retina) a un’altra (cervello).

L’immagine viaggia nelle vie nervose in simboli, costituiti da segnali nervosi. Questi simboli, però, solo in parte vengono creati sulla retina. La maggior parte viene creata nel cervello, suddivisi in moduli, trasformate e combinate nell’ampia rete delle aree visive, le quali alla fine ci permettono di vedere un’oggetto.

L’elaborazione di questi dati avviene, però, senza entrare nella nostra coscienza. Ecco perché vedere ci sembra un’operazione facile e naturale.

 

Ritornando al concetto dell’homunculus di prima, Ramachandran ci fornisce un altro suggerimento per smontarlo: “Se la percezione consiste soltanto nel trasmettere e proiettare un’immagine su uno schermo mentale interno, perché tale immagine rimane costante, mentre la nostra percezione cambia radicalmente?”

Per di più, vale anche il contrario: l’immagine retinica può cambiare, mentre la percezione dell’oggetto rimane stabile.

Ma capiamoci meglio.

Illusione ottica di percezione

La nostra percezione può cambiare anche se l’immagine resta sempre la stessa. Un famoso esempio è il cubo di Necker, scoperto per caso dal cristallografo omonimo. Necker stava osservando un cristallo cuboide al microscopio, quando si accorse che senza muoversi il cubo aveva cambiato orientamento davanti ai suoi occhi.

Il cristallo stava per caso mutando? Per scoprire cos’era successo, Necker disegnò lo scheletro di un cubo su un pezzo di carta e notò che anche il disegno faceva lo stesso scherzo. “Caspiterina” pensò “forse stavolta ho davvero esagerato con gli acidi”.

Ma Necker era davvero sotto effetto di qualche sostanza psichedelica? Scopriamolo.

Osservate questa immagine:

Cubo di Necker. © Fonte

Il cubo nell’immagine è disegnato come se lo vedessimo dal basso o dall’alto?

Ora concentratevi e vedrete che il cubo …booomm… si ribalta sotto i vostri occhi e lo fa in parte, ma solo in parte, sotto controllo volontario. Anche voi vi siete calati di acidi?

Ebbene no. Almeno che io sappia. Ramachandran dice:

“Il fatto che la vostra percezione di una figura stabile possa cambiare e ribaltarsi radicalmente, è la prova che la percezione è qualcosa di molto più complesso della semplice proiezione di un’immagine sullo schermo del cervello. Anche il più semplice atto percettivo richiede giudizio e interpretazione. La percezione è un’opinione del mondo che ci facciamo in modo attivo, non una reazione passiva a un input sensoriale proveniente da quel mondo”.

Un altro esempio di come cambia la nostra percezione è dato dalla famosa illusione della stanza di Ames.

Adelbert Ames, oftalmologo americano, creò una stanza molto particolare. La stanza è costruita in modo che, vista frontalmente appaia come una normale stanza a forma di parallelepipedo. In realtà essa è a forma di trapezio, le pareti sono divergenti e il pavimento e il soffitto sono inclinati.

Ma le inclinazioni e le proporzioni sono calcolate in modo tale da dare un’illusione ottica quando la si guarda da una certa prospettiva. Per effetto dell’illusione, una persona in piedi a un angolo della stanza appare un gigante, mentre un’altra persona situata nell’angolo opposto sembra minuscola.

Per capirci meglio, curiosate questo video di una stanza di Ames a Helsinki (Wikipedia).

Illusione delle tre luci

Forse avrete sentito parlare del modello RGB (rosso-giallo-blu). Tutti gli schermi utilizzano questo modello per mostrare immagini. Il dispositivo da cui state leggendo questo articolo utilizza solo questi tre colori e, regolando l’intensità dei singoli, permette di creare qualsiasi colore.

Questo fenomeno è dato dal fatto che la nostra retina ha solo tre tipi di recettori, chiamati coni. Tralasciando il meccanismo biochimico alla base, è importante sapere che ogni cono contiene una molecola chiamata “opsina” sensibile maggiormente a una specifica lunghezza d’onda. Alcuni coni sono più sensibili alle radiazioni luminose di 570 nm (nanometri), corrispondente al rosso. Altri sono più sensibili a 540 nm, ovvero al verde. Gli ultimi sono più sensibili a 440 nm, quindi al blu.

N.B.: in realtà la retina possiede anche un secondo tipo di recettori, chiamati bastoncelli. Essi sono molto sensibili alla luce in generale e permettono la visione periferica.

Per cui i display si basano proprio su questo meccanismo. Basta cambiare l’intensità di questi tre colori combinati e si è in grado di creare qualsiasi colore [non proprio tutti, NdR].

Quindi, mentre guardiamo un colore i coni vengono eccitati in un rapporto diverso. Ad esempio, il giallo, che nello spettro dei colori sta a metà strada tra il rosso e il verde, attiva in egual misura i recettori del rosso e del verde. Il nostro cervello ha imparato che quando vengono attivati ugualmente i recettori del rosso e del verde, il colore osservato è il giallo. Ed ecco come siamo capaci di distinguere i colori.

L’illusione dei cerchi ombreggiati

Questa illusione ci farà uscire davvero matti.

Guardate questa immagine.

Vi sembrano delle palle o delle cavità? © Fonte

Molto probabilmente le vedete come palle illuminate da destra. Con un piccolo sforzo li si può vedere anche come cavità illuminate da sinistra. Ma mai potreste vedere simultaneamente alcuni come palle e altri come cavità.

Ci sono in realtà due ipotesi del perché questo accada.

La prima ipotesi dice semplicemente che il cervello sceglie di default la strada più semplice, vedendo i cerchi tutti allo stesso modo.

Ma c’è una seconda ipotesi più curiosa: quella evoluzionistica. Visto che viviamo su un pianeta con un solo sole, è come se l’apparato visivo partisse dal presupposto che ci fosse un’unica sorgente luminosa a illuminare la scena. Questo non è vero in un ambiente illuminato artificialmente da molte lampadine, ma è vero in natura.

Magari se incontrassimo alieni proveniente da un sistema solare con più soli, potrebbero essere immuni da questa illusione ottica.

Dunque, qual è la spiegazione corretta?

Per capirlo mischiamo un po’ le carte. Osservate questa immagine e ditemi cosa vedete? Palle o cavità?

© Fonte

Se decidete di vedere quelle con la luce che viene da destra come palle, allora automaticamente vedrete le altre come cavità. E viceversa. Questo dimostra che la spiegazione corretta non è la semplicità, ma l’assunto di un’unica sorgente luminosa.

E se invece che venire da destra o da sinistra la luce venisse da sopra o da sotto, cosa succederebbe?

In quest’immagine la luce viene da sopra. Metà dei dischi (con la parte superiore illuminata) sono visti come palle e l’altra metà come cavità. © Fonte

Seppur sforzandovi non riuscireste mai a cambiare l’immagine come prima, a meno che voi non giriate di 90° lo schermo. È come se il cervello presupponesse automaticamente che la luce venga dall’alto. Ancora una volta, data la posizione dell’unica fonte naturale di luce, l’assunto è sensato.

Certo, non è sempre vero che la luce arriva dall’altro, perché il sole a volte è all’orizzonte. Ma è vero statisticamente, e di sicuro il sole non è mai sotto di noi.

Ma non è finita qui.

Rivediamo l’immagine di prima. Ma ora provate a vederla con lo schermo dritto ma girando la testa di 90°. Cosa succede? L’ambiguità ricompare. Riuscirete a vedere anche questa volta alcune palle e altre cavità in modo interscambiabile.

Quindi è come se il cervello assumesse che il sole è incollato alla nostra testa. Percepisce sempre come palle tutte quelle che hanno la luce che viene da sopra la nostra testa. Se giriamo la testa, allora quelle possono anche diventare cavità (perché non abbiamo preferenza tra destra e sinistra).

Ma perché un simile, sciocco assunto?

Beh… perché ovviamente non è che i nostri antenati scimmieschi andavano girando con la testa inclinata di 90°.

Il nostro apparato visivo prende quindi una scorciatoia, assumendo che il sole sia incollato alla nostra testa.

Lo scopo della visione non è quello di percepire le cose in maniera perfetta sempre, ma di percepirle bene abbastanza spesso e in fretta da permetterci di sopravvivere il più a lungo possibile per lasciarci dietro il maggior numero possibile di figli. Per quanto riguarda l’evoluzione, questa è l’unica cosa che conta.

Abbiamo visto come, facendo delle osservazioni e ponendoci delle sciocche domande, si può arrivare a un nuovo modo di vedere il mondo.

Nonostante diamo tutto per scontato, dietro alle più grosse sciocchezze si nasconde un mondo.

Conclusione

Nell’essere umano una notevole parte del cervello, costituita dai lobi occipitali e da parte dei temporali e parietali, è preposta alla visione.

Ognuna delle circa trenta aree visive all’interno di tali regioni contiene una mappa completa o parziale del mondo visivo. Tutte queste parti sono in stretta comunicazione tra loro. Basta vedere uno dei diagrammi anatomici di David Van Essen, che descrive la struttura delle vie visive nelle scimmie antropomorfe per farsi un’idea della complessità. Considerate che nell’essere umano le vie sono anche più complesse.

Diagramma anatomico di David Van Essen delle vie anatomiche della visione di una scimmia antropomorfa. © Fonte

Le informazioni viaggiano dalla retina (RGC in figura) passano per la corteccia visiva primaria (V1) e vanno in tantissime altre aree. Si noti in particolare come le fibre che da ogni stadio di elaborazione tornano allo stadio precedente sono almeno altrettanto (in realtà molto di più) di quelle che vanno allo stadio successivo.

Non si sa bene cosa facciano tutte queste connessioni retrograde, ma sembrerebbe che a ogni stadio dell’elaborazione, ogni volta che perviene una soluzione parziale di un problema percettivo (come determinare l’identità, la localizzazione o il movimento di un oggetto), il cervello la invii immediatamente come feedback agli stadi precedenti.

Ripetuti cicli di tale processo aiutano a eliminare false soluzioni. È come se ciascuno di noi avesse continuamente allucinazioni e quella che chiamiamo percezione consistesse soltanto nello scegliere l’allucinazione che meglio corrisponde all’input del momento. È ovviamente un’esagerazione, ma dietro c’è del vero (come vedremo nel prossimo articolo).

Tommaso Magnifico

Sono Tommaso Magnifico, studente di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Bari e Socio Mensa (The high IQ society). Scrivo articoli specialmente riguardati la medicina in tutte le sue sfaccettature: dal pronto intervento alla psicologia. Potere alla scienza!!!

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