Verde di Parigi, quando i pesticidi erano glamour
Oggi parleremo del Verde Parigi, un pigmento, a base di arsenico, nato come colorante ed in seguito utilizzato come pesticida (quando si dice reinventarsi una carriera). Inutile dire che impregnare le pareti della propria abitazione con un pesticida contenente arsenico non sia il massimo della salubritĂ ed effettivamente vedremo che non lo era affatto.
La nascita di un nuovo colore
Il Verde Parigi, fu sintetizzato per la prima volta all’inizio dell’800 e fu commercializzato con vari nomi a seconda del produttore che lo vendeva. Girando per lâEuropa del primo â800 avremmo potuto trovarlo sotto il nome di verde di Basilea, verde di Lipsia, verde di Schweinfurt, verde di Vienna, verde smeraldo, verde pappagallo, verde imperiale, verde nuovo, verde persiano, verde Mitis, verde reale, verde patentato ed altri circa 70 nomi [1]. Prese il nome con cui oggi lo conosciamo tutti dopo che si iniziò ad utilizzarlo per la derattizzazione delle fogne di Parigi… molto romantico.
Il nuovo colore fu commercializzato per la prima volta nel 1814 e fu subito un successo. Rispetto ai verdi noti in precedenza risultava essere nettamente piÚ brillante e vivido. Ciò fece sÏ che venne utilizzato, come se non ci fosse un domani, nei dipinti, nei tessuti, nelle pitture e perfino nelle decorazioni alimentari [2].
Avvelenamento da arsenico
Come detto in precedenza, il verde di Parigi era in gran parte composto da arsenico, un elemento estremamente tossico per lâuomo. Ma cosa succede quando entriamo a contatto con questa sostanza? Lâarsenico è molto affine con lo zolfo presente nelle proteine [3]. Quando lâarsenico si lega alla proteina questa viene deformata, rendendola inattiva. In particolare, lâinibizione della glutatione reduttasi e la tioredossina reduttasi, genera scompensi estremamente gravi nel metabolismo umano. I sintomi tipici di un avvelenamento da arsenico sono: nausea, vomito, diarrea, lesioni cutanee, diabete, infarto e tumori alla vescica e al polmone. Insomma non è una di quelle cose con cui vorresti ridipingerci la camera da letto [3].
Veleni invisibili
Il pigmento fu utilizzato come colorante per quasi mezzo secolo, nonostante se ne ipotizzasse la pericolosità fin dal 1839, quando il chimico Leopold Gemelin pubblicò un articolo in cui metteva in guardia sulla tossicità del composto.
Nonostante ciò fu utilizzato per colorare giocattoli, alimenti, fuochi d’artificio, vestiti e carta da parati, soprattutto per via di quest’ultima avvennero la maggior parte degli avvelenamenti. Molti chimici e medici cominciarono a sospettare che il pigmento fosse responsabile di malattie e morti inspiegabili, soprattutto di bambini che dormivano in stanze decorate con queste carte da parati. Tuttavia, tutte le analisi, ripetutamente effettuate da numerosi ricercatori, non evidenziavano arsenico rilasciato nell’aria. Come si sarebbe capito in seguito, il composto d’arsenico che si liberava era tossico anche a concentrazioni che a quel tempo non era possibile rivelare. Solo alla fine dell’Ottocento il microbiologo Bartolomeo Gosio dimostrò che il rilascio di gas molto tossici contenenti arsenico era dovuto alla presenza di muffe, e mise a punto un test abbastanza sensibile. L’esatta natura del composto tossico rimase sconosciuta fino al 1933, quando il chimico Frederick Challenger lo identificò come trimetilarsina. [4]
Se ti interessa lâargomento non perderti il nostro articolo sui coloranti contenenti sostanze radioattive.
Vittime illustri?
Tra le vittime illustri del pigmento potrebbe esserci Napoleone Bonaparte, anche se non câè certezza sulla questione. L’ipotesi è nata dopo che, analizzando la carta da parati della casa di Sant’Elena in cui visse i suoi ultimi anni, si riscontrò un elevata quantitĂ di arsenico dovuta appunto al Verde di Parigi. Successive analisi condotte sul corpo del generale francese rilevarono una gran quantitĂ di arsenico nei capelli, ma non è detto che tale elemento derivi per forza dalla famigerata carta da parati [2]. Una ricerca condotta nel 2005 da dei ricercatori italiani, ha però messo in evidenza che lâarsenico fosse presente nei capelli di Napoleone anche in campioni molto antecedenti alla morte. Ciò ha fatto ipotizzare che in realtĂ la presenza di questo elemento fosse dovuta a qualche prodotto per la cura dei capelli. Ad oggi però non è chiaro quanto lâesposizione allâarsenico abbia contribuito al peggioramento dello stato di salute del condottiero francese.
Altra vittima famosa del colorante potrebbe essere il pittore Paul CĂŠzanne, abituale utilizzatore del pigmento. Si ipotizza che il suo diabete fosse dovuto allâesposizione allâarsenico [2].
Reinventarsi pesticida
Nel 1867, gli agricoltori statunitensi scoprirono che il verde di Parigi era efficace contro la dorifora della patata, un parassita particolarmente aggressivo. Nonostante le preoccupazioni relative alla sicurezza dell’uso dei composti dell’arsenico nelle colture alimentari, il verde di Parigi divenne il metodo piĂš comune per combattere la dorifora. Nel 1880, il verde di Parigi era diventato lâinsetticida chimico piĂš utilizzato al mondo [4]. Anche in Italia fu abbondantemente utilizzato nel 1944 e 1945 per il controllo della malaria.
Adieu Paris
Nel 1870, con lâuscita di nuovi coloranti sintetici, il verde di Parigi iniziò ad essere abbandonato. Inoltre, le sempre piĂš conclamate evidenze sulla sua pericolositĂ , lo relegarono nel mondo dei pesticidi.
L’utilizzo come pesticida subĂŹ un lento declino a partire della fine del XIX secolo, salvo sporadici utilizzi nel ‘900 fu quasi totalmente soppiantato da sostanze piĂš efficienti come il DDT.
Come ogni molecola, alla fine, il verde di Parigi ha fatto la sua storia, nel bene e nel male, per poi essere relegata in un angolo della storia. Ogni nuova sostanza, sia essa medicinale, pesticida o colorante, subisce inevitabilmente lo stesso decorso fatto di gloria e oblio.
Sono laureato in chimica all’UniversitĂ degli Studi dell’Aquila ma mi appassiona qualsiasi forma di conoscenza, dall’astrofisica al senso della moda nell’Impero Bizantino.
Nella vita lavorativa mi occupo di consulenze mediche, mentre in quella privata di viaggi, birra e fotografia.
Probabilmente utilizzerò questa descrizione anche su Tinder đ°
Buongiorno Sig. Di Micco, se ritrovo in quale capitolo l’autore di un libretto stampato dalla Longanesi (siamo negli anni 70) e scritto da Beonio-Brocchieri, intitolato “Camminare sul fuoco e altre magie”… L’autore racconta, con dovizia di particolari, di come nell’800 (credo anche dopo…) i contadini-montanari austriaci si facessero (in sostanza si drogavano-intossicavano) con l’arsenico, se ricordo bene a mo’ di elisir di lunga vita. Brocchieri segnalava anche il nome dato alle dosi. Pare che gli scellerati andassero progressivamente aumentando le dosi durante tutta la vita, intossicandosi lentamente e inesorabilmente, restando vivi (ma probabilmente e col tempo fuori di senno).