Vaccino e vaiolo: due storie in una
Avrete sicuramente visto questa cicatrice sul braccio (vedi foto sotto) di persone over 50.
Questo segno rotondeggiante marchiato sul braccio non è un ex tatuaggio, né tantomeno un’enorme puntura di zanzara killer, ma è il segno della vaccinazione contro il vaiolo.
Il vaiolo è una malattia infettiva provocata da due diverse varianti del virus Variola, le cui epidemie si sono sviluppate in tutto il mondo (qualcosa di già sentito…). Le sue origini, però, sono sconosciute, nonostante le numerose testimonianze storiche.
Come per tutte le grandi scoperte, la storia del vaccino del vaiolo è lunga e merita di essere seguita passo, passo.
Mettetevi quindi comodi e buona lettura.
Avvertenze: a fine articolo troverete un’immagine che potrebbe urtare la vostra sensibilità.
Le presunte origini del vaiolo
La testimonianza più antica del vaiolo è stata rilevata nelle mummie egizie di circa 3000 anni fa!
Molto probabilmente, all’epoca, il vaiolo si era diffuso per via sia terrestre che marittima, contagiando popolazioni fino all’India, dove si “stabilì” per circa 2000 anni!
Arrivò poi in Cina e Giappone, nonché con periodiche “entrate in scena” nell’Occidente europeo, l’area geografica che divenne focolaio principale nel periodo delle Crociate, tra il 1095 e il 1492. Proprio nel 1492, il vaiolo fu importato nelle Americhe dopo la celebre scoperta geografica di Cristoforo Colombo.
La cura turca
In Europa nel 1715 esplose una storica epidemia del virus Variola.
La saggista inglese, ai tempi molto nota, Lady Mary Wortley Montagu, moglie dell’ambasciatore di Turchia, fu contagiata dal virus ma riuscì a sopravviverne.
Durante il suo soggiorno a Istanbul, tra il 1716 e il 1718, venne a conoscenza di una pratica molto diffusa in Turchia: la variolazione o variolizzazione, ovvero un contagio “voluto”.
Visto il beneficio che comportava questa pratica, la Lady fece attuare la medesima procedura sui suoi figli, che riuscirono così a non ammalarsi.
La nobildonna fece di tutto per far conoscere questa pratica nel mondo occidentale, partendo dall’Inghilterra dove, però, riscontrò numerose resistenze. In particolare, l’opposizione religiosa interpretava l’epidemia come una volontà divina che non doveva essere contrastata da pratiche sconosciute come la variolizzazione.
Il vaccino: l’origine
Questa pratica “primitiva” del Medio Oriente fu studiata da numerosi esperti di medicina in Europa, ma a portare la svolta fu il medico e naturalista Edward Jenner che sperimentò la cura definitiva, definito oggi il padre dell’immunizzazione.
Già nel 1782, Jenner sapeva distinguere tre forme di vaiolo:
- Smallpox: il più comune per l’essere umano
- Cow-pox: comune per le mucche da latte, contagiando i mungitori
- Grease: comune per i cavalli
Nel 1796 Jenner dimostrò che l’infezione del vaiolo bovino (Vaccinia virus), contratto da chi praticava la mungitura delle vacche, riusciva a proteggere i mungitori dallo smallpox (Variola major).
Il vaiolo vaccino per l’uomo era innocuo e nei casi più gravi si limitava a formare delle piccole vescicole sulle mani, simili a quelle provocate dal vaiolo, guarendo spontaneamente.
Per questo Jenner ebbe l’intuizione di inoculare il Vaccinia virus, estratto in modo sperimentale, da vacche infette. Da qui il termine “vaccino”, utilizzato fino ad oggi.
La pubblicazione del The Origin of the Vaccine Inoculation di Jenner, nel 1801, rese nota a tutti la somministrazione del vaccino (il primo al mondo) antivaioloso. Nacque così l’immunologia moderna!
Per dimostrare la sua teoria, Jenner provò a vaccinare il figlio di otto anni, prima con il siero delle pustole di vaiolo vaccino e poi con il vaiolo umano, verificandone l’immunità. Questo fu il primo caso documentato di prevenzione!
Con il prevalere delle idee libertarie, negli anni successivi alla Rivoluzione Francese, la vaccinazione divenne una pratica comune in tutto il mondo. In Italia, fu Luigi Sacco a diffondere, dal 1799, la vaccinazione, riducendo drasticamente la mortalità da vaiolo.
L’eradicazione dell’infezione
Il vaiolo è stata l’infezione più diffusa al mondo, sia in termini geografici che di durata.
In Africa centrale il vaiolo si disseminò in epoca moderna, probabilmente durante i primi anni del XIX secolo, mentre fu eradicato del tutto in Europa solo nel 1953. Intorno agli anni ’40, si manifestarono gli ultimi casi nel Nord America.
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) nel 1967 propose un programma di eradicazione della durata di 10 anni, a causa del repentino aumento di vittime: 10-15 milioni di nuovi casi e 2 milioni di morti all’anno in 31 paesi.
Solo nel 1971 il morbo scomparve totalmente in America Latina e nel 1975 fu testimoniato l’ultimo caso in India.
A livello mondiale, l’anno decisivo della scomparsa del virus fu il 1977 grazie a una campagna intensiva di vaccinazione coordinata dall’OMS.
L’epidemiologia (disciplina biomedica che studia la distribuzione e la frequenza delle malattie ed eventi di rilevanza sanitaria nella popolazione) ebbe un ruolo importantissimo grazie alla mappa di tracciamento dei focolai epidemici della malattia, dando informazioni su:
- distribuzione dei casi,
- modello,
- meccanismi ed livelli di trasmissione
Solo nel 1980 l’OMS ha dichiarato che il vaiolo si è completamente eradicato, non provocando più morti.
Il “volto” del vaiolo
Il virus del vaiolo ha una contagiosità molto elevata e, nel 30% dei casi, provoca la morte dell’ospite.
Il vaiolo, appartenente alla famiglia Orthopoxviridae, si trasmette per via aerea tramite l’inalazione di goccioline infette per via orale, nasale o faringea (ormai siamo tutti esperti a riguardo).
Gli effetti immediati sono dati da una violenta febbre sia per i variolati (o vaiolato) che per i malati “naturali” di vaiolo, ma solo i vaiolati contraggono forme lievi di reazione, decisamente sopportabili.
Il vaiolo, in fase di eruzione, provoca la comparsa anche di caratteristiche pustole (macchie rosse che successivamente imbruniscono) la cui reazione è altamente contagiosa.
Dopo 3 o 4 settimane le croste si staccano (fenomeno della butteratura).
Esistono due forme cliniche di vaiolo:
- Variola major: comune nell’uomo, che si manifesta con febbre alta e la comparsa di pustole ulceranti sul corpo. Ne esistono di quattro generi: 1) ordinario (supera il 90% dei casi), 2) uno lieve che si sviluppa su persone vaccinate, 3) piatto o maligno 4) emorragico, raro ma molto grave.
- Variola minor: meno pericoloso, con una mortalità sotto l’1%.
Oggigiorno in “natura” non esiste più questo tipo di virus, ma è presente solo in alcuni laboratori altamente sorvegliati.
Conclusioni
Ebbene, oltre al vaiolo nel corso della storia sono stati numerosi i casi di epidemia allargata a macchia d’olio nei diversi continenti!
La vaccinazione è, quindi, un’innovazione sanitaria di rilevanza mondiale da cui non possiamo sottrarci, essendo l’unica arma disponibile per tutelare e migliorare la qualità della vita, ma soprattutto per ridurre la mortalità, estirpando pandemie storiche come quella del vaiolo, influenza, spagnola, colera, tifo, sifilide e… SARS-CoV-2.
Fonti
Istituto superiore di sanità – vaiolo
Curiosa su molti fronti, sono laureata in Analisi e Gestione dell’Ambiente. Dopo il lockdown, ho innalzato i valori di serietà e abbassato quelli del cazzeggio. Il team di Missione Scienza mi ha accolta in modo tale da poter recuperare questa mia “deficienza fisiologica”. Sono lunatica, cambio facilmente argomento quindi, per ora, vi dico che scriverò di ecologia, ma potrei inabissarmi in altro. Divulghiamo la divulgazione scientifica!
“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.” (P. Levi)