The immortal life of Henrietta Lacks

Il titolo di questo articolo rimanda al libro di Rebecca Skloot ed al film uscito nel 2017, ispirati alla storia vera di Henrietta Lacks.

A sinistra la vera Henrietta Lacks, a destra l’attrice che l’ha interpretata nel film in suo onore del 2017. https://www.vox.com/platform/amp/science-and-health/2017/4/21/15275514/oprah-henrietta-lacks-hbo-consent-biospecimens

 

Sono certa che il termine “immortal” abbia stuzzicato notevolmente la vostra curiosità. Mi dispiace deludervi, ma se il vostro primo pensiero è stato una pozione magica per diventare immortali, vi dico sin da subito che si tratta di tutt’altro. Probabilmente, alcuni di voi avranno già sentito parlare delle vicende travagliate di questa donna, grazie alla quale, indirettamente, la scienza ha potuto compiere straordinari passi avanti. Non dimenticherò facilmente il giorno in cui una collega universitaria ha esordito esclamando: “Queste cellule vengono ancora utilizzate nonostante siano passati più di 70 anni? Sono allibita. Sono sola in camera e ho paura”. Insomma, mi ha strappato un sorriso lo ammetto. Forse all’apparenza qualcosa di macabro ed inquietante effettivamente c’è, ma pensare a come una vita spezzata da un tumore ne abbia poi salvate tante altre mi ha davvero commossa. (ok questi sono tutti spoiler, spero mi perdonerete).

Ma cos’è accaduto ad Henrietta Lacks?

Dopo tutta questa suspense mi sembra il caso di iniziare a raccontare la sua storia. Nel 1951 la giovane 31enne si presentò all’ospedale Johns Hopkins di Baltimora a causa di anomali sanguinamenti non associati al periodo mestruale. Il dottor Horward Jones individuò una crescita anomala a livello uterino per cui ritenne necessario analizzare un campione di tessuto. Fu il biologo George Gey ad esaminarlo. La diagnosi fu purtroppo drammatica: tumore alla cervice uterina.

Henrietta morì infatti dopo soli sette mesi. La donna non rivelò subito la sua malattia (era sposata e aveva anche dei figli), ma cercò di nascondere quanto più possibile il suo dolore. I ricercatori notarono una peculiarità nei tessuti della paziente: solitamente tutte le cellule umane che provavano a coltivare morivano molto rapidamente (dopo qualche giorno) non lasciando loro neanche il tempo di studiarle, mentre le cellule di Henrietta erano in grado di moltiplicarsi ad una velocità senza precedenti.

Significativa rappresentazione delle cellule HeLa e della sofferenza di Henrietta. https://www.pinterest.it/amp/pin/86412886579949555/

Questa fu, ovviamente, una notizia molto tragica per Henrietta e la sua famiglia, in quanto l’eccessiva velocità di moltiplicazione superava di gran lunga la rapidità con la quale il trattamento basato sul Radio era in grado di uccidere le cellule. L’esito della malattia fu, infatti, fatale.

Le cellule di Henrietta Lacks continuano a vivere nonostante la sua morte, all’esterno del suo corpo

Queste cellule sono addirittura in grado di riprodurre un’intera generazione in sole 24 ore, non a caso vengono definite linee cellulari immortali (lo so, sembra un film di fantascienza), ed hanno inoltre ben 82 cromosomi.

Esistono due tipologie di colture cellulari: primarie e secondarie. Le colture primarie si dividono per un numero molto limitato di volte e vanno subito incontro a senescenza, invece le colture cellulari secondarie, trattate con opportuni agenti chimici, fisici o biologici, possono dividersi dalle 10 alle 20 volte prima di invecchiare.

E poi ci sono linee cellulari che non vanno mai incontro a senescenza e la loro immortalità può essere indotta volontariamente o mediante virus o agenti chimici particolari, oppure può essere acquisita naturalmente a seguito di mutazioni, come in questo caso.

La mutazione che ha reso immortali le cellule HeLa (in onore di Henrietta Lacks)

Le estremità dei nostri cromosomi sono protette da particolari strutture denominate Telomeri. Ad ogni replicazione, infatti, parte delle estremità cromosomiche viene eliminata, con il rischio di perdere informazione genetica. I telomeri sono, invece, sequenze altamente ripetute, non corrispondenti ad informazioni importanti, quindi questo DNA può essere tranquillamente perso.

Ora vi starete chiedendo: ma queste strutture non sono mica infinitamente lunghe, non dovrebbero consumarsi in fretta?

Ed è qui che interviene la nostra amica Telomerasi, enzima in grado di rigenerare i nostri angeli custodi Telomeri. La Telomerasi, però, diventa sempre meno attiva con il progredire dell’età, per questo i telomeri rappresentano una sorta di indice del tempo che passa (non so a voi, ma questo mi fa pensare a dei videogame… anziché indicare le vite con dei cuori o altro, potrebbero utilizzare i telomeri).  Toglietevi dalla testa l’idea di farvi iniezioni di Telomerasi per diventare immortali.

Credo che, per farvi cambiare idea, vi basti sapere che anche un’eccessiva attività di questo enzima può risultare dannosa…

Un simpatico disegno su telomeri e telomerasi. https://youtu.be/CfsE_klDhhM

 

Tutto questo per arrivare a dirvi che la famosa mutazione che ha reso le cellule HeLa immortali è una mutazione indotta dal Papilloma Virus Umano HPV, il quale ha determinato un’attivazione continua delle Telomerasi, consentendo alle cellule tumorali di non invecchiare mai e di replicarsi in eterno.

Le cellule di Henrietta sono così state utilizzate da ricercatori di tutto il mondo e tutt’ora sono alla base delle ricerche sul cancro, sugli effetti delle radiazioni e delle sostanze tossiche, la mappatura del genoma, nella produzione di proteine ad interesse farmaceutico e tanto altro ancora. Strabiliante come delle cellule tumorali possano essere utilizzate per migliorare la vita dell’uomo (oserei dire paradossale).

Qual è stata la posizione assunta dai familiari di Henrietta in merito all’utilizzo e diffusione delle sue cellule?

Il prelievo di tessuti negli anni 50’ non era ancora regolamentato e tutelato, per cui i familiari della donna furono costretti a rassegnarsi e ad accettare passivamente la cosa.

Non fu mai chiesto loro il permesso di compiere questi studi, sino a quando, nel 2013, i ricercatori non pubblicarono il risultato del sequenziamento del suo genoma (naturalmente vi è una certa corrispondenza tra le sequenze di DNA di Henrietta e quelle dei suoi parenti), per cui fu deciso di inserire due membri della famiglia nel comitato che si occupa di regolare l’accesso ai dati della sequenza genomica.

La famiglia non ha mai ricevuto alcun risarcimento per l’ingiustizia subita, sino a quando, alla fine dello scorso ottobre, l’Horward Hughes Medical Institute (la più grande organizzazione no profit privata di ricerca biomedica degli USA) ha scelto di rimediare agli errori del passato, effettuando una donazione nell’ordine di centinaia di migliaia di dollari alla Henrietta Lacks Foundation.

Una fondazione che, con diversi aiuti economici, sostiene le famiglie delle persone i cui corpi e dati biologici sono stati utilizzati nella ricerca scientifica senza consenso.

Henrietta Lacks, in quanto donna di colore, fu soggetta a discriminazioni

Tante sono le polemiche che si aggirano attorno a tutta questa vicenda. La famiglia di Henrietta ha vissuto nella povertà per lungo tempo, senza avere diritto a delle cure quando necessario. Henrietta era una donna di colore, per cui è stata soggetta a delle discriminazioni. Ancora oggi, queste purtroppo esistono (e nell’ultimo periodo abbiamo sentito tantissimo parlare del Black Lives Matter).

Non potevo evitare di aggiungere all’immagine una citazione così bella e veritiera. https://rethinkingschools.org/articles/beyond-just-a-cells-unit/

A causa di questo le è stato difficile trovare un ospedale che considerasse il suo caso. Le sue cellule hanno salvato innumerevoli vite, eppure soltanto post mortem Henrietta è stata davvero valorizzata, attraverso diversi riconoscimenti. Le sono stati dedicati edifici, convegni ed un asteroide denominato 359426 Lacks.

Conclusioni

Spero che, da tutto quello che ha passato questa donna e come lei tante altre persone, saremo in grado di trarre degli insegnamenti. Tutti meritiamo di essere rispettati, ascoltati e valorizzati in vita e non soltanto a seguito di tragedie, a prescindere dal colore della nostra pelle e da qualsiasi altra caratteristica, che anziché farci sentire discriminati dovrebbe renderci unici e speciali.

Questa storia mi ha fatto pensare a quei bellissimi fiori che nascono nel deserto o tra le rocce. Dalle difficoltà, dalla morte, dal nulla apparente, nasce la vita.

E voi cosa avete provato leggendo questo articolo?

 

 

Fonti:

Slides universitarie di Genetica;

Nature;

PubMed.

Annamaria Ragone

Ho conseguito la laurea triennale in scienze biologiche e la laurea magistrale in scienze biosanitarie, curriculum nutrizionistico, all'università di Bari "Aldo Moro". Amo la biologia in ogni sua sfaccettatura con un occhio di riguardo per l'ambiente e la nutrizione. Ho scelto di fare divulgazione per trasmettere agli altri la mia passione e per far comprendere l'importanza della scienza, spesso sottovalutata. Il mio motto è "Nulla di grande nel mondo è stato fatto senza passione".

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