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La stufa a candela

Che sia in corso una crisi economica che ha ridotto la disponibilità di risorse non è una notizia (come abbiamo già visto per il grano duro). Che questa crisi impatti anche sul costo del metano e quindi dell’energia e del riscaldamento nemmeno.

Nella ricerca di strategie di risparmio si sta diffondendo in rete la proposta di riscaldarsi con una rudimentale stufetta fatta da candele e vasi di terracotta per migliorarne l’efficienza.

Cos’è

La stufa a candele e vasi (o meglio, la versione più frequentemente illustrata di questo congegno) è composta da due vasi di terracotta inseriti uno dentro l’altro e capovolti sopra la fiamma di alcune candeline (un esempio è reperibile anche su Wikipedia).

Principio

In breve, lo scopo è di migliorare il trasferimento del calore a noi stessi.

Più dettagliatamente: una candela converte l’energia chimica della paraffina in calore (e luce). I fumi, caldi, raggiungerebbero rapidamente il soffitto della stanza senza contribuire sensibilmente al calore della stanza e quindi senza un calore percettibile.

I vasi hanno la funzione di trattenere questo calore ed emanarlo per irraggiamento (come con le stufe a infrarossi o un camino a legna).

Com’è fatta

Il progetto è molto artigianale e le versioni in rete si stanno moltiplicando, gli elementi chiave sono i seguenti:

Spaccato degli elementi di una stufa a candele e vasi
In questo modello specifico, il supporto per i vasi (1) è stato fatto con la barra filettata al centro e quindi non compaiono altri supporti.
  1. Supporto per i vasi

    Necessario a sollevare i vasi rispetto alle candele e far entrare aria “fredda”. L’importante è che sia un materiale ignifugo (non legno), resistente al calore (non vetro), e in grado di costituire un appoggio non precario (non pietre). Può andare bene una pentola di acciaio larga con una griglia su cui appoggiare i vasi oppure 3 mattoni.

  2. Supporto per le candele

    Necessario a raccogliere la cera fusa che eventualmente fuoriesce e proteggere le superfici dal calore generato. Solitamente è un sottovaso di terracotta di un certo spessore.

  3. Candele

    Sono il “motore” del sistema e la variabile principale in termini di efficacia. Frequentemente si tratta di 4 candele da tè con cera di paraffina.

  4. Vaso piccolo

    Il primo vaso incontrato dai fumi quando sono molto caldi, può andare bene un vaso di terracotta da 15 cm di diametro.

  5. Tappo

    Serve a sigillare il fondo del vaso piccolo in modo da obbligare i fumi a seguire un percorso a contatto anche con il secondo vaso.
    Nelle versioni più solide è costituito da una barra filettata di acciaio che stringe il foro sul fondo del vaso piccolo tra due rondelle e due dadi.
    Si potrebbe chiudere anche con della stagnola appoggiata sopra al foro. Se il vaso piccolo fosse sprovvisto di aperture non sarebbe necessario.

  6. Vaso grande

    Quando tutto è a regime, questo vaso diventa l’elemento che invia calore al nostro corpo.
    Nel caso in cui quello interno abbia diametro 15 cm, questo esterno potrebbe misurare 21 cm.
    A differenza del primo, il foro di questo vaso dovrebbe essere lasciato aperto.

Funziona?

La velocità con cui avviene la reazione, ossia la velocità con cui la paraffina viene bruciata, dipende principalmente dalla temperatura ambientale e dallo stoppino.

Si può stimare la potenza di una candela considerandone il tipo di cera, il peso e la durata. Con i valori tipici di una candela da tè abbiamo teoricamente 50 W.
Il calcolo deriva dal fatto che 18 g di paraffina possono fornire 756 kJ (con 42 MJ/kg di potere calorifico superiore). Con un’efficienza di combustione superiore al 95% e sapendo che la candela brucia 4 ore si ottiene la potenza di 50 W.

Se la stufa a candele e vasi fosse in grado di catturare ed emanare tutto il calore generato da 4 candeline, avremmo di fatto un sistema equivalente a una lampada a infrarossi da 200 W (più potente di quelle da terrario per rettili).

In pratica, però, il vaso cattura solo una parte dell’energia totale (una parte del calore è comunque dispersa verso l’ambiente per conduzione e i fumi escono dalla cima con ancora del calore sfuggito all’apparato).

Inoltre, l’energia catturata viene emessa a 360°, differentemente da una stufa che possiamo orientare contro di noi. Infine, il combustibile raramente è composto dalla miglior paraffina; quindi, anche il contenuto energetico potrebbe essere una frazione di quello teorico.

Tirando le somme, il calore che potrebbe raggiungerci potrebbe crollare sotto i 20 W. Un risultato alquanto deludente (a fronte di un rischio sempre presente d’incendio che non è mai da sottovalutare).

Miglioramenti sui principali limiti

Una soluzione al problema del calore disperso a 360° è spesso quella di disporre dal lato opposto dei pannelli (cartone, teglie da forno) rivestiti con carta stagnola per recuperare parte dell’energia emanata da quella direzione.

Ottimizzando la quantità di candele e la loro posizione si può provocare un surriscaldamento che aumenta la velocità di combustione (al costo di una minor vita della candela). Con più candele che bruciano più in fretta si aumenta la potenza. Questo aspetto andrebbe controllato attentamente, perché si raggiunge presto una condizione in cui la quantità di paraffina vaporizzata ma non combusta diventa importante (e l’aria diventa soffocante); inoltre, con volumi vaporizzati eccessivi, c’è il rischio di trasformare le candele in una vera e propria palla di fuoco.

La fiamma rilascia inevitabilmente parte del combustibile solo parzialmente trasformato in CO2: la frazione non combusta peggiora la qualità dell’aria nella stanza. Queste sostanze sono di fatto VOC (una categoria di inquinanti dell’aria che può irritare le vie respiratorie) e non sono le uniche rilasciate dalle candele: è stato dimostrato che le candele, in particolare quelle non CE, rilasciano nell’aria metalli pesanti. Tutte queste problematiche potrebbero essere mitigate utilizzando i fornellini da campeggio ad alcool o a butano.

Si risparmia?

Se l’obiettivo è scaldare la stanza, assolutamente no. Se l’obiettivo è sostituire una lampada infrarossi da 50 W, costa meno come investimento iniziale ma (specialmente se si opta per le versioni ad alcool/butano) il vantaggio si esaurisce dopo poche ore.

L’unica motivazione che potrebbe spingere verso questo progetto è la soddisfazione di poter dire di aver fatto la propria stufetta: nemmeno come atmosfera può rivaleggiare con le sole candele lasciate al loro uso previsto.

Alternative per risparmiare

Oltre ai soliti consigli di tenere le finestre ben chiuse (controllando che non ci siano spifferi), vestirsi a strati e farsi una tisana calda in più, si potrebbe decidere di scaldare le stanze più frequentate con il calore del sole e dell’effetto serra.

È sufficiente assorbire quanta più luce possibile durante il giorno, lasciando entrare la luce in una stanza con arredi scuri, oppure, con un investimento minimo, mettendo delle tende oscuranti nere ai vetri che trasformeranno la luce solare in calore, il quale sarà trasferito all’aria della stanza. Se i muri sono ben isolati e le finestre hanno i doppi vetri, questo consentirà davvero di aumentare di qualche grado la temperatura nella stanza.

Infine, una soluzione molto scientifica e meno nota è l’accumulatore di calore con “eutettici”.
Miscele di acidi grassi (come miristico, palmitico, stearico, laurico, caprico) che fondono vicino a 20 °C.
Con zero consumo di combustibile, zero emissioni nell’aria e spesa ridotta si potrebbero preparare dei contenitori che, di giorno, accumulano l’energia in eccesso ed evitano che il sole scaldi la stanza oltre una certa temperatura per poi cedere questo eccesso di calore la sera.

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