Smartphone e insonnia – il ciclo circadiano

Smartphone e insonnia?

Chi di noi non ha mai avuto, almeno una volta, fatica ad addormentarsi?

L’insonnia è un disturbo del sonno caratterizzato dall’incapacità di dormire, nonostante l’organismo ne abbia davvero tanto bisogno.

Questo fenomeno è, generalmente, associato a una serie cattive abitudini diurne (sia comportamentali che non), con sintomi quali stanchezza, irritabilità, difficoltà nel consolidamento della memoria e perdita di interesse per le attività quotidiane.

Smartphone e insonnia? Notti passate a contare pecore
Smartphone e insonnia? Notti passate a contare pecore… fonte

Potenzialmente pericolosa?

Assolutamente sì.

Alcuni insonni, per recuperare le ore di sonno, cercano di dormire nel pomeriggio, ottenendo però il risultato opposto. Sono molto vigili all’ora di dormire, aggravando l’insonnia.

Se portata agli estremi, la privazione del sonno provoca gravi danni fisici e mentali.

In base alla sua durata nel tempo, l’insonnia può essere classificata come transiente, acuta o cronica.

  1. l’insonnia transiente (meno di una settimana) porta ad un generale affaticamento, senza effetti permanenti gravi. Può essere connessa a cambi di ambiente, depressione o stress. Insomma, non si sta malissimo, ci si sente solo degli zombie.
  2. l’insonnia acuta (meno di un mese) è già più grave, il soggetto a questo punto inizia a manifestare sintomi più rilevanti e cronici.
  3. l’insonnia cronica (più di un mese) che, oltre ad un generale affaticamento psicofisico, può portare anche a gravi sintomi come paranoia e allucinazioni.

L’insonnia è connessa ad una alterazione dei cosiddetti “ritmi circadiani”.

Una biochimica ritmata

I ritmi circadiani sono vari, il più noto è sicuramente il ritmo “sonno-veglia”, ma in cronobiologia se ne riconoscono molti altri.

Fa parte dei ritmi circadiani il ritmo di secrezione di varie biomolecole (ad esempio il cortisolo, di cui abbiamo già parlato qui a MissioneScienza), il ritmo della variazione della temperatura corporea e vari altri.

In generale si definiscono “ritmi circadiani” tutti i cicli biologici caratterizzati da un periodo di circa 24 ore.

smartphone e insonnia
Abbiamo un orologio (impreciso) nel cervello? fonte

I ritmi circadiani sono endogeni (cioè hanno un’origine interna), come una sorta di complesso “orologio interiore” che si mantiene sincronizzato con il ciclo naturale del giorno e della notte, mediante stimoli naturali come la luce solare e la temperatura ambientale (senza però sottovalutare l’importanza degli stimoli sociali).

I ritmi circadiani sono importanti per determinare i modelli di sonno e veglia di tutti gli animali, inclusi gli esseri umani.

Vi sono chiari modelli dell’attività cerebrale, di produzione di ormoni, di rigenerazione cellulare e altre attività biologiche collegate a questo ciclo giornaliero.

Ma perché così tanto disturbo?

Per sopravvivere.

Il nostro corpo è in grado di autoregolare la propria necessità di riposo. Questa cosa è fondamentale, nessuno vuole essere stanco nel caso in cui si debba scappare da un predatore o si debba essere attenti a rispondere a uno stimolo esterno.

Animali sociali (come gli umani) hanno anche diverse strategie per capire quando il gruppo è mediamente non in grado di gestire azioni complesse.

Gli sbadigli.

Il ritmo sonno-veglia, come dimostrato da alcuni esperimenti di Michel Siffre (approfondimento video), non è necessariamente collegato alla cadenza alba- tramonto. Ovviamente, avere il picco di attività alla luce del sole (soprattutto per animali che sono possibili prede) è preferibile. Per questo motivo, la luce solare è uno dei principali “zeitgebers” (tedesco, per “donatori di tempo”) per noi esseri umani.

Ma come fa il cervello a sapere quando è giorno e quando è notte?

Banalmente… Grazie agli occhi.

Anche se non è così semplice…

La retina (componente degli occhi fondamentale per la visione) non contiene solo i “classici” fotorecettori attraverso i quali il cervello ricostruisce l’immagine del mondo che ci circonda, ma anche altre cellule fotosensibili.

smartphone e insonnia. melanopsina
Melanopsina (in blu) nella retina. fonte.

Queste cellule, che contengono una proteina chiamata melanopsina (un pigmento sensibile alla luce), sono direttamente connesse al sistema nervoso centrale, che quindi può sempre sapere “in tempo reale” se attorno a noi c’è luce o no.

Queste informazioni servono al cervello per regolare la secrezione di melatonina.

melatonina
Struttura della melatonina.

La melatonina è un ormone prodotto dalla ghiandola pineale (o epifisi), una ghiandola delle dimensioni di una nocciolina posta alla base del cervello. Questo ormone ha la funzione di regolare il ciclo sonno-veglia, agendo su un’altra specifica parte del cervello, l’ipotalamo.

Luce solare come sveglia “naturale”

Non è un mistero che la luce solare sia particolarmente fastidiosa la mattina, per chi vuole dormire.

La luce solare, che filtra attraverso le palpebre (anche se chiuse), attiva la melanopsina. Questa proteina agisce da “gallo canterino” per il sistema nervoso centrale che, non solo inibisce la produzione di melatonina, ma attiva quella di vasopressina e noradrenalina, dando al corpo un boost di energia.

Infatti, questi due ormoni hanno principalmente il compito di rendere immediatamente il corpo attivo e vigile.

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le molecole di noradrenalina e vasopressina.

Rendendo futile ogni tentativo di riaddormentarsi.

Poco dopo la comparsa dell’oscurità, alla sera, il corpo comincia a produrre melatonina e le sue concentrazioni nel sangue aumentano rapidamente. Le concentrazioni di melatonina nel sangue raggiungendo il massimo tra le 2 e le 4 di notte, per poi ridursi gradualmente all’approssimarsi del mattino, in quanto, come abbiamo detto, l’esposizione alla luce ne inibisce la produzione.

ciclo circadiano
Rappresentazione di come il segnale luminoso influenzi le varie zone del cervello. fonte

È interessante che la melatonina prenda il suo nome da un fenomeno totalmente scollegato da quello di cui si discute qui.

La melatonina si chiama così perché coinvolta nel meccanismo con il quale alcuni anfibi e rettili cambiano il colore della propria pelle, fu scoperta proprio in relazione a questo suo ruolo biologico, da cui il nome.

Come la melatonina, anche la melanopsina venne scoperta grazie agli anfibi. Ignacio Provencio, infatti, fu il primo ad isolarla nelle cellule fotosensibili della pelle dello xenopo liscio, o rana artigliata africana (Xenopus laevis), nel 1998.

Ma rimaniamo in tema

Per tornare al titolo del post, cosa c’entrano gli smartphone con tutto ciò?

Qual è il collegamento fra smartphone e insonnia?

Ebbene, la vita sulla Terra è fortemente regolata dalla successione ritmica del giorno e della notte.

Per tutti gli esseri viventi adattarsi a questa ciclicità è stata la chiave per resistere con successo alle mutevoli condizioni ambientali. Questi adattamenti sono endogeni e, in quanto tali, non sono modificabili (almeno non nel breve periodo) e avranno sempre un effetto sulla qualità della nostra vita.

È quindi importante sapere che, nelle ore che precedono il sonno, è bene evitare l’esposizione a fonti luminose e sonore, poiché condizionano il nostro orologio biologico.

smartphone e insonnia, la luce dello smartphone manda in tilt la melanopsina negli occhi, portando ad un segnale erroneo al sistema nervoso centrale
La luce dello smartphone manda in tilt la melanopsina negli occhi, portando ad un segnale erroneo al sistema nervoso centrale. fonte

La luce che proviene dalla televisione, o da qualsiasi altro schermo, ha sul nostro cervello lo stesso effetto del sole. La melanopsina nella nostra retina riconosce il segnale e “avverte” il nostro cervello che fuori c’è luce, portando all’inibizione della produzione della melatonina, scombussolando il regolare ciclo sonno-veglia.

Insomma, meglio evitare di scrollare i social prima di andare a dormire…

Se state leggendo questo articolo dal telefono nel letto, giù il telefono e subito a dormire!

Melatonina e Melanopsina
Ciclo circadiano
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Il tuo corpo sa che ora è

 

Luca Ricciardi

Laurea in chimica-fisica dei sistemi biologici, ottenuta all'università "La Sapienza" di Roma, PhD in Chimica Organica ottenuto all'università di Twente (Paesi Bassi), attualmente parte dell'Editorial Office di Frontiers in Nanotechnology e Frontiers in Sensors, a Bologna. Mi identifico come napoletano (anche se di fatto a Napoli ci sono solo nato). Un ricettacolo di minoranze (queer, vegano, buddista…) con una grande passione per la divulgazione.

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