Scienza forense: analisi del DNA (parte 1)
Vediamo come funzionano scienza (forense) e legge insieme! Purtroppo, o per fortuna, non ho le abilità degli sceneggiatori di Law and Order, quindi non parleremo di come trovare un criminale guardando le nuvole che formano il suo volto.
L’uso delle tecniche scientifiche in campo forense è vasto e complesso, in questo articolo faremo un po’ di chiarezza su quelle più importanti.
In questa prima parte ci focalizzeremo su come si analizza il DNA.
Una panoramica generale
In questo articolo ci focalizzeremo sulle tecniche di analisi dei campioni contenenti DNA.
Ne è stata fatta di strada da quando, nel 11.900 EU (1900 d.C.), Karl Landsteiner scoprì tre dei quattro gruppi sanguigni.
Negli anni ’60, infatti, vennero sviluppati i primi metodi di analisi di sequenze di DNA, con la tecnica del Southern blot. I campioni migliori su cui fare analisi di tipo forense e da cui estrarre il DNA sono: sangue; capelli con il bulbo pilifero, saliva, sperma, ossa e denti.
Sulla scena del crimine si raccoglie e conserva ogni campione con determinati strumenti, rispettando il più possibile la scena. Il sangue, ad esempio, si conserva in un anticoagulante a una certa temperatura che poi cambierà nel corso del tempo. Altri depositi cellulari, come pelle e capelli, si spazzolano con strumenti assolutamente sterili.
Come si estrae il DNA?
Personalmente questa è la parte che preferisco! Esistono diversi modi per estrarre il DNA dalle cellule. D’altra parte, non si possono “semplicemente” buttare i campioni di cellule nei macchinari e aspettare, sarebbe troppo bello. Innanzitutto, quindi, è necessario estrarre il DNA e isolarlo.
Esistono diversi metodi per farlo:
- Metodi cromatografici: sono dei metodi di separazione che servono, appunto, a separare diverse classi di composti in base alle loro caratteristiche. Un esempio è la cromatografia a esclusione dimensionale. Questo metodo prevede il passaggio di tutte le molecole presenti nel macchinario su una parete (fatta di particolari resine) che presenta dei pori di dimensioni note. Quando il DNA passa nel sistema cromatografico i pori lo intrappolano, mentre le molecole più grandi o più piccole non trovano “alloggio”.
- Centrifugazione: metodo utilizzato per estrarre il DNA dei batteri in base ai superavvolgimenti del DNA stesso. Purtroppo è un metodo molto lungo e dispendioso.
- Estrazione basica: questo metodo di estrazione viene utilizzato anche nei metodi di clonaggio batterico. Si tratta di un metodo particolare poiché è capace di separare il DNA plasmidico (tipico dei batteri) da quello genomico. Il DNA plasmidico, infatti, conferisce al batterio importantissime proprietà come la resistenza ad alcuni antibiotici o la produzione di proteine che l’ospite non produce. Attraverso delle centrifughe che “giocano” con il pH viene rotta la parete batterica e si procede alla purificazione del DNA plasmidico.
- Estrazione con silice: quando si utilizza questo metodo è necessario prestare molta attenzione alle contaminazioni. In questo procedimento, il DNA deve legarsi a una sostanza detta silice: per eliminare le contaminazioni è necessario preparare i campioni da mettere in contatto con la silice prima del processo vero e proprio e fare una centrifuga. Questo metodo ha molti vantaggi nell’estrazione del DNA da tessuti duri (ad esempio ossa o denti). I campioni contaminati possono essere lavati, ma questo rischia di far perdere anche una parte del DNA da analizzare, specialmente se il lavaggio avviene con l’agente complessante EDTA. Le ossa migliori da analizzare con questo metodo sono quelle lunghe, come il femore.
Questi sono alcuni (ma non tutti) dei metodi utilizzati SOLO per l’estrazione del DNA!
Quantificazione
Continuiamo a vedere insieme un po’ di scienza forense. Dopo l’estrazione è necessario fare la quantificazione del DNA. Ovviamente non tutte le matrici in cui esso è inserito sono uguali; quindi, per ogni tipo di campione esiste una quantità ideale di DNA estratto.
Durante questa fase si possono utilizzare diverse tecniche, ma non tutte sono selettive per il DNA umano! La quantificazione fatta con spettrometria ultravioletta o fluorescenza, ad esempio, non è specifica per il DNA umano.
Il problema principale di queste due tecniche, oggi obsolete, è anche l’estrema sensibilità alle contaminazioni; infatti, basta “il disturbo” di qualche proteina per rovinare considerevolmente il risultato finale. Il vantaggio di questi metodi è dovuto al fatto che il DNA si può quantificare direttamente in fase di analisi.
La differenza tra le due tecniche è l’utilizzo di un’ulteriore specie chimica che reagisca con il DNA durante l’utilizzo della fluorescenza.
Un’altra tecnica di analisi utilizzata, soprattutto in passato, è quella dell’elettroforesi su gel di agarosio. Lo scopo di questa tecnica è confrontare una quantità nota di DNA con quella sconosciuta.
La tecnica PCR (la stessa che si usa per analizzare i tamponi c.d. molecolari per il COVID-19) invece è selettiva per il genoma umano. Gioca un ruolo fondamentale la scoperta della sequenza Alu, una particolare sequenza genomica che ha reso possibile l’analisi del DNA umano in maniera selettiva.
Amplificazione
L’amplificazione, procedura successiva alla quantificazione, può avvenire in diversi modi. Se si vuole analizzare il genoma di un virus, ad esempio, si usa una tecnica detta NASBA che amplifica direttamente il filamento di RNA.
Per quanto riguarda il genoma umano, invece, la tecnica più ampiamente utilizzata è la PCR anche in questo caso.
In questa fase si possono avere informazioni sulla fenotipizzazione dell’individuo. Chiaramente, per avere queste informazioni così dettagliate da un campione di DNA c’è bisogno di una grande quantità di materiale da analizzare.
L’amplificazione è un passaggio importantissimo dell’analisi del genoma. Da qui, per esempio, si può risalire al sesso del proprietario del campione, poiché si può analizzare in maniera selettiva la Y maschile.
Anche il DNA mitocondriale, brevemente mtDNA, contenuto in degli organelli chiamati appunto mitocondri, può essere analizzato dopo l’amplificazione. Differisce dal genoma nucleare fino ad ora descritto anche perché è contenuto in più copie nei mitocondri.
Questa peculiarità lo rende facilmente analizzabile in campioni degradati, ma sarà identico a quello di tutti gli altri individui con la stessa discendenza materna del proprietario del campione.
Conclusione
Questo è un breve articolo che tratta una piccola parte di genetica forense, una scienza estremamente più vasta di quella descritta qui. Vi aspetto nel prossimo articolo alla scoperta della scienza al servizio della legge!
Fonti
Kayser, M. (2017). Forensic use of Y-chromosome DNA: a general overview. Human genetics, 136(5), 621-635.
Bukyya, J. L., Tejasvi, M. L. A., Avinash, A., Talwade, P., Afroz, M. M., Pokala, A., … & Srisha, V. (2021). DNA Profiling in Forensic Science: A Review. Global Medical Genetics, 8(4), 135.
Hofreiter, M., Sneberger, J., Pospisek, M., & Vanek, D. (2021). Progress in forensic bone DNA analysis: Lessons learned from ancient DNA. Forensic Science International: Genetics, 54, 102538.
Terzo metodo di estrazione: Höss, M., & Pääbo, S. (1993). DNA extraction from Pleistocene bones by a silica-based purification method. Nucleic acids research, 21(16), 3913.
Application of Low Copy Number DNA Profiling, Peter Gill, Forensic Science Service, Trident Court, Birmingham, UK
Gill, Peter. “Application of low copy number DNA profiling.” Croatian medical journal
Nicklas, Janice A., and Eric Buel. “Quantification of DNA in forensic samples.” Analytical and bioanalytical chemistry
Mi chiamo Melissa e sono una studentessa di chimica approdata su Missione Scienza con il preciso scopo di trasmettere al pubblico tutto ciò che mi affascina della scienza e l’amore per gli scoiattoli. Uh, se mi piacciono gli scoiattoli. Li adoro!