Scambiare numeri per spaghetti, la sindrome corticobasale
Il titolo di questo articolo potrebbe ricordare L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello, un saggio neurologico del medico, chimico e divulgatore inglese Oliver Sacks, pubblicato nel 1985. In questo saggio, l’autore racconta, grazie alle sue esperienze di neurologo, casi di pazienti con lesioni cerebrali che hanno determinato comportamenti singolari e imprevedibili. Fra questi, un eminente musicista cominciò gradualmente a manifestare una progressiva incapacità di dare un significato a ciò che vedeva. Costui confondeva le cose a tal punto da afferrare la testa di sua moglie, tentando di mettersela in testa come un cappello (da cui il titolo del saggio). Se si scambia la propria moglie per un cappello, si possono scambiare numeri per spaghetti?
Se da un lato la realtà del paziente viene descritta con toni a volte umoristici (ma anche dolorosi), l’analisi clinica di determinati comportamenti è sempre precisa e rigorosamente scientifica. Consiglio davvero la lettura di questo saggio.
La ciotola di spaghetti
Lo “scambiare numeri per spaghetti” nel titolo si riferisce a un uomo, sessantenne che lavorava come geologo ingegnere, che ha subito un improvviso “evento neurologico” di origine sconosciuta. Si tratta di un caso molto interessante che viene descritto in un recente articolo (22 Giugno 2020) e pubblicato sulla rivista Proceedings of National Academy of Science (PNAS).
Nel 2010, il paziente, identificato con la sigla “R.F.S.” sul lavoro di PNAS, iniziò ad accusare forti mal di testa, aveva problemi di comprensione ed espressione del linguaggio, soffriva di amnesia e perdita temporanea della vista. Un paio di mesi dopo, iniziò ad avere difficoltà a camminare, spasmi muscolari involontari e tremore e i suoi sintomi a livello motorio sono andati peggiorando con il passare degli anni.
All’inizio, data la sintomatologia, si pensava fosse affetto da una variante della malattia di Alzheimer, ma successivamente gli fu diagnosticato un raro disturbo degenerativo del cervello chiamato sindrome corticobasale, una malattia neuro-degenerativa rara, progressiva, caratterizzata dalla perdita delle cellule nervose e dal restringimento (atrofia) di alcune aree cerebrali, tra cui la corteccia cerebrale e i gangli della base. In sostanza, colpisce le cellule nervose che controllano il movimento, l’equilibrio, la vista, il linguaggio e la deglutizione. Le cause non sono ancora del tutto conosciute.
Le sue scansioni cerebrali hanno rivelato danni diffusi e perdita di volume nelle regioni cerebrali, mesencefaliche e cerebellari del cervello simili a quelle mostrate in figura.
Alcuni effetti della sindrome corticobasale
Un aspetto molto interessante è che il paziente ha notato che non riusciva a vedere i numeri. Potete immaginare quanto possa essere devastante una situazione del genere per un ingegnere per il quale la matematica è parte integrante della sua vita, talmente devastante che alla fine è stato costretto a lasciare il suo lavoro.
Dinanzi alla foto dell’8 e alla richiesta di illustrare cosa stesse osservando, l’uomo ha disegnato degli scarabocchi senza relazione con il numero, tipo spaghetti in una ciotola.
Per i curiosi, qui potete vedere il video di come il signor R.F.S. arriva a disegnare la ciotola di spaghetti al posto del numero 8.
Al contrario, sorprendentemente, era in grado di identificare le lettere e altri simboli, anche i numeri 1 e 0: il motivo non è chiaro, probabilmente questi due numeri ricordano le lettere come O o L, oppure il cervello elabora questi due numeri in modo diverso rispetto alle altre cifre.
In una serie di test i ricercatori hanno osservato che poteva ancora leggere e scrivere, a parte le difficoltà occasionali nel distinguere le lettere M e N, oppure S e Z.
Il mistero ora si infittisce
Studiando le onde cerebrali del paziente R.F.S. mediante elettroencefalogramma, i ricercatori hanno osservato che il paziente era in grado dare informazioni visive di cui non era cosciente. A R.F.S. è stato chiesto di guardare un numero con un volto umano “criptato” al suo interno. Sebbene non fosse in grado di identificare la faccia all’interno delle cifre, il suo cervello aveva comunque “visto” una faccia. Di fatti la sua attività cerebrale era identica a quella di quando gli veniva mostrato un viso con lineamenti netti che poteva distinguere chiaramente.
In un altro esperimento, “Era completamente incosciente del fatto che la parola fosse lì, eppure il suo cervello non stava solo rilevando la presenza di una parola, ma identificando proprio quella particolare parola, ovvero tuba” (uno strumento musicale, per chi non lo sapesse), afferma uno degli autori, Theresa Schubert, della Johns Hopkins di Baltimora.
Dai diversi test effettuati sembrerebbe quindi che questa malattia non influenzi la capacità del paziente di vedere un numero, piuttosto la sua capacità di elaborare le informazioni.
Quello che non vediamo
Le implicazioni di questo studio sono profondamente interessanti. Mentre in passato si ipotizzava che la coscienza visiva fosse il riflesso di una complessa attività neurale, il caso del paziente R.F.S. suggerisce che, in effetti, il complesso processo di elaborazione delle informazioni come volti, parole o altri stimoli visivi non è necessariamente legato alla propria “coscienza”.
Bisogna dire che vi sono almeno due passaggi che devono sussistere affinché uno sia cosciente nel vedere qualcosa: il cervello deve rivelare la presenza di un “oggetto” e successivamente fare ulteriori elaborazioni perché l’osservatore ne sia consapevole. Per il paziente R.F.S. quest’ultimo processo pare non funzioni quando si tratta di una cifra.
Leggendo questo articolo su PNAS, mi ha riportato alla mente quel giochino, spacciato per test di intelligenza, di riuscire a leggere i numeri come lettere. Lo ricordate? Ci abbiamo provato un po’ tutti! Sicuramente non possiamo definirlo un test di intelligenza, ma un simpatico esercizio per il nostro cervello.
Il paradosso di R.F.S.
Bisognerebbe capire e chiedersi: come fa R.F.S. a scambiare i numeri per spaghetti? Ossia, a vedere i numeri (solo alcuni) a mo’ di spaghetti? Sicuramente, se il cervello sta riconoscendo le cifre per poi distruggerle, il paziente dovrebbe essere in grado di riconoscerle comunque? Ma i ricercatori hanno scoperto che il cervello che rileva una cifra, un volto o una parola, non è sufficiente a stabilire se un soggetto sia in grado effettivamente di vedere un certo elemento.
Il caso di R.F.S. rappresenta in qualche modo una prova in più del fatto che anche nei cervelli sani non siamo sempre “coscienti” di ciò che vediamo. Ovviamente creare una teoria sulla coscienza è notoriamente difficile, e i risultati ottenuti in questo studio restano limitati. Non possiamo di certo eliminare le altre teorie dal regno delle probabilità, ma quanto ottenuto apre la strada verso una maggiore comprensione sul modo in cui il riconoscimento e l’elaborazione dei neuroni si associno alla coscienza visiva.
Rendiamo grazie alla Scienza
Il gruppo di ricercatori ha creato nuove cifre R.F.S. che hanno chiamato “surrogati di cifre” in modo da consentire al paziente di poterle utilizzare nella vita quotidiana. Eccole qui mostrate.
La parte superiore spiega come sono stati creati questi numeri: la linea verticale non ha valore e le linee orizzontali nella parte inferiore, centrale e superiore hanno valori di 2,4 e 8, rispettivamente.
La linea diagonale in alto ha valore di 1. Quindi per il numero 5, la figura ha una linea diagonale (valore di 1) e una linea orizzontale centrale (valore di 4) e quando vengono sommate (1 + 4) , il valore è 5.
R.F.S. è in grado di vedere e comprendere questi nuovi simboli e persino di fare dei calcoli. Il team di ricerca gli ha creato una nuova app calcolatrice per il suo telefono e un font per il suo computer, in modo che possa ancora fare dei calcoli e leggere una pagina web, senza andare in confusione.
(Pare che scambiare numeri per spaghetti non sia abbastanza per evitare di fare calcoli)
Concludendo
La ricerca e gli studi su deficit cognitivi rari, come il curioso caso del signor R.F.S., rappresentano davvero un esempio eccellente di come accrescere le nostre conoscenze e la nostra comprensione sul funzionamento di un organo complesso e ancora misterioso come il cervello.
P.S. Per gli amanti della letteratura e del cinema, consiglio anche il libro Risvegli (di O. Sacks). Un saggio sull’uso dell’L-Dopa nei pazienti affetti da Parkinson, adattato poi nell’omonimo film del 1990, con i fantastici Robert De Niro, Robin Williams e Penelope Ann Miller.
Biochimica, giocoliera di macromolecole e vivo nel meraviglioso mondo di Proteinlandia. Ho un dottorato in Scienze Biochimiche (Università Sapienza di Roma). Lavoro in UK, dove cerco di svelare l’intricato mondo di batteri cattivissimi.
Sogno ricorrente: vestita da astronauta, con taniche piene di cristalli, e in viaggio verso la ISS, dove una volta arrivata faccio esperimenti di cristallografia delle proteine!
Faccio divulgazione perché ho bisogno di raccontare la Bellezza, quella a livello atomico, che non tutti hanno la fortuna di poter ammirare direttamente.