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Realtà virtuale e Parkinson

Vi ricordate Matrix, il film del 1999 diretto dalle sorelle Wachowski? In quest’opera di fantascienza, il mondo “reale” è una beffa e ogni cosa che ci circonda è il risultato di immagini virtuali create al computer e percepite dal nostro cervello come fossero vere. Un cyberspazio chiamato, appunto, “the Matrix” creato ad hoc attraverso software informatici che illudono la nostra mente e ci fanno vivere in una realtà virtuale.

«Matrix è ovunque. È intorno a noi. Anche adesso, nella stanza in cui siamo. È quello che vedi quando ti affacci alla finestra, o quando accendi il televisore. L’avverti quando vai al lavoro, quando vai in chiesa, quando paghi le tasse. È il mondo che ti è stato messo davanti agli occhi per nasconderti la verità.» Morpheus

La realtà virtuale e malattia di Parkinson

Oggi, a più di 20 anni dall’uscita di Matrix, la realtà virtuale rappresenta un’innovazione tecnologica in grado di ricreare un mondo alternativo in modo estremamente accurato. Con grande rammarico però, vi comunico che non abbiamo ancora le abilità fisiche di Keanu Reeves che ci permettono di schivare pallottole di pistola con la scioltezza con cui improvvisiamo un balletto sotto la doccia.

Quando si parla di realtà virtuale si pensa subito ai videogiochi o a film di fantascienza. Tuttavia, la tecnologia alla base della realtà virtuale ha applicazioni interessanti nel campo della medicina e potrebbe rappresentare la nuova frontiera per la riabilitazione dei pazienti affetti da morbo di Parkinson.

La malattia di Parkinson

Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa multisistemica progressiva associata con invalidità motoria. L’età media di esordio è intorno ai 60 anni, con una lieve prevalenza nella popolazione maschile.

I sintomi della malattia furono descritti dal farmacista e chirurgo inglese James Parkinson, da cui pende il nome, e coinvolgono la perdita del controllo dei movimenti e dell’equilibrio. Sebbene il sintomo più conosciuto del Parkinson sia il tremore a riposo, ce ne sono molto altri come la rigidità degli arti e del tronco, la lentezza dei movimenti e la perdita dell’equilibrio.

La dopamina

La causa della malattia di Parkinson è la riduzione nella produzione di dopamina, un messaggero chimico, o neurotrasmettitore, prodotto in specifiche aree del cervello.

Le cellule che usano la dopamina come neurotrasmettitore sono chiamate neuroni dopaminergici, i quali svolgono un ruolo importante nella modulazione di numerose funzioni quali il movimento, la motivazione, l’umore, il sonno, l’attenzione, la memoria di lavoro e di apprendimento.

I neuroni dopaminergici si trovano in regioni del cervello quali la substantia nigra, l’area tegmentale ventrale del mesencefalo e il nucleo arcuato dell’ipotalamo.

I neuroni sono cellule del sistema nervoso e comunicano tra di loro per mezzo di molecole chiamate neurotrasmettitori. La comunicazione consiste in una cellula (neurone pre-sinaptico) che produce una molecola messaggera e un’altra cellula (neurone post-sinaptico) che la riceve. I neuroni che usano la dopamina come messaggero sono chiamati neuroni dopaminergici.

I neuroni del Parkinson

La caratteristica principale della malattia di Parkinson è la morte delle cellule nella substantia nigra. Il risultato è un’attività molto ridotta delle cellule secernenti dopamina. Il motivo per cui questi neuroni dopaminergici vanno in contro a morte cellulare è ancora sconosciuto.

La tecnica di imaging chiamata DATscan riesce a tracciare la dopamina (in rosso) nella substantia nigra del cervello dei pazienti. A sinistra, un DATscan di un paziente sano, mentre a destra un paziente con malattia di Parkinson.

Ad oggi, non esiste una cura per il Parkinson, ma esistono molteplici trattamenti farmacologici e, a volte chirurgici, che consentono di alleviarne i sintomi. La levodopa, un analogo sintetico della dopamina, è un farmaco somministrato ai pazienti con malattia di Parkinson per far fronte alla carenza del neurotrasmettitore endogeno.

Sintomi motori

Una delle problematiche legate alla malattia del Parkinson è la perdita di equilibrio e la tipica andatura con episodi di FOG (Freezing Of Gait). In italiano questo sintomo si traduce con “congelamento dell’andatura”, una condizione in cui il paziente non riesce a progredire nella camminata nonostante ne abbia l’intenzione.

Dal momento che i circuiti neurali che controllano questi movimenti sono irreversibilmente danneggiati, il cervello crea dei nuovi network per compensare e riacquistare, almeno in parte, la capacità motoria. Questi circuiti compensatori coinvolgono tipicamente la corteccia fronto-parietale e il cervelletto.

La creazione di nuovi circuiti neurali in grado di controllare il movimento sono alla base della terapia riabilitativa. La riabilitazione motoria consente di bypassare la funzionalità del cervello compromessa dalla malattia e di riprogrammare nuovi neuroni che “imparano” a compiere un determinato movimento.

Realtà reale e realtà virtuale

La realtà virtuale è una simulazione di situazioni reali ricreate al computer e accessibili mediante interfacce che comprendono, di solito, un visore e dei guanti. Questa tecnologia ha la capacità di immergere l’utilizzatore (o “user”, come viene detto in inglese) in un ambiente virtuale.

L’immersione dello user può raggiungere vari livelli che sono determinati dal numero di canali sensoriali e motori connessi con l’ambiente virtuale. Minore è la percezione della realtà reale (scusate il gioco di parole), maggiore è l’immersione nella realtà virtuale.

Quando la realtà virtuale è usata da pazienti con Parkinson, i livello di immersione è importante poichè determina i meccanismi attraverso i quali il cervello dello user opera. La connessione tra realtà virtuale e funzionalità del cervello è sfruttata per migliorare la riabilitazione neuro-motoria. Infatti, attraverso la realtà virtuale si permette allo user/paziente di allenarsi in esercizi motori senza esporlo a rischi come, ad esempio, una caduta.

Neuro-riabilitazione motoria

La realtà virtuale offre l’opportunità di creare e manipolare la percezione sensoriale e avere risultati sulla riabilitazione motoria in pazienti affetti da Parkinson.

Una strategia per migliorare la simmetria dell’andatura consiste nel creare dei gradini in realtà virtuale e sottoporre il paziente a riabilitazione. La percezione visuale del paziente è diversa dal tipo di movimento che viene prodotto nella realtà. Ad esempio, se il paziente procede con un passo più corto a destra e uno più lungo a sinistra, la realtà virtuale manipola l’altezza dei gradini in modo che siano percepiti più alti a destra e più bassi a sinistra. In questo modo si trae in inganno il cervello e si manipola l’andatura, fino ad acquistare di nuovo un passo simmetrico.

Sebbene la ricerca in questo campo sia ancora agli esordi, la tecnologia della realtà virtuale ha grandi potenzialità come strumento di riabilitazione motoria. Questa tecnologia permetterebbe agli utilizzatori di essere coinvolti in un ambiente complesso e altamente individualizzato. Un vero e proprio metodo clinico che potrebbe garantire uno sforzo minore e una riabilitazione più efficiente rispetto a quella finora in uso.

Fonti:

Canning, C.G., Allen, N.E., Nackaerts, E. et al. Virtual reality in research and rehabilitation of gait and balance in Parkinson disease. Nat Rev Neurol 16, 409–425 (2020). https://doi.org/10.1038/s41582-020-0370-2

Sveinbjornsdottir S (October 2016). “The clinical symptoms of Parkinson’s disease”. Journal of Neurochemistry. 139 Suppl 1: 318–324. doi:10.1111/jnc.1369

Kalia LV, Lang AE (August 2015). “Parkinson’s disease”. Lancet. 386 (9996): 896–912. doi:10.1016/s0140-6736(14)61393

 

Marta

Scienziata italiana, ricercatrice nel Regno Unito. Impiego sempre troppo tempo a spiegare che, pur essendo un dottore, non sono un medico. Mi occupo di ricerca sul cancro, immunoterapia e cerco di capire come funziona lo stress nel corpo umano.

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