La regina delle Ande: Puya raimondii
Puya raimondii, la regina delle Ande, potrebbe sembrare il nome di una esotica regina del Sudamerica. In un certo verso lo è, ma è bene specificare che parliamo di una pianta.
Endemica della regione delle Ande, in Bolivia e Perù, la pianta cresce ad alte altitudini, tra i 3,000–4,800 metri.
Puya raimondii appartiene alla famiglia delle Bromeliaceae, è quindi una cugina dell’ananas (Ananas comosus).
Scopriamo insieme perchè è molto interessante!
Una fioritura da record
Se l’ananas è, senza ombra di dubbio, la specie più economicamente redditizia delle Bromeliaceae, Puya raimondii ha il primato di essere la specie più grande della famiglia.
Vista nei suoi stadi giovanili, la pianta cresce come un cespuglio spinoso di circa un metro, un metro e mezzo. Con il passare degli anni, il cespuglio si alza poggiando su un tronco che alcune volte rimane basso ma che può crescere fino a 5 metri.
Ma non finisce qui.
La pianta è monocarpica, fiorisce, cioè, una sola volta durante il proprio ciclo vitale e poi muore. Fin qui, nulla di eccezionale, molte piante lo sono, basti pensare a carote, broccoli, cavolfiore, frumento e riso. Ma quando Puya raimondii fiorisce non bada a spese e mette su uno spettacolo unico.
La leggenda narra che la pianta fiorisca una volta ogni 150 anni.
Recenti studi hanno rilevato che, in realtà, la pianta in media fiorisce attorno agli 80-100 anni. Esemplari cresciuti al caldo fioriscono anche molto prima. Famoso è il caso di una pianta cresciuta nell’orto botanico della University of California di Barkeley, fiorita nel 1986 alla “tenera età” di 28 anni.
L’enorme e bellissima infiorescenza può arrivare a 4 e, alle volte, anche a 8 metri! Alcune piante risultano quindi essere alte 15 metri e più!
E’ vero che la pianta fiorisce una sola volta ma, quando lo fa, genera dagli 8.000 ai 20.000 fiori in circa 3 mesi.
Un po’ di storia
Immaginate di passeggiare in un paesaggio montuoso, con terreni rocciosi, brulli, circondato da piante giganti che crescono come pilastri dal terreno.
Deve essere questo lo spettacolo che si è parato agli occhi increduli di Antonio Raimondi, geografo e scienziato italiano, naturalizzato peruviano, durante una delle sue spedizioni.
Vi riporto un tratto del suo libro “El Perù”, un’imponente opera in cui Raimondi annota tutte le sue scoperte:
“Il botanico che ha la felicità di osservare queste strane e mirabili piante nel tempo della loro fioritura, non può fare a meno di fermarsi e contemplare estasiato uno spettacolo così bello. Un’infinità di idee e di domande si affollano nella sua immaginazione, non essendo in grado di spiegare come questa pianta faccia a crescere con tanta forza e freschezza in un luogo dove altre non riescono a sollevare il gambo di pochi centimetri[…] Con un po’ di attenzione si noterà che la natura è sempre sollecita nel provvedere alle esigenze delle sue creature, ricoprendo le foglie di questa mirabile pianta con un velo resinoso che impedisce l’azione del ghiaccio; e ha coperto l’intero gambo e le punte dei fiori di un materiale come cotone idrofilo che funge da riparo contro l’asprezza delle condizioni metereologiche.”
Antonio Raimondi – El Perù (p. 265)
Vedendola così alta, Raimondi classificò la pianta come Pourretia gigantea, associandola erroneamente al genere Pourretia (nome ormai obsoleto).
Fu il botanico Harms che in seguito riclassificò la pianta come Puya raimondii, in omaggio al suo scopritore.
Il termine Puya deriva dalla parola “puuya” degli indiani Mapuche del Cile, che significa “a punta”. Forse si riferisce alla forma dell’infiorescenza o, più probabilmente, alle temibili spine di cui sono dotate gran parte delle specie di questo genere.
Proprio queste spine possono diventare problematiche se si mette incautamente una mano tra le foglie. Anni fa si credeva che la pianta fosse protocarnivora dato che spesso si trovavano colibrì morti fra le sue foglie.
Le piante protocarnivore intrappolano ed uccidono insetti o animali ma non hanno l’abilità di digerirli o di assorbire i nutrienti dalle loro prede come una pianta carnivora.
Oggigiorno si ritiene questa definizione non corretta. Le spine del genere Puya hanno verosimilmente funzione difensiva più che di “caccia del cibo”.
Una pianta da preservare
Come notato da Raimondi, Puya raimondii cresce in un ambiente ostile.
L’ambiente alpino tropicale presenta delle escursioni termiche giornaliere che possono essere dell’ordine di trenta e più gradi centigradi. La disposizione a rosetta delle foglie a protezione dell’apice vegetativo, le sostanze di rivestimento resinose e cerose, la presenza di peli e lanugini, come già notato da Raimondi, sono alcuni degli adattamenti morfologici che la pianta adotta per sopravvivere.
Purtroppo, però, la specie è classificata dalla International Union for Conservation of Nature (IUCN) come in pericolo di estinzione a causa della perdita di habitat e del calo di diversità genetica.
Troppo spesso le piante vengono abbattute perché feriscono gli animali al pascolo o per far spazio a terreni coltivati.
Sono diversi i movimenti e i progetti di salvaguardia per tutelare la regina delle Ande. E’ possibile fare escursioni guidate per poterne ammirare la bellezza, con l’unica raccomandazione di rispettare la pianta e l’ambiente in cui si trova.
Sicuramente da mettere nella lista di cose da fare, non credete?
Plant Breeder di mestiere, divulgatore per hobby.
Nato sotto una foglia di carciofo e cresciuto a orecchiette e cime di rape, sono sempre stato interessato alla genetica. Ho studiato biotecnologie agrarie e, dopo un erasmus in Danimarca, ho proseguito con un industrial PhD nella stessa azienda sementiera presso cui stavo scrivendo la tesi. Dal 2019 sono rientrato in Italia e lavoro attivamente come plant breeder, realizzando varietà di ortaggi che molto probabilmente avete mangiato 🙂