Pane che sanguina – prodigio o prodigiosina?
Prodigio o prodigiosina? Un’annosa questione che tiene occupati scienziati e prelati da un bel po’ di tempo.
Tutto cominciò circa 800 anni fa…
Estate 1263. Bolsena.
Pietro da Praga, un sacerdote boemo con qualche dubbio sulla reale presenza di Gesù nell’ostia e nel vino consacrati, è sulla via di Roma per pregare sulla tomba di Pietro al fine di fugare i suoi dubbi.
Mentre si trovava in una cappella vicina al lago di Bolsena, celebrando la messa, al momento della consacrazione il povero prelato si rese conto che l’ostia era madida di sangue.
Impaurito e confuso, il sacerdote concluse la celebrazione (devo dire, complimenti per il sangue freddo) e, successivamente, fuggì a gambe levate verso la sacrestia.
Alcune gocce di “sangue” caddero sul pavimento e sono ancora visibili nella chiesa di cui stiamo parlando (Chiesa di Santa Cristina a Bolsena).
Il papa Urbano IV dichiarò l’indubbia soprannaturalità dell’evento e usò questo “miracolo” (in maniera totalmente disinteressata) come elemento chiave per validare la reale presenza di Cristo nell’eucarestia, in contrapposizione a chi credeva che la presenza eucaristica di Cristo fosse solo simbolica.
Miracolo?
Prodigio?
Molto piú probabilmente prodigiosina.
Che?
La prodigiosina è un pigmento rosso intenso, prodotto da diversi ceppi del batterio Serratia marcescens.
Un pigmento è una sostanza chimica con la capacità di tingere, di un determinato colore, vari materiali. Ciò che distingue un pigmento da un comune colorante è l’incapacità di sciogliersi in solventi comuni, come l’acqua. Per essere efficaci devono, perciò, essere dispersi in mezzi leganti, che li fissino al supporto desiderato.
Questo pigmento prende il suo nome proprio dal fatto che diversi esperimenti indipendenti lo collegano al supposto miracolo di Bolsena.
Miracolose molecole
È interessante notare infatti che il batterio Serratia marcescens (scoperto nel 1819 da un farmacista nostro connazionale, Bartolomeo Bizio) è ubiquo nei luoghi umidi.
Si trova, spesso, anche nei bagni, annidandosi nei posti più remoti e, spesso, causando la fastidiosa e persistente colorazione rossastra, che si sviluppa nelle fughe fra le mattonelle.
Questo batterio, fra le altre cose, adora attaccare elementi ricchi di amidi (estremamente nutrienti e ideali per lo sviluppo della colonia) come semi, pane e altri derivati della farina.
In periodi di caldo e in luoghi umidi (ad esempio d’Estate… nei pressi di un grande lago *coff coff* come a Bolsena *coff coff*), questo batterio produce, su pane e focacce, un’abbondante quantità di prodigiosina, sviluppando uno strato di liquido rosso vivo, di consistenza leggermente viscosa, facilmente confondibile per sangue fresco.
Riprodurre un miracolo in laboratorio
Nel 1994, la microbiologa statunitense Johanna C. Cullen ha ipotizzato che questo simpatico batterio potesse essere la reale causa del “miracolo” ed è effettivamente riuscita a riprodurre il “sanguinamento” delle ostie in laboratorio, inoculando il batterio Serratia marcescens su semplici ostie di acqua e farina.
L’esperimento operato da Cullen venne ripetuto, con successo, sia nel 1998 dal dottor Luigi Garlaschelli (Università di Pavia) sia nel 2000 dai microbiologi statunitensi J.W. Bennett e Ronald Bentley (Tulane University, New Orleans).
Chiaramente nessuno studio indipendente sui campioni effettivi del “miracolo” esistenti è disponibile, nonostante le molteplici richieste della comunità scientifica di analizzare i campioni.
Nessuno studio?
Beh in realtà no.
Il corporale di lino di Pietro da Praga, che risulta essere macchiato della sostanza misteriosa, è custodito presso il duomo di Orvieto.
Durante un intervento di natura conservativa, tra il 3 febbraio ed il 27 marzo 2015, vennero fuori presunte analisi da cui si evinceva (proprio secondo tale studio) la presenza di materiale biologico simile a sangue, scisso in plasma e siero.
Trovate il documento qui.
Tuttavia, lo “studio” (peraltro, non indipendente e mai riprodotto) si basa su delle analisi eseguite su uno solo dei 5 campioni disponibili.
Tra l’altro, l’unico che si trova su un materiale tessile e non su materiale pietroso, cosa che rende la possibilità di contaminazione molto elevata, considerando l’età del reperto. Trovare materiale biologico su un pezzo di stoffa vecchio più di 800 anni non è una grande sorpresa.
Inoltre, la presunta analisi è stata eseguita durante un lavoro di restauro (quindi non finalizzato a determinare la natura della macchia), motivo per il quale non possiamo dare per scontato che la procedura utilizzata sia standard e totalmente attendibile, con strumentazioni che non sono adibite allo studio specifico di un campione biologico.
Sebbene si parli vaghissimamente di “analisi ultraviolette”, che dovrebbero dimostrare la presenza di sangue e siero, nessuno studio successivo su campioni simili ha comprovato questo risultato, a differenza di molteplici studi indipendenti che supportano la tesi della contaminazione batterica.
La comunità scientifica ha molteplici volte richiesto di eseguire analisi (che non sarebbero affatto invasive per la reliquia, data la scarsa quantità di campione necessario) per comprovare la presenza di sangue, la risposta è stata sempre negativa.
Niente analisi indipendenti, niente congetture o prove, niente miracolo.
Come sempre “Hasta los datos, siempre“.
Ma a cosa serve la prodigiosina?
Perché questo batterio dovrebbe secernere questa peculiare sostanza?
Semplicemente per terrorizzare prelati del 1200?
In realtà la risposta è semplice, pura sopravvivenza.
La prodigiosina è dotata di forti proprietà antibiotiche e citotossiche, serve insomma a “spazzare via” eventuali rivali sul campo, uccidendo altri batteri e funghi, che potrebbero essere attratti dal “bottino” di nutrienti, rappresentato dal tozzo di pane su cui la colonia si è sviluppata.
Molti ceppi di S. marcescens sono resistenti a svariate classi di antibiotici (fra cui, ovviamente, la prodigiosina stessa), quindi, possono tranquillamente circondarsi di questa molecola, senza subire alcuna conseguenza negativa.
Un miracolo nel miracolo?
Per chi stesse pensando se questo prodigioso pigmento possa esserci in qualche modo utile, ho brutte notizie.
Le marcate proprietà citotossiche di questa molecola si estendono, purtroppo, anche verso le cellule animali, per cui la prodigiosina non può essere impiegata come farmaco antibiotico al pari della penicillina (che è innocua per gli animali).
Recenti studi, però, hanno preso “a modello” la struttura della prodigiosina per sviluppare nuove classi di antibiotici, cercando di eliminare (o limitare) la tossicità della molecola per noi umani.
Insomma la speranza è l’ultima a morire…
Aspettiamo il miracolo.
Nota a margine e conclusioni
…
Premetto che nel seguente paragrafo esprimerò delle opinioni personali.
…
Insomma, pare che non ci sia stato alcun miracolo.
Sorpresa delle sorprese.
Lasciando da parte questa (non discutibile) realtà scientifica, mi chiedo (da persona religiosa) se questa cosa abbia davvero importanza a livello spirituale.
Il pane non ha sanguinato.
E quindi?
Oggi, appare ovvio che l’unico motivo per il quale il fenomeno, all’epoca, sia stato definito “miracoloso” fu banalmente politico. Urbano IV voleva qualcosa da sbattere in faccia a chi sostenesse (come Berengario da Tours, che fu attaccato, imprigionato e costretto a ritrattare le sue tesi, in una ennesima dimostrazione che la fede dogmatica è estremamente non violenta) che la presenza del Corpus Domini (il corpo di Cristo) nell’ostia fosse solo simbolica e non fisica.
Grazie al cielo, la conoscenza umana del mondo che ci circonda è aumentata, e con essa sono diminuiti misteri e miracoli (photoshop permettendo).
Nel 1263, vedere un liquido rosso, che sembra proprio sangue, colare da dell’ostia era un ottimo motivo per credere che l’ostia stesse sanguinando. Non mi risulta che all’epoca fossero muniti delle tecnologie di analisi che abbiamo a disposizione oggi.
Fortunatamente, noi abbiamo accesso una serie di strumenti e di tecniche che ci permettono (in maniera indipendente) di verificare gli avvenimenti, evitando di farci manipolare da mistificatori e santoni vari.
Determinare che un fenomeno non sia soprannaturale non nega in nessun modo la validità di avere una fede. Essere fedeli al metodo scientifico non rende nessuno ipso facto atei.
La fede (in qualsiasi religione o filosofia sia riposta) dovrebbe essere molto di più, almeno nella mia personalissima opinione, che aspettarsi cori di angeli, piogge di rane e cammelli che passano nelle crune degli aghi.
Si deve essere critici verso la fede cieca ed esclusivamente dogmatica o qualsiasi pensiero fondamentalista.
Tuttavia
Credo sia altrettanto fondamentale essere rispettosi di tutte le confessioni, fino a che vengano rispettate le leggi, le regole di convivenza civile e la validità della scienza.
Personalmente, in quanto persona con una fede, credo che inseguire i miracoli sia un modo sterile di approcciarsi alla spiritualità.
Citando Giornano Bruno, nella canzone “Sono il tuo sogno eretico” di Caparezza:
“Dio mi ha dato un cervello, se non lo usassi gli mancherei di rispetto.”
Fonti
Prodigiosina, la molecola del miracolo
Prodigio o prodigiosina?
S. marcescens
Prodigio o prodigiosina
Prodigiosina, approfondimento
Pigmento
Prodigio o prodigiosina
Laurea in chimica-fisica dei sistemi biologici, ottenuta all’università “La Sapienza” di Roma, PhD in Chimica Organica ottenuto all’università di Twente (Paesi Bassi), attualmente parte dell’Editorial Office di Frontiers in Nanotechnology e Frontiers in Sensors, a Bologna. Mi identifico come napoletano (anche se di fatto a Napoli ci sono solo nato). Un ricettacolo di minoranze (queer, vegano, buddista…) con una grande passione per la divulgazione.
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