Piante che spingono i parassiti al cannibalismo
Sei una pianta semplice.
Una colonia di bruchi ti inizia a divorare le foglie e ti sale il nazismo. Sfortunatamente, però, sei un vegetale e non puoi muoverti, né calcio-rotare i tuoi ospiti fuori dalle bacche.
Che fai?
Facile, produci una molecola che li induce a sbranarsi tra loro!
Insomma, esistono piante che spingono i parassiti al cannibalismo…
Piccolo avviso: questo articolo contiene uno spoiler parziale sul film “E venne il giorno”. Il film però è vecchio (del 2008) e fa anche abbastanza cacare. Quindi se lo hai già visto, benissimo, se non lo hai visto, poco male.
Prosegui pure nella lettura.
Un meccanismo naturale ai limiti della fantascienza
Lo strano parallelismo fantascienza-realtà viene fuori da una ricerca pubblicata sulla rivista Nature nel 2017, che ha, infatti, svelato come le piante di pomodoro (Solanum lycopersicum) siano in grado di difendersi (almeno parzialmente) dalle larve di Spodoptera exigua utilizzando un’arma fenomenale.
La BIOCHIMICA.
Una volta aggrediti dal parassita, i pomodori producono un fito-ormone volatile (un ormone vegetale che si diffonde nell’aria) chiamato jasmonato di metile, in grado di modificare l’attitudine alimentare dell’ospite indesiderato.
Questo ormone causa principalmente due tipi di reazioni nelle larve che lo ‘respirano’: innanzitutto ne riduce l’appetito e, successivamente, agisce a livello neuronale modificandone, a tutti gli effetti, il comportamento.
In pratica, dopo aver assunto una dose sufficiente di jasmonato di metile i bruchi iniziano a preferire i propri simili ai teneri e freschi tessuti vegetali!
Sì, le piante sono persone orribili.
L’ennesimo meccanismo della natura feroce e spietato (ai nostri occhi) che a qualcuno potrà risultare familiare…
Il motivo è presto detto!
Il film “E venne il giorno” (titolo originale “The happening”) racconta, infatti, una vicenda del tutto simile a quella del cannibalismo indotto dai pomodori.
Un giorno, apparentemente senza nessun motivo logico, gli abitanti di New York, nei pressi di Central Park, perdono qualsiasi istinto di sopravvivenza e di autoconservazione ed iniziano ad ammazzarsi nei modi più assurdi e splatter possibili.
Chi si suicida schiantandosi in auto, chi gettandosi dai tetti, chi facendosi sbranare da animali feroci, chi procurandosi tagli e ferite… insomma una roba brutta, ma brutta-brutta.
Il fenomeno si diffonde a macchia d’olio, prima in altre grandi città del nord-est degli Stati Uniti e, successivamente, in centri abitati via via più piccoli.
L’ipotesi iniziale, di un attacco terroristico con una nuova arma chimica, si rivela infondata e si scopre che in realtà le piante si sono abbondantemente rotte le scatole della sovrappopolazione e della presenza umana.
I vegetali, quindi (tutti insieme, senza distinzione di specie… mi sembra ovvio) stanno cooperando per produrre una tossina che fa venir voglia all’uomo di suicidarsi, perché lo percepiscono ormai come una minaccia.
Proprio come i pomodori coi bruchi!
Le piante nella pellicola, ma forse anche nella realtà, “si sono stancate”, quindi, dell’inquinamento del suolo, degli oceani e dell’aria, dello sfruttamento delle risorse naturali, dello smaltimento improprio dei rifiuti, del riscaldamento globale e, forse, si sono pure rotte le palle dei tormentoni estivi reggaeton: la soluzione è lo sterminio violento dell’Homo sapiens sapiens.
Come andrà a finire la storia? Se avete due ore da buttare nel cesso guardatevi pure il film; per adesso torniamo ai nostri pomodori-killer di bruchi.
Il metabolismo vegetale in risposta a ‘problemi urgenti’
Nello specifico, lo studio dei ricercatori del “Department of Integrative Biology, University of Wisconsin” ha mostrato che le piante, una volta attaccate, producono livelli molto elevati di jasmonato di metile se paragonate a quelle che invece non ospitano il parassita (il così detto “controllo negativo” dell’esperimento).
La ‘molecola del cannibalismo’ rientra quindi a tutti gli effetti tra quei prodotti del metabolismo vegetale definiti “ormoni dello stress”, ovvero tutte quelle sostanze che sono prodotte dal regno vegetale in risposta ad un cambiamento delle condizioni ambientali.
Stress idrici, termici e attacchi di parassiti impongono, infatti, alle piante di correre ai ripari per cercare di difendersi al meglio.
Non potendosi spostare, i vegetali possono produrre ormoni per modulare, ad esempio, l’apertura/chiusura dei petali, degli stomi (le strutture delle foglie che permettono gli scambi gassosi), la maturazione dei frutti, la dispersione dei semi e tutta una serie di attività metaboliche complesse.
I test sui bruchi-cannibali sono stati poi effettuati anche somministrando direttamente e in modo artificiale il jasmonato di metile a concentrazioni crescenti.
La risposta è stata sempre la stessa
Il numero di bruchi che si ammazzano tra loro cresce in modo direttamente proporzionale alla presenza di jasmonato di metile. Allo stesso tempo, la biomassa vegetale risparmiata dalle fauci delle larve subisce un forte incremento all’aumentare dell’ormone presente nell’aria.
In generale si è notato che, dopo 48 ore dalla somministrazione, i bruchi smettono di cibarsi dei tessuti vegetali e, senza rendersene conto, fanno un passaggio epico dal livello “vegano tomato-lover” a quello “Hannibal Lecter può accompagnare solo”.
Quello che le piante riescono a fare è in realtà stimolare un’attitudine, quella del cannibalismo, che si manifesta già normalmente tra i bruchi, soprattutto in scarsità di risorse.
Il cannibalismo viene spinto al massimo rendendo la pianta ‘meno appetibile’ e, soprattutto, agendo sul tempismo: meno a lungo le Spodoptere restano vive come larve e più tessuti vegetali vengono salvati.
Ovviamente questo sottilissimo meccanismo è un ulteriore esempio di adattamento e di co-evoluzione tra specie appartenenti a regni differenti, che permettono di mantenere l’equilibrio tra le popolazioni della specie-cibo e della specie-mangiatrice.
Le piante comunicano con l’ambiente circostante
L’utilizzo di jasmonato di metile da parte della pianta di pomodoro come arma di difesa nei confronti di un pericoloso parassita, rientra nei meccanismi basati sulla allelopatia… domanda automatica: e che è sta roba?
L’allelopatia è una figata pazzesca del regno della biologia.
Questo fenomeno permette alle piante di produrre delle molecole, chiamate metaboliti secondari, che hanno una ‘influenza’ positiva o negativa su individui della stessa specie, o di specie differenti di altri vegetali o addirittura su parassiti erbivori appartenenti a regni diversi!
Gli effetti di questi metaboliti sull’organismo bersaglio possono interessare uno specifico aspetto legato al suo sviluppo, o alla sopravvivenza oppure alterarne in modo significativo i meccanismi della riproduzione.
L’allelopatia è quindi, in un certo senso, la serie complessa di processi mediati da segnali biochimici con cui le piante ‘comunicano’ con il mondo. In alcuni casi, permette alle piante di modificare l’ambiente che le circonda.
Ad esempio
Una pianta può impedire che attorno a sé vadano a germinare i semi di altre piante assicurandosi maggiori quantità di acqua e nutrienti (meccanismo allelopatico negativo) rilasciando nel terreno sostanze inibitrici della germinazione.
Allo stesso modo può richiamare il predatore naturale dell’insetto che le sta divorando una foglia (meccanismo allelopatico positivo) producendo molecole volatili attrattive.
Esempi di allelopatia nel mondo delle piante sono infiniti. Studiarne il meccanismo è estremamente importante per limitare le perdite legate agli attacchi di parassiti e insetti fitofagi (quelli cioè che si nutrono di tessuti vegetali).
Un esperimento che tutti possiamo facilmente provare a casa è quello, ad esempio, dell’effetto della nicotina sugli afidi. Lasciando il tabacco di una sigaretta una notte in acqua e poi spruzzando la soluzione sugli afidi avremo liberato, almeno temporaneamente, le nostre piante dall’infestazione, senza utilizzare sostanze fitosanitarie di sintesi.
Molecole allelopatiche, se utilizzate correttamente possono quindi aiutare nel controllo degli organismi infestanti che, ogni anno, causano perdite di produzioni agricole stimate tra il 15 e il 20% per frutta e ortaggi, nelle fasi di produzione e di post-raccolta (dati FAO 2012).
Il solo controllo con sostanze di sintesi (fitofarmaci) non è sufficiente né sostenibile nel lungo periodo. La pratica, infatti, ha un impatto significativo sulle popolazioni di insetti utili (impollinatori) e comunque comporta accumuli nei terreni e nei bacini idrici.
Proprio la bassa persistenza nell’ambiente delle sostanze allelopatiche è, d’altro canto, uno dei principali limiti nella applicazioni di agricoltura intensiva; senza considerare che ottenere queste molecole ha un costo di produzione molto elevato rispetto alle sostanze sintetizzate a livello chimico.
Un cane che si morde la coda insomma.
Il fatto è che siamo già 8 miliardi di persone sul pianeta (oggettivamente un boato). L’agricoltura deve necessariamente accelerare verso politiche e pratiche innovative e più sostenibili.
Se poi consideriamo che si stima che la popolazione mondiale si stabilizzerà attorno al 2050 tra i 9.5 e i 10 miliardi di individui, capiamo da soli l’importanza del tema. Migliorare le pratiche agricole (e non solo quelle) o ci siamo fottuti da soli.
Uno studio sul pomodoro che spinge i bruchi a mangiarsi tra loro potrà essere lo spunto per un’agricoltura futura più eco-compatibile? Chissà, magari ancora una volta la risposta più efficace ai nostri problemi verrà osservando la natura che ci circonda e che sa mantenere i propri equilibri!
L’anno 2020 ha riportato l’ansia mondiale a livelli che non si vedevano dall’invasione della Polonia da Parte della Germania Nazista. In questo contesto, un’infestazione record di locuste, che ha interessato l’Africa, soprattutto Kenya, Etiopia e Somalia è passata parecchio in secondo piano.
Immaginate quanto sarebbe stato utile avere composti allelopatici per stimolare il cannibalismo delle locuste (che già di loro di cannibalismo ne praticano parecchio). Quanto potrebbe servire un’arma simile contro le infestazioni che verranno!
Missione Scienza significa anche non smettere mai di cercare soluzioni per un futuro migliore, per tutti.
Fonti:
Methyl jasmonate as a vital substance in plants – Piante che spingono i parassiti al cannibalismo
Out of the quagmire of plant defense hypotheses
Laureato in biotecnologie, lavoro da anni nel settore dell’industria alimentare.
NERD da molto prima che facesse fico; appassionato di divulgazione scientifica da quando mi ci sono ritrovato dentro per puro caso.
Scrivo per Missione Scienza ad orari improbabili quindi mi scuso per tutti refushi e gli erorri di battitura, è già un miracolo che non mi sia mai addormentato sulla tastieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee