Come si riproducono le piante acquatiche?
Potrebbe sembrare una banalità, ma le piante acquatiche vivono in un ambiente completamente diverso dalle specie che hanno colonizzato la terraferma. Valgono quindi gli stessi principi? Una pianta acquatica produce polline, fiori e frutti? Scopriamolo insieme!
Diamoci un contesto
Non possiamo che partire parlando un po’ in generale delle piante acquatiche. In soldoni, quelle che comunemente chiamiamo “CHE SCHIFO LE ALGHE!” quando siamo al mare. Il termine “alghe” è però estremamente generico e include sia specie unicellulari che specie decisamente più grandi. Tutti questi organismi hanno in comune la capacità di utilizzare la fotosintesi per convertire l’energia del sole in energia utilizzabile dall’organismo.
Molte specie riescono ad arrivare a fine mese così, senza dover assimilare molecole organiche dall’esterno, parliamo quindi di organismi fotoautotrofi. Altre specie hanno una attività fotosintetica molto ridotta e, come noi, devono “mangiare” per introdurre molecole organiche dall’esterno per poi riutilizzarle come mattoni per le proprie strutture o le proprie reazioni metaboliche.
Le alghe che ci fanno impanicare mentre stiamo facendo il bagno al mare sono, come immaginerete, decisamente pluricellulari (quantomeno quelle che vediamo), e per distinguerle da tutto il resto le chiamerò da ora in avanti piante acquatiche.
La presenza di foreste e di praterie di piante acquatiche è di cruciale importanza. Queste piante liberano enormi quantità di ossigeno nel mare, offrono riparo e sono il luogo di riproduzione di molti animali marini, smorzano correnti e onde e prevengono l’erosione costiera.
Ora vi chiedo una cosa un po’ strana.
Cosa hanno in comune una balena e una pianta acquatica?
No, non è il pene di qualche metro, di quello ne abbiamo parlato in un altro articolo. Hanno in comune un percorso evolutivo decisamente anticonformista e contro le mode. La storiella vuole che la vita sulla terraferma si sia evoluta da un organismo ancestrale che aveva talmente le palle piene dei suoi simili che a un certo punto decise di uscire fuori dall’acqua e di stare in santa pace in un ambiente incontaminato. Da quel tipo solitario si sono evoluti gli anfibi, da loro i rettili, a seguire gli uccelli e infine i mammiferi.
350 milioni di anni di evoluzione, di selezione, di modellamento e ri-modellamento. Di mutazione in mutazione, piccoli cambiamenti si sono accumulati e hanno portato alla formazione di organi mai visti prima, passando per tutte le strade sbagliate del caso.
Poi arrivano balene e delfini e: “No, bella la terra, ma noi torniamo in acqua”.
Così, di botto, senza senso.
Così l’evoluzione, che non va mai in vacanza, tramite la pressione selettiva, ha semplicemente continuato a selezionare le forme di mammifero più adatte all’ambiente acquatico, plasmando gli attuali mammiferi marini.
“Sì, ma le piante acquatiche?”
La stessa cosa è successa anche a loro! Stufe della terraferma, a una certa se ne sono tornate in acqua. Non intenzionalmente sia chiaro, così come non è stato intenzionale il processo per l’antenato di delfini e balene. Ma la già citata pressione selettiva, insieme all’interazione degli organismi con l’ambiente, ha fatto sì che alcune specie di piante si sono ritrovate a essere capaci di vivere in ambiente acquatico, dolce e non.
Nella terra di mezzo
Nella terra di mezzo, fra vita sulla terraferma e vita in fondo al mar, troviamo delle piante ibride. Le ninfee (specie del genere Nymphaea) o il famoso fiore di loto (Nelumbo nucifera), pur colonizzando ambienti acquatici e avendo radici che si sviluppano nel fondale fangoso, crescono quanto serve per sviluppare foglie e fiori che giacciono sulla superficie dell’acqua o poco sopra. I fiori di queste piante sono stupendi e, essendo esposti all’aria, possono essere impollinati dagli insetti, come succede per molte altre piante. Un importante adattamento all’ambiente acquatico che va citato è la particolare struttura superficiale delle foglie che le rende estremamente idrofobiche. In questo modo l’acqua scivola via senza bloccare gli stomi che possono continuare lo scambio aerifero.
Alcune specie di piane acquatiche non sono radicate al fondale, ma hanno radici che galleggiano: tali piante sono note con il nome di idrofite natanti. Ne è un esempio Lemna minor, molto comune nei canali di irrigazione della pianura padana, dove è nota con il nome di “ranina”.
Le piante sommerse
Spostiamoci ora sui fondali marini. Gran parte delle piante acquatiche si riproduce preferibilmente in maniera asessuata, creando cloni di sé stesse tramite gli stoloni o il rizoma. Come potete immaginare, la riproduzione sessuata presenta delle sfide in questo ambiente, che sono state risolte attraverso diversi stratagemmi.
Le piante del genere Vallisneria, ad esempio, hanno fiori maschi e fiori femmine (in gergo tecnico è una pianta monoica diclina, come il mais). I fiori femminili si sviluppano in fondo allo specchio d’acqua, ma quando arrivano a maturazione vengono su grazie alla crescita del peduncolo. Anche i fiori maschili crescono sul fondale, ma arrivati a maturazione si distaccano dalla pianta e salgono a galla aprendosi come tante barchette costituite dai petali, dal cui bordo sporgono gli stami carichi di polline. Le correnti dell’acqua e dell’aria fanno il resto, permettendo prima o poi che i due fiori si urtino e gli stami impollinino i fiori femminili.
Altre piante acquatiche, come quelle del genere Zostera, effettuano una vera impollinazione idrofila, rilasciando il polline che sale a galla e viene trasportato dalle correnti fino a quando non incontra un fiore che può fecondare.
Arriviamo alla Posidonia oceanica, polmone dei nostri mari. Questa pianta acquatica ha dei fiori ermafroditi (che producono sia stami che pistilli) che maturano a partire da settembre/ottobre nelle praterie più vicine alla superficie del mare, e poi a scalare in maniera proporzionale alla profondità. Il polline all’interno dell’antera è di forma sferica, ma diventa filamentoso appena viene rilasciato in acqua. Il polline può impollinare i pistilli dello stesso fiore (autoimpollinazione) o quelli di fiori di altre piante. Il frutto, leggermente carnoso e chiamato volgarmente “oliva di mare“, è ricco di una sostanza oleosa che ne permette il galleggiamento.
Le cose che non ti aspetti
Sembra quindi che l’impollinazione idrofila non sia molto diversa da quella anemofila, ossia l’impollinazione che avviene grazie al vento. Cambia solo il mezzo di diffusione. Del resto in acqua non ci si può aspettare un’impollinazione zoogama, che avviene grazie ad animali pronubi. Giusto?
E invece no!
È relativamente recente un articolo pubblicato su Nature che descrive il metodo di riproduzione di Thalassia testudinum, una pianta acquatica delle regioni caraibiche e dell’Atlantico occidentale. T. testudinum è dioica, ha quindi piante che sviluppano fiori maschili e piante che sviluppano fiori femminili. Come in tutte le praterie subacquee, la vita qui pullula e tantissimi animali vivono, trovano riparo o cacciano fra le piante. È venuto fuori che molte specie diverse di invertebrati marini visitano i fiori di questa pianta e si coprono del polline mucillaginoso rilasciato dai fiori maschili. Muovendosi di fiore in fiore capita che parte di questo polline venga depositato sui fiori femminili, che rastrellano questi invertebrati con i loro stigmi simili a tentacoli, fecondandosi.
Conclusione
Se siete rimasti a leggere tutto ‘sto pippone fino alla fine, non posso che ringraziarvi. Il mondo delle piante acquatiche è affascinante e, come avete visto, come al solito l’evoluzione si è sbizzarrita nel creare metodi alternativi di impollinazione efficaci in un ambiente così diverso dalla terraferma. Cercando informazioni e fonti per questo articolo mi sono imbattuto in tante curiosità che vi proporrò sulla nostra pagina Instagram e Facebook nelle prossime settimane!
Stay tuned!
Plant Breeder di mestiere, divulgatore per hobby.
Nato sotto una foglia di carciofo e cresciuto a orecchiette e cime di rape, sono sempre stato interessato alla genetica. Ho studiato biotecnologie agrarie e, dopo un erasmus in Danimarca, ho proseguito con un industrial PhD nella stessa azienda sementiera presso cui stavo scrivendo la tesi. Dal 2019 sono rientrato in Italia e lavoro attivamente come plant breeder, realizzando varietà di ortaggi che molto probabilmente avete mangiato 🙂