Peti superconduttori per trasporto di elettricità
Prima di parlare di peti superconduttori, dobbiamo fare una premessa.
Viviamo in un universo imperfetto: i cerchi non sono perfettamente circolari, il vetro non è perfettamente trasparente, le ruote non ci possono trasportare senza attrito, i perfetti conduttori di elettricità non esistono…
Aspetta, aspetta: quest’ultima è una bufala!
In realtà, scegliendo materiali superconduttori, l’elettricità potrebbe fare il giro del mondo mille, un milione, un miliardo di volte, senza nessuna dissipazione di energia.
Nada de nada!
Ma cosa sono i superconduttori? Le scorreggie solidificate, per esempio! Ma cominciamo dall’inizio…
La dissipazione di energia elettrica
Secondo i dati più recenti, circa l’8% dell’energia elettrica prodotta al mondo viene dissipata in fase di trasporto dalla centrale all’utente [1]. Non sembra molto, ma, in realtà, con queste perdite si potrebbe illuminare un secondo pianeta Terra! Perché sprechiamo così tanto? La causa immediata è piuttosto semplice: a temperatura ambiente, tutti i materiali che conosciamo si riscaldano, quando vengono attraversati da una corrente elettrica. Purtroppo, riscaldamento significa utilizzo di energia. Nel nostro caso, parte dell’energia elettrica trasportata dal cavo si converte in “inutile” energia termica, che difficilmente può essere usata per fare qualcosa di utile.
Cavi hot!
A cosa è dovuto il riscaldamento dei cavi? A un effetto microscopico. La corrente elettrica è trasportata dagli elettroni del metallo che costituisce il cavo. Tuttavia, questi elettroni non si muovono affatto liberamente: al contrario, si devono districare in una giungla di ioni. Gli ioni sono l’altro componente fondamentale di un metallo: pigri e di carica opposta rispetto agli elettroni, il massimo sforzo che fanno è vibrare attorno alle loro posizioni di riposo.
Sfortunatamente, gli elettroni non sono troppo bravi a fare distanziamento sociale e collidono con gli ioni circa 50 miliardi di volte al secondo, in un tipico metallo [2]. In alcuni tipi di collisioni, gli ioni si risvegliano dal letargo e usano parte dell’energia degli elettroni per mettersi a vibrare. Sono proprio le vibrazioni degli ioni a causare il riscaldamento del cavo e non parliamo di un effetto irrisorio! La tipica temperatura dei cavi elettrici usati nelle grandi linee di trasmissione è, infatti, di circa 75-90°C proprio per questo motivo [3]. A temperatura ambiente, tutti i metalli conosciuti sono soggetti a questo effetto.
Dobbiamo dunque rassegnarci all’idea di sprecare una buona parte dell’energia che produciamo? Non necessariamente. Una prima soluzione potrebbe essere l’uso di energia a “km zero” prodotta localmente, magari tramite fonti rinnovabili. Tuttavia, anche negli scenari più futuristici, è difficile immaginarsi di poter produrre localmente tutta l’energia necessaria per aree densamente popolate. Un’altra possibile soluzione è la scoperta di nuovi materiali, in cui gli elettroni riescano a rimbalzare tra gli ioni, senza però cedere loro nessuna energia.
Superconduttori al superfreddo
Se la Terra fosse un posto freddissimo, i materiali ideali per questo scopo sarebbero già stati identificati molto tempo fa. Nel 1908, lo scienziato olandese Heike Kamerlingh Onnes sviluppò il processo della liquefazione dell’elio, il gas usato per far volare i palloncini. L’elio diventa un liquido a -269°C e, se si piazza un qualunque oggetto in un contenitore di elio liquido, la sua temperatura scende rapidamente, fino a equilibrarsi con la temperatura dell’elio stesso. Da bravo scienziato sperimentale, Onnes pensò bene di buttare vari materiali dentro all’elio liquido, curioso di vedere cosa sarebbe successo. Il risultato più eclatante, nel 1911, fu l’osservazione che il mercurio, raffreddato a -269°C, non opponeva nessuna resistenza alla corrente elettrica, vale a dire zero riscaldamento e zero dissipazione di energia! Questa proprietà totalmente inaspettata fu battezzata superconduttività dal suo scopritore e gli valse un premio Nobel [4].
Caccia al superconduttore a temperature ambiente
Affascinati dal lavoro pioneristico di Onnes, intere generazioni di scienziati si dedicarono alla ricerca di un nuovo materiale che potesse esibire superconduttività a temperatura ambiente, al fine di realizzare il sogno di trasportare energia senza nessuno spreco. Il parametro più importante per valutare l’applicabilità tecnologica di un nuovo materiale superconduttore è la sua temperatura critica, al di sopra della quale il materiale perde le sue proprietà superconduttive e diventa un normale conduttore o addirittura un isolante.
Non abbiamo ancora scoperto un superconduttore a temperatura ambiente, ma ci stiamo avvicinando. In particolare negli anni ’80, la ricerca sulla superconduttività visse un’età dell’oro, grazie allo studio dei cuprati, una classe di materiali contenenti rame e ossigeno. La sintesi in laboratorio di nuovi cuprati dalle lunghe e oscure formule chimiche (uno dei migliori è il HgBa2Ca2Cu3O8) fece schizzare il record di temperatura critica da -250°C a -133°C in pochi anni [5]. Purtroppo, nonostante lo sforzo degli scienziati nel sintetizzare nuovi cuprati sempre più complessi, questo record rimase sostanzialmente imbattuto per tre decenni. Molti cominciarono a sospettare che un radicale cambiamento di direzione sarebbe stato necessario, per arrivare al fatidico superconduttore a temperatura ambiente. Altri abbandonarono completamente lo studio della superconduttività per dedicarsi ad altri argomenti.
Peti superconduttori
Ironicamente, il materiale che finalmente diede nuova linfa alla ricerca nella superconduttività, nel 2015, ha un nome molto più minimalista rispetto ai fiammeggianti cuprati degli anni ’80.
E’ il semplice solfuro di idrogeno (H2S), il gas dall’odore forse più inconfondibile al mondo, il temuto prodotto delle nostre agitazioni intestinali.
Ma come? A parte il problema della puzza, come può una sostanza gassosa essere un conduttore elettrico?
Il trucco sta nel comprimere il gas come se non ci fosse un domani: infatti, a una pressione di 90 gigapascal (900.000 volte la pressione atmosferica), le molecole dell’H2S si addensano al punto da formare un solido.
Durante questo processo, parte dello zolfo si separa e, per descrivere il nostro nuovo solido, è più corretto usare la formula H3S, invece che H2S. Aumentando ancora un po’ la pressione fino a 155 gigapascal, fu scoperto, nel 2015, che questo “solido” manteneva le sue proprietà superconduttive fino alla temperatura critica di -70°C [6].
Un progresso straordinario, rispetto al precedente record di -133°C dei cuprati! Certo, rimane comunque una temperatura molto bassa per le nostre abitudini, ma ora stiamo finalmente parlando di temperature che esistono in natura sulla Terra. Per intenderci, l’inverno in Antartide può arrivare al di sotto dei -90C [7].
Superconduttori convenzionali o fricchettoni?
Ovviamente, rimane il problema dell’altissima pressione necessaria per ottenere la superconduttività nell’H3S.
Si tratta dunque dell’ennesimo materiale inutile?
Non esattamente.
Facendo un passo indietro, i cuprati sono stati denominati “superconduttori non convenzionali” che, parafrasando, significa qualcosa di simile a “li abbiamo scoperti per caso e non ci abbiamo ancora capito una mazza”.
Quando i cuprati smisero di produrre record alla fine degli anni ‘80, il risultato fu che nessuno sapeva verso quale classe di materiali dirigere i propri sforzi per innalzare la temperatura critica. Nel frattempo, la comprensione dei superconduttori non convenzionali ha fatto grandi progressi, ma molti dei loro aspetti rimangono ancora un mistero.
La situazione è molto diversa per l’H3S. Infatti, quest’ultimo appartiene alla classe dei “superconduttori convenzionali” per i quali esistono teorie in grado di prevedere se un determinato materiale sia superconduttivo o no e persino di stimare la sua temperatura critica.
Tre decenni fa, alcuni fisici avevano già previsto la superconduttività in vari solidi sotto pressione ricchi di idrogeno, tra cui l’idrogeno stesso [8]. Nel 2014, un anno prima dell’annuncio del nuovo record di temperatura critica nell’H3S, un gruppo di fisici teorici pubblicò uno studio prevedendo una temperatura critica tra i -83°C e i -72°C per l’H3S pressurizzato a 200 gigapascal [9].
Una previsione incredibilmente accurata!
In parole semplici, i materiali ricchi di idrogeno sono propensi alla superconduttività perché gli ioni dell’idrogeno hanno bisogno di una quantità di energia insolitamente alta prima di mettersi a vibrare. Di conseguenza, in questa famiglia di materiali, gli elettroni e gli ioni si “ignorano” più facilmente che in un materiale standard, quindi la superconduttività può persistere fino a temperature più alte.
Morale della favola superconduttiva
La capacità di compiere previsioni precise su un sistema prima della sua realizzazione sperimentale è una delle armi più potenti in mano alla scienza.
Nel caso dei cuprati, l’assenza di una teoria in grado di identificare nuovi materiali ispirati ai cuprati, ma con proprietà superiori agli stessi, impedì un significativo progresso nei decenni a seguire. Nel caso dell’H3S e dei superconduttori “convenzionali”, l’esistenza di teorie predittive consente di valutare la performance di ipotetici nuovi superconduttori prima ancora di sintetizzarli in laboratorio.
La potenza di questo metodo fu dimostrata in tutto il suo splendore una seconda volta, con protagonista un altro materiale ricco (anzi, ricchissimo) di idrogeno, l’idruro di lantanio (LaH10). Seguendo lo stesso copione dell’H3S, un paio di studi computazionali identificarono il LaH10 come un probabile superconduttore nel 2017-2018 stimando la sua temperatura critica intorno agli 0°C a una pressione di 200 gigapascal [10]. Puntualmente, il LaH10 fu realizzato in laboratorio nel 2019 ed esibì una temperatura critica di -27°C a 170 gigapascal, ormai a pochi passi dai fatidici +25°C [11].
Il futuro
Insomma, la scoperta di un superconduttore a temperatura ambiente sembra ormai una questione di tempo. Non esistono ragioni profonde per cui i migliori superconduttori debbano esistere solo ad altissime pressioni, e i super-computer di vari istituti di ricerca sono di nuovo al lavoro per identificare il prossimo candidato.
Con un po’ di ottimismo, il passaggio graduale a cavi superconduttori potrebbe essere una delle grandi rivoluzioni tecnologiche dei prossimi decenni!
Fonti:
[1] https://data.worldbank.org/indicator/EG.ELC.LOSS.ZS?locations=1W-EU
[2] https://homepages.rpi.edu/~galld/publications/PDF-files/Gall-116.pdf
[3] https://en.wikipedia.org/wiki/Heike_Kamerlingh_Onnes
[4] http://paper.academicpub.org/Paper?id=15324
[6] Articolo: https://www.nature.com/articles/nature14964 Versione gratuita non formattata: https://arxiv.org/ftp/arxiv/papers/1506/1506.08190.pdf
[7] https://news.agu.org/press-release/coldest-place-on-earth-is-colder-than-scientists-thought/
[8] https://journals.aps.org/prl/abstract/10.1103/PhysRevLett.21.1748
[9] https://www.nature.com/articles/srep06968
[10] https://journals.aps.org/prl/abstract/10.1103/PhysRevLett.119.107001
[11] Articolo: https://www.nature.com/articles/s41586-019-1201-8 Versione gratuita non formattata: https://arxiv.org/ftp/arxiv/papers/1808/1808.07039.pdf
PhD in scienza dei materiali alla Technical University of Denmark e attualmente ricercatore negli USA. Mi occupo della scoperta e prototyping di nuovi materiali per energie rinnovabili.