Perché gli uomini hanno i capezzoli?
Immaginate di essere stesi in spiaggia, in una notte chiara di Agosto, con una birra e il vostro gruppo di amici. Una goccia della pioggia di Perseidi graffia il cielo e vi fa emozionare strappandovi un desiderio che, anche se sapete essere una cavolata, esprimete lo stesso. Tutto è perfetto, fino a quando da una zona buia e spaventosa della vostra mente arriva uno di quei dubbi che rovina tutto: perché gli uomini hanno i capezzoli e perché i capezzoli sono più scuri del resto del corpo?
È a quel punto che tutto perde di senso, il mondo diventa grigio e freddo, e vi chiedete cosa ha che non va la vostra testa per portare a galla domande come questa. Ma non vi preoccupate, Missione Scienza è qui per rispondere ai vostri interrogativi, anche quelli più improbabili.
Allacciatevi le cinture quindi, perché oggi parliamo di capezzoli.
I capezzoli hanno un senso pratico nell’uomo?
Mettiamolo nero su bianco e non ci giriamo troppo intorno, il capezzolo nell’uomo è come il formaggio sulla pasta con il tonno: assolutamente non necessario.
Già so che i più maliziosi di voi, pensando di fare la figura dei sommelier delle arti erotiche, sono pronti a commentare: “Ma come inutili, e per provare piacere allora?”.
Ok, sono pieni di terminazioni nervose, potete utilizzarli durante l’accoppiamento (volto o meno alla procreazione che sia), ma, in termini pratici, se nella donna sono funzionali all’allattamento, nell’uomo non hanno alcuno scopo pratico.
E quindi perché ci sono?
Per capirlo dobbiamo andare a ritroso nel processo di “assemblamento” del corpo, fino allo stadio di embrione.
Nei primissimi stadi di embriogenesi, quando il feto è costituito da una masserella di cellule, non esiste alcuna distinzione morfologica che permetta di capirne il sesso. Questo è dovuto al fatto che i cromosomi sessuali (i famosi XY e XX) cominceranno a far sentire i propri effetti più avanti, nella nostra specie si stima che ciò avvenga intorno alla sesta/settima settimana di gravidanza. Con l’entrata in gioco dei cromosomi sessuali, si accentua sempre di più il dimorfismo sessuale, si vengono ad accentuare cioè quelle caratteristiche peculiari dei due sessi. Cosa succede però se alcune strutture sono state formate nello stadio “neutro” precedente a questa attivazione? È questo il caso delle creste mammarie.
Non chiamarlo seno. Mai più.
Senza andare troppo nel dettaglio, le creste mammarie sono una linea sottocutanea che va dal cavo ascellare all’inguine, dalla quale si svilupperanno le mammelle e i capezzoli. Lo so, chiamarle mammelle suona strano, ma non volevo usare “zizze” e non posso usare “seno” perché sarebbe impreciso. Con seno si intende infatti lo spazio che c’è tra le due mammelle che forma, appunto, un’insenatura.
Dicevamo? Ah sì, lo sviluppo delle mammelle. Sappiamo che nei bambini non c’è molta distinzione fra i due sessi, durante l’adolescenza nelle donne si accentua lo sviluppo delle mammelle. Nell’uomo la produzione di testosterone impedisce tale sviluppo, ma non può far regredire la formazione dei capezzoli che erano stati formati già dalla fase embrionale, e che quindi ci si porta dietro per tutto il resto della vita.
I topi e i cavalli, per esempio, hanno evoluto un sistema che impedisce la formazione di mammelle nei maschi con la produzione di una particolare proteina detta parathyroid hormone-related peptide, per gli amici PTHrP. Questa proteina si accumula nelle cellule delle creste mammarie fin dai primi stadi di embriogenesi e aumenta la produzione di recettori per gli ormoni sessuali. Essendo più recettive, le cellule captano anche bassi livelli di testosterone il quale blocca lo sviluppo del capezzolo prima che avvenga. Pancia liscia per i topini quindi, ma non per noi.
Curioso che lo stesso sistema, nelle femmine, sia essenziale per il corretto sviluppo delle mammelle per la stessa ragione: la proteina si lega agli ormoni sessuali femminili che ne favoriscono lo sviluppo.
Perché l’evoluzione ce li ha lasciati?
Se, come abbiamo detto, i capezzoli nell’uomo non hanno uno scopo pratico, è logico chiedersi come mai nel corso dell‘evoluzione non li abbiamo persi. Non è semplice rispondere a questa domanda ma bisogna tener presente varie cose:
- Il fatto che, di per sé, non rappresentino un problema per l’uomo, quindi non c’è stata selezione negativa determinata dalla morte o dallo svantaggio dei “possessori di capezzoli”;
- plasmare un dimorfismo, ossia una differenza fra i sessi, comporta passare per molte “vie sbagliate”, a tentativi, fino a quando a caso non si verifichi la (o le) mutazione/i giusta/e non deleterie;
- collegato al punto precedente c’è che mutazioni che causino modifiche, riduzioni o addirittura la perdita del capezzolo, verrebbero ereditate anche dalle femmine con il rischio di pregiudicare l’allattamento dei neonati. Vista la cruciale importanza della prima alimentazione dei neonati, mutazioni che causano problemi in questo stadio sarebbero verrebbero verosimilmente perse nel corso delle generazioni perché deleterie.
Combinando questi tre concetti possiamo concludere che, su base pratica, il gioco non vale la candela e non c’è stata pressione verso la perdita di questo tratto.
Ok, ma perché i capezzoli sono più scuri?
Ci avrete fatto caso, capezzoli e genitali sono sempre di qualche tonalità più scuri del resto della pelle, ma perché?
Il fatto che entrambe le zone rientrino fra i caratteri sessuali e che queste zone si inscuriscano in maniera consistente solo con la pubertà ci conduce verso la causa del fenomeno. La pubertà comporta una botta ormonale considerevole nel nostro organismo, tipo che gli ormoni sessuali vengono caricati in circolo con la pala, come il carbone nelle locomotive.
Questa situazione causa vari effetti come:
- la voce dei bambinetti che passa da quella innocente dei teletubbies a quella di Marilyn Manson, nel giro di una notte;
- sbalzi di umore e incazzature isteriche senza motivo, che finiscono inevitabilmente con porte che sbattono;
- una quantità gargantuesca di brufoli pronti a eruttare alla minima sollecitazione;
- last but not least, lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari.
Proprio quest’ultimo fenomeno comporta importanti cambiamenti morfologici a carico degli organi sessuali che, infatti, sono il bersaglio prediletto dei relativi ormoni. A livello molecolare, uno degli effetti degli ormoni sessuali è l’induzione di una maggiore produzione di melanina nelle cellule bersaglio. La melanina, o meglio, le melanine, sono dei pigmenti di colore scuro o bruno-rossastro che il nostro corpo produce e che troviamo nella pelle, nei capelli, nei peli, nel tessuto pigmentato che è posto sotto l’iride e in molti altri posti. Ergo, cellule che sono indotte a sintetizzare quantità maggiori di questi pigmenti risulteranno più scure.
A dimostrazione di questo, fateci caso, spesso dopo la pubertà bambini che erano biondi diventano biondo scuro o castani, in linea generale si tende a inscurire un po’ proprio a causa della maggiore quantità di pigmenti prodotti.
Qualcosa del genere succede anche alle donne in gravidanza, o che fanno uso della pillola. Capita infatti che possano sembrare “abbronzate” anche se magari è Dicembre e fuori ci sono -18°C: tutto merito degli estrogeni.
Curiosità extra
Testosterone ed estrogeni non sono gli unici responsabili dell’inscurimento della pelle. Un altro fenomeno che ha un effetto simile, oltre all’esposizione al Sole, è la frizione. No, non quella della macchina.
Fateci caso: quando una zanzara vi punge e voi vi grattate, a distanza di qualche giorno, quando la bolla scompare, sarà visibile un segno più scuro lì dove avete zappato con le unghie. Per lo stesso motivo, le ascelle e la parte interna delle cosce possono essere scuri a causa della frizione con i vestiti, specialmente negli sportivi che usano tessuti molto aderenti.
Infine, ad onore di cronaca, citiamo il fenomeno detto acantosi nigricans, un inscurimento cutaneo in zone mal delimitate, tipicamente a livello delle pieghe cutanee (collo, ombelico, inguine, ascelle). Alcune forme di acantosi nigricans sono genetiche e innocue, purtroppo altre volte possono manifestarsi in associazione a obesità, a malattie endocrine o a forme neoplastiche. Quando compaiono è sempre bene consultare un medico e farle controllare. [Grazie a Daniela Penna che ci ha suggerito di approfondire questa questione per la rilevanza medica che ha].
Conclusione
Tutti questi fattori, insieme, sono la causa dell’aspetto del nostro petto. Pensateci la prossima volta che vi guardate allo specchio e fate finta di essere dei body builder.
Siete il risultato di millenni di evoluzione e di scelte vantaggiose o, alle volte, neutre.
E poi ragazzi, se non avessimo avuto i capezzoli, in “Una settimana da Dio” non avremmo avuto la scena di “E i miei capezzolini piccini picciò sono andati in Francia“. Vorreste veramente farne a meno? Ve la sentireste di vivere senza? Io e il resto dello staff di Missione Scienza no, e siamo d’accordissimo con la scelta fatta dall’Evoluzione.
Siamo sempre pronti a rispondere a domande che non vi eravate mai posti, spero di avervi strappato una risata e che il post vi abbia in qualche modo arricchito. Usatelo responsabilmente come argomento di conversazione!
Peace
Plant Breeder di mestiere, divulgatore per hobby.
Nato sotto una foglia di carciofo e cresciuto a orecchiette e cime di rape, sono sempre stato interessato alla genetica. Ho studiato biotecnologie agrarie e, dopo un erasmus in Danimarca, ho proseguito con un industrial PhD nella stessa azienda sementiera presso cui stavo scrivendo la tesi. Dal 2019 sono rientrato in Italia e lavoro attivamente come plant breeder, realizzando varietà di ortaggi che molto probabilmente avete mangiato 🙂
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