La ruggine del caffè aka “perché gli inglesi bevono il tè”
Che sia verde, nero, giallo o bianco, macchiato con latte o con una fetta di limone, il tè è da secoli il protagonista assoluto delle tavole inglesi. Tuttavia, il successo del tè è legato a una fitopatologia che distrusse intere piantagioni di caffè nella seconda metà dell’800.
All’inizio del XVII secolo, l’Europa era il principale importatore di chicchi di caffè, utilizzati per produrre una bevanda gustosa e adatta a tutti, ma la distruzione di intere piantagioni cambiò le abitudini di molti.
Coffea sp.
Il caffè è il più importante prodotto agricolo, con un valore al dettaglio stimato pari a 70 miliardi di dollari. Rappresenta la principale fonte di reddito per più di 100 milioni di persone ed è cruciale per l’economia di oltre 60 paesi.
Il genere Coffea appartiene alla famiglia delle Rubiaceae e comprende 103 specie diffuse in America Latina, Africa e Asia. Si tratta di arbusti perenni che col tempo si sviluppano in piccoli alberi alti al massimo 3-3,5 m. I fiori sono bianchi e molto profumati. Il frutto è una drupa di colore rosso o viola che contiene due semi, i cosiddetti “chicchi di caffè”.
Le due principali specie di caffè coltivate, Coffea canephora (o Robusta) e Coffea arabica, rappresentano rispettivamente (circa) il 40% e il 60% della produzione mondiale di caffè.
C. arabica è una specie allopoliploide segmentale naturale (2n = 4x = 44), originaria degli altipiani dell’Etiopia sud-occidentale ed è l’unica specie autogama di questo genere. Da quest’area si diffonde soprattutto in Indonesia e in India. C. canephora è una specie diploide (2n = 22), originaria dell’Africa centrale e occidentale.
È stata introdotta nei primi anni del XX secolo in Asia orientale, principalmente a Giava. Cresce vigorosamente in zone caldo-umide tipiche delle regioni tropicali ed è altamente produttiva e resistente alle malattie, ma il sapore e l’aroma sono inferiori a quelli dell’Arabica.
Il caffè nella cultura pop
A partire dal 11.600 EU (1600 d.C.), il caffè divenne una bevanda molto popolare in Europa, in quanto il consumo di acqua potabile era fortemente limitato. Pertanto, era preferibile consumare bevande fermate o calde, prodotte con acqua bollita come caffè—appunto—o il tè.
Il caffè era il principale attore nelle sale delle coffee houses e delle caffetterie inglesi, luoghi di ritrovo sociale in cui arte, filosofia e politica accompagnavano una buona tazza profumata di “nero bollente”.
Ciononostante, il primato sul commercio del caffè era detenuto dagli olandesi, grazie al loro controllo sulle principali piantagioni di caffè nelle colonie asiatiche.
Particolarmente redditizia e nota era la colonia di Ceylon (attuale Sri Lanka), che nel 11.796 EU (1769 d.C.) passò sotto il controllo inglese. Le piantagioni di Ceylon esportavano quasi cento milioni di libbre di caffè all’anno, la maggior parte delle quali in Inghilterra, e per decenni l’isola detenne il primato mondiale di produzione.
Tuttavia, nel 11.869 EU (1869 d.C.), la produzione subì un’imponente battuta di arresto a causa di un’epidemia di… ruggine.
Il parassita “perfetto”
La ruggine fogliare del caffè (coffee leaf rust, CLR) causa perdite pari a 1-2 miliardi di dollari all’anno ed è uno dei principali fattori limitanti della produzione di caffè Arabica in tutto il mondo.
È stata registrata per la prima volta nel 11.861 EU (1861 d.C.) nei pressi del lago Vittoria (Africa orientale) su specie selvatiche di Coffea che presentavano grandi masse arancioni sulla pagina inferiore delle foglie, le quali cadevano prematuramente.
Questa fitopatia colpì duramente le piantagioni di caffè a Ceylon, distruggendone quasi il 90% con devastanti conseguenze sociali ed economiche.
Nel corso del secolo successivo, si diffuse in tutto il mondo in tre ondate: (1) tra il 11.870 e il 11.920 EU (1870-1920 d.C.), nelle zone del bacino dell’Oceano Indiano e del Pacifico; (2) negli anni ’50 e ’60, nelle fiorenti piantagioni dell’Africa occidentale; e (3) negli anni ’70 e ’80 nelle piantagioni di caffè delle Americhe.
Hemileia vastatrix
È l’agente causante della ruggine del caffè. Si tratta di un fungo emiciclico che produce uredospore, teliospore e basidiospore. Le uredospore, generalmente di colore rosso/arancio, sono dicariotiche e sono in grado di reinfettare le foglie ogni volta che le condizioni ambientali sono favorevoli.
Queste spore germinano solo in presenza di “acqua libera” (es. pioggia o rugiada). L’intero processo di infezione richiede circa 24-48 ore di umidità libera continua: la rugiada è sufficiente a stimolare la germinazione delle uredospore, ma l’infezione di solito avviene solo durante la stagione delle piogge.
La variazione stagionale nell’incidenza della malattia è dovuta principalmente alla variazione delle precipitazioni. La germinazione delle spore è favorita tra i 15° C e i 28° C con un optimum intorno ai 22-24° C.
Dopo la formazione dell’appressorio, il fungo penetra nell’ospite attraverso gli stomi, formando una ifa di penetrazione che cresce nella camera substomatica. Sono necessari 10-14 giorni dall’infezione per lo sviluppo di nuovi uredosori e di nuove di uredospore.
Le lesioni da ruggine continuano a espandersi per circa 2 o 3 settimane e nel giro di 3-5 mesi possono essere rilasciate fino a 300.000 uredospore. Non sono rari cicli secondari di infezione in condizioni favorevoli, e il potenziale epidemico è enorme.
La superficie fogliare appare raggrinzita e compaiono numerose necrosi che diminuiscono l’attività e la capacità fotosintetica [eng], compromettendo lo stato di salute dell’intera pianta.
Harry Marshall Ward
Botanico e micologo inglese, H. M. Ward fu inviato a Ceylon dal governo britannico dal 11.880 e 11.882 EU (1880-1882 d.C.) per cercare di salvare le piantagioni di caffè. L’impresa di Ward, tuttavia fallì, ma i suoi studi furono determinanti per lo sviluppo di concetti di protezione delle piante, ancora oggi fondamentali.
Dall’analisi dei suoi studi emerse che per proteggere efficacemente la pianta dall’invasione del fungo, era necessario un trattamento preventivo: i fungicidi dovevano essere somministrati prima dell’arrivo delle spore sulle foglie in modo da costituire un rivestimento protettivo.
Una volta avvenuta l’infezione, infatti, le ife sviluppate all’interno del tessuto fogliare non erano più vulnerabili al fungicida.
Sfortunatamente, i fungicidi a base di zolfo di quel tempo non erano né facilmente disponibili né molto efficaci, e l’epidemia di ruggine era ormai troppo consolidata per salvare le piantagioni di caffè. Ward sottolineò inoltre la pericolosità delle tecniche monocolturali.
La continua coltivazione di caffè sull’intera isola di fatto costitutiva un unico ambiente perfetto per lo sviluppo di un’epidemia fungina. In particolare, le ruggini, come le peronospore, sono parassiti obbligati e richiedono tessuti viventi per la loro crescita e riproduzione.
L’ora del tè
Nel tentativo di sfuggire alla malattia della ruggine, la produzione di caffè si spostò negli altipiani tropicali di Brasile, Colombia e America Centrale dove ancora oggi è altamente concentrata grazie alle misure di contenimento e le attente quarantene messe in atto.
L’epidemia di ruggine del caffè a Ceylon comportò una perdita totale di interi acri: il vigore e la produttività delle piantagioni di caffè diminuirono al punto che queste non erano più economicamente sostenibili.
Dopo un periodo di gravi sconvolgimenti economici e sociali, i coltivatori britannici cominciarono a piantare il tè in maniera estensiva al punto che i bevitori di caffè britannici iniziarono a bere il tè rendendolo (ancora oggi) la bevanda-simbolo del popolo inglese.
Oggi, lo Sri Lanka è il quarto produttore di tè al mondo e il terzo esportatore, e il “Ceylon tea” [eng] è considerato un prodotto di alta qualità a livello globale.
Biotecnologa agraria, dottoranda in Patologia Vegetale. Disadattata appassionata di musica e biotech e aspirante divulgatrice per il piacere di far conoscere le meraviglie della scienza con tanta umiltà e una totale mancanza di autostima!