PCOS for dummies: Sindrome dell’ovaio policistico
La sindrome dell’ovaio policistico, nota in inglese come PCOS (Poly-Cystic Ovary Syndrome), è una malattia molto comune che interessa circa il 5‒10% delle donne in età fertile ed è la causa più frequente di infertilità nel sesso femminile.
Un po’ di epidemiologia
In genere è difficile che una malattia abbia una prevalenza nella popolazione così elevata, soprattutto nel caso della PCOS che compromette le capacità riproduttive. Si è cercato di capire come sia possibile un fenomeno del genere. Tra le diverse ipotesi, la seguente è abbastanza interessante da meritare di essere riportata.
PCOS ed evoluzione
Il motivo per cui un disturbo è poco diffuso nella popolazione risulta chiaro se si considera che un soggetto affetto da una qualsiasi patologia ha una ridotta chance di sopravvivere (tanto minore quanto più è grave il morbo stesso), arrivare all’età fertile per riprodursi e trasmettere la malattia alle popolazioni successive.
Non pensate ai giorni nostri dove la medicina riesce a curare malattie che 50 anni fa erano fatali. L’evoluzione ragiona nell’ordine di milioni di anni, immaginatevi quindi gli esseri umani della preistoria.
Se una donna risultava meno fertile delle altre, avrebbe avuto ridotte chance di dare origine a una prole numerosa e trasmettere il proprio patrimonio genetico e i geni portatori di malattie o comunque di predisposizione alle stesse.
Il fatto è che la PCOS è considerabile una malattia ai giorni nostri, ma per una donna della preistoria era un bel vantaggio. Questo perchè non partorivano in cliniche ultra moderne con l’aiuto di un intero staff, ma quando gli andava bene partorivano in mezzo alla foresta, tra un pericolo e l’altro. La mortalità pre-intra-post-parto era altissima, sia per lei che per il neonato.
Si è ipotizzato che l’elevata prevalenza della PCOS si possa spiegare proprio in questo modo: grazie a questa “ridotta” fertilità, queste donne avevano un numero ridotto di figli, ma avevano maggiori chance di sopravvivere, e quindi crescere la propria prole, che in altri casi senza mamma era in grave pericolo.
Questo è un bell’esempio di come una malattia può essere definita anche in base alle circostanze del momento.
È ovvio che oggi, soprattutto con l’aumento dell’età media della prima gravidanza, la PCOS è diventata una sfida impegnativa.
Eziologia
La sindrome dell’ovaio policistico è una malattia multifattoriale. Ciò significa che entrano in gioco diversi fattori, sia genetici che ambientali. Prima di iniziare è bene che sappiate che ancora molte cose sono poco chiare o completamente sconosciute. Per chi fosse così ardito da volersi informare lascio i link degli articoli scientifici usati come fonti.
La componente genetica sembra molto importante nello sviluppo di questa condizione. Una recente review [eng] ha cercato di riassumere quelli che sono i geni che sono stati finora identificati con gli studi di Genome wide association.
Per farla breve questi studi analizzano le varianti genetiche di una popolazione molto vasta (per popolazione si intende l’insieme di soggetti oggetto di studio, in questo caso persone affette dalla PCOS). Per la felicità dei ricercatori, ne sono usciti circa 19 (mica pochi), tutti potenzialmente associati a rischio di PCOS e tutti da testare per confermare questa ipotesi.
Oltre ai fattori genetici, ci sono da valutare tutta una serie di fattori ambientali. Primo fra tutti l’obesità e l’insulino-resistenza. Ancora non si sa se l’una causi l’altra, o viceversa. L’unica cosa che è certa è che insieme fanno i botti.
Fisiologia
Per poter descrivere la malattia bisogna chiarire alcuni processi fisiologici.
Le gonadi (testicoli e ovaie) e le altre ghiandole del nostro corpo sono controllate attraverso un sistema gerarchico.
Tutto inizia a livello dell’ipotalamo, il quale rilascia una serie di fattori che vanno ad agire sull’ipofisi (che si trova subito sotto l’ipotalamo: sono entrambi strutture molto piccole che si trovano a livello cranico), dove vanno a stimolare il rilascio di altri ormoni, noti in generale come tropine.
Queste tropine vengono rilasciate nel sangue e vanno ad agire a livello periferico dove regolano l’attività delle ghiandole periferiche: la tiroide, le gonadi (ovaie e testicoli), il surrene ecc.
In particolare per le gonadi, l’ipotalamo rilascia il GnRh (fattore di rilascio delle gonadotropine) che, agendo a livello dell’ipofisi, stimola la secrezione appunto delle gonado-tropine:
- LH: ormone luteinizzante;
- FSH: ormone follicolo stimolante.
Non lasciatevi ingannare: il loro nome descrive la funzione che hanno nell’organismo femminile, ma sono prodotte tali e quali anche nell’organismo maschile, dove esplicano funzioni diverse.
In generale, in questa sindrome c’è un sovvertimento di tutti questi ormoni.
Nome e eziopatogenesi
La sindrome ha preso il nome dal rilievo di cisti ovariche all’ecografia. Il termine è improprio perché quelle che sono definite cisti sono in realtà follicoli. Questi vanno incontro a maturazione ma lo sviluppo si arresta in uno stadio antrale precoce a causa della funzione ovarica disturbata dall’eccesso di androgeni, dando origine a queste formazioni impropriamente dette cisti.
La PCOS è considerata una sindrome da iperandrogenismo: l’eccesso di androgeni è responsabile di tutto il corteo di sintomi e segni della patologia.
Sono state formulate diverse ipotesi alla base della PCOS, non per forza in contrapposizione tra loro, e tutte portano all’aumentata produzione di ormoni maschili.
Ipotesi
- Disfunzione ipotalamica: si ipotizza un’alterata secrezione di GnRh che comporta un’alterata secrezione di LH e FSH, con il primo che prevale sul secondo. L’eccesso di LH provocherebbe una maggiore produzione di androgeni a livello ovarico.
- Insulino-resistenza: in questo caso si suppone che sia l’insulina ad andare a produrre un’eccessiva quantità di androgeni a livello ovarico. Si viene a creare un vero e proprio circolo vizioso, perché gli androgeni vanno a stimolare lo sviluppo del tessuto adiposo, che non fa altro che alimentare l’insulino-resistenza e aumentare le concentrazioni di insulina che portano a una maggiore sintesi di androgeni.
Fisiopatologia
Che vengano prodotti in un modo o nell’altro, l’eccesso di androgeni è responsabile di una serie di alterazioni nell’organismo femminile:
- come detto, a livello ovarico c’è un alterata maturazione dei follicoli che non vanno incontro ad atresia (fenomeno fisiologico di degenerazione e riassorbimento che riguarda la maggior parte dei follicoli delle ovaie), sviluppando le “cisti”;
- gli androgeni disturbano anche il fisiologico ciclo, che può risultare più lungo, meno frequente (oligomenorrea), o assente (amenorrea);
- ci sono anche segni non collegati all’apparato genitale, come irsutismo, acne, alopecia.
Diagnosi
Oggi per la diagnosi si utilizzano i cosiddetti criteri di Rotterdam, che definisce come PCOS la presenza di almeno 2 tra 3 criteri scelti:
- oligomenorrea/amenorrea: assenza del ciclo o ridotta frequenza dello stesso;
- segni clinici di iperandrogenismo: irsutismo, alopecia, acne;
- presenza di “cisti” a livello ovarico rilevate tramite esame ecografico.
Paradossalmente, una persona con l’ovaio policistico potrebbe non avere cisti ovariche. Così come un’altra persona potrebbe avere un ciclo normale. Tutto ciò ovviamente complica la diagnosi.
Trattamento
Il trattamento medico della PCOS mira ad abbassare i livelli di insulina, ripristinare la fertilità, trattare l’irsutismo o l’acne, ripristinare le mestruazioni regolari e prevenire l’iperplasia e il cancro dell’endometrio. Interventi generali che aiutano a ridurre il peso o la resistenza all’insulina possono essere utili per tutti questi obiettivi perché si ritiene che siano tre le cause alla base.
Il trattamento della PCOS dovrebbe essere proposto non solo per alleviare i sintomi, ma anche per prevenire l’insorgenza di complicanze a lungo termine.
Il piano terapeutico dovrebbe, però, essere adattato alle esigenze dalla persona: vuole intraprendere una gravidanza? Vuole curare l’irsutismo o l’acne? Oppure c’è necessità di curare alterazioni metaboliche concomitanti come un diabete?
È chiaro quindi che ci sono diverse terapie a seconda del fronte sul quale si sceglie di combattere.
Metabolismo
La prima linea di trattamento nei pazienti con PCOS dovrebbe essere il miglioramento dello stile di vita.
Nei pazienti in sovrappeso e obesi, la perdita di peso grazie a una dieta sana e regolare attività fisica diminuisce i livelli sierici di insulina e androgeni e riduce il rischio di sviluppare intolleranza al glucosio e diabete di tipo 2. Gli interventi farmacologici sono indicati in presenza di IR o dislipidemia che persistono dopo modifiche dello stile di vita.
La metformina è il farmaco più comunemente usato in questi casi. Si tratta di un agente insulino-sensibilizzante.
Il mio- e il D-chiro-inositolo sono agenti sensibilizzanti che agiscono come secondi messaggeri nella segnalazione dell’insulina. Questi composti sono stati valutati come possibili alternative alla metformina nelle donne affette da PCOS con IR. Le isoforme dell’inositolo mediano l’attività dell’insulina in molti organi bersaglio, tra cui l’ovaio.
Si ritiene che la terapia con gli inositoli possa diventare un’alternativa per il miglioramento metabolico delle donne con PCOS che non tollerano la metformina, ma mancano ancora dati robusti con un confronto faccia a faccia tra inositoli e metformina.
Androgeni
I contraccettivi orali combinati e gli antiandrogeni sono la cura standard per ridurre i livelli di androgeni e trattare i sintomi quali acne e irsutismo, fornendo allo stesso tempo protezione endometriale.
Fonti
PCOS Pathogenesis – news-medical.net [eng]