Le prove dell’evoluzione dell’uomo pt.3 – Palmaris longus
Continuiamo il nostro viaggio alla scoperta delle tracce che l’evoluzione ha lasciato sul nostro corpo, con il terzo articolo di questa rubrica, in cui parleremo del palmaris longus. Per chi se li fosse persi: nel primo articolo abbiamo parlato del coccige, della perdita della coda nelle grandi scimmie e dei denti del giudizio; nel secondo articolo abbiamo parlato delle orecchie e della capacità di muoverle.
L’estate evoluzione addosso (semicit.)
Il corpo umano è pieno di parti che non hanno (o non se ne conosce) uno scopo pratico. Sono strascichi di un processo evolutivo che plasma costantemente un organismo nel corso del tempo. Queste strutture vengono definite “organi vestigiali”, un tempo utili ai nostri antenati, ma che, con l’evoluzione, sono regredite, lasciando solo una traccia. In latino, la parola “vestigium” significa, per l’appunto, impronta. Quando parliamo di antenati, non ci riferiamo necessariamente ai nostri antenati più prossimi, ma anche a specie ben più antiche, specie anatomicamente molto diverse da noi.
Tu, ce l’hai o no?
Cominciamo subito con un piccolo test.
Fate questa prova: tenete la mano distesa con il palmo rivolto verso l’alto e fate toccare pollice e mignolo della stessa mano, tenendo distese le altre dita (come in figura). Se nel polso si evidenzia un “cordone”, complimenti, fate parte del nutrito gruppo della popolazione mondiale che possiede il palmare lungo (palmaris longus)! Se notate due tendini, non siete superdotati, quello dalla parte del pollice è il tendine del muscolo flessore radiale del carpo.
Il palmaris longus
Stiamo parlando di un muscolo sottile e fusiforme, situato lungo il margine mediale del muscolo flessore radiale del carpo. Origina nei pressi dell’omero e termina in un tendine sottile e appiattito che decorre davanti al legamento trasverso del carpo e continua poi con l’aponeurosi palmare (o fascia palmare).
Qual è la particolarità del palmaris longus?
Beh, è uno dei muscoli più variabili del corpo umano, non solo in termini di variazioni e anomalie muscolari ma, anche, in termini di assenza e presenza. La maggior parte dei libri di testo di chirurgia parla di un’assenza del muscolo in circa il 15% delle persone. Fra di esse c’è chi non ha il palmaris longus in entrambe le braccia (assenza bilaterale) e chi lo ha in un braccio ma non nell’altro (assenza unilaterale)!
Pensate che, il primo scritto di cui abbiamo traccia, in cui venne notata l’assenza del palmaris longus, è il De Re Anatomica Libri di Colombos, nel 1559.
È così per tutti?
Uno studio, effettuato sulla popolazione cinese, ha testato alcune ipotesi suggerite da precedenti pubblicazioni, tipo che la sua assenza sia più comune nelle donne, che l’assenza bilaterale sia più comune di quella unilaterale e che quest’ultima sia più frequente sul lato sinistro. Ovviamente non è stato necessario dissezionare i partecipanti allo studio, poichè è semplice verificare la presenza del muscolo in maniera macroscopica.
Le misurazioni sono state effettuate su 329 uomini e donne cinesi, di questi il 3,3% presentava il palmaris longus in un solo braccio mentre l’1,2% non possedeva affatto il muscolo, per un totale del 4.6%. Non è stata notata alcuna differenza significativa circa l’assenza del muscolo in maschi e femmine o sul lato destro o sinistro.
Lo studio conclude che, nelle popolazioni asiatiche, ci sia una bassa incidenza del fenomeno, paragonabile a quella dei nativi americani e degli africani/afroamericani . Sembra che un’incidenza più elevata si manifesti nelle popolazioni caucasiche.
Tabella 1. Presa dall’articolo sopra citato, è una review degli studi sull’argomento. I dati riportati sono tutti stati presi in vivo.
Gruppo Etnico | N° soggetti esaminati | Assenza del palmaris longus (unilaterale e bilaterale) | % assenza del palmaris longus |
Caucasici | 7993 | 1789 | 22.4% |
Asiatici | 5332 | 259 | 4.8% |
Africani – Afroamericani | 2461 | 74 | 3% |
Nativi Americani | 854 | 61 | 7.1% |
Turchi | 7000 | 4477 | 63.9% |
Qual è la funzione del muscolo?
Per rispondere a questa domanda dobbiamo ricorrere ad un altro studio sull’argomento.
Se il palmaris longus è presente in questa rubrica, che tratta organi vestigiali, e abbiamo detto che alcune persone non lo posseggono, per capire quale possa essere la sua funzione dobbiamo trasferirci su altre specie. I gorilla (Gorilla gorilla e Gorilla beringei) che, come noi, vivono principalmente sul suolo e non si spostano di albero in albero, presentano lo stesso fenomeno. Lo stesso vale per altri primati terrestri. Negli oranghi, unici primati strettamente arborei, il palmaris longus è, invece, sempre presente. Si ipotizza che, avere un muscolo addizionale, come il palmaris longus, potrebbe essere rilevante in specie che svolgono la maggior parte delle attività quotidiane sugli alberi e usano gli arti anteriori per afferrare rami e muoversi fra la vegetazione. Probabilmente la presenza di questo muscolo è meno rilevante in altri primati, come l’essere umano, con abitudini per lo più terrestri.
Curiosamente, salamandre, coccodrilli, polli e rane non hanno il palmaris longus, invece le tartarughe semi-aquatiche, i ratti e alcune lucertole ce l’hanno!
Cosa comporta l’assenza del palmaris longus nell’uomo?
Se il muscolo è importante per i primati che si muovono sugli alberi, probabilmente conferendo un qualche vantaggio nell’afferrare i rami, vuol dire che chi lo possiede ha una stretta più solida di chi non lo possiede?
Ancora una volta, ci viene in soccorso la letteratura scientifica con questo studio.
Anche in questo caso, su 418 soggetti asiatici è stato registrato lo status del muscolo. Solo 12 partecipanti non avevano il palmaris longus. A questo punto sono state effettuate tutta una serie di misurazioni sulla forza della presa e del “pizzicamento” di oggetti e nessuna differenza statisticamente significativa è stata osservata.
Avere il palmaris longus non dà alcun vantaggio nella forza della nostra presa. Quindi se vostra mamma non possiede il muscolo, non tirate sospiri di sollievo, i suoi pizzichi faranno comunque male.
Il muscolo viene considerato ininfluente in questo senso e, infatti, il suo tendine è quello usato più frequentemente per procedure di chirurgia plastica ricostruttiva.
Il futuro del palmaris longus
I risultati degli studi anatomici e il confronto della frequenza della presenza del palmare lungo nell’uomo e in altre specie, sembrano suggerire che per determinati stili di vita sia vantaggioso avere il palmare lungo, ma per l’uomo potrebbe non essere più così.
In natura, l’evoluzione tende a economizzare il rendimento energetico, sembra quindi che il palmaris lungus sia in fase di regressione. Ciò potrebbe essere supportato, oltre che dai dati mostrati, anche dall’aumento delle dimensioni degli altri muscoli dell’avambraccio rispetto alle dimensioni relativamente molto più piccole del palmaris lungus, che invece in altri primati è molto sviluppato. Con questo andazzo, fra migliaia di anni, la presenza di palmaris longus sarà verosimilmente molto più rara.
NOTA A FINE PAGINA: quando parliamo di “evoluzione che fa cose”, nella vostra testa non dovete immaginare l’evoluzione come una forza senziente che plasma gli organismi evitando ogni possibile fonte di spreco. Quasi come se facesse lo slalom fra tutte le varianti sbagliate, di questo o quell’organo, per arrivare direttamente alla forma più efficiente. NO! Super semplificando, l’evoluzione può contare su una parte attiva, che sono le mutazioni, che causano cambiamenti casuali (“positivi” e “negativi”) in un organismo, e una parte passiva, che vede un determinato ambiente agevolare alcune forme e sfavorirne altre. Quindi l’evoluzione passa per tutte le “strade sbagliate” del caso, sarà poi l’ambiente a favorire quelle più idonee a quel preciso contesto. Chiaro?
NOTA A FINE PAGINA_2: Vendo palmaris longus usato pochissimo, no perditempo.
Plant Breeder di mestiere, divulgatore per hobby.
Nato sotto una foglia di carciofo e cresciuto a orecchiette e cime di rape, sono sempre stato interessato alla genetica. Ho studiato biotecnologie agrarie e, dopo un erasmus in Danimarca, ho proseguito con un industrial PhD nella stessa azienda sementiera presso cui stavo scrivendo la tesi. Dal 2019 sono rientrato in Italia e lavoro attivamente come plant breeder, realizzando varietà di ortaggi che molto probabilmente avete mangiato 🙂