Matematica Mesopotamica
Eravate a casa del vostro amico e grande archeologo Montana Jones quando improvvisamente qualcuno ha fatto passare dalla porta una lettera.
“L’Arciartefatto matematicense è stato rubato” c’era scritto.
A queste parole il volto del vecchio Montana era sbiancato.
Neanche il tempo perché potesse darvi qualche spiegazione ed ecco che l’enorme campanile della cattedrale della città ha emesso tre rintocchi normali seguiti da qualcosa di molto strano, quasi una vibrazione.
All’urlo “IL SEGNALE” il professor Jones vi ha trascinato con sé per strada.
Ed eccovi qui, a correre all’impazzata tra i viottoli della città inseguendo un vecchio professore molto più agile di quanto avreste mai ipotizzato.
Con il cuore in gola e con il fiatone che vi costringe a interrompere la rocambolesca corsa, intimate all’amico archeologo di fermarsi.
“Si può sapere che diavolo di suono era quello? E di cosa era il segnale?”
“Quelli che hai sentito erano Pi greco rintocchi di campana.
Ed era il segnale della Confraternita dei Topoi.”
“La confraternita di cosa?” domandate sempre più increduli.
“Il nome viene dall’Antica Grecia, ma si pensa che la Confraternita abbia avuto origine in Mesopotamia, ai tempi delle prime scoperte matematiche…”
Tra il Tigri e l’Eufrate
Dal sesto millennio dell’Era Umana (quarto millennio avanti Cristo) in Mesopotamia, nella mezzaluna fertile tra il fiume Tigri e il fiume Eufrate, si assistette a un incredibile sviluppo culturale di diversi popoli che inevitabilmente coinvolse anche l’ambito matematico.
Caldei, Sumeri, Babilonesi e altre civiltà mesopotamiche fiorirono in tempi diversi in quel territorio fino alla conquista da parte di Ciro il re di Persia nel 9462 EU (538 a.C.), che pose fine all’indipendenza della regione, ma non all’impatto che tali culture ebbero su tutto il resto del mondo, matematico o meno.
Abbiamo molti reperti matematici mesopotamici, soprattutto al confronto di quelli della coeva civiltà egizia.
“Perché?” ci si potrebbe chiedere.
Utilizzare uno stilo su una tavola di argilla per incidere caratteri cuneiformi resiste meglio all’impatto del tempo dello scrivere su pergamene di papiro.
Su queste tavolette venivano scritte leggi, leggende, lettere personali e anche NUMERI.
Un sistema numerico sessagesimale
In che modo venivano scritti questi numeri sulle tavolette?
Il sistema numerico mesopotamico era sessagesimale, quindi si basava sul contare in base sessanta e non in base dieci, come facciamo noi. Si utilizzavano sessanta “cifre” invece che le dieci a cui siamo abituati.
Dal nostro punto di vista, sembra una scelta molto convoluta e complicata. Perché usare qualcosa di così diverso e lontano dall’astrazione naturale delle nostre dita della mano?
Una delle ipotesi più accreditate lega l’utilizzo del sistema sessagesimale alle necessità di misurazione. Il numero 60 è esprimibile come prodotto di 2²*3*5, quindi possiede un numero relativamente alto di numeri primi nella sua scomposizione.
Questo consente di suddividere facilmente una grandezza di sessanta unità in un gran numero di pezzetti: possiamo dividerla senza troppo sforzo a metà, in terzi, in sesti…
Anche noi, nel nostro castello decimale impenetrabile, misuriamo alcune cose in base sessanta, come il tempo e gli angoli, in una sorta di eredità mesopotamica.
Il potere del sistema posizionale
Quello su cui la matematica mesopotamica esprime una superiorità rispetto ai propri concorrenti egiziani è nell’invenzione di un sistema numerico posizionale.
Che cosa significa?
Nelle tavolette di argilla, le unità venivano descritte tramite delle sbarrette verticali |, mentre le decine da delle parentesi angolari <.
Per descrivere un numero da 1 a 60, bastava mettere insieme, anche raggruppandoli, questi due simboli; ad esempio <<|||, indicava il numero che noi rappresentiamo con 23 (due decine, <, e tre unità, | ).
La realizzazione fondamentale che ebbero in Mesopotamia è che la stessa combinazione di simboli può avere valori diversi a seconda della posizione in cui viene posta: quanto più a sinistra dei simboli si trovano, tanto più viene moltiplicato il loro valore.
Ad esempio, per noi scrivere 156 corrisponde 1*10²+5*10+6. Nel sistema mesopotamico <| <<|| corrispondeva al nostro 11*60+22, ovvero 682; essendo sessagesimale, per ogni posizione verso sinistra il “blocchetto” viene moltiplicato per una potenza di sessanta invece che di dieci.
In un primo momento non esisteva nessun simbolo a indicare il “blocchetto” zero, con conseguente confusione per esempio del numero 203 con 23.
Venne aggiunto poi il simbolo \\ a indicare la cifra “0” per risolvere questo problema. Molto interessante è il fatto che anche avendo a disposizione la cifra “0”, non venne mai utilizzata per indicare 0 come numero, a dimostrazione dell’alto grado di astrazione necessario per considerare il nulla una quantità.
Tutta la potenza del sistema posizionale si sviluppa anche nel saper esprimere con estrema facilità i numeri frazionari dopo la virgola, semplicemente posizionandoli a destra delle unità, proprio con la stessa disinvoltura con cui li trattiamo noi a millenni di distanza.
Algebra e Geometria mesopotamiche
Anche grazie all’efficiente modo di esprimere i numeri, a livello aritmetico e algebrico la culture mesopotamiche erano in grado di compiere operazioni molto complicate.
Avevano una maniera per l’estrazione approssimata delle radici quadrate, i primi passi dell’algoritmo che insegniamo ancora oggi nelle scuole, che gli consentiva di approssimare √2 con “1,414222”, un valore che differisce dal valore vero solamente di circa 0,000008.
Risolvevano le equazioni di primo grado con una facilità tale da fare loro considerarli problemi non interessanti.
La loro attenzione era tutta nel risolvere equazioni di secondo grado e alcune equazioni di terzo.
Anche in ambito geometrico erano molto abili, nonostante una certa propensione a considerare la Geometria una sorta di “Algebra applicata”.
Degno di nota è il fatto che fossero a conoscenza del Teorema di Pitagora, prima ancora dell’avvento di Pitagora.
Ovviamente non erano a conoscenza della nozione di teorema e dimostrazione, semplicemente lo utilizzavano per i loro calcoli e misurazioni: l’idea di formalità matematica era ben lontana dall’essere sviluppata e non c’era una vera e propria distinzione tra valore vero e valore approssimato.
Epilogo
“Il segnale che abbiamo sentito” continua a spiegarvi Montana mentre con il fiatone attraversate il portone della cattedrale “è stato lanciato dal Decano della Confraternita della nostra città.
Sta richiamando a raccolta tutti i membri. Avviene solo in caso di estrema necessità.
E come puoi ben immaginare, il furto dell’Arciartefatto Matematicense è l’evento più grave in assoluto per la Confraternita”.
“In realtà—affermate timidamente—non ho la minima idea di cosa sia questo artefatto e cosa c’entri la vostra bizzarra confraternita…”
“Questo potrai chiederlo direttamente al Decano. Ci sta aspettando proprio alla fine della navata“.
Mentre incedete lungo la navata, il suono dei vostri passi riecheggia in tutto il volume della cattedrale.
Alzate lo sguardo ad ammirare la volta e le arcate gotiche e, per un momento, tutta la frenesia dell’ultima ora sembra placarsi.
Quando riabbassate lo sguardo trovate di fronte a voi un piccolo vecchino con abiti da frate. Nonostante il volto preoccupato, sorride mentre vi accoglie con un “Benvenuti, vi stavo aspettando“.
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Fa parte di una serie sulla Storia della Matematica basata sul testo di Carl Benjamin Boyer [1].
Gli articoli già usciti su Missione Scienza sono:
1 – Origine della Matematica
2 – Matematica nell’Antico Egitto
3 – Matematica Mesopotamica
Fonti
[1]: Charles Boyer – “Storia della Matematica” – Oscar Mondadori 2021
Matematico, ricercatore e sbadato professionista.
Non chiedetegli di fare i conti al ristorante, non è capace: vi ritroverete a dover pagare quantità immaginarie ed essere costretti a lavare i piatti per qualche settimana.