La Matematica nell’Antico Egitto
Siete a casa del vostro carissimo amico Jones, Montana Jones, esperto archeologo e professore di lungo corso.
Dopo un piacevolissimo pomeriggio con tè e pasticcini in cui vi ha raccontato della sua ultima incredibile scoperta, è arrivato il momento di congedarsi.
Vi avviate all’uscio scambiando le ultime frecciatine sarcastiche, quando vi accorgete che qualcuno ha appena lasciato passare una lettera imbustata su carta pergamena da sotto la porta.
Con estrema curiosità rompete il sigillo di ceralacca e andate a leggerne il contenuto.
Una sola frase.
“L’Arciartefatto Matematicense è stato rubato”.
Con estrema perplessità passate la pergamena a Montana. Vedete il viso del vostro amico sbiancare.
“Di cosa si tratta Montana? A cosa fa riferimento?”
“La questione è decisamente complessa”, risponde il professor Jones con voce grave.
“Per fartici capire qualcosa devo iniziare a raccontarti qualcosa della Matematica nell’Antico Egitto…”
I numeri egiziani
Come venivano espressi i numeri nell’Antico Egitto?
Nell’Antico Egitto la numerazione veniva espressa in base dieci, esattamente come è nostra abitudine; tra i vari tipi di numerazione dell’antichità, quella in base dieci era in effetti tra le più diffuse, come il numero di dita delle mani umane.
Contare gli oggetti con le dita della mano è estremamente naturale, per cui non è bizzarro aspettarsi sistemi di numerazione umana in base dieci (o cinque).
Ma tra contare con le dita e lo scrivere i numeri su un qualsiasi supporto, passano diversi gradi di astrazione non banali.
Uno dei più antichi reperti che testimoniano l’uso dei numeri egiziani è una mazza reale risalente a oltre 5000 anni fa (ora conservata a Oxford): sulla mazza viene riportato il numero di schiavi, 120.000, e il numero di capre confiscate, 1.422.000.
Sono numeri molto grandi, forse con un pizzico di esagerazione, ma documentano la capacità degli antichi Egizi di utilizzare numeri di grandi dimensioni.
La numerazione geroglifica
In generale la numerazione geroglifica egiziana si basava su uno schema iterativo in cui venivano associati dei simboli diversi alle prime sei potenze di dieci, che venivano incise, su legno o pietra, tante volte quanto necessario.
Un’unità aveva come simbolo un trattino verticale, una decina era rappresentata da un piccolo arco, un centinaio da un laccio di forma simile a una “C” e così via, fino ad arrivare al milione rappresentato da una figura umanoide inginocchiata, forse facente riferimento alla divinità dell’infinito.
Non essendo un tipo di numerazione posizionale, c’era più libertà nel modo di disporre le varie cifre: alcune volte le più piccole erano a destra, altre a sinistra. Cifre più piccole come le unità venivano talvolta raggruppate verticalmente o in forma rettangolare.
Questo tipo di numerazione è stato nel tempo abbandonato, a favore di un tipo di scrittura più agile e adatta ad essere usata su papiri tramite penne e inchiostro: la scrittura ieratica, “sacra”.
In geroglifici ieratici è stato scritto il documento matematico più esteso (tra quelli a noi pervenuti) dell’Antico Egitto: il papiro di Ahmes.
Il papiro di Ahmes
Quello di Ahmes è un papiro lungo 5 metri e 46 centimetri e largo 30 centimetri. È conservato in gran parte al British Museum, con alcuni piccoli frammenti conservati al Museo di Brooklyn.
Prende il nome dallo scriba che ne ha effettuato la trascrizione verso l’8350 EU (1650 a.C.) e che per sua ammissione ha preso il contenuto da un altro papiro risalente al Regno Medio, scritto probabilmente nel periodo 8000-8200 EU (2000-1800 a.C.).
(Prende anche il nome di papiro di Rhind, dall’antiquario scozzese che lo acquistò nel 11.858 EU (1858 d.C.) in una cittadina fluviale sulle rive del Nilo).
Il papiro è la più estesa collezione di Matematica dell’Antico Egitto arrivata fino a noi, contenente la trattazione di ottantaquattro problemi di varia natura, preceduti da alcune tabelle di frazioni.
La cultura egizia era a conoscenza della nozione di frazione, ma prediligeva quelle frazioni con la cifra “1” al numeratore, ovvero per gli inversi dei numeri naturali.
Per indicare la frazione 1/n, si utilizzava una piccola ellisse sopra la rappresentazione del numero intero n, che con il tempo assunse uno stile sempre più stilizzato fino a diventare un puntino.
Le tavole presenti nel papiro di Ahmes sono una guida per poter trasformare frazioni normali come somma frazioni “unitarie”, come ad esempio 2/5=1/3+1/15.
Sembra che solo alcune di queste decomposizioni fossero “accettabili”, con l’idea di evitare ripetizioni di frazioni: non sappiamo con certezza perché la decomposizione banale 2/5=1/5+1/5 non potesse andare bene.
Algebra e Geometria egiziane
Alcuni problemi del papiro di Ahmes ricalcano problemi aritmetici di frazioni, come ad esempio dividere delle pagnotte tra diverse persone.
Altri invece, assumono una natura più algebrica.
Questi chiedono di trovare l’equivalente delle nostre equazioni di primo grado in una incognita.
Questa incognita si chiama “aha“, ovvero “mucchio”.
Il metodo per trovare l’aha non è tuttavia quello che utilizziamo oggi.
Questo metodo chiamato di “falsa posizione” si basa sul dare un valore casuale (quindi probabilmente sbagliato) all’incognita, per poi eseguirvi le operazioni alla sinistra dell’uguale.
Si confronta poi con quanto sta alla destra dell’uguale e tramite proporzioni si arriva alla soluzione.
Degno di nota è il fatto che Ahmes verifica al termine che quella trovata sia effettivamente una soluzione, uno dei primissimi esempi di dimostrazione rigorosa.
Il papiro contiene anche problemi di natura geometrica.
Questi coinvolgono il trovare l’area di un triangolo isoscele o trovare l’area di un cerchio approssimandola con l’area di un quadrato.
La Geometria, e la Matematica in generale, dell’Antico Egitto sembra sempre essere stata mossa da un’esigenza pratica più che intellettuale, con tutti i limiti di precisione che questo comporta.
Da una parte, facendo cadere quell’aurea di mistero e misticismo che spesso caratterizza la nostra narrazione contemporanea dell’Antico Egitto.
Dall’altra lasciandoci pieni di stupore e ammirazione nei confronti delle prime conquiste umane nell’universo matematico.
Epilogo
“Tutto questo è incredibilmente interessante Montana” esclamate al termine della spiegazione “ma non ho capito cosa c’entri con la lettera e con l’Arciartefatto Matematicense!”
“Beh ecco, vedi…”
Improvvisamente l’enorme campanile della cattedrale della città emette tre rintocchi normali seguiti da qualcosa che non avreste mai potuto credere che una campana sarebbe stata in grado di emettere.
“IL SEGNALE!” esclama Montana “Non abbiamo tempo, presto vieni con me!”
Ed eccovi lì, invischiati nuovamente in una avventura di Montana a inseguire segnali e suoni matematici.
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Vi è piaciuto questo articolo?
Fa parte di una serie sulla Storia della Matematica basata sul testo di Carl Benjamin Boyer [1].
Gli articoli già usciti su Missione Scienza sono:
1 – Origine della Matematica
2 – La Matematica nell’Antico Egitto
Fonti
[1]: Charles Boyer [eng] – “Storia della Matematica” – Oscar Mondadori 2021
Matematico, ricercatore e sbadato professionista.
Non chiedetegli di fare i conti al ristorante, non è capace: vi ritroverete a dover pagare quantità immaginarie ed essere costretti a lavare i piatti per qualche settimana.