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Il seme più grande del mondo? Sembra il bacino di una donna

È un uccello? È un’aereo? No. È il seme più grande del mondo, appartenente alla pianta Lodoicea maldivica, e ha la forma del bacino di una donna. Questa pianta conta altri 4 record e la sua origine è rimasta un mistero per secoli, periodo durante il quale marinai arrapati hanno tirato fuori teorie alquanto fantasiose. Un articolo da non perdere!

Una storia soft-porn

Facciamo un salto nel XVI secolo, quando l’arte medica, non ancora del tutto scienza, si basava sul fondamento del “simile cura il simile”. Per esempio, secondo le linee guida del tempo, le noci, assomigliando al cervello, sarebbero state ottime per curare i mal di testa. I fagioli invece, essendo simili ai reni, sarebbero stati un toccasana per qualunque problema relativo a questi organi.

Immagino che per lo stesso principio un broccolo poteva rappresentare una potenziale cura per i bronchi mentre una zucchina…

Esatto, avrebbe risolto qualsiasi problema al femore.

Oh, ma dai, non avrete mica pensato che…?! per parlare di peni dobbiamo aspettare la seconda parte di questo articolo!

Ma torniamo a noi. Secondo voi, vedendo un frutto che somiglia al bacino di una donna, i nostri antenati a cosa pensarono?

Dopo lunghe disquisizioni sulla possibile tassonomia della specie, sulle relazioni filogenetiche e le norme di classificazione vigenti all’epoca, i marinai si ricordarono che di ‘ste cose non gliene fregava popo popo niente e lo battezzarono “coco fesse”. Non devo spiegarvi cosa sia “la fessa” vero? Il vocabolo viene dal termine tardo latino findere che significa fessura, un riferimento non tanto metaforico alla vagina. Oggi giorno lo si usa spesso associato al nome di parenti di sesso femminile, spesso la mamma o la sorella, come invettiva verso qualcuno (e.g. “la fessa de mammeta”). Secondo il principio del simile cura il simile, i marinai cominciarono a fantasticare su fantomatici effetti curativi verso qualsiasi cosa e, ovviamente, sempre dopo importanti dibattiti, si sentenziò che il frutto avesse effetti afrodisiaci.

Che poi se viaggi in mare per mesi, in una barca di soli uomini, praticamente qualsiasi cosa è un afrodisiaco, anche i gabbiani.

La fessa di cui sopra

Siccome non si conosceva l’origine di questi semi, e visto che non galleggiano, si pensava derivassero da un albero che crescesse in fondo al mare. Da questa credenza proviene il nome  “cocco di mare”, ancora oggi utilizzato, che è sicuramente più elegante del precedente. Le prime notizie registrate su L. maldivica derivano dagli appunti di Garcia de Orta nel 1563. Sembra che in quel periodo i grossi semi fossero molto apprezzati e richiesti in tutto l’Oceano Indiano, comprese le Maldive, l’India e lo Sri Lanka, e venissero venduti anche in Cina, Giappone e Indonesia.

La prima classificazione scientifica venne fatta nel 1750 da Rumphius, il quale diede alla pianta il nome di Cocus maldivica poiché incappò in uno di questi semi proprio alle Maldive.

Solo nel 1768 si arrivò a scoprire la vera origine di questi misteriosi e super attraenti semi, quando la spedizione del cavaliere francese Marion Dufresne esplorò le isole di Praslin e Curieuse nelle Seychelles. Questi posti sono gli unici in cui è possibile trovare la pianta visto che, come detto precedentemente, il seme non può galleggiare come quello del cocco comune e pertanto non può raggiungere altri luoghi. E non ce lo vedo un gabbiano a portarsi in giro un affare di 20 kg fra le zampe. Né tanto meno ad espellerlo con le feci, poverino.

Fun fact, i coloni trovandosi in foreste lussureggianti piene di semi dalla forma del bacino di donna pensarono di aver trovato il Giardino dell’Eden.

Ancora oggi, la quasi totalità delle piante di questa specie si trova nella Vallée de Mai, un’area di appena 18 ettari, sull’isola di Praslin, in una foresta patrimonio mondiale dell’Unesco dal 1983. Grazie alle tasse di ingresso nel sito, la specie fornisce fondi sufficienti per mantenere un secondo sito patrimonio mondiale delle Seychelles, situato nell’atollo di Aldabra, istituito per la protezione della più grande popolazione mondiale di tartaruga gigante, Geochelone gigantea.

Semi giganti, tartarughe giganti… Una coincidenza? Io non credo. Ne parleremo fra poco.

Foto della Vallée de Mai. Copyright: amriphoto.com

Lodoicea maldivica detiene ben 5 record

Il primo record ce lo siamo un po’ spoilerato nel titolo. Il frutto, o ‘noce’, di Lodoicea è costituito da un singolo grande seme (o raramente due o tre) circondato da un guscio duro, formato dagli strati interni del pericarpo, e una spessa buccia fibrosa, formata dal pericarpo esterno. I frutti in natura possono arrivare anche dopo 50 anni se le condizioni non sono favorevoli e impiegano circa 6-7 anni per maturare. Se il frutto, nella sua totalità, arriva a pesare più di 45 kg, il seme maturo ne pesa “solo” 25 kg. Sebbene vada precisato che ci sono angurie e zucche ben più pesanti, esse derivano da varietà selezionate e non si trovano in natura, quindi a L. maldivica spetta il record per il frutto e il seme più pesanti in natura!

Se passaste sotto una L. malvidica nel momento sbagliato, l’ultima cosa che vedreste è il bacino di una donna cadervi dritto in faccia. Il che potrebbe non essere così male, ci sono morti peggiori, come essere coinvolti nell’esplosione dei frutti granata dell’albero del diavolo!

Nella foto si possono vedere infiorescenze in stadio avanzato e semi a diversi stadi di maturazione.

Da dove verrà mai fuori questo frutto? Ma ovviamente dall’infiorescenza più grande del mondo, no? Quello che normalmente sarebbe un bocciolo di qualche millimetro, si trasforma in un’infiorescenza da 10-15 cm da cui poi si svilupperà il più grande fiore di palma a noi noto!

Infiorescenze mostruose.

E con questo fanno quattro. E il quinto record? Signori e signore mie, secondo voi, da un seme di venti chili, che bestia viene fuori? Un normale germoglio? Ma no! Perché non metterci pure un tenero cotiledone da 4 metri e facciamo il pacchetto completo! Non lo so, parlo con te Evoluzione, che le vogliamo dare si più a ‘sta pianta? I granuli di polline come le palle da golf? E che cazzo.

Insomma, questo cotiledone cresce e, nei primi 15 anni, produce delle piante senza tronco simili a palme, con delle foglie enormi a forma di ventaglio, lunghe 7-10 m. Il tronco si formerà nei decenni e secoli successivi, arrivando, nelle piante più anziane, ad altezze che superano i 30 metri (nei maschi). L’albero più alto di questa specie di cui si ha notizia, misurato a terra dopo l’abbattimento, era di 56,7 metri di altezza totale.

La Lodoicea maldivica è monotipica, ossia è l’unica specie del proprio genere, così come le altre sei specie di palme trovate nell’arcipelago. Di esse però L. maldivica è l’unica specie dioica e quindi a sessi separati, di cui c’è il maschio e la femmina. A questo punto non sorprenderà che il fiore maschile della pianta dal seme a bacino di donna sia… particolare. Diciamo che non fa invidia alle foto scabrose postate in precedenti articoli sul pene della balenottera azzurra e degli squali! Immagino che se i marinai sopra citati avessero visto il fiore in questione avrebbero chiamato la pianta maschio “coco batacchio” o “coco minchia”. Ve l’avevo detto che saremmo arrivati a parlare di peni.

Foto del batacchio del coco minchia.

Perché l’evoluzione ha favorito queste caratteristiche?

Le dimensioni letteralmente da record della pianta possono essere spiegate con il gigantismo insulare, un fenomeno molto noto negli animali, ma poco documentato nelle piante.

Il fenomeno biologico consiste nell’aumento, alcune volte drammatico, della dimensione di una specie confinata su un’isola rispetto alla controparte sulla terraferma. Se normalmente le piccole dimensioni rendono semplice nascondersi e fuggire dai predatori, l’assenza della pressione selettiva di questi ultimi sugli esemplari più grandi può consentire ad alcune specie di ingrandirsi.

Differenza fra la lucertola gigante delle Canarie (Gallotia stehlini), che misura fino a 80 cm, e Psammodromus hispanicus, una comune lucertola ispanica, che misura 13-14 cm.

Abbiamo citato la presenza nell’arcipelago di tartarughe giganti. Esse rappresentano un ottimo esempio di gigantismo insulare, poiché fra i vantaggi delle grandi dimensioni c’è anche una maggiore resistenza ai periodi di carestia e una maggiore capacità di spostamento per raggiungere fonti di cibo lontane. È stato notato che, in seguito all’arrivo di umani e relativi predatori introdotti (cani, gatti, ratti, maiali), molte specie endemiche giganti si sono estinte proprio perché non adattate alla presenza di predatori.

Ora, questo ha molto senso per gli animali, per le piante un po’ meno. Eppure è stato notato questo fenomeno su un sacco di piante diverse, soprattutto in Nuova Zelanda. La cosa è ancora più strana considerando che L. maldivica cresce in un suolo poverissimo di azoto, fosforo e altri elementi nutritivi.

Come si spiega una pianta così grande in un suolo così povero?

A tal proposito, uno studio ha descritto il modo in cui le enormi foglie piegate alla base del tronco formino un imbuto perfetto. La pioggia in questo modo viene diretta in canali simili a grondaie, lavando la pianta e trascinando con il proprio flusso il materiale depositato sulla superficie fogliare (polline, feci di uccelli, lumache e lucertole). Questo sembrerebbe migliorare l’apporto di nutrienti. Un’altra importantissima strategia evolutiva legata all’infiorescenza maschile (aka batacchio) è che continua a produrre polline per anni. Una fontana di gameti maschili che pervade costantemente l’isola. Questo assicura una produzione costante di semi elevando nel tempo la specie al grado di monodominante. La monodominanza è una condizione ecologica in cui oltre il 60% della volta (o strato superiore) della foresta comprende una singola specie di albero.

Conclusione

Questa è la storia del seme più grande del pianeta. Io un giro alle Seychelles me lo farei, magari trovo il seme dei miei sogni coi cui passare il resto della vita. Volendo è possibile acquistare il seme come souvenir, al costo di circa 400€ per un campione lucidato o 65€ al kg per un normale seme grezzo di piccole/medie dimensioni. La specie è ovviamente protetta e il commercio delle noci è legalmente controllato dal 1995, ma il commercio illegale continua a rappresentare un grave pericolo per la specie. Questa pianta è ormai considerata un simbolo, tanto che un seme è stato dato come regalo di nozze dal governo delle Seychelles all’erede britannico al trono e sua moglie, il Principe William e la duchessa di Cambridge, Kate.

Vi lascio qui di seguito delle fonti e degli approfondimenti. Alla prossima, sempre qui su Missione Scienza e sul nostro canale Instagram dove presto posteremo importanti novità!

Fonti ed approfondimenti

https://www.hindawi.com/journals/jb/2012/687832/

https://nph.onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/nph.13272

http://www.photomazza.com/?The-incredible-Maldivian-Lodoicea&lang=it

https://en.wikipedia.org/wiki/Lodoicea

Giovanni Cagnano

Plant Breeder di mestiere, divulgatore per hobby. Nato sotto una foglia di carciofo e cresciuto a orecchiette e cime di rape, sono sempre stato interessato alla genetica. Ho studiato biotecnologie agrarie e, dopo un erasmus in Danimarca, ho proseguito con un industrial PhD nella stessa azienda sementiera presso cui stavo scrivendo la tesi. Dal 2019 sono rientrato in Italia e lavoro attivamente come plant breeder, realizzando varietà di ortaggi che molto probabilmente avete mangiato :)

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