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Le lingue antiche – storia e linguistica

Cosa si intende quando si usa la locuzione “le lingue antiche”?

Non è una definizione particolarmente quantitativa, e necessita di qualche informazione preliminare per capire l’entità della faccenda.

(giuro che arriverò al punto abbastanza velocemente, o almeno… farò del mio meglio)

Quante lingue ci sono oggi?

Inglese, Spagnolo, Cinese Mandarino, Giapponese, Italiano (ovviamente), ecc.

Se vi chiedessi di fare una lista delle lingue di cui conoscete l’esistenza, sicuramente riuscireste a mettere in fila almeno una decina di nomi. La realtà è che, almeno secondo l’edizione del 2020 di Ethnologue (la cosa più vicina che abbiamo a una sorta di ‘vocabolario’ delle lingue), sulla Terra, ad oggi, si parlano più o meno 7117 lingue.

Ma qui sorge il problema.

Le lingue non sono entità totalmente separate, sono spesso dei grossi gruppi di dialetti, più o meno standardizzati, che si evolvono costantemente. Molto spesso è difficile capire quando una lingua finisce e ne comincia un altra (date un occhio all’articolo lingue e dialetti, se vi interessa il tema).

Chiaro… è facile distinguere il mio italiano dal giapponese, ma se vi dicessi che nell’italiano parlato in Svizzera a scuola non si prendono voti, ma “note” e che se cadi non ti fai un livido, ma ti fai un “blu”?

Insomma, la questione è problematica.

Soprattutto se ci mettiamo di mezzo il tempo.

Quando parliamo de “le lingue antiche”, in genere, ci viene in mente il latino, il greco antico, viene in mente il nome dei Babilonesi (che parlavano accadico) …

Ma anche l’italiano è una lingua relativamente antica.

I Placiti Cassinesi (le prime testimonianze di un volgare italiano) risalgono al 10.960 EU (960 d.C.).

Insomma, non proprio l’altro ieri…

Tuttavia, oggi per “lingue antiche” si intende una cosa molto più specifica.

Di cosa parleremo oggi, quindi!? Oggi parleremo, prevalentemente, di lingue morte (allegria) parlate in Europa.

Ci focalizzeremo sulle lingue pre-latine. Ossia, le lingue parlate in Europa prima della fondazione del regno di Roma, più o meno 9200-9300 EU (800-700 a.C.).

Le lingue antiche in Europa

La prima cosa da sapere riguardo all’Europa pre-romana è che eravamo pochi.

Ma proprio pochi.

La stima viaggia fra 50 e 100 milioni di esseri umani IN TUTTO IL MONDO, di cui solo intorno al 10-15% risiedeva in Europa.

Insomma, l’intera Europa intorno al 9300 EU (700 a.C.) era meno popolosa della Lombardia.

Inoltre, la popolazione Europea era molto diversa da quella che conosciamo noi oggi (chiaramente). Dopo il lento declino delle civiltà neolitiche, fra il 6000-7000 EU (4000-3000 a.C.), probabilmente dovuto a un particolare ceppo di peste polmonare, l’Europa centrale è stata attraversata da numerose migrazioni di popoli provenienti dall’Est (fra cui la popolazione nota come Indoeuropei).

Non abbiamo necessariamente prove storiche (o reperti) di queste popolazioni. Tuttavia, tutte le nostre lingue (inglese, francese, spagnolo, italiano, tedesco, portoghese, ecc.) possono essere tracciate a un antenato comune, il protoindoeuropeo (PIE).

Detto ciò, l’Europa era ancora la casa di molte popolazioni autoctone e semi-autoctone e piccoli stanziamenti coloniali di popoli semitici (come i Fenici).

Ma che lingua parlavano tutte queste persone? Bella domanda…

Lingue pre-indoeuropee in Europa (che sono esistite di sicuro, o esistono ancora)

Queste sono lingue di cui abbiamo reperti effettivi. Insomma, lingue che siamo sicuri siano esistite perché le abbiamo viste scritte su manufatti o ne abbiamo trovato menzione nei libri degli antichi storici. Non sarà possibile parlare di tutte… Quindi mi focalizzerò solo su due casi particolarmente interessanti (e vi lascio tutto il resto negli approfondimenti).

L’etrusco

A casa nostra, la penisola italiana, si parlavano un gruppo di lingue (dette lingue Tirreniche o Tirseniche), di cui fa parte anche l’etrusco. Gli Etruschi erano una popolazione distribuita fra l’attuale Toscane e Umbria (la Toscana, infatti, prende il nome proprio da loro, i romani li chiamavano Tusci). Il nome che si davano da soli, però, era Ràsenna o Rasna, anche se non sappiamo bene cosa questo nome volesse dire.

Gli Etruschi scrivevano da destra verso sinistra, in un alfabeto probabilmente preso in prestito dai Greci. A differenza delle lingue indoeuropee, l’etrusco era una lingua agglutinante, con una serie di suffissi e prefissi indipendenti.

Esempio:

Italiano Latino Etrusco
figlio fili-us clan
del figlio fili-o clan-asi
figli fili-i clen-ar
dei figli fili-is clen-ar-asi

Come si vede in tabella, dove il latino ha un suffisso per ogni casi, l’etrusco usa la combinazione di più suffissi sempre uguali.

In etrusco i verbi non si coniugano, il verbo “fare” in “io faccio” e “lui fa” è sempre “cara” (“mi kara” e “an kara”). Tuttavia, sappiamo per certo che il passato aveva una forma specifica, “io feci” era “mi karke”.

Un’altra ragione per la quale la maggior parte dei linguisti è decisamente convinta che l’etrusco non sia una lingua indoeuropea sono i suoi numeri. Il sistema numerico etrusco è in base 10, come quello latino, tuttavia, non c’è assolutamente nessuna relazione per i nomi dati ai numeri.

Etrusco Latino Italiano Inglese  PIE
thu unus uno one *oinos/*oikos
zal duo due two *d(u)wo
ki tres tre three *trejes
sha quattuor quattro four *kwettwores

Dato il continuo contatto fra Etruschi, Romani e Greci, queste lingue si sono influenzate a vicenda. Infatti, ancora oggi, nelle lingue discendenti dal latino si possono trovare fossili provenienti dall’etrusco.

Un esempio è la parola “persona”. In italiano, la parola deriva dal latino “persona” (ruolo sociale, personaggio, maschera), che sembra derivare dall’etrusco “phersu” (maschera).

Il nome stesso della città di Roma potrebbe derivare da una parola etrusca, la parola “Ruma”, che è una sorta di ‘cognome’ etrusco (anche se la maggior parte degli storici è d’accordo sul fatto che il nome derivi dall’antico nome del Tevere, “Rumon”).

Il basco

La lingua basca (Euskara) è, forse, l’unica lingua paleo-europea che è attualmente ancora parlata in Europa da centinaia di migliaia di persone. Si parla nel nord-est della Spagna e nel sud-ovest della Francia.

Come sappiamo che il Basco non è una lingua indoeuropea? Il Basco è una lingua ergativo-assolutiva.

E che diamine vuol dire?!

Ok, andiamo con ordine, la totalità delle lingue europee è caratterizzata dall’allineamento nominativo-accusativo. In parole povere, i verbi transitivi (come il verbo “mangiare”) possono avere un soggetto e un oggetto (es. io mangio la pasta), mentre i verbi intransitivi (come il verbo “camminare”) possono avere solo un soggetto (es. io cammino).

Per fare un esempio, in latino il soggetto è sempre reso con il caso “nominativo” (indipendentemente dal valore del verbo) e l’oggetto sempre con il caso “accusativo”.

il gatto cammina cattus ambulat catt-us-NOM ambulat
il gatto mangia il pesce cattus piscem edit catt-us-NOM pisc-em-ACC edit

Nelle lingue ergativo-assolutive, però, i due soggetti non sono uguali.

In Basco, il soggetto di un verbo transitivo, infatti, ha un caso dedicato (ergativo), mentre soggetto di un verbo intransitivo e oggetto sono tradotti allo stesso modo, nel caso assolutivo.

il gatto cammina katua ibiltzen da katua-ASS ibiltzen da
il gatto mangia il pesce katuak arraina jaten du katua-k-ERG arraina-ASS jaten du

Insomma, una differenza terrificante.

Animato e inanimato

Un’altra profonda differenza fra lingue indoeuropee e il Basco è il genere grammaticale.

Mentre le lingue indoeuropee (quando hanno una distinzione di genere grammaticale) suddividono le parole in ‘maschili’, ‘femminili’ e (a volte) ‘neutre’, il Basco divide le parole in ‘animate’ e ‘inanimate’.

Come nel caso dell’etrusco, possiamo andare a guardare come i Baschi parlano di numeri, per renderci conto di quanto distanti siano dalla matrice indoeuropea spagnola e francese, che gli fa da cornice.

Basco Italiano Spagnolo Francese PIE
bat uno uno un *oinos/*oikos
bi due dos deux *d(u)wo
hiru tre tres trois *trejes
lau quattro cuatro quatre *kwettwores

L’ipotesi Paleo-Sardo-Basca

Si, ok… Ma perché il Basco è interessante?

Il Basco è sopravvissuto a centinaia (migliaia!) di anni di assedio culturale indo-europeo-latino-romanzo. Non è una cosa da poco!

Ma soprattutto, questa lingua potrebbe essere collegata a una delle lingue paleo-europee di cui, sfortunatamente, non abbiamo alcun reperto: il Paleo-Sardo.

La lingua Paleo-Sarda (o Nuragico) è la lingua che si ipotizza fosse parlata dagli abitanti della Sardegna, prima della latinizzazione dell’Europa.

Massimo Pallottino, in “La Sardegna Nuragica” ha messo in evidenza svariati paralleli fra il Basco moderno e alcune parole nella lingua Sarda, non di radice latina:

  • “bitti” (Sardo) e “bitin” (Basco), agnellino o capretta.
  • “golosti” (Sardo) e Basco “gorosti” (Basco), agrifoglio
  • “orri” (Sardo) e “orri” (Basco), ginepro

Insomma, gli Antichi Sardi erano ‘parenti’ dei Baschi? Possibile, ma non lo sapremo mai con certezza.

Lingue pre-indoeuropee ipotizzate

Ci sono altre lingue pre-indoeuropee che sono ipotizzate, ma non di comprovata esistenza.

Erano le lingue delle popolazioni che abitavano le terre che avrebbero dato casa a quelli che gli Antichi Romani chiamavano “barbari”.

Le lingue pre-Goideliche

Le lingue goideliche (o gaeliche) sono le lingue indoeuropee celtiche parlate nelle isole della Gran Bretagna e Irlanda.

Tuttavia, mentre l’arrivo nelle isole da parte di popolazioni indoeuropee è datato 7500 EU (2500 a.C.), i primi esseri umani che hanno colonizzato quelle isole sono arrivati lì molto molto prima, agli albori dell’era umana (0 EU, o 10.000 a.C.).

Questi esseri umani hanno abitato le isole per millenni, e hanno sicuramente sviluppato una lingua o un gruppo di lingue con le quali i coloni indoeuropei sono entrati in contatto.

Molti linguisti puntano il dito su parole di lingue gaeliche (come l’Irlandese) per trovare reliquie di queste culture pre-indoeuropee, non con poche controversie.

Queste parole non sembrano avere connessioni dirette con le altre lingue europee, e potrebbero essere l’eredità di una storia millenaria, parole come:

  • “lacha” (Irlandese), anatra
  • “adarc” (Irlandese), corno
  • “sennach” (Irlandese), volpe

Non mancano però le controversie e le teorie avverse.

Molti linguisti fanno notare, infatti, che la parola “lacha” potrebbe condividere la storia etimologica con il Lituano “lak” (volare), una lingua indoeuropea.

Inoltre, la parola “sennach” potrebbe essere il risultato della radice proto-celtica *sena (connessa con la parola italiana “senile”, cioè “antico”). Questo dipende dal fatto che, secondo alcuni linguisti la parola “sennach” derivi dalla locuzione “l’antica”, riferita alla volpe (probabilmente per ragioni folkloristiche).

Per essere totalmente trasparenti, in Basco la parola corno si dice “adar” quindi, per quando non indoeuropea, la storia di questa parola potrebbe essere collegata al Basco.

Insomma, è una storia nebulosa e ancora poco esplorata.

La lingua paleo-germanica

Come nelle isole, anche nel continente popolazioni precedettero gli indoeuropei in Europa del nord.

In particolare, il proto-germanico (un discendente dell’indoeuropeo da cui derivano tutte le lingue come tedesco, olandese, danese, inglese, norvegese ecc.) ha delle caratteristiche molto distinte e inusuali.

Anche in questo caso, molti linguisti hanno postulato che questa divergenza del proto-germanico deve necessariamente essere il risultato dell’interazione con le popolazioni pre-indoeuropee.

Il linguista John Hawkins arriva a sostenere che quasi un terzo del vocabolario germanico non sia di origine strettamente indoeuropea (non senza controversie, anche in questo caso).

A onor del vero, moltissime parole nelle lingue germaniche si riescono a tracciare con chiarezza fino al proto-germanico, ma non fino al protoindoeuropeo.

Per molte parole Hawkins ha proprio ragione. Parole come, “eel” (inglese), “aal” (olandese), àll (islandese), che vogliono dire tutte “anguilla” e si tracciano alla radice proto-germanica *eelaz (anguilla), e non più indietro.

Fa particolare effetto la parola inglese “knight” (cavaliere) e quella tedesca, anche se datata, Knabe (ragazzo), che si possono tracciare fino alle radici proto-germaniche *kneht e *knabo (radici sinonime, che significavano ragazzo valente), e non più addietro. In questo caso, l’ipotesi che queste parole derivino da lingue antiche pre-indoeuropee e ormai dimenticate per sempre, è molto ben definita e supportata.

Nella lista di Hawkins, però, finiscono anche parole come “bone” (inglese, osso), “Bein” (tedesco, gamba), zee (olandese, mare) e “drekka” (islandese, bere).

Tutte queste parole, con buona pace di Hawkins, possono essere ricollegate a radici protoindoeuropee. “Bone” e “Bein” alla radice *bheyh- (bastone), “zee” alla radice *seykw- (umido) e “drekka” alla radice *dhreng- (ingoiare).

Insomma, anche in questo caso sarebbe meglio non saltare a conclusioni affrettate…

Fonti e Approfondimenti

Proto-germanico:
Ipotesi del substrato preindoeuropeo nel proto-germanico – Wikipedia [ita]

Pre-goidelico:
Goidelic substrate hypothesis – Wikipedia [eng]

Lingue Antiche non europee:
What Ancient Egyptian Sounded Like and how we know – NativLang, YouTube [eng]

L’etrusco:
What Etruscan Sounded Like and how we know – NativLang, Youtube [eng]

Luca Ricciardi

Laurea in chimica-fisica dei sistemi biologici, ottenuta all'università "La Sapienza" di Roma, PhD in Chimica Organica ottenuto all'università di Twente (Paesi Bassi), attualmente parte dell'Editorial Office di Frontiers in Nanotechnology e Frontiers in Sensors, a Bologna. Mi identifico come napoletano (anche se di fatto a Napoli ci sono solo nato). Un ricettacolo di minoranze (queer, vegano, buddista…) con una grande passione per la divulgazione.

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