Le meraviglie del canto armonico
Tutti canticchiamo sotto la doccia, chi più chi meno. Poi ci sono i cantanti che riescono a farsi pagare per cantare. E poi ci sono gli alieni: quelli che riescono a intonare contemporaneamente più di una linea melodica.
Se non siete già caduti dalla sedia per lo shock, prima di procedere nella lettura vi prego di guardare con attenzione il seguente video, che mostra brillantemente l’esistenza degli extraterrestri, alla faccia dei complotti sull’area 51 e su Elvis Presley:
© www.oberton.org/pachhelbel-kanon
Ora, dopo aver guardato, in loop, il video per non meno di 5 minuti, dovreste aver finalmente capito perché prima sareste dovuti cadere dalla sedia.
Ma siete ancora in tempo per farlo: Missione Scienza non lascia indietro nessuno! Fatto? Adesso prendete un tubetto di colla vinilica… Ah no, scusate. Cadendo dalla sedia devo aver battuto la testa più forte di quanto pensassi e per un attimo ho creduto di essere un’altra persona.
Ora sto meglio, comunque. Grazie dell’interessamento.
Insomma, provando a leggervi nel pensiero, formulo la domanda che a questo punto tutti dovreste avere in testa: ma si può sapere cosa cazzo sta succedendo nella gola di Wolfgang Saus, il protagonista del video, da permettergli di cantare contemporaneamente sia la melodia del basso che quella del soprano del celebre canone di Pachelbel?!?
Per la risposta a questa domanda potevo scegliere se essere breve o estremamente prolisso e, per vostra immensa gioia, ho optato per la seconda possibilità! Preparatevi quindi a un pippotto clamoroso che toccherà temi di anatomia, fisiologia, chimica, fisica e – parlando di canto – addirittura di musica!
La voce come strumento
Per tutti i cantanti, dal più bravo al più scarso, l’apparato vocale risulta a tutti gli effetti uno strumento musicale da imparare a utilizzare a dovere. Quasi tutti i cantanti, infatti, eseguono giornalmente numerosi esercizi che li porteranno negli anni a padroneggiare sempre meglio le proprie caratteristiche vocali.
Con lo stesso spirito con cui i pianisti esercitano quotidianamente l’indipendenza del movimento delle dieci dita e i batteristi quella dei quattro arti. E poi ci sono quelli che sanno fare tutto senza esercitarsi mai, ma preferisco non parlarne altrimenti mi sale il berserk e il mio dottore dice che non mi fa bene.
Torniamo quindi ai cantanti e al loro portentoso strumento, che è il vero protagonista di questo articolo. Nonostante il fatto che – come dicevo – ognuno di noi si lasci andare nei gorgheggi più improbabili sotto la doccia, chissà perché, poi, proprio sotto la doccia?!?, pochissimi hanno consapevolezza di quello che stanno realmente facendo quando cantano.
Ma non preoccupatevi: questo articolo di Missione Scienza vi ammorberà a tal punto sulla questione da togliervi per sempre non solo la voglia di cantare, ma anche quella di vivere!
La sede anatomica della voce: la laringe
La laringe è la parte più importante di ciò che tutti chiamiamo comunemente “gola”: è nella laringe infatti – nella glottide – che sono situate le corde vocali, senza le quali non potreste né cantare né parlare, cosa che, per molti di voi, sarebbe solo un gran bene.
Sempre nella laringe – subito sopra la glottide – si trova l’epiglottide, la “linguetta-sotto-la-lingua” che chiude il condotto respiratorio quando deglutiamo, per permettere al boccone di procedere nell’esofago e impedirci così di soffocare.
Infine, è nuovamente la laringe che ci induce a tossire ogni volta che avverte la presenza di corpi solidi al suo interno; quegli stessi corpi solidi che sarebbero dovuti finire nell’esofago ma che, parlando con la bocca piena, abbiamo inavvertitamente indirizzato nel condotto sbagliato.
Missione Scienza per il bon-tòn ci insegna che non si parla con la bocca piena; a testimonianza del fatto che le nonne, a tavola, hanno sempre ragione!
Un’ultima cosa: oltre alle corde vocali vere e proprie, la cui vibrazione ci permette di modulare la voce e di produrre suoni e note differenti, siamo tutti dotati anche delle cosiddette corde vocali “finte”.
Queste ultime, a differenza delle sorelle raccomandate, verrebbero del tutto snobbate dalla maggior parte dei cantanti professionisti se non fosse per i cantanti death, i quali sembra che producano il loro tipico canto “growl” proprio grazie alla vibrazione controllata delle corde vocali secondarie/finte.
Missione Scienza per le minoranze ci insegna che non importa che tu sia una corda vocale vera o finta: l’importante è che la smettiate di cantare il dannato raeggeton estivo che, state sicuri, arriverà puntuale anche quest’anno come la pioggia a pasquetta.
Il cambio di voce: la pubertà
Vi è mai capitato di rivedere un amico/parente/congiunto sui 15-16 anni che non vedevate da un po’ e che nel frattempo aveva “cambiato voce”, passando da quella di Timon a quella di Pumba?
Ebbene, al giovanotto era semplicemente “scesa” la laringe all’interno della gola, in un processo di sviluppo che (complici i dovuti ormoni maschili) gli aveva reso sensibilmente più grandi le parti anatomiche che concorrono alla produzione della voce, abbassandone così il tono.
Un po’ la stessa cosa che succede passando da violino a viola e a violoncello: i tre strumenti rispettano bene o male le stesse proporzioni ma la semplice differenza di dimensioni ne determina la differenza di suono.
Ah, parlando di cose che si ingrossano, quella protuberanza che negli uomini si vede far su-e-giù nella gola durante la deglutizione (no, vi prego, non pensate subito a Freddie Mercury, porci schifosi!), anche detta “pomo d’Adamo”, è visibile proprio per effetto della discesa della laringe.
Nelle donne, alle quali la laringe non scende significativamente durante la pubertà, il pomo d’Adamo resta nascosto (diciamo così) nella parte alta della gola e, data l’assenza di ormoni maschili, rimane di una dimensione simile a quella dell’infanzia.
A questo punto prego sinceramente la comunità LGBT di non odiare Missione Scienza per questa orrenda semplificazione “maschi-femmine” ma, piuttosto, di comprendere che in un articolo divulgativo occorrono spesso delle semplificazioni eseguite non col bisturi ma con l’ascia da guerra di Gimli.
I registri vocali
Quarzate a parte, tutto ‘sto popò di roba era solo per dirvi che le voci umane sono state catalogate (convenzionalmente) nella storia della musica occidentale in 6 registri di base: dal più basso al più alto troviamo, in ordine, il basso (Barry White), il baritono (Tom Jones), il tenore (Pavarotti), il contralto (Nina Simone), il mezzo-soprano (Edith Piaff) e il soprano (Antonella Ruggiero).
Con questa classificazione in mente, risulterà immediatamente comprensibile capire cosa si intende per “estensione” di una voce: una persona che, cantando, riuscisse a coprire solo le note del basso (o solo quelle del soprano), avrebbe un’estensione più limitata di chi, invece, riuscisse a coprire più di un registro. Freddie Mercury, per intenderci, pare avesse un’estensione vocale in grado di cantare agilmente sia note basse (nel registro del basso, si intende) che note da soprano!!!
Mettendo da parte casi come quello di Freddie Mercury, i primi tre registri sono normalmente cantati da uomini i quali, per tutta la storia di prima sulla discesa della laringe, lo sviluppo ormonale & Co., sono naturalmente predisposti a intonare più facilmente le note basse.
Gli ultimi tre registri, invece, appartengono di norma alle cantanti di sesso femminile… Sebbene esistano anche uomini cosiddetti “sopranisti” che riescono a ottenere eccellenti risultati anche a questi registri; chi padroneggiando la tecnica del falsetto e quelli ai quali, invece, erano stati rimossi chirurgicamente i testicoli prima della pubertà: i castrati (Signora mia, non stiamo a giudicare, erano altri tempi).
E siccome lo so che state tutti in fissa con quella porcheria di GoT, sappiate che c’è una significativa differenza tra un castrato e un eunuco: a quest’ultimo i testicoli vengono normalmente rimossi dopo la pubertà, senza quindi comprometterne la voce “da uomo”.
Padroneggiare la voce: il canto armonico
Ogni nota è come un arcobaleno di suoni. Quando proietti un raggio di luce su un prisma, ottieni un arcobaleno. Pensa a un arcobaleno di suoni quando canti una nota. Se riesci ad usare la tua gola come un prisma, puoi portare alla luce l’arcobaleno.
– Jenni Roditi, The Secret Life of the Universe
Ebbene, eccoci arrivati al paragrafo conclusivo di questo noiosissimo articolo (era ora!) per scoprire che non c’è nessun trucco e nessun inganno. I cantanti-alieni di cui sopra sono solo dei comuni esseri umani come me e come voi che, invece di sprecare la propria vita a leggere boiate su internet, hanno imparato a padroneggiare la tecnica canora nota come “canto difonico” o, alternativamente, “canto armonico” (benché in inglese potreste trovate materiale anche cercando “polyphonic singing”, “throat singing” o “overtone chanting”).
E perché mai “armonico”? Perché, in sintesi, quando pizzichiamo una corda ben tesa, sia essa la corda di una chitarra o la corda vocale che avete in gola, quella inizierà a oscillare producendo un suono che è il risultato del sovrapporsi di molti suoni diversi, le cosiddette armoniche superiori della nota fondamentale, fenomeno noto in fisica col nome di “battimento”.
E tali suoni corrispondono a tutti i (cioè: teoricamente a tutti ma, praticamente, solo ad alcuni dei) modi-di-vibrazione della corda in questione.
WTF?!? Calma.
Facciamo un esempio: quando pizzichiamo la corda di una chitarra essa produce la nota fondamentale (la più bassa) accompagnata da molte delle sue “armoniche superiori”, come già detto. Queste ultime corrispondono ai suoni via via più alti prodotti dalla vibrazione di molto altre corde “virtualmente contenute” (per così dire) nella corda originale.
Siccome vi vedo già disperati (“Oddio! Ha detto fisica, scappiamo!”) allego un semplice disegnino illustrativo che spero vi faccia tornare il sorriso.
Capito? Quando pizzicate una corda non state producendo un’unica nota ma, piuttosto, una molteplicità di note che si sovrappongono formando così il suono (risultante) che sentite.
E sono proprio queste armoniche che identificano il timbro di uno strumento musicale, permettendoci di capire al volo se il SOL appena udito proviene da un violino o da una chitarra (o da una tromba, in cui a vibrare non è una corda ma tutto lo strumento).
E questo ci permette anche di capire perché, alla fine della storia, quando pizzichiamo una corda sentiamo abbastanza distintamente una nota in particolare (e non il miscuglio di note da cui è composto realmente il suono). Il motivo è che i primi due modi di vibrazione (corda intera e mezza corda) corrispondono alla medesima nota, detta appunto per questo “nota fondamentale”.
E corrispondono sempre alla stessa nota anche tutti gli altri modi di vibrazione di 1/4 di corda, 1/8 di corda, e così via… Insomma, la nota fondamentale è di gran lunga la nota più comune tra tutte quelle che compongono il suono risultante.
Adesso, finalmente, dovrebbe essere abbastanza più chiaro (ditemi di sì o mi ammazzo!) cosa succede nella gola dei cantanti polifonici: ‘sti balordi hanno imparato a isolare le armoniche superiori delle proprie corde vocali e a farle suonare a proprio piacimento. Che odio!
Missione Scienza per l’invidia ci insegna a coltivare rancore verso tutte le persone che possiedono del talento artistico!
Curiosità
Perché mai l’articolo apre con una foto del gruppo di Elio e le storie tese??? Avete presente il brano “Come gli Area”? Leggendone il testo (e sapendo quanto sono musicalmente cazzuti gli Elii) verrebbe da pensare che ogni membro della band degli Area fosse un fenomeno.
E infatti è proprio così! Non è un caso che il cantante del gruppo, un certo Demetrio MaComeCazzoFa?!? Stratos, fu uno dei primi cantanti a padroneggiare la tecnica del canto armonico, diventando una specie di leggenda vivente tra i cantanti del tempo. Hanno girato anche un documentario su di lui, dal titolo “Suonare la voce”. Lo trovate su youtube ma, vi avverto, Stratos era un uomo tanto talentuoso quanto pieno di sé: praticamente insopportabile.
Buona procrastinazione! ^^
Fonti e approfondimenti:
Come gli Area – Elio e le storie tese
Suonare la voce – Documentario su Stratos
Canale youtube di Anna-Maria Hefele, cantante polifonica
Dopo una laurea in filosofia, durante la quale scopre che la sua vera passione è la fisica, si laurea anche in fisica e capisce che in realtà la sua vocazione è la biologia evoluzionistica. Decide quindi di specializzarsi in filosofia della scienza e di dedicare le sue energie alla divulgazione, provando a raccontare agli altri le cose che lo appassionano.
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Filosofo per gli scienziati e scienziato per i filosofi.
Vegetariano e allergico alla frutta.
Ottimista nonostante tutto.
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Buongiorno.
Segnalo che l’utilizzo del termine “polifonico” non è corretto nel definire diversamente il canto armonico.
Anche se nel video da
“Difonico”, come suggerisce anche la fonte Wikipedia da Lei citata, è il termine appropriato.
Per utilizzare il video da lei citato possiamo dire, ad esempio, che il cantore esegue un brano polifonico con tecnica difonica.
Il canto polifonico e quello eseguito, per es., da un coro; quello difonico (o trifonico se le note emesse sono tre) quello eseguito da un solo esecutore.
Verifichi lei stesso cercando in rete il significato dei due termini.
Cordiali saluti
Massimo
Ciao Massimo,
non so quale sia il modo “comunemente accettato” dai cantanti (o dai musicisti in generale) per indicare questa tecnica ma, limitandoci all’etimologia della parola, mi sembra che la radice greca poli- (“molti”) sia più che appropriata per indicare un insieme che conti più di un elemento. Che, poi, si potrebbe essere più specifici utilizzando il termine “difonico” per indicare due voci, “trifonico” per tre, eccetera… nulla toglie al fatto che la generalizzazione mediante la radice “poli-” tiene conto proprio di tutti questi suoi sotto-casi specifici.
Un po’ come in matematica, dove con “polinomio” si intende un generale somma algebrica di N termini, dove N può essere anche 2 o 3 (e allora lo si può anche specificare ulteriormente dicendo “binomio”, “trinomio”, eccetera).
Un’ultima cosa: se fosse stato il caso che nessuno abbia mai cantato “a tre voci”, allora avresti avuto completamente ragione (della seria “Perché chiamarlo poli-fonico se il 100% dei casi è sempre e solo di-fonico?“) ma esistono casi di cantanti tri-fonici, come Stratos, la cui sola esistenza mi giustifica abbastanza (almeno credo) nell’aver preferito la parola con la radice “poli-“. 🙂
http://www.treccani.it/vocabolario/poli/
Grazie per la risposta, Luca.
Il popolo della rete condivide senza approfondire, ed il tuo interessante articolo circola in diversi ambienti, musicali e corali, proprio per l’uso del termine in oggetto, per poi generare delusione, in me come in altri (ho avuto dei confronti), quando ci si rende conto del contenuto.
Contenuto, che, lo ripeto, è plausibile e corretto, solo che il target è un altro.
Forse hai ragione, è solo in ambiente musicale che si specifica in questo modo ma rimane il fatto che se su Google (tanto per dire) cerchi “polifonia” trovi match riferiti quasi totalmente alla prassi compositiva, mentre con “difonico” trovi il canto armonico.
Forse, prestandoci al gioco dei suffissi, sarebbe quasi meglio “sinfonia”, “suoni insieme”… ma sarebbe un altro abbaglio😉
Cito da Wikipedia alla voce “Polyphonic overtone singing” in “Canto Armonico”:
”… è stato tradotto da Walter Mantovani in “canto difonico politonale”, per distinguerlo da “canto difonico polifonico”, poiché quest’ultimo fa intendere che i cantanti siano più di uno.”
Non per me, la mia “ragione ” è poca cosa, è proprio il contesto musicale/sonoro a delineare i significati.
Bentornato qui sotto, Massimo,
alla fine della storia ho deciso di aggiornare l’articolo cambiando semplicemente il titolo, sostituendo quel “polifonico” con l’aggettivo “armonico”. Continuo a pensare che il titolo originale fosse abbastanza giusto ma se (come mi fai notare) in Italia lo chiamano tutti “canto difonico” è quanto meno “un-inglesismo-di-cui-nessuno-sentiva-la-necessità” la mia traduzione fedele all’inglese.
Ciò detto, chiedi scusa da parte mia a tutti i coristi che, aprendo l’articolo, sono rimasti delusi dal mio non aver fatto nemmeno un accenno alle meraviglie di cui è capace un coro di voci… non si parlava di cori, purtroppo. 😛
Per farmi perdonare, provo a rivelarti questa chicca che non tutti conoscono: hai presente il romanzo “Il signore degli anelli”? Immagino di sì. Ebbene, sappi che l’intera vicenda della “terra-di-mezzo” si svolge all’interno di un’ambientazione ben più ampia (raccolta nel libro “Il Silmarillion”) dove Tolkien decide di far iniziare l’universo proprio da un coro di entità divine. Sarà proprio il mescolarsi delle loro voci, con l’emergere di una voce solista dissonante, che darà vita a tutto ciò che esiste (detto un po’ alla buona, ecco). <3
Luca
Anche io ti voglio omaggiare: ti passo il link di un classicone polifonico che ho anche avuto il piacere di cantare🙂
https://youtu.be/Ik5VnUWZBIU
Grazie ancora!
Mi rendo conto, in tuo favore, che in effetti in Italia l’uso di polifonico per il c.a. è assai diffuso ( ma occhio: diffuso in ambienti poco accademici).
Rimane il fatto che se a un musicista “tradizionale ” dici “canto polifonico ” lui pensa a Palestrina, a Gesualdo, a Lasso… non al caro Stratos🙂!
Certo, conosco bene le faccende della terra di mezzo😉!
Il buon Tolkien sfoggia la sua cosmogonia alla pari delle principali Tradizioni:
Il Logos greco, il Verbo cristiano ed ebraico, il Suono Primordiale degli Induisti….
Ciao ciao!