Le felci: piante senza fiori (ma fichissime lo stesso)
Nell’immaginario collettivo una pianta che non fa fiori è un vegetale di rara tristezza, un’entità botanica incompiuta alla quale manca decisamente qualcosa.
Come un film di Tarantino senza parolacce, come un video di Povia senza minchiate complottiste oppure come l’estate senza il tormentone reggaeton di Giusy Ferreri (che nessuno le aveva richiesto).
E invece no.
Le FELCI (Pteridophyta) infatti non avranno i fiori, ma sono davvero delle piante incredibili.
Le prime a colonizzare la terraferma
Tanto per cominciare sono state tra le prime a colonizzare le terre emerse, smarcandosi abilmente dalla vita in ambiente acquoso, che per milioni di anni era stata l’unica presente sul pianeta… scusate se è poco!
Non è affatto casuale che le prime forme di vita, quelle unicellulari, siano comparse nei bacini idrici, ed è lo stesso motivo per cui sobbalziamo sempre quando scopriamo che su un pianeta extra-terrestre o su un satellite ci sono oceani di acqua (o comunque di sostanze allo stato liquido): vivere nei mezzi liquidi è sostanzialmente “più facile”!
La vita in acqua infatti offre tantissimi vantaggi come la presenza di micro e macro-nutrienti dispersi e facilmente accessibili; una maggiore semplicità quindi all’approvvigionamento e all’espulsione di sostanze rispettivamente nutritive e di scarto.
Inoltre vivere in acqua protegge dagli sbalzi termici presenti sulla terraferma e che si manifestano anche banalmente nell’alternarsi tra il dì e la notte.
Le temperature a terra possono oscillare in modo significativo anche in brevi archi temporali al variare delle condizioni meteorologiche. Serve poi essere in grado di rimanere ancorati al terreno in modo efficiente per resistere alle sferzate del vento.
Occorre inoltre saper captare l’acqua (assorbirla), trattenerla e diffonderla in tutti i tessuti per permettere alle cellule di svolgere tutte le reazioni biochimiche alla base della vita. Un aspetto questo per niente banale…
Anche gli spostamenti in acqua sono mooolto più facili che sulla terra: se sei un organismo particolarmente pigro, che non ha avuto proprio manco per sbaglio la minima voglia di stare a evolvere il benché minimo sistema di propulsione, puoi benissimo essere trasportato dalle correnti e colonizzare nuovi habitat ed ecosistemi.
Poi figurati, se hai sviluppato un flagello o delle ciglia beh, allora in acqua sei un ‘king’ e con il minimo sforzo te ne vai un po’ dove ti pare.
Ciglia e flagelli sono infatti semplici strutture cellulari di cui sono dotati molti microrganismi per muoversi all’interno di acque dolci o salate.
Ovviamente, se sei un vegetale te ne frega relativamente di spostarti ma devi comunque evolvere meccanismi efficienti di diffusione dei semi e dei pollini oppure delle SPORE (quest’ultime le usi se sei una fichissima felce, ma ci arriveremo con calma perché la riproduzione delle felci merita un paragrafo dedicato).
Altrimenti non colonizzi proprio niente, te ne rimani la dove sei arrivata, la tua progenie ti cresce intorno e vi soffocate a vicenda, finché non si saranno esaurite le risorse del posto e ti estingui malissimo così come ti eri evoluta.
Tutto ‘sto giro di parole estremo, solo per dire che la colonizzazione da parte delle piante dei continenti emersi è stata, dal punto di visto evolutivo, uno sbattimento senza precedenti e senza il quale noi oggi non saremmo qui.
Alle felci evidentemente gli immensi oceani andavano stretti e quindi a ‘na certa (si ipotizza 360 milioni di anni fa) hanno iniziato a conquistare la terraferma riempendola di foreste maestose.
Tutte le sfide evolutive che abbiamo elencato legate allo spostamento a terra, loro le hanno accettate e superate nel corso dei millenni, dimostrando di avere il più alto tasso di epicità del mondo vegetale.
Quindi, se con una macchina del tempo potessimo tornare indietro di 360 milioni di anni, attorno a noi non ci sarebbe traccia nemmeno dei dinosauri, eppure il mondo sarebbe pieno di felci rigogliose, dato che hanno colonizzato le terre emerse nel DEVONIANO INFERIORE.
Le felci hanno assistito dunque alle estinzioni di massa, allo schianto di meteoriti e sono tuttora una fetta importante della biodiversità terrestre con circa 12.000 specie conosciute (si stima che ce ne siano 20.000 in totale; non dimentichiamo mai che esiste una porzione importante di specie animali, vegetali fungine e microbiche, sia acquatiche che terrestri che attendono ancora di essere scoperte e classificate!).
Le soluzioni evolutive delle felci
Cominciamo col dire che il clima terrestre fece la sua parte nel dare la giusta spinta al salto evolutivo delle felci. Per spiegarla veramente malissimo: “Eh lo zì, ma non è tanto il caldo, è L’UMIDITÀ che ti ammazza!”: ecco questa è la super-sintesi della situazione meteorologica DEVONIANO.
In senso del tutto generale durante questo periodo geologico* sulla Terra si registrò una temperatura media di 30°C più o meno uniforme tra poli ed equatore, e un tasso iniziale di CO2 molto elevato che era alla base di un effetto serra estremamente marcato.
*Ah, a questo proposito parliamo di “periodo geo-cronologico” quando ci riferiamo a archi temporali di ALCUNE DECINE DI MILIONI DI ANNI. Il devoniano infatti va da 360 a 286 milioni di anni fa.
Proprio la diffusione delle foreste riuscì a ‘sequestrare’ una parte consistente di anidride carbonica dall’atmosfera permettendo un diminuzione delle temperature di almeno 5 gradi nel Devoniano centrale.
Tra le varie cose fichissime che hanno fatto le felci, e che fanno in generale tutte le piante, c’è infatti la sottrazione di CO2 atmosferica che viene utilizzata come fonte di carbonio (C) per la produzione della loro stessa biomassa, grazie alla fotosintesi.
In pratica le felci ci hanno anche raffreddato il pianeta (e ce lo raffreddano tuttora per quanto ci sforziamo di produrre gas serra), e sta cosa ci salva parecchio le chiappe.
Non hanno fiori ma hanno i vasi… wtf?!?
Le felci sono state “pioniere” anche nell’elaborare un SISTEMA DI VASI per il trasporto passivo di acqua ai vari tessuti e organi dalle radici, verso il fusto e alle FOGLIE.
Senza il ‘sistema di trasporto passivo dell’acqua’, che non prevede cioè alcun dispendio energetico, non sarebbe stato possibile per le piante svilupparsi in altezza e sarebbero rimaste per sempre di dimensioni molto ridotte come quelle dei muschi, per intenderci.
Cellule morte, con pareti lignificate ed ispessite, formano una sorta di rete interna di minuscoli tubi in cui l’acqua riesce a risalire dal terreno fino a raggiungere tutte le estremità degli organi della pianta. Un tessuto che prendo il nome di XILEMA.
Quindi ok, non sono in grado di produrre fiori e nemmeno semi, ma iniziamo a renderci conto di quanto siano da amare?
Il sistema riproduttivo delle felci: un affascinante delirio
Ma se le felci non fanno fiori, non producono polline, non spargono semi… come si riproducono?
È molto facile, quasi banale, a tratti semplicistico:
“hanno un’alternanza generazionale antitetica-eteromorfica, fortemente sbilanciata verso lo sporofito rispetto al gametofito”
… eh?!? Non ho popo-popo capito!
UNA COSA FUORI DI TESTA, ma ora proviamo a spiegarla con calma.
La caratteristica di questo ciclo riproduttivo è che tra 2 generazioni di individui adulti si passa attraverso una generazione intermedia, di individui totalmente diversi per forma dimensioni e caratteristiche, che servono esclusivamente a produrre le cellule per processo riproduttivo, i GAMETI.
Le felci adulte sono definite SPOROFITI e come indica il nome, producono le spore. Queste si trovano nella pagina inferiore delle foglie in alcune strutture circolari chiamate SORI. Da ogni spora si sviluppa il PROTALLO, una specie di alghetta verde ancorata al terreno che non assomiglia per niente alla pianta madre.
La prossima volta che siete in montagna e incontrare una felce nel sottobosco provate a sollevare una foglia e a vedere se trovate i sori, sono affascinanti!
Fatelo solo se non soffrite di TRIPOFOBIA ovvero se non vi danno la nausea i “buchi” o i pattern di motivi ripetuti.
I protalli sono le strutture biologiche sede della riproduzione delle felci, che avviene grazie alla capacità dei gameti maschili di muoversi in presenza di acqua e di fecondare quelli femminili.
Dopo la fecondazione, l’embrione per crescere troverà il suo nutrimento a spese del protallo stesso, degradandolo e sottraendogli zuccheri e proteine, per poi diventare autonomo e iniziare a fare fotosintesi.
A quel punto potrà sviluppare nuove foglie e ingrandirsi fino a diventare una nuova felce che sua volta, raggiunta la maturità, produrrà spore!
Se non si fosse capito noi le felci le amiamo, ma scrivere un articolo su di loro è stato faticoso come dover intrattenere una conversazione al pranzo della domenica coi parenti dopo aver fatto serata con gli amici ed aver bevuto pure le pozzanghere.
E comunque i messaggi da portare a casa sono facili da ricordare:
- le felci sono piante antichissime e meravigliose
- fa in modo che la mente sia sempre terreno umido e fertile per le spore di Missione Scienza!
Fonti
Pteridophyte species richness in Andean forests in Bolivia
Observations on the Cytology and Taxonomy of the Pteridophyte Flora of Ceylon
Contrasting environmental and regional effects on global pteridophyte and seed plant diversity
Laureato in biotecnologie, lavoro da anni nel settore dell’industria alimentare.
NERD da molto prima che facesse fico; appassionato di divulgazione scientifica da quando mi ci sono ritrovato dentro per puro caso.
Scrivo per Missione Scienza ad orari improbabili quindi mi scuso per tutti refushi e gli erorri di battitura, è già un miracolo che non mi sia mai addormentato sulla tastieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee