L’arcobaleno – magia dell’ottica
L’arcobaleno è una vera magia dell’ottica. Una di quelle cose che, se sai come funzionano, ti viene da pensare che è troppo complicato.
Eppure funziona.
Le basi le conosciamo tutti, ce le insegnano alle elementari e ci fanno fare tanto di disegnino: l’arcobaleno si forma quando piove ma c’è il sole.
L’informazione di cui tutti disponiamo quindi è che si crea una certa interazione tra la luce proveniente dal sole e le gocce d’acqua sospese nell’aria. Lo scopo di oggi è capire questa interazione un po’ più nel dettaglio.
Principi di ottica – Perché vediamo?
La prima domanda che dobbiamo porci è “come facciamo a vedere le cose?“.
Intuitivamente parlando, sicuramente c’entra qualcosa la luce. Se entriamo in una stanza buia, gli oggetti presenti nella stanza sono già intorno a noi. Io lo so bene, recito il rosario ogni sera contro lo stesso spigolo del letto. Ci sono topi dentro i laboratori che imparano a non sbattere contro gli spigoli più in fretta di me. Eppure, per qualche motivo, senza una fonte di luce, non siamo in grado di utilizzare gli occhi per percepirli.
Sulla natura della luce esistono libri e libri, e sarebbe riduttivo pretendere di spiegarla bene in questa sede. Una delle nozioni più diffuse è però quella del dualismo onda-particella.
La luce è una radiazione elettromagnetica, ma al tempo stesso è anche un flusso di particelle chiamate fotoni.
Avete presente quando nei vecchi cartoni animati giapponesi l’eroe / robot di turno sparava RAGGI FOTONICI? In pratica stava accendendo una lampadina. Capirai.
Le sorgenti di luce, tra cui ad esempio il sole, mettono in moto flussi più o meno grandi di queste particelle, che illuminano l’ambiente in cui passano.
Quando vediamo qualcosa, vuol dire che un fotone partito da una qualche sorgente luminosa (sia essa il sole o una lampadina o una fiamma) è rimbalzato su quel qualcosa ed è andato a finire dritto nel nostro occhio.
Principi di ottica – Cosa sono i colori?
La seconda domanda fondamentale è “cosa sono i colori?”.
Quando la luce colpisce un oggetto, questo non la lascia andare via completamente (o almeno non sempre) ma ne “assorbe” una parte. Assorbe è virgolettato, perché quello che intendo è che avviene un qualche fenomeno per cui una parte della radiazione luminosa riesce a tornare indietro e una parte no.
In questa occasione ho utilizzato il termine radiazione, perché voglio porre l’accento sulla natura ondulatoria della luce.
Come tutte le onde, ogni fascio di luce ha alcune grandezze fisiche che lo caratterizzano. Tra queste voglio parlare della lunghezza d’onda, o equivalentemente (per quanto riguarda il nostro argomento) della lunghezza d’onda.
Il nostro occhio, ricostruendo l’informazione portata dai fotoni, interpreta le differenti frequenze d’onda inviando al cervello l’informazione che “non tutte le luci sono uguali”. Il cervello processa questa informazione sotto forma di colore.
Avete presente i termini infrarosso e ultravioletto?
Essi fanno riferimento a onde che si trovano al di fuori del nostro spettro visivo. Il nostro occhio può infatti interpretare tutte onde con frequenze che sono al di sopra dei 430–480 THz (luce rossa) e al di sotto dei 670–750 THz (violetto) circa.
Fenomeni ottici – Dispersione, Rifrazione, Riflessione
Penso di non dover ricordare a nessuno la copertina dei Pink Floyd con il prisma che scompone il raggio di luce nei colori dell’arcobaleno (Vero? VERO?).
L’immagine rappresenta un fenomeno di ottica chiamato DISPERSIONE.
Abbiamo parlato poco fa di luce riflessa, tuttavia alcuni materiali sono tali da non respingere la luce che li colpisce, al contrario si lasciano attraversare. Un esempio molto semplice lo abbiamo tutti in casa, è il vetro delle finestre!
Quando la luce attraversa uno di questi materiali può verificarsi il fenomeno della dispersione, in cui essa viene separata in diversi fasci in base alla propria lunghezza d’onda.
Questo fenomeno capita quasi ogni volta che la luce attraversa un mezzo, ma non è sempre facile da osservare.
Fortunatamente per la nostra voglia di scienza, i fasci di luce dei vari colori hanno anche diversi angoli di RIFRAZIONE.
La rifrazione è quel fenomeno ottico per cui, quando la luce passa da un mezzo ad un altro, viene deviata. Per capirci è il motivo per cui se infiliamo un cucchiaio nel bicchiere mezzo pieno e lo guardiamo di lato lo vediamo “spezzato” con un certo angolo. Quando un singolo fascio di luce viene separato in vari fasci con angoli di rifrazione diversi, succede non si sovrappongono più e riusciamo a vederli tutti!
Se l’angolo di rifrazione supera una certa soglia è possibile anche assistere a fenomeni buffissimi, come quello nel video:
Ultimissimo fenomeno da nominare è quello della RIFLESSIONE. Questo non ve lo devo mica spiegare, no?
Si verifica quando la luce viene, appunto, riflessa. Sapete quando l’amico che gesticola con l’orologio al polso sotto il sole a momenti vi rende ciechi? Avete presente quando da bambini giocavate col laser allo specchio? Ecco, quella roba lì.
Esperimenti ottici sgravati impazziti esagerati – tutti i fenomeni ottici contemporaneamente
Ma non eravamo partiti dall’arcobaleno? E allora spieghiamo l’arcobaleno!
Abbiamo un raggio di sole che entra in una goccia d’acqua sospesa in aria -> DISPERSIONE
La dispersione separa il raggio di sole nei vari colori, che viaggiano con angoli differenti -> RIFRAZIONE
Arrivati in fondo alla goccia, i raggi separati tornano da dove sono venuti -> RIFLESSIONE
Risultato: arcobaleno.
Avete mai notato che l’arcobaleno lo vedete soltanto quando guardate in direzioni OPPOSTE al sole? Il motivo è che si tratta di luce riflessa che sta tornando indietro!
Solitamente gli arcobaleni si formano ad ovest di mattina (quando il sole è ad est) e ad est di sera (quando il sole è ad ovest).
Resta solo da spiegare la forma “arcuata” che gli ha persino dato il nome.
La cosa più importante da tenere a mente è che l’arcobaleno non è un oggetto fisico. Questo vuol dire che non è davvero situato in qualche luogo, è una illusione ottica che si forma nel nostro occhio a causa dei fenomeni fisici descritti sopra. Questi fenomeni sono, come detto, strettamente dipendenti dall’angolo con cui la luce colpisce le gocce.
Di conseguenza, anche se il cielo è TUTTO pieno di gocce d’acqua, soltanto alcune di queste rifletteranno la luce nel modo giusto. La disposizione geometrica delle gocce “adatte” è circolare, dunque l’arcobaleno assume una forma circolare.
Perché allora ne vediamo soltanto metà?
Generalmente quando ne vediamo uno siamo posti sul terreno. Questo vuol dire che la luce dispersa, riflessa e rifratta ci arriva da un punto più in alto di noi, e vediamo l’arco superiore. Se ci fossero gocce d’acqua più in basso del nostro orizzonte e il sole sufficientemente basso, potremmo vedere anche un arco inferiore.
Questa non è solo teoria, è possibile osservare arcobaleni completi se ci si trova, ad esempio, su un aereo!
Fonti :
Matematico per passione, dopo essermi laureato all’Università la Sapienza di Roma mi hanno spiegato che la matematica non è un lavoro vero e mi tocca guadagnarmi da vivere come consulente contro le frodi. Fortemente convinto che potremmo già avere i jetpack e le macchine volanti per uso comune, ho abbracciato la Missione Scienza nel 2016. Scrivo principalmente di matematica (ufficialmente argomento più noioso del terzo millennio) e occasionalmente di fisica, tecnologie e informatica.