Lamarck, il primo evoluzionista
Quando a scuola si parla di evoluzione, il classico capitolo del libro include spesso un confronto fra Lamarck e Darwin. Noi tutti, siamo cresciuti con in testa una visione che oppone i due studiosi, in una fantomatica gara alla teoria dell’evoluzione, in cui Darwin è uscito vincitore. La figura che fa Lamarck, in questa versione della storia, è un po’ povera e, a mio parere, ingiusta. Sembra che sia un tipo qualsiasi con una teoria che non stava in piedi, surclassato dal collega brillante e con un metodo scientifico più accurato.
Questo articolo vorrebbe essere il primo, di una serie, in cui possiamo parlare di evoluzione in maniera molto discorsiva. L’evoluzione è un argomento complesso, a tratti contro-intuitivo, difficile da rendere semplice senza fare enormi giri di parole. Proprio per questo, se ne dovrebbe parlare molto di più, in modo che tutti possano familiarizzare con i suoi concetti cardine e ne capiscano i meccanismi.
Vi sorprendereste di quante persone pensano di aver capito come l’evoluzione funzioni, per poi rivelarsi più vicini alla teoria di Lamarck che a quella di Darwin!
“Lamarck! Chi era costui?” Direbbe Don Abbondio. Ci arriviamo subito, in un articolo dedicato a ristorare la dignità di una figura troppo spesso sottovalutata.
Evoluzione: concetto nuovo o storia vecchia?
Vi suonerà strano, ma l’idea che una specie possa discendere da un’altra specie, diversa dalla prima, ha origini molto antiche. Sappiamo che questa ipotesi era già stata formulata nell’antica Grecia, da filosofi come Anassimandro ed Empedocle, e trattata da Lucrezio nel suo De Rerum Natura. Ci tengo a sottolineare questo concetto perché molte parti della teoria di Darwin erano basate, come è giusto che sia, su idee e intuizioni già presenti nella comunità scientifica.
Dall’avvento della religione Cristiana, però, prese piede la teoria fissista-creazionista. Questa teoria, prendendo alla lettera la Bibbia, afferma che gli animali sono stati creati da Dio così come li conosciamo. L’impatto della religione, per secoli, eclissò ogni discussione sull’argomento, che infatti perse la sua importanza nelle discussioni scientifiche a scapito di matematica, fisica e scienze della terra. La svolta avvenne fra il XVII e il XVIII secolo quando, sull’ondata di freschezza portata dall’illuminismo, si provò ad aggirare alcune nozioni “bibliche”, cercando di evitare di essere additati come eretici. Furono molte e diverse le nuove teorie proposte, fra queste, la prima teoria all-inclusive fu quella di Jean-Baptiste Lamarck, ma ci arriveremo dopo un paio di aneddoti sulla vita dello scienziato.
Da soldato a scienziato
Jean Baptiste Pierre Antoine de Monet, Chevalier de Lamarck, nacque il 1° agosto 1744 nel villaggio di Bazentin-le-Petit, Piccardia, nel nord della Francia, in una famiglia aristocratica ormai decaduta. Era l’undicesimo figlio di Philippe Jacques de Monet de La Marck (morto nel 1759) e della madre Marie-Françoise de Fontaines de Chuignolles, la cui famiglia aveva una secolare tradizione di servizio militare nell’esercito francese.
Il fratello maggiore di Lamarck fu ucciso in combattimento durante l’assedio di Bergen op Zoom, e altri due fratelli avevano intrapreso la carriera militare. Alla morte del padre, il giovane Lamarck comprò un cavallo e raggiunse il fronte, arruolandosi come volontario. Nella guerra di Pomerania con la Prussia, Lamarck si distinse in un curioso episodio. La sua compagnia era stata decimata dall’artiglieria nemica, tutti gli ufficiali erano morti e rimanevano in piedi solo 14 uomini. Questi elessero Lamarck come loro comandante e gli chiesero di dare l’ordine della ritirata. Lamarck, invece, convinse il gruppo a tenere la posizione per aspettare i rinforzi. Quando arrivò il battaglione dei rinforzi il colonnello, impressionato dal gesto, promosse a ufficiale Lamarck sul campo.
La carriera militare di Lamarck, però, finì presto, a causa di un banale incidente. Un suo compagno lo sollevò scherzosamente dalla testa, causando un’infiammazione delle ghiandole linfatiche del collo, che gli valsero un congedo per malattia. A Parigi il soldato fu sottoposto a una delicata operazione e riabilitazione che lo tenne fermo per un anno e che concluse la sua carriera militare.
Il giovane Lamarck dovette quindi fare i conti con la povertà, a causa di una misera pensione per veterani di guerra. Trovò un impiego in banca e studiò per diversi anni medicina fino a quando, grazie all’incontro con il botanico Bernard de Jussieu, a capo del Jardin du Roi di Parigi, Lamarck si appassionò alla botanica.
Giovannino Lamarck in giro per il mondo per completare il Pokédex
Lamarck, sotto la guida di Jussieu, fece una full immersion nella botanica, impegnandosi a studiare la flora francese. In dieci anni, divenne uno dei più grandi esperti in materia e, nel 1778, pubblicò alcune delle sue osservazioni in un’opera in tre volumi, intitolata Flore française. Il libro ebbe un grande successo, in parte grazie al sostegno del conte di Buffon, che lo prese sotto la sua ala. Sempre grazie a Buffon, Lamarck si iscrisse all’Accademia delle scienze e gli venne affidata la custodia del giardino botanico reale amministrato, precedentemente, dal suo vecchio mentore. Questo gli permise di viaggiare in altri giardini botanici e di fare spedizioni per collezionare nuove specie da riportare in patria.
Dopo gli avvenimenti della Rivoluzione Francese, Lamarck divenne professore per il Musée National d’Histoire Naturelle, ma non gli assegnarono la cattedra di botanica: si beccò quella “degli insetti e dei vermi”. Si trattava della cattedra meno prestigiosa tra tutte, su un argomento, “gli animali inferiori”, del tutto estraneo a Lamarck e ritenuto poco interessante. Ciononostante, lo scienziato non si scoraggiò e anzi affrontò il nuovo incarico con entusiasmo. Pensate, fu lui l’inventore del termine “invertebrati” e, come per le piante, collezionò, descrisse e catalogò moltissime specie di insetti. Buona parte dei gruppi tassonomici degli invertebrati che sono tutt’ora validi sono nati da Lamarck.
Nonostante si fosse sempre impegnato e avesse svolto ogni incarico con il massimo della professionalità, Lamarck morì molto povero nel 1829. Nessuno sa dove si trovino le sue spoglie.
Piccolo approfondimento su Buffon
Sulla figura di Buffon vorrei spendere giusto due parole, vista l’importanza della sua figura per Lamarck e Darwin. Dopo aver cominciato come matematico e fisico, Buffon si appassionò alle scienze biologiche e applicò il metodo matematico a queste discipline. Dall’analisi e dalle descrizioni anatomiche delle varie forme di vita si convinse che, tutte le specie, sia vegetali che animali, non erano fisse nella forma e funzione. E non solo: nel momento in cui da una determinata specie vegetale o animale nasce “una forma migliorata”, la precedente versione della medesima, verosimilmente, scompare.
Vi ricorda qualcosa? Temporalmente siamo cento anni prima di Darwin.
Nel collezionare piante e animali, Buffon riprese un metodo di classificazione detto “binomiale”, inventato anni prima da Gaspard Bauhin. Contrariamente a quanto si pensa, infatti, questo metodo fu migliorato, e non inventato, da Linneo, con cui comunque Buffon ebbe da ridire in diverse occasioni.
La sua opera più importante fu la Histoire naturelle, una delle più lette nel mondo in quei tempi. Buffon ottenne per quest’opera ogni tipo di ricompensa e di onore: venne eletto membro dell’Académie française nel 1753. In diverse sue riflessione si lancia in teorie non proprio esatte, ma i suoi scritti verranno citati da Darwin stesso nell’ Origine delle specie. Questo per ribadire che sono tante le figure che hanno aggiunto piccoli pezzi che hanno poi permesso a Darwin di formulare la sua estesa teoria dell’evoluzione.
Chiudo questo approfondimento con una sua citazione:
È per mezzo di esperimenti fini, ragionati e seguiti, che si forza la natura per scoprirne il segreto; tutti gli altri metodi non hanno mai funzionato… Le raccolte di esperimenti e di osservazioni sono quindi gli unici libri che possono aumentare le nostre conoscenze.
Le fondamenta della teoria evoluzionista lamarckiana
Come abbiamo accennato, nel quadro di quello che verrà chiamato evoluzionismo, alcuni tasselli erano già stati messi. A partire da essi, il dibattito durante l’illuminismo sviluppò una serie di idee e concetti che rappresentarono pietre miliari per la costituzione di una teoria organica dell’evoluzione. Il primo che provò a unire i punti per creare una struttura solida e una trattazione completa dell’argomento fu proprio Lamarck.
Lamarck era figlio del suo tempo, abbracciava quindi un’ideologia essenzialista che diceva “il mondo è sempre stato così, Dio l’ha creato così, e così rimarrà”. C’era solo una cosa che cozzava con questa visione: il fatto che ogni tanto saltavano fuori fossili che non si sapeva come giustificare. Allora si diceva che forse queste specie vivevano in luoghi remoti ancora non conosciuti. O che erano specie che si erano estinte durante il diluvio universale. O che si erano estinte a causa dell’uomo.
Abbiamo visto che Lamarck è stato, fra le altre cose, anche un tassonomista, aveva descritto le piante della flora francese minuziosamente e ora che si occupava di invertebrati stava facendo lo stesso. Dalla fine del 1790, Lamarck ebbe la possibilità di studiare approfonditamente i molluschi che riusciva a collezionare e i fossili di molluschi presi dal Museo di Parigi. Notò che riusciva sempre a trovare dei fossili analoghi alle specie moderne. Cominciò a maturare in lui l’idea che l’estinzione fosse un finto problema. Che le specie non cessassero di esistere ma che cambiassero nel tempo, divergendo in specie simili ma diverse per alcuni aspetti:
Parlo di una serie quasi irregolare dei principali gruppi (masse) come le grandi famiglie; una serie che sicuramente esiste tra gli animali oltre che tra le piante; ma che, quando si considerano i generi e in particolare le specie, forma in molti luoghi ramificazioni laterali, i cui estremi sono veramente isolati – (Discours XIII: 29)
Lamarck si convinse che il creazionismo era una cavolata. Una specie è in equilibrio con l’ambiente in cui vive, ma dai suoi studi fossili e geologici era chiaro che l’ambiente cambiava nel tempo. Era noto che nella storia c’erano state catastrofi naturali e sconvolgimenti che avevano cambiato radicalmente alcuni habitat. A questi cambiamenti di habitat, Lamarck ipotizzò che corrispondessero cambiamenti negli esseri viventi, in modo da ristabilire l’equilibrio perduto. In maniera ancora un po’ grezza, Lamarck aveva capito l’importanza dell’ambiente e dell’adattamento.
Nel 1801 pubblicò Système des Animaux sans Vertebres, un’importante opera sulla classificazione degli invertebrati. In quest’opera avanguardista, Lamarck fu il primo a separare gli aracnidi dagli insetti e a classificare gli invertebrati simili in gruppi, in seguito chiamati phyla e subphyla, come gli echinodermi, i crostacei e gli anellidi, prima definiti semplicemente “vermi”.
In Recherches sur l’Organisation des Corps Vivants, pubblicato nel 1802, Lamarck articola ancora di più l’idea che si era fatto studiando i molluschi fossili. Da questo libro emerge che Lamarck intende le specie viventi organizzate in una catena verticale, con un gradiente di complessità sempre più alto fra le forme di vita più semplici a quelle più complesse che trovano il culmine nell’uomo.
La sua teoria dell’evoluzione, cominciata nel libro precedente, prende forma nel Philosophie zoologique, pubblicato nel 1809. In questo libro troviamo i seguenti versi:
Dopo un lungo susseguirsi di generazioni […] gli individui, originariamente appartenenti a una specie, si sono infine trasformati in una nuova specie distinta dalla prima – (pp. 38-39).
Questi cambiamenti avvengono solo con un’estrema lentezza, il che li rende sempre impercettibili – (p. 30).
I principi della teoria dell’evoluzione di Lamarck
Alle osservazioni citate precedentemente Lamarck aggiunge, in Philosophie zoologique, due punti fondamentali chiamati leggi di Lamarck.
La prima, per cui è il più conosciuto, con l’esempio delle giraffedimmerda che ormai sanno pure i muri, è la seguente:
In ogni animale, l’uso più frequente e prolungato di ogni organo rafforza, sviluppa e allarga gradualmente quell’organo, e gli conferisce una forza proporzionata al periodo di tempo in cui è stato utilizzato; mentre il continuo disuso di un tale organo lo indebolisce e lo deteriora impercettibilmente, diminuendo progressivamente le sue facoltà fino a scomparire definitivamente. (p. 113)
La seconda legge riguarda l’ereditarietà dei caratteri acquisiti (e la mancanza di virgole, quindi prendete il fiato per bene).
Tutto ciò che la natura ha causato, nell’acquisizione o perdita di caratteri da parte degli individui, a causa dell’influenza delle condizioni ambientali a cui la loro razza è stata esposta per un lungo periodo di tempo – a seguito degli effetti causati dall’uso prolungato (o dal disuso) di un particolare organo […] viene trasmesso da generazioni a nuovi individui premesso che i cambiamenti siano stati acquisiti da ambedue i genitori o chi produce la progenie. (p. 113)
Quello che noi oggi sappiamo essere il punto errato di questa teoria è proprio la prima legge. Lamarck descrive un processo di quella che Darwin chiamerà “selezione naturale”, che vede due protagonisti: l’ambiente e l’animale. L’ambiente cambia, pone delle sfide, e l’animale reagisce, potenziando alcuni organi e perdendone altri. Questa deduzione, fa bene ricordarlo, fu fatta in tempi in cui di DNA, cromosomi, mutazioni e codice genetico non si sapeva nulla.
La genialità di Darwin fu di intuire che la selezione naturale agisce sulle naturali differenze fra individui, in modo che in un certo ambiente alcune forme siano più favorite di altre. Ma queste differenze sono dovute totalmente al caso, l’animale non svolge nessun ruolo attivo, semplicemente nasce con determinati tratti.
Inoltre, Lamarck non fu aiutato dalla traduzione dell’opera dal francese all’inglese. Infatti, il termine besoin fu tradotto in inglese in want invece che in need, quindi questo enfatizzava ancora di più il ruolo attivo di un animale che vuole cambiare per adattarsi all’ambiente. Ai nostri occhi cambia poco, del resto anche dire che l’animale è spinto al cambiamento dall’ambiente risulta concettualmente errato.
Gente che prova a riportare in auge le teorie di Lamarck
Se da un lato la stragrande maggioranza delle persone non ha mai valorizzato molto la figura di Lamarck, dall’altro, ogni tanto, si sentono ricercatori e genetisti dire che poi, in fondo in fondo, Lamarck non aveva tutti i torti.
Ma come? Uomini e donne di scienza che affermano una cosa del genere? Non è un controsenso?
Queste persone si riferiscono alle recenti scoperte nel campo dell’epigenetica. L’epigenetica è una branca della genetica che si occupa, effettivamente, di cambiamenti nel fenotipo (aspetto) che pur essendo ereditabili, non comportano cambiamenti nella sequenza di DNA.
Com’è possibile?
Alcuni eventi, come carestie o esposizioni a determinate sostanze, possono lasciare una traccia ereditabile poiché va a modificare non la sequenza di DNA, ma la struttura della molecola. Questi cambiamenti strutturali possono “accendere” geni prima non espressi o “spegnere” geni che venivano espressi, e queste modifiche possono essere passate alla progenie.
Quindi Lamarck aveva ragione? No.
La prima legge di Lamarck è concettualmente sbagliata nel modo in cui lui l’aveva pensata. Se a Lamarck aveste detto “Epigenetica”, probabilmente vi avrebbe risposto “A mammt!”. Quando l’epigenetica è stata scoperta c’è stato un grande trambusto nella comunità scientifica. Si diceva che il dogma della biologia molecolare di Watson e Crick, per cui l’informazione genetica fosse unidirezionale da DNA->proteine->fenotipo, fosse stato superato. Questa cosa avrebbe rivoluzionato la genetica.
In realtà, in 50 anni si è visto che l’epigenetica esiste, è una cosa di cui tener conto e che ha degli effetti nelle generazioni, ma che i toni erano all’inizio un tantino ingigantiti.
Conclusione
In questo articolo, forse un po’ lunghino, volevo provare a ridare dignità a una figura, quella di Lamarck, che è stata cruciale per arrivare alla teoria dell’evoluzione di Darwin. C’è stato un processo graduale, cominciato dagli antichi greci e ripreso nell’illuminismo, in cui Lamarck ha giocato un ruolo di primo ordine. Se non vi ho convinti con quanto detto nel testo, vi lascio un’ultima citazione circa l’evoluzione dell’uomo, di quello che, spero, ora consideriate il primo grande evoluzionista:
Alcuni animali quadrumani, specialmente uno dei più perfetti di loro […] usavano i piedi solo per camminare e per rinunciare a usare le mani come i piedi […] che questi animali quadrumani alla fine si trasformarono in bimani, e i loro pollici sui loro piedi cessarono di essere prensili e separati dalle altre dita quando usarono i loro piedi per camminare. Avendo una postura eretta per comandare una visione ampia e distante (Philosophie zoologique – p. 170)
Lamarck fu aspramente criticato per aver detto che l’uomo derivava da un animale. Morì nel 1829, e nel 1837 il primo fossile di un ominide fu rinvenuto.
Fonti
https://www.researchgate.net/publication/290552289_PHILOSOPHIE_ZOOLOGIQUE_-200_LAMARCK_IN_RETROSPECT
J. B. Lamarck, Philosophie zoologique, ou exposition desconsidérations relative à historie naturelle des animaux. (1809) Paris. (English translation by Elliot, H. Macmillan,London).
J. B. Lamarck, Historie naturelle des animaux sans vertebras.7vols. Paris (1815-1822)
Plant Breeder di mestiere, divulgatore per hobby.
Nato sotto una foglia di carciofo e cresciuto a orecchiette e cime di rape, sono sempre stato interessato alla genetica. Ho studiato biotecnologie agrarie e, dopo un erasmus in Danimarca, ho proseguito con un industrial PhD nella stessa azienda sementiera presso cui stavo scrivendo la tesi. Dal 2019 sono rientrato in Italia e lavoro attivamente come plant breeder, realizzando varietà di ortaggi che molto probabilmente avete mangiato 🙂
Complimenti bellissimo articolo che userò sicuramente con i miei allievi. Grazie
L. L.
Grazie mille Letizia. Felice che possa essere utile ai tuoi alunni per avere un’idea più fattuale della storia delle teorie evolutive.
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