La ketamina, le pecore e il black out del cervello
La ketamina è un composto appartenente alla classe delle arilcicloesilammine e, come farmaco, viene largamente utilizzato in campo medico per l’induzione ed il mantenimento dell’anestesia.
Uso psichiatrico
L’azione analgesica ed anestetica della ketamina è stata messa in relazione con l’attività di blocco del recettore del glutammato NMDA, una proteina di membrana presente nelle cellule nervose, con funzione di canale ionico (attraverso cui passano gli ioni come Calcio, Zinco o Sodio) a cui si legano svariate molecole con diverse funzioni.
Recettore NMDA a cui si lega la ketamina (© Neurones.co.uk)
La ketamina fu sintetizzata per la prima volta nel 1962 dallo scienziato statunitense Calvin Stevens e, a partire dagli anni 70, viene utilizzata nella sperimentazione in campo psichiatrico, proprio per i suoi potenziali ed effetti promettenti nei confronti di depressione, disturbo da stress post-traumatico, ansia e disturbi dell’umore, disturbo bipolare e dipendenze, ovviamente in dosi sottoanestetiche e sottoallucinogeniche.
Uso ricreativo
Proprio per le sue proprietà allucinogene, oltre al suo uso legale come anestetico, la ketamina è diventata una droga ricreativa, consumata per via endovenosa o intramuscolare, per via orale (si presenta come liquida, incolore e inodore) o aggiunta alla marijuana da fumare, o anche sniffata come polvere bianca.
A differenti dosaggi e modalità di assunzione corrispondono tanti effetti quanto rischi differenti. I primi vanno da una leggera stimolazione, all’euforia tipica di un’ubriacatura alcolica, fino a uno stato dissociativo forte che conduce ad allucinazione intensa. In quest’ultimo caso, l’esperienza ketaminica, un po’ come l’attività onirica, si caratterizza per il fatto che è rivolta in misura variabile verso una “realtà interiore”.
L’effetto dissociativo riportato è conosciuto in ambito medico come “stato di emersione” o di “ingresso in un’altra realtà”, e definito in termini di dimensione trans-personale di coscienza, dissoluzione estatica dell’Io, Near-Death Experience o Out-of-Body Experience (anche detto K-HOLE).
La fattanza raccontata in questo interessante articolo (© The ketamine papers)
Ketamina, pecore e malattia di Huntington
La malattia di Huntington è una malattia neurodegenerativa incurabile, causata da una mutazione nel codice genetico del gene huntingtina (HTT), ad insorgenza adulta, sebbene esista una forma giovanile. Inizialmente, la malattia influenza la coordinazione motoria, l’umore, la personalità e la memoria, ma poi porta a difficoltà nel linguaggio e nella deglutizione, perdita della funzione motoria e morte in età relativamente precoce. Non esiste una cura nota per la malattia, solo modi per gestire i sintomi.
Le pecore con malattia di Huntington sono state sviluppate nel 2006, da un team guidato dal professor Sir Richard Faull e dal professor Russell Snell, dell’Università di Auckland, in Nuova Zelanda. Insieme ai colleghi in Australia, hanno allevato con successo un ceppo di pecore Merinos portatrici della mutazione genetica umana che causa la malattia di Huntington negli esseri umani. Mentre topi e ratti sono utilizzati nella stragrande maggioranza degli studi sulle malattie, le pecore sono diventate un nuovo importante modello animale per la malattia di Huntington. Le motivazioni sono da ritrovarsi sul fatto che non solo le pecore vivono molto più a lungo dei roditori, ma anche il cervello delle pecore ha dimensioni e struttura più vicine agli essere umani.
© Pixabay
Pecore strafatte di ketamina
Clinicamente, come dicevo su, la ketamina ha attirato molta attenzione per la sua efficacia nel trattamento dei disturbi psichiatrici, ma nonostante il crescente interesse per la ketamina come farmaco, poco si sa dei suoi effetti NON anestetici sulla funzione cerebrale.
In un recente studio pubblicato su Scientific Reports, i ricercatori dell’Universita di Cambridge hanno fatto luce sul dosaggio della ketamina e di come questa induca i suoi effetti anestetizzanti e dissociativi nel cervello.
Lo studio è stato condotto per un periodo di diversi mesi, monitorando la risposta mediante Elettroencefalografia (EEC) a diverse dosi di ketamina, fino a 24 mg/kg (un’alta dose di anestetico all’estremità inferiore dell’intervallo utilizzato a livello ricreativo). Oltre a identificare i segnali EEG che caratterizzano gli effetti sedativi della ketamina, i ricercatori hanno anche osservato un fenomeno, mai prima d’ora osservato, che potrebbe spiegare le esperienze psichiche associate alla ketamina.
Alle dosi più basse, il cervello ovino ha attraversato tre fasi durante l’assunzione di ketamina. Il brusco ingresso nella prima fase ha comportato la perdita della capacità di muoversi, lasciando tuttavia le pecorelle “ad occhi aperti” (potevano anche battere le palpebre). Quindi, le pecore sono entrate nella seconda fase: non erano ancora in grado di muoversi ma erano in grado di “rispondere” al tocco o ai movimenti che si presentavano dinanzi ai loro occhi. Nella terza fase, erano coscienti e vigili sebbene non fossero ancora in grado di muoversi.
Analizzando il tutto mediante EEC, si osserva una completa cessazione dell’attività cerebrale a livello della corteccia per diversi minuti in 5 pecore su 6. Essendo la corteccia una parte del cervello essenziale per il pensiero e il processo decisionale, questo spiegherebbe la sensazione di insensibilità che si osserva anche nell’uomo sotto l’effetto della ketamina.
Il black out visibile all’EEG delle pecore. ( © Nicol & Morton, 2020)
Quando siamo vigili, spiegano i ricercatori, l’attività nella corteccia cerebrale di solito copre un’ampia banda di frequenze o “onde”. Proprio durante la seconda fase della fattanza, si sono osservate oscillazioni tra onde a frequenza bassa (dette teta) e a frequenza più alta (dette onde gamma) che secondo gli studiosi sarebbero responsabili delle ESPERIENZE DISSOCIATIVE DELLA KETAMINA, ancor prima di cadere nel cosiddetto “K-hole”: il cervello continua ad elaborare la realtà e a scambiare informazioni, in modo uniforme, ma in modo molto diverso.
K-hole (© https://www.verywellmind.com/what-is-a-k-hole-21861)
Lo scopo di questa ricerca non era certamente quello di esaminare gli effetti della ketamina sulle pecore, tantomeno di provare un sadico piacere nel vedere questi ovini “strafatti”, ma di studiare l’attività cerebrale delle pecore con e senza il gene che causa la malattia di Huntington. Tuttavia, questi risultati certamente potrebbero aiutarci a comprendere meglio come funzionano le intricate reti del cervello – sia nel cervello sano che nelle malattie, come la malattia di Huntington e la schizofrenia. Va da se che una migliore conoscenza degli effetti della ketamina sul cervello aiuterebbe notevolmente la nostra comprensione del suo utilizzo, non solo come droga, ma anche e soprattutto come anestetico, analgesico o antidepressivo.
Curiosità
Lo scorso marzo 2019, la Food and Drug Administration (FDA) ha approvato uno spray nasale a base di ketamina (Esketamine), chiamato Spravato, per il quale i ricercatori hanno pubblicato i risultati della fase clinica III sull’American Journal of Psychiatry.
© Paul Tansley/Getty Images
È tutt’altro che una soluzione perfetta nel combattere la depressione, ma nuove ricerche hanno dimostrato che ha anche del potenziale nel combattere l’abuso di alcol, tuttavia il National Institute for Health and Care Excellence (NICE), dallo scorso gennaio 2020 non raccomanda l’uso di questo farmaco, per via di alcune incertezze legate alla sua efficacia.
Biochimica, giocoliera di macromolecole e vivo nel meraviglioso mondo di Proteinlandia. Ho un dottorato in Scienze Biochimiche (Università Sapienza di Roma). Lavoro in UK, dove cerco di svelare l’intricato mondo di batteri cattivissimi.
Sogno ricorrente: vestita da astronauta, con taniche piene di cristalli, e in viaggio verso la ISS, dove una volta arrivata faccio esperimenti di cristallografia delle proteine!
Faccio divulgazione perché ho bisogno di raccontare la Bellezza, quella a livello atomico, che non tutti hanno la fortuna di poter ammirare direttamente.