“Io non sono io”: gli aspetti del sé

Siamo fuggiti a gambe levate dallo scorso articolo (clicca qui per leggerlo), dove le visioni avanguardiste di Edelman e Tononi ci hanno terrorizzato. Ora, fortunatamente, vedremo qualcosa più facile da toccare con mano nella pratica medica. Nonostante questo, però, lo spettro dei nomi arzigogolati è sempre dietro l’angolo.

Con lo scorso articolo non abbiamo risposto a molte domande e ci è rimasto in testa un grosso quesito: “Ma che cavolo è la coscienza del sé?”.

Come abbiamo già detto nello scorso articolo, studiando pazienti affetti da disturbi dell’autorappresentazione e analizzando il malfunzionamento di aree cerebrali specifiche, è possibile capire meglio come si origini il senso del sé nel cervello.

Ogni condizione patologica diventa una finestra su un preciso aspetto del sé.

“Affacciati a questa dannata finestra Giulietta mia e fammi capire qualcosa sulla coscienza”

Ma quali sono questi “aspetti del sé”?

Gli aspetti del sé

Ad oggi, abbiamo individuato sette aspetti. Ne parleremo ora un po’ più in generale, per poi vederli nello specifico con qualche caso clinico.

  • Unità: Nonostante la miriade di sensazioni da cui siamo sommersз giornalmente, ci sentiamo unicз. Non “unicз” inteso come “speciali” (anche se tu che stai leggendo questo articolo sicuramente lo sei… “parac**o”), ma inteso come un’unica persona (una singolarità). Abbiamo i nostri obiettivi, le nostre emozioni, i nostri ricordi. Normalmente non ci sogneremmo mai di essere un’altra persona o, peggio, che qualcuno si sia impossessato del nostro corpo o, peggio ancora, di essere due persone diverse. Eppure succede!
  • Continuità: Anche se la nostra vita è piena di eventi, noi la viviamo in modo continuo, come una pellicola che scorre in un rullino. Anzi, siamo anche in grado di proiettarci nel futuro. Ma cosa succederebbe se perdessimo questa continuità?
  • Identità corporea: Ci sentiamo padroni del nostro corpo, a casa nostra in esso. Siamo in grado di comandarlo a nostro piacimento. Ma cosa si proverebbe se tutto d’un tratto riconoscessimo una parte di esso come estranea? È lo stesso fenomeno che sperimentiamo quando ad esempio guardiamo il nostro corpo da fuori (come in video o in una stanza degli specchi). Ma ci sono malattie in grado di alterare l’identità corporea in modo profondo.
  • Riservatezza: I nostri qualia sono solo nostri, non possono essere osservati dagli altri. Possiamo, però, grazie ai neuroni specchio (che vedremo nei prossimi articoli), provare empatia per il prossimo. Ma non possiamo provare letteralmente il suo dolore. D’altronde ci sono circostanze in cui il nostro cervello riconosce come proprie sensazioni tattili sperimentate da altri. Per esempio, se vi anestetizzo un braccio e vi dico di guardarmi mentre tocco il mio braccio, inizierete a provare le mie sensazioni tattili. Perché?
  • Inclusione sociale: Siamo animali socievoli. Come tali, le nostre emozioni e i nostri comportamenti dipendono da chi ci sta intorno. Siamo così tanto abituati a sentirci parte di un contesto sociale, che spesso abbiamo l’inclinazione ad attribuire le nostre emozioni sociali anche a cose inanimate. Ad esempio, quando sbattiamo un mignolo contro uno spigolo, iniziamo a odiarlo e a sbraitargli contro. Questo aspetto, tra l’altro, è una delle principali origini della religione: siamo inclini a estendere alla natura, desideri e volontà umani. Siamo quindi indotti a supplicare, pregare e interrogarci sui motivi per cui un dio, il karma o chicchessia, ci abbia voluto punire con catastrofi naturali o altre calamità (“Dannato Zeus, perché fai piovere proprio oggi che dovevo uscire?”).
  • Libero arbitrio: Abbiamo la sensazione di poter scegliere consciamente tra diverse alternative, nella piena consapevolezza che avremmo potuto scegliere altrimenti. Di norma, non ci sentiamo automi, né abbiamo l’impressione che qualcun altro abbia scelto al nostro posto. Ma in alcune “malattie”, come l’amore romantico (di cui abbiamo parlato in questo articolo), siamo vicini a questa sensazione. Non sappiamo ancora come funziona il libero arbitrio, ma abbiamo delle ipotesi.
  • Autocoscienza: Questo aspetto del sé è quasi automatico. Come abbiamo detto nello scorso articolo, è impossibile immaginare i qualia senza la coscienza di sé. La causa dell’autocoscienza sembra ricadere nei neuroni specchio. Infatti, essa potrebbe dipendere dal fatto che il nostro cervello usa i neuroni specchio permettendoci di vedere noi stessi dal punto di vista di qualcun altro.

Questi sette aspetti cooperano tra loro per definire il . Tuttavia, sono vulnerabili a illusioni, deliri e patologie. Cosa succede quando uno di essi è alterato?

Dubito che riusciremo a trattare tutti questi aspetti e a rispondere a tutte queste domande in un solo articolo. Non sarebbe né umano, né sano. Seppur riconosco di avere una vena sadica.

 

Ma iniziamo questo viaggio procedendo a tappe. Prima però, una nota. Questo articolo è ispirato a un libro (“L’uomo che credeva di essere morto e altri casi clinici sul mistero della natura umana” Di V.S. Ramachandran). L’autore del libro giustifica le sue analisi sulla coscienza del sé in questo modo:

“Come sono emersi, nel corso dell’evoluzione, questi molteplici attributi del sé? Quali sono i meccanismi neurale alla loro base e quali aree cerebrali interessate? Non ci sono risposte semplici a questi interrogativi; di sicuro non ce n’è nessuna semplice come: “Perché è così che ci ha fatto Dio”. Ma che le risposte siano complesse e controintuitive non è un buon motivo per rinunciare alla ricerca. (…) Non pretendo di avere risolto il problema del sé (magari!), ma credo che i casi di cui parlo offrano spunti molto promettenti per affrontarlo.”

Unità

Il nostro sé è uno, con le proprie emozioni, obiettivi, valori e decisioni. Eppure non è una cosa da dare per scontato. Ci sono diverse condizioni in cui la sua unità può essere alterata, o addirittura scissa.

Split brain: “Dottore ci sono due sé in me”

Il nostro cervello è formato da due emisferi, ognuno specializzato in compiti diversi (fenomeno chiamato specializzazione emisferica), collegati tra loro grazie al corpo calloso.

 

In immagine vediamo una sezione sagittale di una riproduzione di un emisfero cerebrale. Notiamo il corpo calloso indicato con il suo nome latino “corpus callosum“. © Fonte

Il corpo calloso permette ai due emisferi di cooperare. Se fosse leso, essi non sarebbero più in grado di lavorare in sintonia. Per capire cosa succede quando il corpo calloso è danneggiato, dobbiamo prima sapere (in breve) come lavorano i due emisferi cerebrali.

Nel tempo ne sono state dette di cotte e di crude sulla specializzazione emisferica. Si è arrivati addirittura a dire che le donne sono più emotive perché utilizzano di più l’emisfero sinistro. In realtà, la specializzazione emisferica non è del tutto vera. O meglio: è vera ma solo limitatamente.

Sono relativamente poche le funzioni proprie di un solo emisfero. Ad esempio, l’area di Broca, fondamentale per la comprensione e la costruzione del linguaggio, è propria solo dell’emisfero sinistro.

Entrambi gli emisferi possono svolgere tutti gli altri compiti, anche se con diversi livelli di abilità e in modi diversi. Mentre l’emisfero sinistro ha una ricca capacità di eseguire quasi tutti i compiti linguistici, il vocabolario dell’emisfero destro è molto più limitato, così come la sua capacità di elaborare complicate funzioni grammaticali. D’altra parte, l’emisfero destro è superiore nell’elaborazione della maggior parte dei tipi di relazioni spaziali, in particolare quelle che coinvolgono relazioni tridimensionali o geometrie complicate.

Ma, per una corretta funzione cerebrale è fondamentale che i due emisferi cerebrali siano collegati. Cosa succederebbe se il corpo calloso fosse danneggiato e venisse perso questo collegamento? Il paziente V.P. ne è un ottimo esempio.

Il doppio V.P.

V.P., negli anni ’80, soffriva di crisi epilettiche (grande male). Quando erano gravi, l’unico modo di trattarle in quegli anni, era eliminare il corpo calloso. Questo trattamento, seppur non permettesse una vita normale, eliminava il problema epilessia e permetteva una più dignitosa sopravvivenza.

Ma V.P. diventò presto il caso medico perfetto per descrivere le funzioni del corpo calloso. Infatti, V.P. non era in grado di controllare il proprio corpo in maniera unitaria. Quando andava a fare la spesa, quando si vestiva, quando faceva qualsiasi cosa era sempre dura. Sembrava che ci fossero due V.P. nella sua mente. Infatti diceva:

“Quando vedo un articolo sullo scaffale e voglio metterlo nel carrello, allungo la mano destra verso la cosa che voglio, ma poi arriva la sinistra e diventa una specie di bisticcio. Sembrano due magneti che si respingono. Anche vestirsi è un inferno. Finisco per trovarmi tre vestiti diversi addosso. Non mi tocca che buttare tutto sul letto, fare un bel respiro e ricominciare.”

È come se il cervello di V.P. fosse formato da due macchine separate, ognuna delle quali voleva fare una cosa diversa. Come se V.P. avesse due sé.

Cosa succederebbe se mostrassimo a V.P. l’immagine di una palla? La saprebbe riconoscere?

Molto probabilmente avete risposto di no. Ma ne siete davvero sicurз? Se chiedessimo a V.P. cosa gli stiamo mostrando lui direbbe che non lo sa. Ma se chiedessimo di pescare l’oggetto mostrato da una sacca piena di oggetti sarebbe in grado di farlo.

Perché? Semplice. Prima abbiamo detto che l’emisfero di sinistra è più bravo in competenze linguistiche, quindi è in grado di dare un nome agli oggetti. Mentre quello di destra è più bravo in funzioni spaziali e geometriche, per cui è in grado di riconoscere gli oggetti. Visto che i due non comunicano tra loro, V.P. non è in grado di fare collaborare queste due funzioni. Quindi, per questo compito lavora esclusivamente l’emisfero destro, permettendo il riconoscimento dell’oggetto (inconsciamente) ma senza la capacità di dargli un nome.

Anosognosia e disturbo bipolare di personalità: “Dottore, il mio sé è in due menti distinte”

I movimenti della metà destra del corpo sono controllati dall’emisfero sinistro, viceversa la metà sinistra è controllata dall’emisfero destro. Quindi, quando è danneggiato l’emisfero sinistro, il paziente lamenterà l’incapacità di muovere il lato destro del corpo. Viceversa, se è danneggiato l’emisfero destro. In persone destrimani, l’emisfero sinistro è quello dominante e il destro è il non dominante. In persone mancine è il contrario. Nel prossimo esempio faremo riferimento ai primi per comodità.

C’è una piccola percentuale di pazienti con un danno dell’emisfero destro che negano la paralisi. Perché?

Le informazioni che captiamo con i nostri sensi si mescolano ai ricordi preesistenti per creare un sistema di credenze su noi stessз e sul mondo. Ramachandran, nel libro prima citato, ipotizza che questo sistema sia costruito soprattutto dall’emisfero sinistro. Se c’è anche una piccola informazione anomala che non è congruente con il “quadro generale” del sistema, l’emisfero sinistro interviene cercando di appianare le discrepanze. Questo compito è fondamentale per garantire la stabilità del comportamento e preservare la coerenza del sé.

L’emisfero destro (precisamente le regioni frontoparietali), invece, fa un po’ da “avvocato del diavolo”, elaborando un quadro obiettivo e generale di noi stessi e della situazione in cui ci troviamo. Se esso è danneggiato, l’emisfero sinistro prevale, portando le sue negazioni fino a limiti assurdi.

Riportiamo una conversazione tipica con un paziente con anosognosia ed emiparalisi della parte sinistra del corpo:

Medico: “Come sta Pincopallino?”
Pincopallino: “Bene, bene. Mai stato meglio. Ma voglio uscire dall’ospedale. Non ho nulla.”

Medico: “Riesce a muovere le mani?”

Pincopallino: “Certamente, alla grande.”

Medico: “Mi tocchi il naso con la mano sinistra.”

Pincopallino: “Fatto”.

In realtà non si è neanche mosso.

Medico: “Vede la mano mentre mi tocca il naso?”

Pincopallino: “Certo, eccola qui.”

Il medico afferra il braccio sinistro del paziente e chiede: “E di chi è questa mano?”

Pincopallino: “È di mia madre.”

Medico: “E dov’è sua madre?”

Pincopallino si guarda spaesato intorno e dice: “CAVOLO, si è dimenticata qui il braccio. Chiamala subito!”

Questo è un caso estremo di anosognosia. Molto più comunemente il paziente minimizza il problema anziché negarla del tutto.

L’anosognosia mostra in modo sorprendente come in realtà il sé non è un’entità monolitica. Essa è formata da tanti livelli e si possono eliminare a uno a uno finché il sé non diventa null’altro che pura astrazione.

Con la stessa teoria, in cui l’emisfero destro è “l’ansioso avvocato del diavolo” e il sinistro è “delirante e maniacale”, è possibile spiegare anche un’altra malattia: il disturbo bipolare.

In questo disturbo si osserva un alternarsi tra due stati d’umore: la depressione e la mania. Probabilmente tali oscillazioni dell’umore potrebbero essere spiegate da un alternarsi tra i due emisferi.

Esperienza extracorporea: “Dottore, ho abbandonato il mio corpo”

Abbiamo già citato i neuroni specchio, speciali neuroni che ci permettono di “immedesimarci” negli altri. Parleremo meglio di questi neuroni in un altro articolo, scendendo un po’ più in profondità con “la teoria della mente”. Ora, però, ci interessa sapere che esistono specifici neuroni siti proprio nell’emisfero destro (il famoso “avvocato del diavolo”) che inibiscono i neuroni specchio, permettendoci di tornare coerenti con le sensazioni del nostro corpo.

Ma cosa succederebbe se questi neuroni inibitori fossero danneggiati o se la loro funzione fosse inibita (proprio come quando si assume ketamina)?

Si inizierebbe ad abbandonare il proprio corpo, fino al punto di non sentire nemmeno più il dolore, iniziandolo a vedere “oggettivamente” come se lo stesse provando qualcun altro.

A volte si ha la sensazione di avere abbandonato davvero il proprio corpo, spesso vedendolo dall’alto. È lo stesso fenomeno che si osserva nelle esperienze pre-morte (di cui abbiamo parlato in questo articolo). Infatti, i neuroni inibitori formano circuiti molto sensibili alla mancanza di ossigeno nel cervello (tipico dell’esperienze pre-morte).

Caratteristico è il caso di un paziente, chiamato Patrick, a cui era stato diagnosticato un tumore proprio nell’area dove si trovano questi neuroni inibitori (area frontoparietale destra). Patrick, oltre a preoccuparsene poco del tumore (per il fenomeno descritto prima), si era accorto di avere un “gemello fantasma” che non vedeva con gli occhi ma percepiva vividamente, attaccato al lato sinistro del corpo che si muoveva in sincronia con lui. A parte questo, Patrick non aveva altri problemi ed era completamente lucido mentalmente.

Per curiosità, i medici, gli introdussero dell’acqua gelida nel condotto uditivo sinistro. Questa tecnica è molto utile perché attiva l’apparato dell’equilibrio (vestibolo) e dà una piccola scossa all’immagine corporea.

Non potete nemmeno immaginare quale fosse la conseguenza. Patrick vedeva che il gemello iniziava a girare, rimpiccolirsi e cambiare postura! Perché? Non si sa esattamente!

Riflesso di James Bond

Esiste anche una forma meno estrema di questa dissociazione, che riguarda solo le emozioni e non l’azione. Si parla di “stati dissociativi”: condizione in cui la persona si allontana mentalmente da quello che succede al suo corpo durante un’esperienza assai traumatica.

Normalmente quando siamo davanti a un pericolo, si attivano tre sistemi:

  • Il sistema nervoso autonomo simpatico (non perché fa ridere… ok basta): attore che attiva la sudorazione e aumenta la pressione sanguinea e la frequenza cardiaca.
  • L’ipotalamo: attiva due risposte, una comportamentale (fuggi o combatti) e l’altra emozionale (paura o aggressività).
  • Il cingolo anteriore: ci permette di rimanere eccitati e vigili e di valutare nuove minacce e opportunità di fuga.

Il grado di minaccia determina il grado di coinvolgimento di questi tre sistemi. Ma quando esso è troppo elevato, è meglio starsene immobili e non fare assolutamente nulla. Tant’è che questo riflesso è chiamato “riflesso dell’opossum”.

Ma che c’entra James Bond?

Nelle situazioni di assoluta emergenza, una traccia di questo “riflesso dell’opossum”, potrebbe manifestarsi come stati dissociativi, interrompendo ogni comportamento o emozione. Per cui ci permetterebbe di vedere noi stessi con un distacco oggettivo, non avvertendo né dolore né paura. Proprio come James Bond. Quindi possiamo anche dire che James Bond nient’altro è che un opossum che ci ha creduto molto.

Conclusione

Devo essere sincero. Quando ho iniziato questo articolo pensavo sarebbe venuto più corto!

Manca ancora tantissimo da dire sulla coscienza. Ho solo analizzato uno degli aspetti del sé e ne mancano ancora altri sei. E non sarà ancora finita.

Comunque, questo breve (sì brevissimo) articolo si può chiudere con la stessa domanda con cui l’abbiamo aperto: “CHE CAVOLO È LA COSCIENZA?”.

Riusciremo mai a rispondere a questa dannata domanda?

Serie “Io non sono io”

Fonti

[1] Ramachandran, S.V. (2013). L’ uomo che credeva di essere morto e altri casi clinici sul mistero della natura umana. Mondadori.

[2] The split brain: A tale of two halves | Nature

[3] Left brain vs. right brain: How does one dominate?  – medicalnewstoday.com [eng]

[4] Hemispheric Specialization and Cognition – ScienceDirect

[5] Brugger, P., Regard, M., & Landis, T. (1996). Unilaterally felt “presences”: the neuropsychiatry of one’s invisible: Doppelgänger. Cognitive and Behavioral Neurology9(2), 114-122. Accessibile su researchgate.net

[6] Pettigrew, J. D., & Miller, S. M. (1998). A ‘sticky’ interhemispheric switch in bipolar disorder?. Proceedings of the Royal Society of London. Series B: Biological Sciences265(1411), 2141-2148. DOI: 10.1098/rspb.1998.0551

Tommaso Magnifico

Sono Tommaso Magnifico, studente di Medicina e Chirurgia dell'Università degli Studi di Bari e Socio Mensa (The high IQ society). Scrivo articoli specialmente riguardati la medicina in tutte le sue sfaccettature: dal pronto intervento alla psicologia. Potere alla scienza!!!

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