Intelligenza delle piante, simbiosi e convivenza

Nella cultura popolare, il concetto di intelligenza è legato a doppio filo con l’essere umano. L’intelligenza è la capacità d’intendere e di ragionare, di elaborare modelli della realtà, di giudicare, di spiegare fatti e azioni. Quindi si può parlare di intelligenza delle piante? Vediamo insieme come le piante possano avere una qualche forma di cognizione.

Le piante, dagli alberi ai fili d’erba, vivono immerse in un sistema molto complesso e, in ogni ambiente, interagiscono tra di loro.

Tuttavia, le piante interagiscono anche con altri organismi come funghi, insetti e batteri, creando una rete di comunicazione e convivenza intricate ed estesa. In questa prospettiva di coesistenza tra piante e altri organismi si inseriscono a pieno titolo i concetti di simbiosi e competizione.

La simbiosi

La simbiosi è definita come qualsiasi interazione biologica stretta e a lungo termine tra due diversi organismi.

Può essere categorizzata in tre modi: parassitica, mutualistica e commensalistica. La distinzione in queste tre categorie si basa sul vantaggio o lo svantaggio che i due organismi (host e guest) hanno quando si instaura la loro interazione.

Nel primo caso (parassitismo), solo uno dei due trae vantaggio, sottraendo risorse all’altro (il guest); nel secondo (mutualismo), entrambi traggono benefici, mentre nel terzo (commensalismo) uno dei due organismi non viene né danneggiato, né avvantaggiato.

Radici di una pianta colonizzate da un fungo.

Nella seconda categoria (mutualismo) rientra la micorriza, ovvero la simbiosi tra piante superiori – ossia, che hanno un corpo differenziato in radici, fusto e foglie – e alcune specie di funghi presenti nelle radici della pianta.

I funghi ricevono dalla pianta sostanze a base di carbonio, zuccheri o acidi grassi, mentre la pianta sfrutta le sostanze azotate e i fosfati prodotti dal metabolismo del fungo. Un vero e proprio baratto di sostanze chimiche.

È questo che si intende per intelligenza delle piante? Parliamone meglio.

Il processo alla base di questo scambio reciproco di sostanze, in realtà, è molto complesso. Nel momento in cui il fungo colonizza le radici della pianta, quest’ultimo induce dei cambiamenti, anche genetici, nei tessuti delle radici. Questi cambiamenti permettono la trascrizione di proteine devote al trasporto di zuccheri e acidi grassi dalla pianta al fungo.

Questo concetto in biologia è denominato come up-regulation.

Nello specifico, i geni che permettono l’espressione delle proteine di trasporto vengono denominati MST (MonoSaccharide Transporters) e SWEET (Sugar Will Eventually Exported Transporters) per gli zuccheri. Per i lipidi l’elenco è veramente lungo: DIS, RAM2, RAM3, KASI, KASII1-a, etc. In ogni caso, quando la pianta interagisce con un fungo, tutti questi geni sono espressi più del normale.

Ricordiamoci che questo processo conviene alla pianta perché questa riceve composti chimici che la pianta non è in grado di produrre in maniera indipendente. La simbiosi è mutualistica, e la pianta ne trae un netto vantaggio.

Simbiosi e parassitismo

Le piante sono parte di un sistema molto complesso di interazioni sia interne che con altri organismi. Non è impossibile che, in concomitanza alla presenza di funghi nel loro apparato radicale, e quindi dell’instaurazione di una simbiosi mutualistica, si instaurino altre simbiosi con altri organismi, e non della stessa natura.

Un esempio è l’interazione tra le piante e gli afidi, quei piccoli insetti verdi (o grigi) che infestano le foglie delle piante. Uno fra tanti, i pidocchi sanguigni del melo fanno parte di questo insieme di insetti e, solitamente, instaurano una simbiosi parassitica con la pianta.

Un altro parassita, che preferisce invece le radici, sono i nematodi (plant-parasitic nematode – PPN), ovvero vermi dalla forma cilindrica. Di questi animali si contano più di ventimila specie.

Nematode visto al microscopio.

Simbiosi: cosa accade quando due organismi competono per lo stesso host?

Già a partire da Darwin si discute di competizione nell’ambito biologico, ed è quest’ultima a fare emergere l’intelligenza delle piante.

Quello che accade quando la pianta interagisce con diversi organismi in competizione fra di loro è che le sostanze di nutrimento (zuccheri e acidi grassi) sono ripartite tra i diversi guest (funghi, afidi e nematodi). Questo potrebbe creare del danno alla pianta stessa, se per qualche ragione prevalesse un rapporto parassitico (nematodi e afidi) rispetto a uno mutualistico (funghi). Le piante in realtà esprimono la loro intelligenza proprio nei meccanismi di bilanciamento di questa competizione.

Funghi e patate per misurare l’intelligenza delle piante

Alcunɜ ricercatorɜ hanno studiato questi meccanismi competitivi inserendo nell’apparato radicale di una patata un fungo, il Rhizophagus irregularis.

Questo, come tante altre specie di funghi in natura, non possiede alcun gene nel suo DNA che codifichi proteine per la sintesi di lipidi complessi o acidi grassi (quelli di cui abbiamo parlato prima). Per questo motivo, il fungo è totalmente host-dipendente per l’approvvigionamento di queste sostanze.

Sempre sulla stessa pianta di patata, lɜ biologɜ hanno inserito, nella stessa porzione di radici e in porzioni separate rispetto a quelle colonizzate dal fungo, anche una specie di verme nematode, la Globodera pallida, e hanno studiato i cambiamenti, sia di tipo genetico che di concentrazione di sostanze carboniose nelle varie porzioni dell’apparato radicale.

In generale, quando i funghi sono presenti da soli nelle radici, come spiegato prima, funzionano un po’ come dei lavandini (sink effect), ovvero tutti gli zuccheri e gli acidi grassi vengono preferenzialmente distribuiti dove è presente il fungo, avvantaggiando la relazione di simbiosi. La stessa cosa accade quando il nematode è presente da solo (mostrando come il nematode sia abile a prendersi gioco della pianta).

Nel momento in cui c’è una competizione tra fungo e verme, l’approvvigionamento di zuccheri semplici sembra essere preferenziale verso i nematodi, a prescindere dalla percentuale di presenza.

Questo porterebbe a pensare che la sopravvivenza del fungo sia compromessa in modo definitivo. In sostanza, non ci sono abbastanza molecole utili al suo metabolismo provenienti dall’organismo host, la pianta. Invece, come osservato anche in studi in ambiente naturale, i funghi, in presenza di numerosi competitori, sono in grado di sopravvivere ugualmente, nonostante una significativa diminuzione di zuccheri disponibili.

Come è possibile?

Si è detto in precedenza che il fungo è completamente host-dipendente per l’approvvigionamento di acidi grassi, ossia non è in grado di produrre in modo indipendente perché non possiede i geni adatti all’espressione di proteine dedite alla sintesi di lipidi.

La ricerca ha mostrato che, contrariamente a quanto accade per la frazione zuccherina, l’afflusso di acidi grassi, in particolare dell’acido palmitico, rimane invariato nei funghi, sia che siano presenti da soli nell’apparato radicale, sia quando in competizione coi nematodi.

Inoltre, si è notato che anche la tipologia di zuccheri che arriva ai funghi è completamente diversa da quella che invece è somministrata ai nematodi. In particolare, fruttosio e glucosio sono maggiormente presenti nelle radici colonizzate dal fungo.

Un analogo comportamento è stato notato anche con piante di patate esposte alla colonizzazione degli afidi nell’impianto fogliare della pianta. E questo è estremamente interessante, soprattutto per le conseguenze che può avere.

Schema di distribuzione sostanze carboniose in situazioni di simbiosi competitiva @Nature Communications

Possiamo parlare di intelligenza delle piante?

Sono state formulate tre diverse ipotesi per cui i funghi possono sopravvivere anche in condizioni di competizione.

Ipotesi 1

La prima, la più affascinante, e la conclusione più logica dopo tutto quello che è stato descritto in precedenza, è che la pianta sia in grado di preferire rapporti simbiotici mutuali rispetto a quelli parassitici, mantenendo invariato l’approvvigionamento di carbonio verso i funghi, con un’allocazione preferenziale di acidi grassi e zuccheri semplici.

Unitamente a questo, i funghi sarebbero in grado di metabolizzare tali sostanze in maniera particolare, entrando in un regime conservativo che permette di sopravvivere anche con risorse limitate.

Ipotesi 2

La seconda ipotesi è quella secondo cui i funghi possano instaurare rapporti simbiotici con piante vicinali per sopperire alla scarsità di risorse provenienti dall’host principale. Questo potrebbe essere particolarmente vero in un ambiente naturale, e non in laboratorio.

Si sa, infatti, che le piante possono in realtà comunicare tra di loro sfruttando proprio la lunga catena comunicativa che creano in funghi che colonizzano diversi apparati radicali nelle ristrette vicinanze. Questo network, chiamato rete micorrizica, potrebbe, quindi, anche permettere la sopravvivenza del fungo.

Ipotesi 3

Infine, la terza ipotesi è che esista una specie di tacito accordo tra i diversi organismi colonizzatori. L’accordo implica che questi si “spartiscano” le risorse in modo diverso, permettendo la sopravvivenza reciproca. Insomma, l’importante è partecipare e non vincere.

Probabilmente, tutte queste ipotesi sono vere, e il comportamento reale non è altro che una media di questi tre probabili processi. Tuttavia, questo ci fa capire come le piante possano regolare i flussi di nutrienti a seconda di quali siano gli organismi simbiotici con cui interagiscono, preferendo in modo evidente una simbiosi mutualistica (da cui riescono a trarre vantaggi) piuttosto che una parassitica (che crea solo svantaggi).

Questa è la prova dell’intelligenza delle piante.

Fonti

Bell, C. A.; Magkourilou, E.; Ault, J. R.; Urwin, P. E.; Field, K. J. Phytophagy Impacts the Quality and Quantity of Plant Carbon Resources Acquired by Mutualistic Arbuscular Mycorrhizal Fungi. Nature Communications 2024, 15 (1), 801. https://doi.org/10.1038/s41467-024-45026-3.

Sato, T., Ezawa, T., Cheng, W. & Tawaraya, K. Release of acid phosphatase from extraradical hyphae of arbuscular mycorrhizal fungus Rhizophagus clarus. Soil Sci. Plant Nutr. 61, 269–274 (2015).

Smith, S. & Read, D. Mycorrhizal Symbiosis. https://doi.org/10.1016/B978-0-12-370526-6.X5001-6 (Elsevier Ltd, 2008).

Riccardo Punis

Un chimico di formazione, uno che parla di cose per scelta.

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