Ogni giorno milioni di persone portano in tasca, nella borsetta o nello zaino alcune fialette piene zeppe di OGM; magari nemmeno lo sanno e forse sono anche contrarie alla tecnologia del DNA ricombinante ma in quanto diabetici devono ritenersi fortunati di avere a portata di mano l’insulina umana contenuta in quei flaconi.
Questo articolo non ha la pretesa di far cambiare idea a nessuno riguardo gli OGM. Il messaggio che deve passare è un altro.
Tramite lo studio della medicina e delle biotecnologie abbiamo fatto grandi balzi in avanti. Siamo partiti dal non avere la minima idea di cosa fosse il diabete e siamo arrivati all’identificazione delle cause alla base della patologia. Abbiamo impiegato secoli di studi per localizzare il problema a livello del pancreas (un organo che fino a quel momento avevamo assolutamente scagato).
Siamo passati dal capire che potevamo usare degli estratti animali per la terapia fino a produrre un farmaco efficace e ultra-sicuro ingegnerizzando dei lieviti… il tutto con una breve partentisi nella quale i medici hanno dovuto assaggiare la pipì dei pazienti!
Andiamo per gradi.
Il diabete: una malattia rognosa
Si stima che nel mondo ci siano qualcosa come 400 milioni di individui diabetici e il 10% di questi è affetto da diabete di tipo 1, quello cioè che richiede la somministrazione di insulina ad intervalli regolari per mantenere sotto controllo i livelli di GLICEMIA (la concentrazione di zuccheri nel sangue).
Il restante 90% soffre invece di diabete di tipo 2. Una forma più lieve della patologia nella quale l’insulina viene sì prodotta, ma a livelli troppo bassi, oppure, in cui il soggetto ha sviluppato una sorta di insulino-resistenza.
Anche nei casi più estremi di diabete di tipo 2 si arriva a dover somministrare insulina per compensare il difetto.
Questi dati sono in forte aumento (nel 2010 erano meno di 300 milioni!). La crescita della diffusione del diabete è correlata principalmente al diffondersi dell’obesità nei paesi industrializzati, oltre che ai cambiamenti nell’alimentazione, spesso troppo ricca di amido e zuccheri semplici.
In realtà questa patologia è nota da millenni. Già gli antichi greci e romani ne avevano riconosciuto il sintomo più evidente, la poliuria ovvero l’elevata produzione di urina.
Per dirla tutta, dalla fine del 1600 fino a poche decine di anni fa, i medici hanno diagnosticato la malattia con un metodo abbastanza schifoso ma molto efficace: assaggiando l’urina del paziente!
In effetti la pipì di un diabetico che non segue alcuna terapia avrà, così dicono, il sapore del miele perché lo zucchero che transita nel sangue non viene adoperato dalle cellule e viene poi eliminato, dai reni, nella pipì appunto.
Perché lo zucchero nel sangue non viene assimilato da un diabetico?
Dopo questa breve parentesi sulla golden shower (se non sai cosa sia non cercare sul web!) cerchiamo ora di scoprire cosa c’entrino le biotecnologie con il diabete.
Per farlo, serve innanzitutto capire brevemente in cosa consiste la patologia: chi soffre di diabete di “tipo 1” non possiede più le cellule beta delle isole di Langherans nel pancreas a causa di un meccanismo autoimmune, e quindi ha una grave carenza di insulina che viene prodotta proprio da questo specifico tipo cellulare.
La mancanza dell’insulina provoca problemi multipli a cascata che possono avere conseguenze molto gravi nel lungo periodo, specialmente a carico dell’occhio, dei reni, del sistema nervoso, del sistema cardiovascolare, della cute.
In ultima analisi, le varie forme di diabete, se non curate, proprio come accadeva in passato, portano all’amputazione del piede ma anche al coma e alla morte per un fenomeno chiamato “chetoacidosi”. Insomma, stiamo parlando di una malattia tostissima.
Ma tutto ‘sto casino a causa di una sola molecola e nemmeno poi tanto grande?
Ebbene sì, perché l’insulina è un ormone e in quanto tale è responsabile della corretta comunicazione tra cellule ed organi differenti, è portatrice di un messaggio e attivatrice di risposte coordinate a livello metabolico. Il messaggio in questo caso è l’assorbimento degli zuccheri nel sangue, mica pizza e fichi!
L’insulina prodotta dal pancreas infatti si lega ad alcune particolari proteine (i recettori) sulla membrana delle cellule del fegato e dei muscoli scheletrici e attiva una serie di eventi che si conclude con l’ingresso all’interno del citoplasma del glucosio che si trova in circolo nel sangue.
Lo zucchero, una volta nella cellule, viene utilizzato per produrre energia o per la allungare le catene di glicogeno (che sono una sorta di riserva energetica): in pratica tutto questo meccanismo serve a dare un senso all’assunzione degli alimenti.
Inoltre l’insulina a livello dei neuroni, nell’encefalo, regola la sensazione della sazietà e quindi influenza il desiderio di cibo.
Per farla super-semplice un diabetico prima della diagnosi ha in continuazione una fame biblica che si mangerebbe pure il tavolo e mangia a oltranza. Di conseguenza ha moltissimi zuccheri nel sangue che però non vengono utilizzati
Le sue cellule “affamate” avrebbero a disposizione in teoria tutto il glucosio che vogliono ma questo scorre nei capillari all’interno del sangue senza che possa entrare.
Al tempo stesso il soggetto diabetico è costretto a bere come un cammello per reintegrare i liquidi persi: infatti, visto che il glucosio attira acqua, i reni fanno un extra lavoro producendo ettolitri di pipì e destinando lo zucchero alle urine che quindi sono dolcissime: il brik di estathè a confronto è acqua fresca.
Un meccanismo complesso che ha una chiave semplice
Non c’è da stupirsi se abbiamo impiegato millenni a capire questo meccanismo, non è intuitivo immaginare che tutta la regolazione della nostra alimentazione passi attraverso una piccola molecola, composta da 2 catene corte di amminoacidi (catena A e B); in effetti la scoperta dell’insulina nel 1921 è valsa il premio Nobel a F.G. Banting e J.J.R. Macleod!
Nel secolo scorso, dagli anni 20 fino alla fine degli anni 80, l’unica soluzione per il trattamento dei pazienti è stata la somministrazione di insulina animale estratta dal pancreas di bovini e suini.
In particolare quest’ultima è quasi identica a quella umana: è differente per un solo amminoacido della catena B.
Ovviamente, non serve essere dei fenomeni per capire che produrre un farmaco in questo modo era costosissimo, dava delle rese ridicole, che i livelli di purezza erano molto bassi e che le reazioni allergiche si sprecavano… poi per fortuna è arrivata la svolta biotech!
Nel 1978 è stata realizzata la prima insulina ricombinante ottenuta modificando il genoma del batterio Escherichia Coli al cui interno sono state inserite le sequenze di DNA identiche a quelle del genoma umano che codificano per le 2 catene.
Nel DNA di 2 ceppi diversi di E. Coli sono state inserite separatamente le informazioni genetiche per la catena A e per la catena B dell’ormone: i filamenti sono stati inseriti nel genoma batterico utilizzando dei plasmidi. E che sono ‘sti plasmidi?
Ottima domanda.
I plasmidi sono particolari strutture di DNA circolare (sono veramente dei cerchietti visti al microscopio!) che normalmente i batteri utilizzano per scambiarsi del materiale genetico, come ad esempio i geni di resistenza verso molecole e antibiotici.
In pratica abbiamo capito come funzionava la malattia, abbiamo ‘sgamato’ quali geni potevano servirci e poi abbiamo infilato questi geni dentro al DNA di un batterio utilizzando il meccanismo con cui i batteri stessi si scambiano gli ‘upgrade’ per fregare gli antibiotici!
Jurassik Park levati proprio!
Raggiunto questo traguardo, già negli anni 80 erano disponibili in commercio le prime formulazioni di insulina umana OGM (Humulin).
I batteri ingegnerizzati infatti, una volta messi in particolari fermentatori si comportano come dei veri e propri bioreattori prosperando e moltiplicandosi velocemente e ovviamente producendo anche l’insulina!
Le 2 catene, una volta estratte e messe in soluzione, proprio per via della loro struttura si uniscono in autonomia, tramite un legame chimico formato da ponti solfuro… una specie di auto-assemblaggio, fantastico!
E la meraviglia dell’insulina umana è fatta: una conquista biomedica incredibile che da oltre 35 anni permette a milioni di persone di fare una vita normale nonostante un gravissima patologia.
Ovviamente non è che da 35 anni ad oggi ci siamo fermati, sia chiaro.
Abbiamo cercato di farla super-facile, ma i tipi di diabete che esistono sono diversi e di conseguenza vengono prodotte insuline differenti e con diverse modalità d’azione; senza contare che ad oggi sono molto più utilizzati i lieviti (Saccaromices) dei batteri per la produzione su larga scala.
Insomma, la ricerca va avanti
Ma questo è ovvio, la scienza non si ferma mai dopo una scoperta anzi, molto spesso, l’aver capito un “qualcosa in più” apre a scenari impensati e ancora più grandi e permette di andare in direzioni che prima non erano nemmeno immaginabili!
Ad oggi sono disponibili dispositivi automatici attaccati al corpo, che rilasciano le giuste dosi di insulina senza dover ricorrere alle punture frequenti, che comunque vengono fatte con degli aghi ultramoderni e sottili praticamente indolori, più simili a delle penne che ad una siringa!
L’Humulin è stato il primo farmaco biotech in assoluto mai brevettato ma ricordiamoci sempre che con 4 basi di DNA a disposizione, una moltitudine di microrganismi, di molecole, di strumenti di indagine e di variabili, le possibilità sono infinite!
Le case farmaceutiche si arricchiscono con l’humulina e con tutte le altre insuline transgeniche?
Certo che sì.
Ma questo vale anche per gli altri farmaci e per qualsiasi bene di consumo prodotto da aziende che hanno investito in ricerca o acquistato brevetti.
Non ha senso essere contrari a priori verso una tecnologia o verso il progresso. Alcune scoperte migliorano davvero il mondo e la vita delle persone, anche se si chiamano OGM.
Missione Scienza anche oggi può incassare l’assegno della BigPharma con 6 zeri… solo quelli però. Restiamo povery, ma fiduciosi nel progresso scientifico!
Laureato in biotecnologie, lavoro da anni nel settore dell’industria alimentare.
NERD da molto prima che facesse fico; appassionato di divulgazione scientifica da quando mi ci sono ritrovato dentro per puro caso.
Scrivo per Missione Scienza ad orari improbabili quindi mi scuso per tutti refushi e gli erorri di battitura, è già un miracolo che non mi sia mai addormentato sulla tastieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee
Laureato in biotecnologie, lavoro da anni nel settore dell'industria alimentare.
NERD da molto prima che facesse fico; appassionato di divulgazione scientifica da quando mi ci sono ritrovato dentro per puro caso.
Scrivo per Missione Scienza ad orari improbabili quindi mi scuso per tutti refushi e gli erorri di battitura, è già un miracolo che non mi sia mai addormentato sulla tastieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee
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