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IL FARMACO – tra storia e curiosità

Esiste un numero insolitamente elevato di pitture rupestri che raffigurano mani con dita o falangi mancanti. Queste pitture rupestri sono ampiamente distribuite in vare zone del mondo. In Francia, per esempio, esiste un posto dove vi sono raffigurate 231 immagini delle mani, a 114 delle quali manca almeno una falange. Pare che si tagliassero un dito durante i rituali religiosi, sotto l’effetto di sostanze psicotrope [1]. Ma questi stavano fori de testa?

 

Cueva de los manos, Perito Moreno, Argentina © https://en.wikipedia.org/wiki/Cave_painting#/media/File:SantaCruz-CuevaManos-P2210651b.jpg

Cosa c’entra questa storia con i farmaci? Semplicemente per sottolineare l’utilizzo di sostanze sia a scopo rituale/ricreativo che a scopo curativo che nel passato probabilmente per pura coincidenza ha portato alla scoperta di veleni, droghe e medicamenti. Forse mai scopriremo quale sostanza abbiano usato i nostri antenati per i loro rituali religiosi: forse il cohoba, ricavato dai semi di una specie di mimosa, o altre sostanze come gli oppiacei, ma trovo interessante come noi e anche altri animali abbiamo questa indole esplorativa. Di fatti anche gli animali si drogano, ma lo sballo è solo un “effetto collaterale”, in quanto quasi sempre le sostanze che assumono hanno funzioni depurative/curative. I nostri cugini vicini, gli scimpanzé sono in grado di curarsi, per esempio. Mangiano infatti il gambo interno amaro e spugnoso dell’Amigdalina di Vernonia, pianta nota per le sue proprietà medicinali, dovuta alla presenza di determinate molecole, come lattoni di sesquiterpene, i glucosidi steroidi di tipo stigmastane e gli agliconi. Che paroloni, eh? Parole a molti sconosciute, figuriamoci agli scimpanzé, che a quanto pare, per curarsi, non hanno bisogno di aprire il Lenhinger (librone di biochimica!!).

Droga o non droga, anche noi sapevamo che ingerendo determinate sostanze saremmo stati “meglio”, ma esclusivamente per esperienza personale e imitando gli altri, e per istinto di sopravvivenza. E fu così che nacque la farmacologia.

 

L’antico Fleming

Alcuni scienziati hanno studiato delle molecole intrappolate nella placca dentale fossilizzata di una Neanderthal di circa 50.000 anni fa dal sito di El Sidrón, in Spagna. Sono stati identificati composti che probabilmente provenivano da achillea e camomilla, piante amare, ma note per le loro seppur scarse proprietà medicinali. I genetisti hanno poi analizzato il contenuto genetico di questa placca scoprendo la presenza del DNA di pioppo (contiene anche esso l’acido salicilico, il naturale antidolorifico nell’aspirina)  e un tipo di penicillina (lo stesso antibiotico scoperto da Fleming), ipotizzando pertanto che la malcapitata avrebbe intenzionalmente preso il pioppo antidolorifico, la camomilla lenitiva e il fungo antibiotico per placare il dolore di un ascesso [2]. E te credo? Il mal di denti? Manco al peggior nemico! E insomma se cosi fosse, la nostra antenata ha usato la penicillina 50.000 anni prima, troppo presto per condividere il premio Nobel per la medicina con Fleming!

Curiosità. In realtà fu il Dr. Vincenzo Tiberio, molisano, che nel 1895 scoprì il potere chemiotattico e battericida di alcuni estratti di muffe , precorrendo di circa trentacinque anni la scoperta della penicillina da parte di Alexander Fleming!

 

© https://nypost.com/2019/06/26/dna-from-some-of-the-oldest-neanderthal-bones-sheds-new-light-on-ancestry/

 

L’uso delle piante medicinali

La parola farmaco deriva dal greco ϕάρμακον (pronuncia “fàrmacon”), che vuol dire “rimedio, cura“, ma curiosamente la medesima parola significa anche “veleno“. Il simbolo dei farmacisti è il caduceo, bastone alato con due serpenti che rappresentano l’uno la dose terapeutica, l’altro quella tossica, il veleno. In inglese, per esempio, farmaci e droghe si traducono entrambi con la parola “drugs”. Fino all’avvento dell’iatrochimica (dottrina medica secondo la quale tutti i fenomeni vitali sono espressione di reazioni chimiche che ha avuto il suo massimo esponente nel medico elvetico Paracelso) nel XVI secolo, le piante sono state utilizzate per il trattamento e la profilassi.

 

Prime evidenze scritte

Sumeri. La più antica prova scritta dell’uso delle piante medicinali per la preparazione di farmaci è stata trovata su una lastra di argilla dei Sumeri, circa 5000 anni fa. Comprendeva 12 ricette per la preparazione di farmaci da 250 piante, alcune delle quali alcaloidi, come papavero e mandragora.

 

© The Trustees of the British Museum

Cinesi. Il libro cinese sulle radici e le erbe “Pen T’Sao“, scritto dall’imperatore Shen Nung intorno al 2500 a.C., tratta 365 farmaci, molti dei quali vengono utilizzati ancora oggi nella medicina tradizionale cinese, come canfora, ginseng, corteccia di cannella ed efedra.

 

© https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Pen_ts%27ao,_woodblock_book_1249-ce.png

Egizi. Il papiro di Ebers, scritto intorno al 1550 a.C., rappresenta una raccolta di 800 prescrizioni relative a 700 specie vegetali e farmaci usati per la terapia, quali melograno, olio di ricino, aloe, senna, aglio, cipolla, fico, salice, coriandolo e ginepro.

© https://en.wikipedia.org/wiki/Ebers_Papyrus#/media/File:PEbers_c41-bc.jpg

 

Curiosità

La vinoterapia.“Ovunque lontano di qui inebriatevi di vino, musica e poesia. Siccome mi sa che te de musica e poesia niente, allora daje cor vino!” [cit. Boris].

Nell’antichità si credeva molto al vino come farmaco.  Platone lo consigliava per alleviare la tristezza soprattutto durante la vecchiaia. Ippocrate lo prescriveva per curare le ferite, come diuretico, purgante e antipiretico, e Galeno ne caldeggiava l’uso per rinvigorire il fisico debilitato.

 

La triaca. Dal greco θηριακή thēriakḗ, cioè antidoto, oppure secondo alcuni dal sanscrito táraca dove tár significa salva. Si tratta del farmaco più famoso di tutti i tempi utilizzato da Mitridate IV, re del Ponto (I secolo a.C.) che, temendo di essere avvelenato dai nemici, commissionò al proprio medico questo rimedio potentissimo. Conteneva estratti di 50 piante (tra cui mirra, incenso, timo, succo d’acacia, finocchio, anice e cannella), una lucertola senza zampe, con aggiunta di miele per renderla commestibile. Successivamente, il medico Andromaco la perfezionò su richiesta di Nerone aggiungendo altri 10 ingredienti, tra cui oppio e carne di serpente, e fu battezzata la “terìaca magna”. Per diciotto secoli fu utilizzata per curare qualsiasi male. Funzionava? Non come antiveleno, certamente, ma la presenza della morfina sicuramente alleviava il dolore, leniva la tosse e riduceva l’ansia.

Ricercatori  del passato

Nella storia antica, il più autorevole scrittore di farmaci vegetali fu Dioscoride, “il padre della farmacognosia”, medico militare dell’esercito di Nerone, che studiò piante medicinali ovunque viaggiasse con l’esercito romano. Intorno al 77 d.C. scrisse l’opera “De Materia Medica” che offriva numerosi dati sulle piante medicinali e fu utilizzata fino al tardo Medioevo e al Rinascimento.  Si trattava di un compendio in cui venivano descritti 944 farmaci, 657 di origine vegetale, con il relativo aspetto esteriore, la località, la modalità di raccolta, fino alla preparazione dei medicinali veri e propri e il loro effetto terapeutico. Per esempio, la camomilla (Matricaria recucita L.), conosciuta con il nome di Chamaemelon, veniva usata per curare ferite, punture, ustioni e ulcere, quindi per pulire e sciacquare occhi, orecchie, naso e bocca (me sa che pure mo nonna te fa gli impacchi de camomilla per l’orzaiolo!). A causa della sua lieve azione carminativa (te toje l’aria in panza e allevia le coliche) era ed è particolarmente appropriata per i bambini. Dioscoride riteneva anche che la camomilla avesse un’azione abortiva.

 

©https://commons.wikimedia.org/wiki/File:62-Dioscoride_A.jpg

Plinio il Vecchio (23-79 d.C.), contemporaneo di Dioscoride, che viaggiò in Germania e Spagna, descrisse 1000 piante medicinali nel suo libro “Historia naturalis“.

Da non dimenticare, il più illustre medico romano Galeno (131-200 d.C.) che compilò il primo elenco di farmaci con azione simile e intercambiabili: “De succedanus“. Galeno introdusse anche diversi nuovi farmaci di origine vegetale come l’Uvae ursi folium, usato come uroantisettico e diuretico lieve, e tuttora utilizzato.

Carlo Magno (742-814 d.C.), il fondatore della rinomata scuola di medicina di Salerno, nei suoi “Capitolari” ordinò di coltivare 100 diverse piante medicinali, come salvia, cipolla di mare, iris, menta, papavero, malva palustre, ecc. Il grande imperatore apprezzò particolarmente la Salvia officinalis (salvia dal latino significa pianta della salvezza).

I monaci. Fu nel Medioevo che i monasteri divennero la sede delle cure, di coltivazione di piante medicinali e di preparazione di farmaci. La terapia si basava su 16 piante medicinali, tra cui salvia, anice, menta, semi greci, salati, tanaceto. Durante tutto il Medioevo i medici europei hanno consultato le opere arabe “De Re Medica” di John Mesue (850 d.C.), “Canon Medicinae” di Avicenna (980-1037) e “Liber Magnae Collectionis Simplicum Alimentorum Et Medicamentorum” di Ibn Baitar (1197 -1248), in cui sono state descritte oltre 1000 piante medicinali.

I viaggi di Marco Polo (1254-1324) in Asia tropicale, Cina e Persia, la scoperta dell’America (1492) e i viaggi di Vasco De Gama in India (1498), portarono molte piante medicinali in Europa. Orti botanici emersero in tutta Europa e furono fatti tentativi per la coltivazione di piante medicinali domestiche e di quelle importate dal vecchio e dal nuovo mondo. Con la scoperta dell’America, la materia medica si arricchì di un gran numero di nuove piante medicinali: Cinchona, Ipecacuanha, Cacao, Ratanhia, Lobelia, Jalapa, Podophylum, Senega, Vanilla, Mate, tabacco, peperoncino e molte altre.

Nel diciassettesimo secolo, il Cortex Chinae, prodotto dalla corteccia del chinino, pianta erbacea della famiglia delle genziane, prese il nome di polvere della contessa, poiché la contessa di Chinchon fu la prima ad usarla, e venne poi introdotta nella medicina europea. Il chinino (clorochina, qui un approfondimento) viene considerato principalmente come febbrifugo, viene usato per la profilassi antimalarica e oggi anche testato per la malattia COVID-19 (con poco successo, secondo i dati sperimentali).

 

© https://en.wikipedia.org/wiki/Quinine

Nel diciottesimo secolo, nella sua opera Species Plantarium (1753), Linneo fornì una breve descrizione e classificazione delle specie descritte fino ad allora, modificando il sistema di denominazione in uno binominale. Il nome di ogni specie consisteva nel nome del genere, con una lettera maiuscola iniziale, e il nome della specie, con una lettera iniziale minuscola.

All’inizio del diciannovesimo secolo ci fu una svolta nella conoscenza e nell’uso delle piante medicinali. La scoperta, la fondatezza e l’isolamento degli alcaloidi dal papavero, ipecacuanha, strychnos, chinino, melograno e altre piante, quindi l’isolamento dei glicosidi (glicosidi prodotti dal genere Salix sono una fonte di acido salicilico, derivati dall’antrachinone presenti in piante come la senna hanno effetto lassativo mentre glicosidi cumarinici hanno la proprietà di dilatare le arterie coronariche. I glicosidi digitalici digitossina e digossina furono i capostipiti storici dei farmaci cardiotonici), segnarono l’inizio della farmacologia. Con il potenziamento dei metodi chimici, sono state scoperte anche altre sostanze attive dalle piante medicinali, come tannini, saponosidi, oli eterici, vitamine, ormoni, ecc. [3].

Ancora oggi la fitoterapia resta in voga e spesso erroneamente utilizzata per trattare diverse patologie, soprattutto da chi fa autodiagnosi senza consultare specialisti.

Dobbiamo tuttavia sottolineare che oggi molti farmaci derivano proprio da molecole presenti nelle piante. Qui potete trovare una bella lista.

Solo le piante? Assolutamente no!

Circa il 35 percento dei farmaci attuali proviene direttamente o indirettamente da prodotti naturali tra cui: piante (25%), microrganismi (13%) e animali (circa 3%): i prodotti di origine naturale costituiscono una risorsa estremamente importante per le aziende farmaceutiche globali che lavorano allo sviluppo di nuove medicine. Sono usati come fonte diretta di agenti terapeutici, materia prima per lo sviluppo di farmaci complessi e semisintetici. Dei 520 nuovi farmaci approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) tra il 1983 e il 1994, il 39% erano prodotti naturali o derivati ​​da prodotti naturali e circa il 60-80% di antibiotici e farmaci anti-cancro sono derivati ​​da prodotti naturali. Esistono molti esempi di farmaci che provengono da prodotti naturali, in particolare da piante, microrganismi e animali. Alcuni buoni esempi sono:
– gli agenti anti-colesterolemici simvastaina, lovastatina, pravastatina e atorvastatina;
– gli agenti antiipertensivi: captopril ed enalapril;
– gli agenti immunosoppressori ciclosporina A, tacrolimus (FK506) e rampamicina;
– gli agenti antitumorali come il taxolo;
– gli agenti antibiotici e antifungini: penicillina, eritromicina, claritomicina.

La rivoluzione del farmaco

Con lo sviluppo della chimica all’inizio del XIX secolo, le piante iniziarono ad essere esaminate più da vicino per capire perché fossero utili dal punto di vista medico. Nel 1804 Sertürner purificò la morfina dall’oppio e scoprì che riproduceva in gran parte degli effetti analgesici e sedativi dell’oppio, ma abbiamo dovuto aspettare fino al 1923 per determinarne la struttura chimica (Gulland e Robinson, 1923), e fino al 1956 (Gates e Tschudi, 1956) per sintetizzarla in laboratorio.

 

© https://www.houzz.com/products/morphine-molecule-framed-artwork-prvw-vr~8101001

 

L’identificazione dell’attività antibatterica della penicillina da parte di Fleming (1929) e il suo isolamento da parte di Chain and Florey (1940) rivoluzionò la medicina e portò ad un ampio screening di microbi e funghi, e all’identificazione di altri composti antibiotici.

 

Piastra petri contenente Penicillum notatum

© https://www.flickr.com/photos/mega_hamster/25454670376

Mentre l’evoluzione della resistenza agli antibiotici ha limitato l’uso di molti antibiotici naturali, la loro scoperta e commercializzazione hanno posto le basi alla moderna industria farmaceutica [4].

Il farmaco oggi e il progresso della terapia

La potenza, l’efficacia e altri parametri dei farmaci naturali possono essere migliorati da un processo semi-sintetico in cui la struttura chimica viene modificata senza alcun cambiamento dello scheletro principale (diciamo che subisce abbellimenti, ovvero aggiunte di atomi o gruppi di atomi che servono ad incrementarne l’efficacia e la potenza). Per esempio, l’aspirina deriva dalla modifica dell’acido salicilico. L’eroina invece deriva dalla modifica della morfina (gli scienziati della Bayer pensarono di modificare la morfina allo scopo di diminuire l’effetto collaterale della dipendenza e si trovarono di fronte a una delle peggiori molecole mai esistite). Il paracetamolo (principio attivo della tachipirina) e i sulfamidici (ad azione antimicrobica) sono prodotti sintetici. I farmaci geneticamente modificati comprendono il vaccino contro l’epatite B, l’insulina ricombinante ingegnerizzata con DNA (ampiamente utilizzata dai diabetici; in passato si utilizzava quella di maiale), l’interferone-α-2a e l’interferone-α-2b per la leucemia. La lista sarebbe ancora infinita.

Alla chimica di sintesi del ventunesimo secolo si sono affiancate l’ingegneria genetica e le biotecnologie, che con le loro ricerche contribuiscono alla produzione e alla sicurezza di un nuovo farmaco. E negli ultimi anni, il “Drug Discovery” viene supportato anche dall’intelligenza artificiale.

Non possiamo negare che il farmaco sia diventato un efficace strumento per la tutela della salute, un bene terapeutico e sociale. E prima che riesca a fare il suo ingresso in terapia e a raggiungere un paziente, lunga e, a moltissimi ignota, è la sua storia di valutazione e di difficoltà della ricerca ad esso legata. Spesso sento dire “Il farmaco c’è, ma ce lo nascondono!”

Niente di tutto ciò: il vero “nemico” sono i test tediosi, lunghi e necessari a garanzia della salute umana. Devono arrivare a voi in modo sicuro! Nella figura in basso potete osservare le tempistiche, dalla “nascita” all’immissione sul mercato di un nuovo farmaco.

© https://weareparky.wordpress.com/2017/03/31/impiegano-troppo-tempo-i-nuovi-farmaci-per-il-parkinson/

La nostra aspettativa di vita si è certamente allungata da quando abbiamo la possibilità di curarci.

Come funziona un farmaco? Lo scopriremo nella prossima puntata!

 

[1] McCauley, B., Maxwell, D. & Collard, M. A Cross-cultural Perspective on Upper Palaeolithic Hand Images with Missing Phalanges. J Paleo Arch 1, 314–333 (2018).

[2] https://www.nature.com/articles/nature21674

[3] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3358962/?report=reader

[4] https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC2813068/

Mirella Vivoli Vega

Biochimica, giocoliera di macromolecole e vivo nel meraviglioso mondo di Proteinlandia. Ho un dottorato in Scienze Biochimiche (Università  Sapienza di Roma). Lavoro in UK, dove cerco di svelare l'intricato mondo di batteri cattivissimi. Sogno ricorrente: vestita da astronauta, con taniche piene di cristalli, e in viaggio verso la ISS, dove una volta arrivata faccio esperimenti di cristallografia delle proteine! Faccio divulgazione perché ho bisogno di raccontare la Bellezza, quella a livello atomico, che non tutti hanno la fortuna di poter ammirare direttamente.

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