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L’idrogeno: l’energia del futuro?

È il primo elemento della tavola periodica e il più abbondante nell’universo: stiamo parlando dell’idrogeno (H2), oggetto di discussioni in tema energetico sia in UE che in Italia (3,19 miliardi del PNRR saranno dedicati all’idrogeno). Non tutti, però, sono consapevoli che l’idrogeno sia il prodotto di una trasformazione energetica: per ricavarlo va staccato dalle molecole con cui è combinato e lo si fa con processi industriali molto energivori.

In gergo scientifico si usa differenziarlo in quattro colorazioni principali:

  • Idrogeno grigio: ricavato da combustibili fossili (come il metano) tramite un processo che libera 9 kg di CO2 ogni kg prodotto, quindi incompatibile con gli obiettivi europei;
  • Idrogeno blu: derivante da un trattamento simile all’idrogeno grigio ma la CO2 prodotta verrebbe stoccata nei giacimenti esausti di petrolio e gas (non è un caso che l’industria petrolifera spinga per il blu);
  • Idrogeno verde: generato attraverso l’elettrolisi dell’acqua, un processo che è veramente green solo se alimentato da energie rinnovabili;
  • Idrogeno viola: sempre generato dall’acqua ma dove la corrente è fornita da una centrale nucleare.

Ad oggi, ben il 96% dell’idrogeno prodotto è grigio e solo il 4% è verde. Per quale motivo?

Separare l’idrogeno dall’acqua richiede enormi quantità di energia, quindi di denaro: occorrono dai 4 ai 6 € per un kg di idrogeno verde, contro l’1,5 di quello grigio. La Commissione Europea, però, prevede che entro il 2040 l’H2 verde possa diventare competitivo (2€ al kg), grazie ai massicci investimenti previsti. Ciò consentirebbe di sostituire con idrogeno i combustibili fossili nell’industria pesante e nel trasporto.

C’è un grosso però: le energie rinnovabili non sono sufficienti a coprire la domanda di energia richiesta per la produzione di idrogeno. Occorre dunque costruire reti integrate e intelligenti e aumentare drammaticamente la produzione di rinnovabile, dato che, in Italia, l’idrogeno viola non è preso in discussione.

Schema del processo di elettrolisi dell’acqua per l’ottenimento dell’idrogeno. Attraverso l’utilizzo dell’elettricità è possibile dissociare le molecola d’acqua negli ioni H+ e OH-.
Al catodo gli ioni idrogeno (H+) acquistano elettroni in una reazione di riduzione che porta alla formazione di idrogeno gassoso. All’anodo gli ioni idrossido (OH-) vengono ossidati, formando ossigeno.

L’idrogeno come combustibile

L’idrogeno viene spesso utilizzato come combustibile. Il combustibile è, a rigor di definizione, l’ossidante di un processo di ossidoriduzione particolare: la combustione. In realtà questa parola viene ormai utilizzata per rappresentare tutte quelle reazioni che producono calore e quindi si possono pensare come reazioni di combustione.

Un esempio di questo tipo è il combustibile nucleare, che appunto produce calore ma va incontro a fusione o fissione nucleare, e non combustione. In realtà l’idrogeno è un combustibile nel vero senso della parola, anche se non ci si pensa spesso. Infatti, le cosiddette celle a combustibile funzionano proprio attraverso l’ossidazione dell’idrogeno e la riduzione dell’ossigeno, scambiandosi elettroni. È anche possibile modificare i motori a combustione interna per fare in modo che possano funzionare a idrogeno.

La particolarità dell’idrogeno come combustibile è che a differenza di altre sostanze, come ad esempio la benzina, il gas o il gasolio, quando brucia non emette anidride carbonica.

La motivazione è semplice: nelle altre sostanze è presente il carbonio, che nelle reazioni di combustione si trasforma in CO2, un potente gas serra, responsabile dell’innalzamento delle temperature. Oltre all’anidride carbonica la combustione dei così detti combustibili fossili, genera polveri sottili, dovute al materiale incombusto che si disperde in aria, ossidi di azoto e ossidi di zolfo estremamente pericolosi per la salute umana. La combustione dell’idrogeno invece genera un solo ed unico prodotto: l’acqua.

Quindi, in teoria, l’idrogeno sarebbe un’alternativa perfetta ai combustibili tradizionali, purtroppo però ha dei grandissimi limiti.

L’approvvigionamento

Una differenza grossa dei combustibili tradizionali e l’idrogeno è un elemento a cui piace molto stare allo stato gassoso. Difatti, uno dei problemi che più si pongono quando si parla di conversione all’idrogeno è la necessità di cambiare radicalmente le infrastrutture.

Per citare un esempio, il GNL (gas naturale liquefatto, principalmente Metano) viene conservato liquido a -162°C. Questo permette di aumentare il gas portato. Se si facesse lo stesso con l’idrogeno, si avrebbero due problemi. Bisognerebbe portare l’idrogeno a -252°C, quindi il serbatoio dovrebbe essere criogenico e refrigerato con elio liquido o vettori simili. Inoltre, maneggiare idrogeno è molto difficile, per via della volatilità e della sua pericolosità.

Le alternative alla difficoltà di stoccaggio dell’idrogeno potrebbe essere l’adsorbimento. L’ idrogeno, infatti, essendo di piccole dimensioni, è in grado di infilarsi negli interstizi microscopici di metalli, polimeri ed altri materiali. In tal modo sarebbe possibile conservare un certo quantitativo di combustibile all’interno di questi materiali. Purtroppo però, ad oggi, non è ancora stato trovato un materiale che possa immagazzinare una quantità di idrogeno tale da rendere questa metodologia efficiente.

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I rischi dell’idrogeno

Avete presente l’incidente dell’Hindenburg? Bene, se vi sono venute in mente le immagini dell’immenso dirigibile in fiamme, avrete capito già qual è il punto. Il problema dell’idrogeno è dato dalla sua estrema reattività. L’idrogeno reagisce molto bene con l’ossigeno per formare acqua, che è molto più stabile (ha energia di legame molto più bassa delle energie dei due elementi). Questa cosa è molto positiva perché gli permette di essere un ottimo combustibile.

Ma dall’altra parte, secondo la legge di Murphy, se qualcosa può andare storto lo farà. Di conseguenza, bisogna maneggiare con estrema attenzione l’idrogeno. Almeno quando si parla di mobilità non è un problema nuovo, visto che i combustibili sono reagenti naturali violenti. Infatti, tutte le soluzioni di mobilità presentano problemi simili. Si pensi alla benzina, al metano, o anche al litio contenuto nelle batterie. Quest’ultimo, infatti, se si mette a bruciare è impossibile da spegnere a meno di esaurimento del combustibile.

Fonti

Tipologie di idrogeno

Infrastrutture idrogeno

 

Mario Di Micco

Sono laureato in chimica all'Università degli Studi dell'Aquila ma mi appassiona qualsiasi forma di conoscenza, dall'astrofisica al senso della moda nell'Impero Bizantino. Nella vita lavorativa mi occupo di consulenze mediche, mentre in quella privata di viaggi, birra e fotografia. Probabilmente utilizzerò questa descrizione anche su Tinder 🌰

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