NATURAPIANTE

I fitormoni: i segnali del mondo vegetale

I fitormoni: dalle scoperte casuali agli studi sul metabolismo vegetale

Se pronunciassi la parola “ormone”, cosa vi verrebbe in mente? Testosterone, estrogeni, dopamina, cortisolo… Ce ne sono a centinaia, ognuno fondamentale al corretto funzionamento del metabolismo.                                                Ma le piante? Ci avete pensato alle piante?? Niente paura, anche loro hanno gli ormoni: i fitormoni!

Helen Lovejoy si preoccupa per le piante.

In inglese vengono chiamati “PGRs“: plants growth regulators, regolatori della crescita vegetale, e sono responsabili del corretto metabolismo. Dalla crescita, per l’appunto, al differenziamento, allo sviluppo di fiori e frutti.

Se gli ormoni delle specie animali sono molto numerosi, i fitormoni non sono da meno. In questo articolo faremo un breve excursus sui cinque principali.

Vedremo che la loro scoperta deriva dalla casualità, da argute osservazioni e da studi approfonditi. Scopriremo che c’azzeccano, tra di loro, Charles Darwin, le ananas, il fumo, un fungo e il polietilene, ad esempio.

Le Auxine: i fitormoni della crescita

Le auxine sono state il primo fitormone ad essere scoperto. Il merito viene condiviso tra diversi scienziati: dalle osservazioni di Darwin, e suo figlio Francis, alla scoperta della struttura chimica per merito di K. Thimann.

Il nostro Charles e suo figlio, nel lontano 1881, fecero alcuni interessanti esperimenti sui coleottili: le guaine che avvolgono la gemma del fusto di una graminacea. Notarono che la luce unidirezionale causava l’inclinazione del germoglio verso di essa.

Eh beh! Grazie al ca…volo! Si sa che le piante crescono verso la luce!

Gli esperimenti che hanno portato a scoprire la funzione delle auxine

Ma i Darwin fecero un passo in più, ovviamente. Coprendo il coleottile con una guaina impenetrabile alla luce, il germoglio non si piega verso di essa. Lasciando scoperto l’apice del coleottile, e coprendone solo la base, il germoglio continua a piegarsi nella direzione da cui proviene la luce.

L’ipotesi fu presto fatta: nell’apice del germoglio c’è un non ben definito segnale di crescita che, viaggiando lungo il resto del germoglio, ne influenza l’allungamento.

Sulla base di queste osservazioni, nel 1913, Peter Boysen-Jensen riuscì a dimostrare la natura chimica delle auxine. Impedendo il contatto cellulare tra la punta del coleottile e il resto del germoglio, utilizzando però una gelatina che permette il passaggio di sostanze chimiche, si nota l’allungamento in direzione della luce. Cosa che non avviene se la membrana è impermeabile al passaggio di sostanze chimiche.

Verso la fine degli Anni ’20, Frits Went diede la dimostrazione definitiva della natura chimica di questa sostanza, battezzandola come “auxina”, dal greco “auxein” – aumentare. I suoi esperimenti hanno dimostrato come la presenza di auxina, nel lato ombreggiato di un germoglio, causa l’allungamento cellulare dello stesso in direzione della luce.

Le auxine sono quindi responsabili di fenomeni come fototropismogravitropismo. Infatti, nel caso del fototropismo (movimento verso la luce) la parte in ombra del germoglio ha un elevata concentrazione di auxina. Ciò la fa crescere di più, piegando il resto del germoglio verso la luce.

 

I fitormoni: auxina
Effetto delle auxine sul fototropismo. ©http://zamoweb.altervista.org/blog/ormoni-vegetali-auxina/

 

Il gravitropismo, invece, riguarda la percezione della gravità. Anche in questo caso, il ruolo dell’auxina è fondamentale perché, indirettamente, segnala l’alto e il basso, facendo sviluppare la radice nella giusta direzione.

Infine, K. Thimann scoprì la struttura chimica dell’auxina: acido indol-3-acetico (IAA).

Le Gibberelline: i fitormoni dello sviluppo

Abbreviate in “GA”, le gibberelline sono un gruppo di molecole con funzione ormonale. Anche in questo caso, lo studio su questi ormoni è frutto, inizialmente, di altre osservazioni che riguardano la patologia vegetale.

Lo scienziato giapponese Eiichi Kurosawa se ne stava zitto zitto a studiare la “bakanae“: la malattia “pianta sciocca” del riso. Questa malattia causa uno sviluppo anomalo delle piante di riso che, pur crescendo più alte delle piante sane, si allettano (ovvero si piegano fino a terra) per il troppo peso ma senza produrre i chicchi. E addio sushi.

La causa? Alcune molecole prodotte dal fungo Gibberella fujikuroi. La sostanza incriminata, fu chiamata, con molta fantasia, “gibberellina”.

I fitormoni: gibberelline
Infestazione di Gibberella fujikuroi var. subglutinans su Plantago lanceolata. ©https://bladmineerders.nl/ – Plant Parasites of Europe

Se in alte concentrazioni causano questo tipo di fisiopatie, le gibberelline naturalmente prodotte dalle piante hanno però delle funzioni essenziali.

Sono responsabili dell’interruzione della dormienza dei semi e successiva germinazione. Stimolano la secrezione di α-amilasi; quest’ultima, idrolizzando l’amido presente nei semi, lo trasforma in glucosio da cui l’embrione potrà ottenere energia. Sono altresì responsabili dello sviluppo dei frutti.

Scusate se è poco!

Le citochinine: i fitormoni della divisione cellulare

Il nome ne svela la natura: la divisione cellulare o citocinesi. Le citochinine infatti sono responsabili della divisione cellulare, specialmente di germogli e radici. Ma non solo: determinano la dominanza apicale. Quest’ultima è un fenomeno fisiologico in cui l’apice vegetativo inibisce e controlla lo sviluppo delle gemme laterali.

La sua modalità d’azione però è, a sua volta, influenzata dalla presenza, o meno, delle auxine. La presenza di sole auxine non causa il differenziamento e la divisione cellulare. Così come solo le citochinine non hanno alcun effetto sulle cellule dei tessuti vegetali.

Il corretto accrescimento e differenziazione cellulare avviene solo se auxine e citochinine “lavorano” in sinergia. Addirittura le auxine regolano la stessa biosintesi delle citochinine!

Acido abscissico: il fitormone “dello stress”

Se le gibberelline sono coinvolte nell’interruzione della dormienza dei semi, l’acido abscissico (ABA), al contrario, la favorisce.

Uno dei ruoli principali è quello di mediatore delle risposte della pianta in condizioni di stress: ambientale o provocato da patogeni.

Causa, ad esempio, la chiusura degli stomi in condizioni di mancanza d’acqua. Lo fa in un modo interessante. Dato che è prodotto anche nelle radici, si “accorge” facilmente della carenza idrica nel suolo. A questo punto, migra nelle foglie e altera il potenziale di membrana delle cellule di guardia. Queste ultime, che circondano lo stoma, perdendo turgore, si chiudono. In questo modo l’ABA riduce la traspirazione fogliare, impedendo la perdita di ulteriore acqua preziosa.

Davvero un fitormone prezioso!

Perché si chiama acido abscissico? In alcune piante è responsabile della caduta (abscissione) delle foglie. Tuttavia il principale responsabile della caduta di foglie e frutti è il prossimo fitormone.

L’etilene: il fitormone della maturazione

Ultimo, ma non ultimo, troviamo l’etilene. Il più “commerciale” dei fitormoni. Cosa vuol dire?

Sul finire del 1800, quando le piantagioni di ananas iniziavano ad avere un ampio sviluppo commerciale, si scoprì casualmente che, grazie al fumo, le piante potevano essere indotte a fiorire.

No, non immaginante dei fumatori incalliti che si aggiravano per le piantagioni di ananas. Piuttosto, una volta scoperta la relazione fumo/fioritura anticipata, erano numerosi i coltivatori che bruciavano del legno accanto alle piante. Una vera e propria fumigazione dei frutteti!

Nei primi del ‘900 venne isolata la sostanza attiva responsabile dell’induzione della fioritura: l’etilene.

Nelle piante si comporta da fitormone, diventando il responsabile, coadiuvato dalle auxine, della caduta fogliare, della senescenza (invecchiamento) della pianta, dello sviluppo dei germogli e della maturazione dei frutti.

Si tratta di un gas, particolarmente infiammabile, la cui sintesi, nella pianta, è un processo auto-catalitico: l’aumento di concentrazione ne favorisce l’ulteriore sintesi.

Il ruolo dell’etilene è fondamentale nella conservazione e trasporto dei cosiddetti frutti climaterici. I più famosi sono: mela, banana, pomodoro, kiwi, avocado, fico, pero, pesca, prugna e melone.

Cos’hanno di speciale? Anche dopo essere stati raccolti, continuano la produzione di etilene, completando così la maturazione. All’atto pratico, possono essere trasportati con più facilità. Immaginate le banane: raccolte ancora verdi, matureranno una volta giunte a destinazione dopo un lungo viaggio dall’Africa.

Cosa che non avviene nei frutti non climaterici: se vengono raccolti acerbi… rimangono acerbi! Pensate ad esempio all’uva, ai mirtilli, alle ciliegie, agli agrumi.

Se volete divertirvi con l’etilene provate a chiudere in una busta una mela matura e una banana ancora verde: in poco tempo la banana diverrà di un giallo brillante, pronta per essere gustata.

Apples & Bananas Song. Canzoni per bambini prima di traumatizzarli con la scoperta dell’etilene. ©https://www.youtube.com/watch?v=pAGkle1C2UE

P.S. L’etilene è anche il composto da cui iniziare a ricavare numerose materie plastiche. Ad esempio il polietilene (avete presente i rotoli di plastica da imballaggio? Ci si diverte a scoppiare le bollicine d’aria!) o il PVC.

Conclusioni e applicazioni

Questo articolo rappresenta una breve, e generica, panoramica sul mondo dei fitormoni. Non può certo essere esaustivo. Molti studi sono ancora in corso per chiarire definitivamente i meccanismi che sottendono le sinergie tra tutti gli ormoni delle piante.

Ormoni come l’etilene, meriterebbero un articolo a sé, per scoprire tutto ciò che riguarda la frutta che, ogni giorno, portiamo sulle nostre tavole.

Che ne dite? Stay tuned per il prossimo articolo! 🙂

 

FONTI:

https://en.wikipedia.org/wiki/Plant_hormone

http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2008/08/17/frutta-all%E2%80%99etilene/

https://www.actahort.org/books/1042/1042_33.htm

https://www.sciencedirect.com/topics/agricultural-and-biological-sciences/plant-hormones#:~:text=Plant%20hormones%20(also%20known%20as,(BR)%2C%20and%20peptides.

Giulio D'Onofrio

Fin da bambino le mie più grandi passioni sono la natura e i libri: ho fuso le due cose nella divulgazione scientifica e dal 2018 faccio parte del Team di MissioneScienza. Sono un Perito Agrario iscritto al CdL in Scienze Agrarie all'Università degli Studi di Udine e mi piacerebbe specializzarmi in Agricoltura di Precisione. Mentre completo gli studi, lavoro come Insegnante Tecnico-Pratico in una scuola superiore in provincia di Pordenone. Insomma, la divulgazione è parte integrante della mia vita!

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