La scienza dietro gli sbadigli, sono contagiosi?
Per cominciare… sì, gli sbadigli sono contagiosi. Ma partiamo dal principio.
Penso sia capitato a tutti.
Sei a cena con amici, uno dei quali si ostina a raccontarti una di quelle storie di cui proprio non te potrebbe fregare meno nemmeno se ti ci impegnassi.
Improvvisamente, lo senti. Sta arrivando.
Ti si inumidiscono gli occhi, senti una sensazione di pizzicore in gola.
Arriva.
Uno sbadiglio.
Lo sbadiglio è un riflesso di una profonda inspirazione ed espirazione (e anche un grosso segnale che la conversazione fra te e il tuo amico è appena diventata molto imbarazzante).
Questo evento fisiologico, in realtà, è associato a svariate cause scatenanti. Stanchezza, stress, mancanza di sonno e noia sono le più conosciute, ma anche fame e sete sono nella lista! Inoltre, vedere o sentire una persona sbadigliare può causare una serie di sbadigli a catena. Per alcuni di voi già leggere la parola “sbadiglio” così tante volte potrebbe essere abbastanza.
Insomma, gli sbadigli sono contagiosi.
Ma perché sbadigliamo? Perché vedere una persona sbadigliare ci fa sbadigliare?
Animali che sbadigliano
Probabilmente lo avrete già notato osservando cani e gatti, gli esseri umani non sono gli unici animali a sbadigliare.
In realtà “lo sbadiglio” è un fenomeno molto comune in tutti i vertebrati (dai pesci ai mammiferi). Fu lo stesso Charles Darwin nel suo libro “The Expression of the Emotions in Man and Animals” (L’espressione delle emozioni negli uomini e negli animali) a parlare del fatto che i babbuini usassero sbadigliare quando in situazioni di alto rischio percepito (probabilmente per mostrare in maniera più chiara i loro affilati canini). Criceti e porcellini d’india usano gli sbadigli allo stesso modo, per mostrare rabbia o per stabilirsi come elemento dominante del gruppo.
Differentemente dai criceti, i pigoscelidi di Adelie (banalmente, i pinguini più diffusi sulle coste dell’antartico) usano gli sbadigli come parte del loro rituale di corteggiamento. Il pinguino maschio punta il becco al cielo e giù di sbadigli.
Provatelo anche voi al prossimo appuntamento, nel caso non funzionasse prendetevela con i pinguini.
Anche alcuni serpenti sbadigliano, per un motivo totalmente diverso. A seguito di un pasto (dove il serpente “disloca” la sua mascella per ingoiare la preda intera), lo sbadiglio serve a riallineare la trachea e assicurarsi che non ci siano problemi respiratori. Anche i pesci, in generale, sbadigliano se si trovano in condizioni di mancanza di ossigeno.
Quello che hanno in comune tutti questi animali sbadiglianti è che questo comportamento è sempre “conspecifico”. Questo vuol dire che un pinguino non sbadiglierà mai per sedurre una capra e che un criceto non sbadiglierà mai per rendersi superiore a un cane.
Lo sbadiglio fra gli esseri umani
Se per quanto riguarda gli altri animali abbiamo un’idea abbastanza chiara sulle cause degli sbadigli, le esatte ragioni che fanno sì che un essere umano sbadigli non sono ancora ben definite.
L’ipotesi che lo sbadigliare sia causato da una mancanza di ossigeno non regge. L’atto dello sbadiglio, infatti, riduce sensibilmente la quantità di ossigeno immessa nei polmoni. Un essere umano che sbadiglia non risulta né dominante né particolarmente sensuale (almeno in generale). A seguito dei pasti la nostra trachea non ha bisogno di essere mossa di un millimetro.
Banalmente, si sa che lo sbadiglio è sintomo di noia o stanchezza. Più specificamente, esistono studi che suggeriscono che lo sbadiglio sia una reminiscenza di un mezzo utilissimo di comunicazione per animali che vivono in branco. Dando anche una definitiva spiegazione a quello che abbiamo detto all’inizio dell’articolo, gli sbadigli sono contagiosi.
Gli sbadigli sono contagiosi
Come succede anche per cani e lupi, negli uomini lo sbadiglio è un sintomo di perdita di attenzione (dovuta a stanchezza o noia). Animali sociali (soprattutto quelli soggetti a predazione) che vivono in branco devono necessariamente essere pronti a reagire in ogni momento come un gruppo coeso. Se uno dei componenti del gruppo è stanco o disattento sarà meno reattivo e meno preparato. Non solo uno sbadiglio dà al gruppo una notifica visibile di tale impreparazione, ma la sua contagiosità rende immediatamente tutti “allineati” e instintivamente consapevoli dello stato del branco.
Negli umani, la frequenza di contagio varia quantitativamente durante il giorno, con un picco a mattina presto e in tarda serata (seguendo la falsa riga del ritmo sonno-veglia). Uno studio dell’Università di Pisa ha dimostrato, inoltre, che la contagiosità degli sbadigli non è la stessa fra conoscenti e sconosciuti! Fra parenti stretti (genitori, figli, nipoti, fratelli, coppie stabili) la contagiosità è massima (e incredibilmente rapida) e decresce via via negli amici, nei conoscenti, raggiungendo il minimo per gli sconosciuti.
Oltre che per l’uomo, il contagio dello sbadiglio per ragioni simili è stato dimostrato per primati come scimpanzé e babbuini. Sebbene esistano studi che provano la contagiosità inter-specie fra uomini e cani domestici, i risultati sono abbastanza controversi e non definitivi.
Sbadigli e empatia
Oltre a essere un vestigiale segno di un comportamento di branco, esistono svariati studi che suggeriscono fra sbadigli (e la loro contagiosità) e lo sviluppo dell’empatia.
Osservazioni sperimentali definiscono che, per gli esseri umani, gli sbadigli iniziano ad essere contagiosi intorno ai 4-5 anni. A quell’età i bambini iniziano a sviluppare, parallelamente, la capacità di identificare e processare le emozioni altrui. A supportare questo collegamento, soggetti che presentano disturbi legati all’empatia (ad esempio, nello spettro dell’autismo) risultano essere meno “sensibili” al contagio dello sbadiglio.
Questo potrebbe essere causato dal fatto che la regione del cervello che si ipotizza essere coinvolta alla risposta dello sbadiglio si sovrappone, parzialmente, a quella che governa la sfera emotiva.
I neuroni specchio
I neuroni specchio sono una classe di neuroni motori (dall’attivazione involontaria) sia quando un individuo esegue un’azione finalizzata, sia quando lo stesso individuo osserva la medesima azione finalizzata compiuta da un altro soggetto qualunque.
Questa classe di neuroni è stata individuata nei primati, in alcuni uccelli e nell’uomo. Nell’uomo, oltre ad essere localizzati in aree motorie, si trovano anche nell’aree relative a linguaggio e processamento delle emozioni. La loro scoperta è frutto di un caso. Durante un esperimento che coinvolgeva una scimmia, uno sperimentatore prese una banana da un cesto di frutta, preparato per l’esperimento, e registrò una attività anomala per alcuni neuroni della scimmia che osservava la scena. Questa attività neurale, registrata in un’area fino ad allora esclusivamente considerata dedicata al movimento, non era associata al moto.
La scimmia non si era mossa.
Dopo essersi sincerati che non si trattasse di un difetto nelle misure o un guasto nella strumentazione, si aprì una nuova frontiera nell’ambito delle neuroscienze.
Bonus e Conclusioni
Empatia e psicologia a parte, altre teorie suggeriscono che lo sbadiglio sia una strategia per raffreddare il cervello. Il cervello dei mammiferi opera in maniera ottimale all’interno di un piccolo range di temperature. Soggetti con un “sistema di raffreddamento” (ossia un panno bagnato) appoggiato sulla fronte, e costretti a respirare esclusivamente dal naso, mostrano non solo di sbadigliare meno, ma anche di essere più soggetti al contagio.
Fun Fact, durante uno sbadiglio i muscoli tensori del timpano si contraggono. Questo crea il caratteristico “rumore di fondo” che si sente durante uno sbadiglio. Il rumore non è dovuto al vibrare dell’aria, ma da un fenomeno meccanico interno all’apparato uditivo.
Se non avete mai sbadigliato durante l’articolo, vi faccio i miei complimenti.
Sbadiglio, perché?
Lo sbadiglio, studio generale
Significato fisiologico
Sbadigli umani (cause ed effetti)
Contagiosità, empatia e relazione
Sfida a non sbadigliare (approfondimento video)
Sbadigli (ASAP science)
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Laurea in chimica-fisica dei sistemi biologici, ottenuta all’università “La Sapienza” di Roma, PhD in Chimica Organica ottenuto all’università di Twente (Paesi Bassi), attualmente parte dell’Editorial Office di Frontiers in Nanotechnology e Frontiers in Sensors, a Bologna. Mi identifico come napoletano (anche se di fatto a Napoli ci sono solo nato). Un ricettacolo di minoranze (queer, vegano, buddista…) con una grande passione per la divulgazione.