Fruttosio e intolleranze
Sicuramente conoscerete la famosissima intolleranza al lattosio, ma cosa sappiamo invece dell’intolleranza al fruttosio?
Per prima cosa vi presento meglio questo simpatico zucchero.
Cos’è il fruttosio?
Il fruttosio è uno zucchero semplice, in particolare un chetoesoso, molto diffuso nei vegetali, soprattutto nella frutta zuccherina e nei relativi succhi, solitamente disciolto in soluzione acquosa. Ma lo troviamo in concentrazioni molto più alte nel miele (dove può rappresentare anche il 40-50% del peso totale).
Il fruttosio è noto come “lo zucchero della frutta”, un po’ impropriamente perché solitamente la frutta contiene una miscela di saccarosio, glucosio e fruttosio dove questi ultimi due spesso sono presenti in percentuali simili.
Il fruttosio commerciale si ottiene principalmente convertendo il glucosio presente nell’amido di mais, mediante un processo enzimatico di isomerizzazione, che dà luogo a un denso sciroppo di mais ricco di fruttosio (55-60%), noto anche come HFCS (High Fructose Corn Syrup), da cui può essere anche estratto e cristallizzato il fruttosio puro.
Vantaggi dell’utilizzo del fruttosio
Il fruttosio è il più dolce tra tutti i tipi di zuccheri presenti in natura. Un grammo di fruttosio contiene le stesse calorie di un grammo di saccarosio, ma è molto più dolce; questo implica che per ottenere lo stesso grado di dolcezza è possibile usarne meno e di conseguenza ingerire una quantità minore di calorie. Per questo, sempre più persone hanno iniziato a consumarlo a scopi dietetici.
Il fruttosio a volte viene consigliato nelle diete di soggetti diabetici al posto del saccarosio, poiché ha un basso indice glicemico e il suo ingresso nelle cellule è indipendente dall’insulina. Infatti, a differenza del glucosio, la presenza di fruttosio nel plasma non determina una risposta insulinica apprezzabile.
Dopo questa parentesi sul fruttosio è giunto il momento di parlarvi dell’intolleranza a questo zuccherino trottolino amoroso dudu dadadà.
Esistono due tipi di patologie differenti:
- il malassorbimento del fruttosio (o intolleranza intestinale al fruttosio).
- l’intolleranza ereditaria al fruttosio;
Malassorbimento o intolleranza intestinale al fruttosio
Quando si parla di intolleranza al fruttosio, nella maggioranza dei casi si intende il suo malassorbimento, ovvero una condizione caratterizzata da assorbimento incompleto del fruttosio. È dovuta ad alterazioni a carico del trasportatore GLUT5 presente a livello dell’intestino tenue e ha un’incidenza stimata a circa il 30% della popolazione europea.
Il fruttosio non assorbito nell’intestino tenue prosegue verso l’intestino crasso dove viene decomposto dai batteri con produzione di acidi grassi a corta catena e gas, determinando sintomi gastrointestinali quali:
- dolori addominali;
- flatulenze;
- sensazione di pesantezza allo stomaco;
- crampi addominali;
- costipazione;
- diarrea;
- nausea;
Come viene diagnosticata?
La diagnosi di intolleranza si effettua utilizzando un test del respiro completamente indolore e non invasivo, chiamato Hydrogen Breath Test (HBT), che si basa sulla misurazione dell’idrogeno espirato dopo l’assunzione di una dose nota di fruttosio.
In caso di intolleranza al fruttosio, infatti, l’idrogeno derivante dalla decomposizione di questo zucchero da parte dei batteri del colon, passa nel sangue e raggiunge i polmoni.
Nell’HBT, per prima cosa, viene somministrato a digiuno del fruttosio sotto controllo medico; il paziente deve poi espirare a più riprese (ogni 30 minuti, per circa 3-4 ore) all’interno di un boccaglio. Il dispositivo misurerà la quantità di idrogeno presente nei campioni di aria espirata.
L’eventuale aumento dell’idrogeno è indice di intolleranza al fruttosio, quindi la quantità di questo gas è direttamente proporzionale al grado di intolleranza.
Come viene trattata?
Dopo la diagnosi di intolleranza bisogna seguire una dieta povera di fruttosio. Viene stabilita la tolleranza individuale a questo zucchero mediante un test che prevede l’aumento graduale nella dieta di alimenti che lo contengono. Sulla base del risultato ottenuto dal test verranno formulate delle raccomandazioni alimentari individuali.
Intolleranza ereditaria al fruttosio (IEF)
La IEF è una malattia genetica autosomica (cromosoma 9) recessiva rara con incidenza 1:20 000, diffusa in tutto il mondo, anche se la maggior parte dei casi sono diagnosticati in Europa e in Nord America. È dovuta a una mutazione del gene ALDO-B che determina una deficienza dell’attività dell’enzima fruttosio-1-fosfato-aldolasi (assenza dell’enzima o inattività parziale o totale).
Questo enzima è responsabile del metabolismo del fruttosio e si trova normalmente nel fegato, nei reni e nell’intestino tenue.
L’aldolasi B catalizza la scissione del fruttosio-1-fosfato (F-1-P) in diidrossiacetone fosfato e gliceraldeide. Se non funziona correttamente si assiste a un accumulo del substrato F-1-P in reni, fegato e intestino. Il fruttosio accumulato nel fegato interferisce con l’attività di numerosi altri metaboliti epatici, inibendo la trasformazione del glicogeno e la sintesi di glucosio.
Per questo, lɜ pazienti affettɜ da IEF, in seguito all’ingestione di fruttosio o alla sua somministrazione per via endovenosa, possono andare incontro a episodi gravi e talvolta letali di ipoglicemia.
Conseguenze e sintomatologia della IEF
La IEF si manifesta generalmente nella prima infanzia al momento dello svezzamento quando, nella dieta del neonato, vengono introdotti per la prima volta alimenti contenenti fruttosio, saccarosio o sorbitolo, spesso presenti in gran quantità specialmente nei cibi artificiali per neonati. In questa fase, la diagnosi precoce è molto importante per evitare conseguenze fatali.
In bambini affetti da IEF, una prolungata ingestione di fruttosio porta a un rapido peggioramento delle condizioni dei reni e soprattutto del fegato (con comparsa dell’ittero) che in breve tempo può portare alla morte.
I bambini che riescono a sopravvivere sviluppano un’avversione naturale per tutti i cibi che contengono fruttosio: dolci, bevande zuccherate, frutta, verdura, ecc…
La IEF si manifesta con dolore addominale acuto, vomito, ipoglicemia, acidosi lattica, sudorazione, confusione e, talvolta, convulsione e coma. L’esito può essere letale per insufficienza epatica/renale.
Diagnosi della IEF
La diagnosi spesso avviene solo in età adulta quando la persona riporta sintomi di “allergia alimentare” a qualcosa di non ben definito e talvolta associata a una spiccata avversione per i cibi contenenti fruttosio.
L’approfondimento diagnostico consiste in esami del sangue e delle urine, per valutare la funzionalità epatica e renale (transaminasi, glicemia). L’ecografia addominale può rivelare alterazioni nella struttura dell’organo.
La conferma si ottiene con i test genetici che rivelano la presenza di mutazioni del gene ALDO-B. Possono essere individuati anche i soggetti portatori, ovvero coloro che possiedono una sola copia alterata del gene in questione e che quindi non presentano sintomi ed evidenze visibili. Infatti, essendo una malattia recessiva, sono necessarie due copie del gene anomalo affinché insorga il disturbo.
Trattamento della IEF
Il trattamento dell’IEF implica l’esclusione di alimenti contenenti fruttosio, saccarosio e sorbitolo dalla dieta, quali la frutta, alcuni tipi di verdura, prodotti dietetici industriali, svariati farmaci. È possibile prescrivere preparati multivitaminici per compensare le vitamine, in particolare la vitamina C e i folati.
Conclusione
Come abbiamo già detto all’inizio di questo articolo, anche il fruttosio ha una sua utilità. Per cui, questo zucchero non va eliminato dalla dieta a prescindere, ma solo in casi strettamente necessari come appunto in presenza di un’intolleranza.
Ovviamente è sconsigliato consumare in quantità troppo elevate cibi ricchi di dolcificanti (ad esempio bibite zuccherate), poiché l’eccesso può risultare dannoso!
Invece, la quantità di fruttosio che troviamo nella maggior parte degli alimenti semplici e poco manipolati è piuttosto ridotta e richiederebbe consumi elevatissimi per poter raggiungere concentrazioni problematiche. Il segreto è sempre non eccedere, e questo vale per ogni cosa. Per cui, non abbandonate la frutta che è fondamentale!
Ho conseguito la laurea triennale in scienze biologiche e la laurea magistrale in scienze biosanitarie, curriculum nutrizionistico, all’università di Bari “Aldo Moro”. Amo la biologia in ogni sua sfaccettatura con un occhio di riguardo per l’ambiente e la nutrizione. Ho scelto di fare divulgazione per trasmettere agli altri la mia passione e per far comprendere l’importanza della scienza, spesso sottovalutata. Il mio motto è “Nulla di grande nel mondo è stato fatto senza passione”.