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10 cose che dovresti sapere sull’aumento dei prezzi del grano

Il tema del grano, nel nostro paese, ha una popolarità ciclica. A fronte di mesi di dimenticatoio, puntualmente succede qualcosa che lo fa tornare sulla bocca di tutti.

Questa volta, a far parlare di frumento (termine più accurato di “grano”), non è stato l’approdo dell’ennesima nave cargo canadese, ma un evento ben più terribile: l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo. Credo ne abbiate sentito parlare.

Il prezzo del frumento ha subito una forte impennata rispetto agli anni scorsi e i giornali si sono riempiti di articoli su presunte carestie dovute a una drastica riduzione di pasta e pane, come conseguenza del calo di produzione di frumento in Ucraina e Russia.

I più catastrofisti si sono convinti che non avremo la farina per fare la pasta e la pizza l’anno prossimo.

E possiamo scherzare e ironizzare su tutto, ma se c’è il rischio di rimanere senza pasta e pizza tutti diventano seri, i sorrisi si spengono, l’aria si carica di tensione.

La situazione, effettivamente, non è delle più rosee e, tanto per cambiare, i fatti sono un po’ più complicati di come vengono posti.

Ho cercato di fare un compendio di tutto quello che ci serve sapere sul tema frumento rispetto ai recenti fatti di attualità e alle nostre esigenze di import ed export.

Fatemi sapere se questo format può interessarvi!

1. Chi produce più frumento nel mondo?

I paesi che producono più tonnellate di frumento al mondo sono Cina e India. Le due nazioni, avendo una popolazione spropositatamente grande, tendono a consumare gran parte di ciò che producono.

Anzi, la Cina ha fortemente aumentato l’import di grano e mais estero per scopi di stoccaggio.

Al terzo posto troviamo invece proprio la Russia, seguita da USA, Canada, Francia e Ucraina.

Quindi sì, effettivamente l’Ucraina e la Russia sono protagonisti importanti nella produzione di frumento mondiale. I due paesi, insieme, rappresentano il 29% delle riserve globali del cereale.

La guerra sul suolo ucraino ha fisicamente compromesso lo svolgimento delle normali attività agricole e, di conseguenza, i raccolti per quest’anno.

Per quanto riguarda la Russia, le sanzioni economiche con i relativi limiti di import ed export e il problema dei pagamenti in rubli rendono quantomeno complesso l’approvvigionamento da questo stato.

2. E l’Italia come è messa?

Nella classifica mondiale di produzione di frumento, l’Italia si piazza al 19° posto, che, considerando le superfici agricole relativamente scarse, è un buon dato.

In media, in un anno produciamo circa 4 milioni di tonnellate (Mt) di frumento duro a fronte di un fabbisogno interno di circa 6 Mt. La regione di riferimento per superfici e produzione è la Puglia.

Considerando invece il frumento tenero, le cui farine sono usate per dolci e biscotti, ne produciamo circa 3 Mt all’anno, a fronte di una necessità interna di 7-8 Mt (ho trovato dati leggermente discordanti). In questo caso la regione di riferimento è l’Emilia-Romagna.

In totale, con le dovute approssimazioni, produciamo circa 7,5 Mt di frumento, ma ce ne servono circa 13.

Importiamo, a seconda degli anni, circa il 35-40% di frumento che ci serve.

Trebbiatura grano frumento
Il ciclo del frumento, nel nostro paese, comincia con la semina a metà/fine autunno e si conclude con le raccolte a giugno © Fonte

3. Da dove viene il frumento che importiamo?

Ogni anno, a seconda del prezzo, compriamo dai canadesi dal 40 al 70% del frumento duro che importiamo. Il resto viene da Stati Uniti e Francia.

Per il frumento tenero, invece, attingiamo principalmente da Ungheria e Francia.

Ma Russia e Ucraina?

Il peso delle importazioni di frumento duro e tenero da questi paesi rispetto al totale, in Italia, si aggira intorno al 4-5%. Una percentuale abbastanza irrilevante considerando quanto importiamo da altri paesi.

Le due nazioni, pur essendo protagoniste mondiali nella produzione di frumento, non esportano una quantità rilevante di prodotto in Italia e, in generale, in Europa.

Il grosso del loro mercato è soprattutto in Africa, Asia e Medio Oriente.

4. Da cosa deriva l’incremento del prezzo del frumento duro?

Ma quindi, questo prezzo impazzito del grano da cosa dipende? Perché ne facciamo le spese anche noi che non ci riforniamo dai due paesi in guerra?

L’invasione dell’Ucraina è solo la ciliegina sulla torta di tutta una serie di eventi che, ben prima della guerra, avevano fatto schizzare il prezzo del grano alle stelle.

In termini di rese, l’anno scorso è stata un’annata terribile per il frumento. La provincia canadese del Saskatchewan, in cui si produce la maggior parte del frumento duro nazionale, è stata colpita da una forte siccità, con temperature che a luglio hanno toccato i 40° C.

Le persone non sono le uniche a soffrire il caldo. Il frumento, quando non piove, non se la passa benissimo e uno degli effetti più tangibili è un vistoso calo delle rese.

Guardando il grafico dell’andamento dei prezzi, si nota come essi subiscano una brusca impennata subito dopo il periodo di raccolta in Canada (settembre) e ben prima dell’inizio della questione Russa-Ucraina (fine febbraio).

Prezzo del frumento duro
Il prezzo del frumento duro nel corso degli ultimi mesi © Fonte

Sempre dal grafico, si può notare come i prezzi degli anni scorsi erano si aggiravano sui 250-300€ a tonnellata. Proprio in virtù di questi prezzi stracciati, nel 2020 l’Italia ha importato ben 3 Mt di frumento duro (a fronte delle canoniche 2 Mt), per fare un po’ di stoccaggio.

Per quanto riguarda il frumento duro, quindi, la situazione non è rosea, ma non ci saranno carestie nel breve termine.

L’aumento del prezzo non è legato alla guerra in corso.

Certo è che se le produzioni in America non tornano ai livelli degli anni passati, la situazione diventerà ben più drammatica.

5. E il prezzo del frumento tenero?

Per il frumento tenero la situazione è diversa. Innanzitutto, il tenero rappresenta circa il 95% del mercato mondiale di frumento.

Il frumento duro interessa principalmente a noi che facciamo la pasta, ma nel resto del mondo sono interessati a fare pizza e dolci.

Anche in questo caso, si sono verificati dei rialzi in seguito al calo di produzione del Nord America, ma molto lievi.

Il grosso balzo dei prezzi, per questo e per altri cereali (orzo e mais) si stanno verificando dall’inizio del conflitto. A pesare è la possibile indisponibilità, per i mercati mondiali, di circa il 30% della produzione, quella cioè derivante da Russa e Ucraina.

La situazione è stata aggravata, fra l’altro, dall’Ungheria, che ha introdotto un sistema di limitazione dell’export di cereali considerati “derrate agricole strategiche“.

Questo tipo di limitazioni ci colpisce direttamente, visto che metà del frumento tenero che importiamo lo prendiamo proprio da loro.

Dall’inizio della crisi in atto, alla Borsa merci di Chicago le quotazioni a termine del frumento tenero in consegna a maggio hanno evidenziato un’elevata volatilità giornaliera e rialzi fino e oltre il 30%.

Prezzo del grano tenero
Grafico che rappresenta il prezzo del frumento tenero nel corso degli ultimi mesi © Fonte

Abbiamo inoltre già citato, sebbene brevemente, la questione della Cina che ha aumentato a dismisura le importazioni di cereali.

Nel caso del mais, la domanda della Cina è più che quintuplicata nel 2021 (27 Mt rispetto alle 4,8 Mt del 2019) a seguito della ripresa della suinicoltura dopo lo stop causato dalla peste suina africana (PSA).

La pressione esercitata da questa forte crescita della domanda, oltre a determinare tensioni sul mercato del mais, potrebbe aver avuto ripercussioni anche su mercati di orzo e frumento, considerabili in parte sostituti dello stesso mais nell’alimentazione animale.

6. Che effetti ha avuto la guerra sulla coltivazione del frumento?

Come abbiamo accennato, bollare questa situazione con un “è colpa della guerra” è un po’ semplicistico.

Non dimentichiamoci che veniamo da due anni di pandemia in cui le attività si erano quasi fermate e poi sono riprese di colpo a pieno ritmo.

I problemi di logistica e di approvvigionamento di materie prime sono affiorati ben prima del conflitto e non hanno fatto che aggravarsi con esso.

Fra tutti, ciò che sta avendo grosse ripercussioni in agricoltura sono gli aumenti del prezzo del carburante, dell’energia elettrica e dei fertilizzanti.

Questi ultimi, in particolare, sono essenziali per assicurare la qualità del frumento.

7. In cosa consiste la qualità del frumento?

Uno dei primi parametri misurati all’arrivo dei camion di frumento nei centri di stoccaggio è l’umidità. La misurazione è effettuata con appositi macchinari che esprimono un valore percentuale.

Umidità sopra il 15% possono essere rischiose per lo stoccaggio poiché favoriscono l’insorgenza di muffe.

L’altro parametro che, insieme alla resa, influisce molto sul guadagno finale di un agricoltore è il contenuto proteico.

Per il frumento duro e per alcuni tipi di tenero, l’alto contenuto proteico è essenziale, non solo perché in questo modo la pasta tiene la cottura e non scuoce, ma per legge, in Italia, il contenuto proteico della pasta deve essere superiore al 10,5%.

Pastifici come Granoro (cito questo perché è una realtà che conosco) fanno contratti di filiera per cui ritirano solo partite di grano con contenuti di proteine superiori al 13%.

Il problema è che buona parte del grano italiano non arriva a questi standard qualitativi.

Le cause sono diverse. Il ciclo stesso della coltura, da noi, è più breve che in Nord Europa e Nord America.

Il basso livello di precipitazioni nel Sud non aiuta lo sviluppo della pianta e compromette resa e qualità.

Non tutti gli agricoltori ritengono economicamente vantaggioso usare fertilizzanti, soprattutto quando il prezzo del grano è basso come negli anni passati.

La fertirrigazione è cruciale: nelle zone più produttive bisogna evitare che l’insufficiente disponibilità di azoto diventi un fattore limitante, mentre nelle aree meno produttive le concimazioni azotate devono essere eseguite nei momenti più favorevoli per l’assorbimento.

Generalmente esse vengono eseguite pre-semina, alla ripresa vegetativa della pianta e nella fase della botticella, quando si forma la spiga verde.

Come abbiamo accennato, il prezzo dell’urea, principale fertilizzante azotato, è passato da 350 euro a 850 euro a tonnellata in seguito alla pandemia.

Insieme all’aumento del prezzo dei carburanti e del seme, si stima che quest’anno un agricoltore abbia dovuto spendere 400€ di più per ettaro di frumento.

8. È vero che saremmo autosufficienti se non esportassimo pasta?

Spesso quando si parla di frumento viene fatta notare, giustamente, una verità che potremmo definire “algebrica”.

L’Italia produce pasta per una quantità che soddisfa il 230% del proprio fabbisogno nazionale mentre importa il 35-40% di frumento dall’estero.

È matematico che se producessimo pasta solo per noi, il nostro frumento coprirebbe il fabbisogno interno.

Oppure perché non produrre la pasta destinata all’Italia con il frumento italiano, mentre quella destinata all’estero con il frumento estero?

In questo modo potremmo goderci il marchio di “made in Italy con grano 100% italiano”, che tanto ci rende orgogliosi.

Mi dispiace rompere questo sogno nazional popolare, ma è impossibile.

Come abbiamo accennato, una buona parte del frumento duro italiano ha un contenuto proteico inferiore al 13%. Il grano estero, importato da paesi nordici, in cui tendenzialmente piove di più e ci sono cicli produttivi più lunghi, ha in media un contenuto proteico sopra il 14%.

E forse vi sorprenderà sapere che, a differenza di quanto spesso si affermi, il frumento estero non ha costi minori di quello italiano, anzi!

Proprio grazie all’alto contenuto proteico spesso costa più in quanto di qualità maggiore.

Le importazioni sono essenziali perché, mescolando il nostro frumento poco proteico con altro frumento più proteico, i pastifici riescono a standardizzare le farine e a preparare la pasta che non scuoce che tanto ci piace.

Ora, lo so che è difficile ammettere che la nostra amata farina e il nostro frumento nazionale siano più scarsi di quelli fatti in Canada con la neve, ma tant’è.

La qualità non tiene conto di fattori sentimentali, delle tradizioni, delle rughe sulle mani di mio nonno, ma di dati empirici e confrontabili. Può sembrare spietato, ma qui dobbiamo essere razionali.

Ben vengano i contratti di filiera in cui i mulini valorizzano il grano italiano di qualità. E ben vengano gli agricoltori che riescono a produrre frumento con livelli proteici alti.

Ma se escludiamo virtuosismi isolati, la situazione a livello nazionale è questa.

Tabella fabbisogno italiano coop
La tabella fa riferimento a dati del 2013, non ne ho trovata una più aggiornata e altrettanto chiara © Fonte

9. Ma il grano estero è sano o ci sono dentro glifosate e altre diavolerie?

Il grosso rischio nello stoccare il grano e trasportarlo è l’insorgenza di muffe con conseguente produzione di micotossine.

La micotossina più comunemente osservata nel frumento (duro e tenero) è il deossinivalenolo (DON), talvolta chiamata vomitossina, prodotta dal fungo Fusarium graminearum. Abbiamo pubblicato un articolo di approfondimento proprio sulle micotossine.

L’insorgenza del fungo è favorita da temperature sopra i 15 gradi e dalle piogge, sia perché l’acqua fa da agente veicolante, che per le condizioni di umidità che si vengono a creare.

Il patogeno agisce in fase di spigatura:

  • se il fungo prolifera prima della fecondazione, il fiore interno alla spiga abortisce e il risultato alla raccolta è una spiga vuota;
  • se il fungo prolifera quando “il chicco” di grano (la cariosside) si sta formando, il risultato sono delle cariossidi sbiancate e leggere, contaminate con il DON.

Le concentrazioni di DON tollerate in Europa sono bassissime, pari a 1750 ppb.

Se nel Sud Italia le scarse piogge limitano di molto le rese di produzione, è anche vero che minimizzano i problemi relativi al DON. Nel Nord Italia, specialmente in regioni come Piemonte e Lombardia, in annate particolarmente piovose i livelli di DON crescono in maniera preoccupante.

Che siano esteri o italiani, i lotti di frumento sono sempre controllati per la presenza di micotossine.

Per quanto riguarda il glifosate, il grosso della propaganda sta nel fatto che in Canada esso viene usato per forzare la disseccatura della pianta, che da noi invece avviene naturalmente a fine ciclo.

Quello che non viene detto è che in Italia non è raro usare il glifosate in pre-semina, per ridurre il numero di infestanti. E non c’è nulla di male, lo dico solo perché sembra che noi in Italia non usiamo questo prodotto ma lo usano solo “gli altri che ci vogliono avvelenare”.

Il limite fissato per legge per questa sostanza è di 10 mg/kg.

Molti articoli acchiappa-like hanno usato titoloni su presunti lotti di pasta avvelenati, limitandosi a citare analisi che avevano riscontrato la presenza della sostanza in alimenti venduti in Italia.

Peccato che non si sono ricordati di riportare le concentrazioni misurate della sostanza, tutte sempre inferiori alla soglia, nella maggior parte dei casi anche di centinaia o migliaia di volte.

Fortunatamente, i nostri centri di analisi e quelli europei eseguono migliaia di test su ogni tipo di prodotto, locale o importato. I risultati sono pubblici e consultabili da chiunque.

Non c’è nulla di insabbiato e nulla di allarmante.

Articolo il salvagente su pasta
Uno degli articoli più popolari a riguardo. Smontato da praticamente tutti e un esempio da manuale di pessimo giornalismo. Un articolo che fa, consapevolmente, disinformazione.

10. La filiera del grano italiano è in crisi?

Il grano, in quanto considerato una materia prima, rientra nelle cosiddette commodities.

Le commodities sono prodotti molto standardizzati, venduti e acquistati nei mercati internazionali, e il cui prezzo influenza e viene influenzato dalle borse.

[Considerando le commodities alimentari, NdR] l’Italia produce relativamente poco prodotto rispetto ad altri stati e per di più di qualità mediocre.

L’ancora di salvezza del frumento duro italiano è l’obbligo di utilizzare almeno il 51% della materia prima di origine italiana per poter dire in etichetta “made in Italy”.

Il collo di bottiglia rimane il fatto che gli agricoltori non sono incentivati a seminare frumento se i margini di guadagno sono bassi e i rischi alti. Tutta la filiera ha bisogno di un ammodernamento, dalla gestione pratica della coltura, ai centri di stoccaggio, ai contratti di filiera.

Puntare sulla qualità è possibile, ma comporta delle spese importanti che non trovano un riscontro nelle premialità date agli agricoltori.

Incentivare contratti di filiera controllata, che premiamo maggiormente agricoltori virtuosi, potrebbe essere un inizio. Ribilanciare una parte degli introiti da chi vende o esporta il prodotto finito a chi produce la materia prima potrebbe riportare entusiasmo in un settore che va avanti per inerzia.

Detto ciò, non pretendo di trovare la soluzione al problema e non voglio sminuire chi già lavora per migliorare le cose. Non ho né le competenze né è mio lavoro farlo. Credo che spendiamo fior di soldi per pagare gente che se ne occupi per noi.

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Se hai letto fino a qui hai una grande forza di volontà!

Spero che questo articolo abbia chiarito un po’ cosa sta succedendo con il frumento e abbia fornito degli elementi per contestualizzare meglio le notizie di attualità.

Se vuoi svagarti con articoli più leggeri dai un occhio agli articoli sulla storia del pomodoro e dell’avocado!

Giovanni Cagnano

Plant Breeder di mestiere, divulgatore per hobby. Nato sotto una foglia di carciofo e cresciuto a orecchiette e cime di rape, sono sempre stato interessato alla genetica. Ho studiato biotecnologie agrarie e, dopo un erasmus in Danimarca, ho proseguito con un industrial PhD nella stessa azienda sementiera presso cui stavo scrivendo la tesi. Dal 2019 sono rientrato in Italia e lavoro attivamente come plant breeder, realizzando varietà di ortaggi che molto probabilmente avete mangiato :)

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