Francesco Redi, un razionale del ‘600

Francesco Redi nella sua vita fu molte cose: un medico, un filosofo, un poeta, uno scrittore, un biologo. Ma forse il termine che più fa giustizia alla sua persona è razionale.

Francesco Redi era una persona profondamente razionale.

E vorrei parlarvene non solo per l’importanza che ha ricoperto nella storia della scienza ma anche perché, tramite i suoi scritti, possiamo immedesimarci nei panni di un intellettuale dell’11.600 EU (1600 d.C.).

Redi è famoso per aver smentito la teoria della generazione spontanea: ripercorreremo i versi della sua opera e avremo modo di approfondire questo argomento.

[Nota: in questo articolo, come ormai d’abitudine, utilizziamo la datazione temporale in formato Era Umana, EU, perché riteniamo che permetta di meglio comprendere gli avvenimenti passati come parte della storia umana, la cui data convenzionale di inizio è fissata al 10.000 a.C.]

La razionalità

La cosa che stupisce, però, è che molti dei suoi approfondimenti e opere nascono dal quotidiano, dal vissuto.

Questa è una tendenza che in quel periodo stava prendendo sempre più piede: a Redi e ai suoi colleghi non interessava tanto indagare o fare disquisizioni sui grandi temi generali della fisica e dell’astronomia. 

Per loro era molto più interessante assecondare quel desiderio, quasi infantile, di chiedere “perché?”: perché un determinato evento succede? Quali sono le cause? E quali le conseguenze?

C’è un preciso punto, però, dove l’infantilità del chiedersi il perché di tutto lascia spazio allo scienziato maturo, all’uomo razionale: quando già esiste una spiegazione di un evento, essa non è necessariamente vera a meno che non provi che lo sia.

Quando si va nel pratico del microcosmo che ci circonda, non c’è spazio per gli assiomi, per la magia. Ci sono precisi rapporti di causa-effetto, rapporti che vanno investigati, capiti, provati e descritti.

Da Osservazioni intorno alle vipere, 1664:

Ogni giorno più mi vado confermando nel mio proposito di non voler dar fede, nelle cose naturali, se non a quello che con gli occhi miei propri io vedo, e se dall’iterata e reiterata esperienza non mi venga confermato.

Redi non sarebbe stato uno di quelli che soffiava sulla memory-card della Playstation per farla funzionare. O che se il telecomando non funziona gli dà due botte perché boh, magari si sistema.

È questa una delle cose che più mi ha colpito di Redi. Il non accontentarsi.

E anzi, se nel fare una domanda, si trova una risposta che non convince, anche se sostenuta dalla tradizione—a maggior ragione se sostenuta dalla tradizione—l’uomo razionale deve adoperarsi per verificarla e, eventualmente, confermarla o smentirla.

Fatto questo, a discrezione vostra, potreste anche mezzo blastare gli autori smentiti. Cosa che il buon Francesco fa spesso e volentieri.

Sempre da Osservazioni intorno alle vipere, 11.664 EU (1664 d.C.):

se uno de gli antichi Savi registrò per vero ne suoi volumi qualche racconto, dalla maggior parte di coloro, che son venuti dopo, alla cieca, e senza cercar’altro, è stato creduto ed è stato di nuovo scritto sotto la buona fede di quel primo che lo scrisse, e così alla giornata si parla, come i pappagalli.

Ritratto di Francesco Redi
Ritratto di Francesco Redi e dei suoi boccolosissimi ricci. © Fonte

Una breve panoramica della vita di Redi

Come nelle interrogazioni di italiano o di filosofia, vi riporto, prima di entrare nel merito, qualche informazione bibliografica per contestualizzare il soggetto.

Francesco Redi nasce ad Arezzo, il 18 febbraio 11.626 EU (1626 d.C.), figlio di Gregorio Redi, illustre medico, e Cecilia de Ghinci. È il primogenito di otto figli. Ha cinque sorelle che presero tutte i voti.

Nell’Italia in cui cresce Redi, lo Stato della Chiesa e il Regno di Napoli occupavano gran parte dei territori centro-meridionali del paese. Il resto dei territori erano divisi in ducati (di Toscana, di Savoia, di Modena, ecc.) e dalle due repubbliche di Venezia e Genova.

La scoperta dell’America aveva ormai spostato il centro del commercio internazionale dal mar Mediterraneo all’oceano Atlantico. I porti italiani persero la loro importanza a beneficio di quelli collocati sull’oceano.

Questo, insieme alle guerre senza fine e all’oppressione spagnola, causarono una grave crisi economica che farà da sfondo a tutto il secolo. A condire il tutto, mettiamoci pure un’epidemia di peste in cui le città di Milano e Napoli persero quasi la metà della loro popolazione.

In questa bolgia, Redi, insieme alla sua famiglia, si trasferì, nell’11.642 EU (1642 d.C.), a Firenze, dove studiò presso i gesuiti. Nel ’47, a Pisa, si laureò in Medicina e Filosofia.

Dopo un paio d’anni passati a esercitare la professione di medico, dall’11.650 (1650 d.C.) rimase 4 anni a Roma, e in seguito tornò a Firenze dove, dal ’55, iniziò a far parte dell’Accademia della Crusca pur non avendo ancora pubblicato niente. Probabilmente grazie alla fama di letterato che si era fatto, e ai risultati accademici conseguiti a Pisa.

Qui ebbe la possibilità di lavorare alla correzione e all’ampliamento delle voci della terza edizione del Vocabolario della Crusca.

Pochi anni dopo, nell’11.657 (1657 d.C.), Redi entrò a far parte dell’Accademia del Cimento, la prima associazione scientifica a utilizzare il metodo sperimentale galileiano in Europa, luogo di confronto tra i protagonisti della scienza di allora.

Una mappa che mostra la divisione del territorio italiano fra i vari stati e ducati dell’11.600 EU (1600 d.C.). © Fonte

Dall’11.666 EU (1666 d.C.) entrò al servizio della corte Medicea di Firenze, diventando il medico del Granduca Ferdinando II e, in seguito, del suo successore Cosimo III.

Questo gli diede i mezzi e i luoghi per condurre diverse sperimentazioni, e così che arrivò l’esordio scientifico nel ’64, con la pubblicazione di “Osservazioni intorno alle vipere”. Poco dopo, nel ’68, fece seguito “Esperienze intorno alla generazione degli insetti”, l’opera che ne consacrò la fama e “Osservazioni intorno agli animali viventi che si trovano negli animali viventi”, pubblicato nell’11.684 EU (1684 d.C.).

Durante il suo periodo di attività pubblicò anche un certo numero di sonetti e, nell’85, la sua opera letteraria più famosa “Il Bacco in Toscana”, che racconta aneddoti, storia, tradizioni e cultura del vino in Toscana.

Negli ultimi anni di vita le sue condizioni fisiche e mentali peggiorarono. Secondo Adriano Giacosa, suo biografo, aveva frequenti attacchi di gotta, problemi renali e, probabilmente cominciò a soffrire di attacchi epilettici.

Fu probabilmente a causa di queste condizioni precarie e dell’influenza di Cosimo III e della sua corte, molto devoti alla religione, che Redi abbandonò la razionalità che sempre lo aveva accompagnato e si dedicò a pratiche pseudo-religiose abbastanza discutibili. Come il cercare di curarsi con reliquie di santi.

Morì il 1° marzo dell’11.697 EU (1697 d.C.) nella sua casa di Pisa e venne seppellito ad Arezzo, come da lui richiesto.

Le opere scientifiche di Redi

I primi testi di argomento scientifico scritti da Redi arrivarono, come già anticipato, piuttosto tardi.

L’esordio avvenne con le Osservazioni intorno alle vipere, nel ’64, opera dedicata a Lorenzo Magalotti (11.637-11.712 EU, 1637-1712). A questo link potete leggere l’opera per intero, e proprio da questa lettura che nasce questo articolo. Vi assicuro che ne vale davvero la pena!

Dedicherò a quest’opera un articolo a parte fra qualche giorno, quindi stay tuned!

In super sintesi, in Osservazioni intorno alle vipere, Redi raccoglie tutto il sapere bibliografico e “popolano” dell’epoca e comincia a smontare pezzo pezzo tutti i miti e le leggende testando le varie ipotesi e riportando i risultati dei propri esperimenti. Alle volte blastando male gli autori storici per aver inventato cose assurde.

Quest’opera è considerata come la capostipite della tossicologia sperimentale… Ma non vi dico oltre, andremo nel dettaglio fra qualche giorno!

Nell’11.668 EU (1668 d.C.), Redi scrisse le Esperienze intorno alla generazione degl’insetti, in cui confutò la teoria della generazione spontanea, di cui parleremo nel prossimo capitolo. Durante gli esperimenti condotti su carcasse, carni o substrati generici in decomposizione, Redi ebbe modo di osservare e descrivere, per la prima volta, alcuni ectoparassiti.

Successivamente, nell’84, pubblicò in trattato Osservazioni intorno agli animali viventi che si trovano negli animali viventi, in cui approfondisce questo argomento e in cui descrive e illustra più di 100 parassiti.

Questo lo rende, di fatto, un pioniere anche nella parassitologia.

Francesco Redi Statua
Statua rappresentante Francesco Redi – Piazzale degli Uffizi di Firenze. © Fonte

Esperienze intorno alla generazione degl’insetti

L’opera è dedicata a Carlo Dati, un filologo e scienziato fiorentino, allievo di Galilei e di Torricelli, che fu segretario dell’Accademia della Crusca e lavorò con Redi alla terza edizione del Vocabolario.

L’opera si apre con un excursus abbastanza ampio sulla generazione della vita, delle piante e degli animali sulla Terra secondo la tradizione letteraria e filosofica. Vengono citati i filosofi greci come Empedocle, Anassimandro ed Epicuro di cui abbiamo parlato anche nell’articolo sull’evoluzione e la filosofia greca.

In questa parte viene mostrato come sia credenza comune che la vita possa generarsi autonomamente dalla terra. Viene descritto un conflitto fra gli autori nel notare che dai corpi in putrefazione si generano spontaneamente i vermi, e nel dovere ammettere che con lo stesso principio, probabilmente dal fango e dalla terra sono nati gli animali più complessi, fra cui l’uomo.

Ma Redi specifica che lui non è lì per parlare di quello, si vuole solo soffermare sulle osservazioni che riguardano i vermi.

[…] vi favellerò ora minutamente d’alcuni pochi di questi insetti che, come più volgari, agli occhi nostri son noti.

Il punto di partenza è, quindi, quello che da un cadavere si generino, spontaneamente, degli insetti:

Secondo adunque ch’io vi dissi, e che gli antichi ed i novelli scrittori e la comune opinione del volgo voglion dire, ogni fracidume di cadavero corrotto ed ogni sozzura di qualsisia altra cosa putrefatta ingenera i vermini e gli produce.

Frontespizio dell’opera di Francesco Redi. © Fonte

Esperimento 1

L’autore mise tre serpenti (Zamenis longissimus) morti in una scatola e, dopo qualche giorno, notò che stavano andando in putrefazione e si cominciavano a ricoprire di vermi. Questi vermi avevano dimensioni diverse, indice del fatto che erano nati in momenti diversi. A distanza di qualche giorno, Redi notò che la maggior parte dei vermi non c’era più:

Per un piccolo foro della scatola, che io avea serrata, se ne scapparon via tutti quanti, senza che potessi ritrovar giammai il luogo dove nascosti si fossero.

Indispettito, il buon Francesco riprovò l’esperimento utilizzando una scatola che non presentava fori. Come si aspettava, dopo qualche giorno i vermi cominciarono ad apparire e a fare il loro lavoro. Quando delle serpi era rimasto ben poco, i vermi cominciarono a cercare una via di fuga, ma questa volta non la trovarono. Fu lì che Redi notò per la prima volta la formazione di crisalidi (lui le chiama uova) di diverse forme e colori:

il giorno diciannove dello stesso mese alcuni de’grandi e de’ piccoli [vermi] cominciarono, quasi ad dormentatisi, a farsi immobili; quindi raggrinzandosi in sé medesimi insensibilmente pigliarono una figura simile all’uovo; ed il giorno ventuno si erano trasformati tutti in quella figura d’uovo di color bianco da principio, poscia dorato, che a poco a poco diventò rossigno; e tale si conservò in alcune uova: ma in altre andando sempre oscurandosi, alla fine diventò come nero […]

Prese dunque queste “uova” e le mise in un contenitore chiuso con della carta. Dopo otto giorni vide che dalle uova rossicce venne fuori una mosca dalle sfumature verdastre, dopo quattordici giorni dalle uova nere vennero fuori dei grossi mosconi:

da quell’altre uova poi di color nero penarono quattordici giornate a nascere certi grossi e neri mosconi listati di bianco e col ventre peloso e rosso nel fondo, di quella razza istessa la quale vediamo giornalmente ronzare ne’ macelli e per le case intorno alle carni morte.

Redi aveva appena associato le larve allo sviluppo di pupe e, successivamente, di mosche. Un’osservazione ora banale, ma che aveva bisogno di un razionale per essere descritta.

I vari stadi dello sviluppo di una mosca, dalle uova, passando per lo stadio larvale, per poi diventare pupa e infine mosca adulta. © Fonte

Ulteriori esperimenti sulle larve di mosca

Queste così differenti generazioni di mosche uscite da un solo cadavero non m’appagarono l’intelletto; anzi stimolo mi furono a far nuove esperienze.

A questo punto, Redi descrive una caterva di nuovi esperimenti, tutti simili al primo, ma utilizzando substrati diversi. Altri serpenti, piccioni, cappone, carne di cavallo, carne di vitello, cuore di castrato. Cambiava la matrice ma l’esito dell’esperimento era sempre lo stesso, con la variabile che, a volte, venivano fuori mosche di colori e dimensioni diverse.

Poi fu il turno di rane e pesci. Stessa storia: prima “vermi”, poi nuove “uova” infine nuovi insetti che da lì emergevano.

E qui avviene il passaggio fondamentale attorno a cui ruota tutta l’opera. Notate la perfezione con cui Redi rende il processo logico:

Di quì io cominciai a dubitare se, per fortuna, tutti i bachi delle carni dal seme delle sole mosche derivassero, e non dalle carni stesse imputridite, e tanto più mi confermava nel mio dubbio quanto che, in tutte le generazioni da me fatte nascere, sempre avea io veduto sulle carni, avanti che inverminassero, posarsi mosche della stessa spezie (specie) di quelle che poscia ne nacquero; ma vano sarebbe stato il dubbio se l’esperienza confermato non l’avesse.

[enfasi non nell’originale]

Quell’ultima frase è tutto.

L’esperimento dei barattoli

Redi cominciò a sospettare che quelle larve fossero in realtà depositate dalle mosche che ronzavano intorno alle carni prima che esse fossero chiuse. Organizzò così un nuovo esperimento:

Imperciocchè a mezzo il mese di luglio in quattro fiaschi di bocca larga misi una serpe, alcuni pesci di fiume, quattro anguillette d’Arno, ed un taglio di vitella di latte, e poscia, serrate benissimo le bocche con carta e spago e benissimo sigillate, in altrettanti fiaschi posi altrettante delle suddette cose e lasciai le bocche aperte: nè molto passò di tempo che i pesci e le carni di questi secondi vasi diventarono verminose; ed in essi vasi vedevansi entrare ed uscir le mosche a lor voglia, ma ne’ fiaschi serrati non ho mai veduto nascere un baco, ancorchè sieno scorsi molti mesi dal giorno che in essi quei cadaveri furono serrati.

Nei barattoli chiusi con carta e spago, nonostante la decomposizione delle carni, non vi era traccia di vermi. Ma notò che le mosche si posavano sui coperchi per deporre le vere uova.

Siccome una rondine non fa primavera, e siccome era la sua parola contro quella di letteralmente tutto il resto del mondo, anche questa volta Redi si sbizzarrì con gli esperimenti:

Non fui però contento di queste esperienze sole; anzi che infinite altre ne feci in diversi tempi e in diversi vasi; e per non tralasciar cosa alcuna intentata, infin sotto terra ordinai più d’una volta che fossero messi alcuni pezzi di carne che, benissimo colla stessa terra ricoperti, ancorchè molte settimane stessero sepolti, non generarono mai vermi, come gli produssero tutte l’altre maniere di carni sulle quali s’erano posate le mosche.

“Quindi è fatta!”, penserete.

E invece no. Ancora una volta, il Redi scienziato e razionale mette a tacere tutti ancor prima che si possano alzare obiezioni.

Pensando ai suoi esperimenti notò un possibile punto debole. Le larve non nascono quando i barattoli sono chiusi. Ammettendo per vera la generazione spontanea, e se fosse la mancanza di ossigeno a impedirne la nascita?

[…] nientedimeno per tor via ogni dubbio ed ogni opposizione che potesse esser fatta per cagione delle prove tentate ne’ vasi serrati, ne’ quali l’ambiente aria non può entrare e uscire, nè liberamente in quegli rinnovarsi, volli ancora tentar nuove esperienze col metter le carni ed i pesci in un vaso molto grande, e, acciocchè l’aria potesse penetrarvi, serrato con sottilissimo velo di Napoli e rinchiuso in una cassetta, a guisa di moscaiuola, fasciata pure con lo stesso velo; e non fu mai possibile che su quelle carni e su quei pesci si vedesse nè meno un baco: se ne vedevano però non di rado molti aggirarsi per di fuora sopra il velo della moscaiuola, che, tirati dall’odor delle carni […]

Con questo ultimo tassello, la teoria della generazione spontanea degli insetti fu totalmente smontata.

Altri esperimenti sulle mosche

Gli esperimenti di Redi furono verosimilmente ispirati dal padre gesuita tedesco Athanasius Kircher, forte sostenitore della teoria della generazione spontanea.

Kircher aveva messo a punto un protocollo di “laboratorio” che, a suo parere permetteva di provare la generazione spontanea di qualsiasi cosa, dagli insetti fino ad animali più grandi come rospi e serpenti.

E Redi, citando proprio il monaco, provò e riprovò, ma ottenne solo vermi e mosche, tant’è che concluse dicendo:

I serpenti, a mio credere, non nascono se non sono generati per mezzo del coito.

Nell’estendere i suoi esperimenti anche a frutta e verdure, per ottenere sempre gli stessi risultati, Redi arrivò a supporre (e poi a scartare) che questo potesse addirittura spiegare l’origine delle galle vegetali.

Arrivò a teorizzare che la galla potesse essere vista come una malattia dell’albero, proprio come i tumori che si sviluppano negli animali a causa di altri animali più piccoli (parassiti). Ma invece di portare avanti questa proficua linea di pensiero mettendola alla prova, Redi si abbandonò alla speculazione, mancando anche di dati per supportare quanto diceva.

Concluse il ragionamento dicendo che poteva essere così, o poteva anche darsi che quell’anima o quella virtù, la quale genera i fiori, ed i frutti nelle piante viventi, sia quella stessa che generi ancora i bachi di esse piante. Ritornando a una teoria molto classica e in voga all’epoca.

Redi poco tempo dopo si pentì di questa sua affermazione e, in una lettera dell’11.693 EU (1693 d.C.), spiegava che il riferimento alle “anime vegetali” era sfuggito dalla sua penna “come per forza” e che sperava, sulla base di nuove osservazioni, di chiarire la questione con soddisfazione di tutti.

Conclusione

Del resto dobbiamo anche provare a immedesimarci in Redi.

Il suo era un esperimento che spiegava tanto, ma non tutto.

Rimanevano molti fenomeni senza spiegazione, per esempio, come potessero formarsi i vermi intestinali.

(Questo era un paradosso anche teologico, visto che ci si chiedeva se Adamo ed Eva ce li avessero pur vivendo nel paradiso terrestre.)

Quindi Redi, che aveva provato come la teoria della generazione spontanea fosse falsa quando applicata agli insetti, non poteva escluderla in toto in quanto mancava di dati per dimostrarlo.

Circa 200 anni dopo i suoi esperimenti, un certo Louis Pasteur dimostrò con uno schema sperimentale simile che non solo gli insetti, ma anche i batteri non si generano dal nulla, distruggendo la generazione spontanea nella sua totalità.

Nell’immaginario collettivo, però, ci vollero decenni perché questa idea fosse dismessa. E, onestamente, non sono certo che sia totalmente sparita dalla circolazione.

Spero vi siate divertitз a ripercorrere questo pezzo di storia, immergendovi nelle parole del buon Redi. Presto torneremo nel suo mondo per parlare di vipere e veleni.

Stay tuned!

Vi lascio così, cantando Francesco Redi:

Giovanni Cagnano

Plant Breeder di mestiere, divulgatore per hobby. Nato sotto una foglia di carciofo e cresciuto a orecchiette e cime di rape, sono sempre stato interessato alla genetica. Ho studiato biotecnologie agrarie e, dopo un erasmus in Danimarca, ho proseguito con un industrial PhD nella stessa azienda sementiera presso cui stavo scrivendo la tesi. Dal 2019 sono rientrato in Italia e lavoro attivamente come plant breeder, realizzando varietà di ortaggi che molto probabilmente avete mangiato :)

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