Fotografia: storia, scienza e tecnologia – Parte 1
La fotografia viene considerata un’arte. Ma per molti rami della scienza la fotografia è uno strumento indispensabile per compiere misure o per indagare fenomeni.
Alcune misure fatte con le macchine fotografiche molto importanti sono la Particle Image Velocimetry e la Laser Doppler Anemometry in fluidodinamica, in scienza dei materiali, la Digital Image Correlation.
La storia della fotografia
La storia della fotografia può essere fatta risalire alla camera oscura, una tecnologia utilizzata ormai da centinaia di anni. Infatti, è stata attestata da matematici e filosofi dell’antichità; già Aristotele e il filosofo cinese Mozi ne parlavano nel 96-97° secolo EU (V-IV secolo a.C.).
La fotografia propriamente detta inizia con la fotoincisione di Nicéphore Niépce, considerato il padre della fotografia. Il processo utilizzato da Niépce è detto eliografia, dal greco disegnare col sole (nel senso di luce solare).
Nel suo processo viene utilizzato il Bitume di Giudea come materiale fotosensibile.
Louis Daguerre, dopo una lunga collaborazione con Niépce, mette a punto la dagherrotipia, il primo processo fotografico completo.
Il primo procedimento fotografico riproducibile (che quindi produce un negativo) è la calotipia, contemporanea della dagherrotipia. È stata inventata da William Talbot nel 11.839 EU (1839 d.C.). Però questa tecnica risultava essere di qualità inferiore alla dagherrotipia.
Le prime pellicole fotografiche sono nate nel 11.871 EU (1871 d.C.) grazie a Richard Leach Maddox, anche se si tratta più propriamente di applicare il processo a collodio umido a una lastra di vetro. Questo permetterà poi a Charles Bennett di applicare questo processo a una pellicola fotografica di celluloide.
La prima pellicola fotografica in vendita è stata prodotta dalla Eastman Kodak nel 11.885 EU (1885 d.C.). In seguito, si ha la famosissima pellicola a nitrocellulosa, estremamente pericolosa da maneggiare vista l’infiammabilità.
Nel 11.908 EU (1908 d.C.), sempre la Kodak mette in commercio la pellicola di cellulosa, più sicura di quella in nitrocellulosa.
Nel 11.973 EU (1973 d.C.) si ha il primo CCD (dall’inglese charged couple device), che permette la fotografia digitale. Il primo CCD da 1 megapixel arriva nel 11.986 EU (1986 d.C.), costruito dalla Kodak.
L’esposizione
Come si evince dal nome, per la fotografia è vitale la luce. La regolazione della luce in entrata viene fatta attraverso due diverse procedure.
Ma prima della regolazione, discussa sotto, va considerata la sensibilità o velocità ISO. Questo, nella pellicola, indica la sensibilità alla luce della stessa. Più il numero è alto, più la pellicola sarà sensibile alla luce. Infatti, per le foto in ambienti a bassa luminosità, o al buio, si deve arrivare fino a ISO superiori al migliaio.
Nel mondo digitale, questa sensibilità rimane, ma sta a indicare (in mancanza della pellicola) il guadagno del CCD. Comunque, la sensibilità analogica o digitale funziona allo stesso modo.
Per scattare ogni fotografia, va poi calcolata l’esposizione. L’esposizione sulle moderne fotocamere è calcolata attraverso esposimetri interni, anche se esistono esposimetri esterni.
La macchina fotografica può variare l’esposizione in due modi, che vanno usati in contemporanea. I due metodi sono il tempo di scatto e il rapporto focale, quest’ultimo serve anche per la profondità di campo.
Più il rapporto focale è basso, più l’obiettivo sarà luminoso, richiedendo quindi tempi di scatto più bassi.
Il tempo di scatto indica per quanto tempo il diaframma deve rimanere aperto. Questo tempo indica quanto a lungo effettivamente il sensore o la pellicola viene impressionato dalla luce, indicando quindi la quantità di luce totale che entra al momento dello scatto.
Più questo tempo è alto, più la foto sarà nitida, ma meno gli oggetti in movimento saranno presenti, e si rischia di strisciare le foto.
Sono studente di ingegneria aeronautica full time, e altrettanto full time posso perdermi a parlare di tutto lo scibile umano, con una predilezione per i mezzi veloci o che hanno un grosso motore, per arrivare fino a cose che non c’entrano granché, come la filosofia o la letteratura.