Formiche che coltivano orti di funghi
Nella corsa alla sopravvivenza, l’evoluzione ha selezionato caratteristiche più o meno peculiari in ogni specie.
Il ghepardo ha la sua velocità, il leone la sua forza.
Le armi dell’uomo, invece, includono il pollice opponibile e l’intelligenza.
Con esse abbiamo inventato l’agricoltura (circa 12.000 anni fa) e l’allevamento che, insieme al passaggio a uno stile di vita sedentario, hanno rappresentato un punto di svolta cruciale nella nostra storia come specie.
Agricoltura e allevamento, due peculiarità dell’uomo…
E se vi dicessi che non abbiamo inventato niente?
Allevamento e agricoltura esistono infatti da milioni di anni, sviluppati da una specie che non ha né il pollice opponibile, né milioni di neuroni organizzati in maniera complessa.
Nascita dell’agricoltura (quella vera)
Ci troviamo poco dopo l’inizio dell’Eocene, circa 50 milioni di anni fa.
La Terra è un enorme serra: le foreste temperate arrivano quasi fino ai Poli. C’è una grande umidità e un clima mite praticamente ovunque. I mammiferi cominciano a crescere di dimensioni e a differenziarsi (processo di speciazione).
Le formiche sono già una delle famiglie di insetti di maggior successo da quando gli artropodi hanno conquistato la terra. La ricetta di questo successo è una perfetta combinazione di specializzazione sociale ed ecologica di cui state per avere un assaggio.
Un gruppo di formiche del Sudamerica, oggi classificate nella tribù Attini, vive e nidifica in una grande foresta pluviale. Immaginatevi un ambiente molto simile alla foresta amazzonica, con grossi depositi di foglie e biomasse al suolo e alte concentrazioni di umidità.
In questo contesto, in cui anche l’umidità all’interno del formicaio si manteneva alta, l’interazione fra formiche e funghi fogliari ha posto le basi per un rapporto che, gradualmente, è diventato simbiotico.
Le formiche hanno cominciato a portare nel nido residui fogliari colonizzati da funghi e questi continuavano a proliferare anche all’interno del nido. Proliferando, il fungo digerisce il fogliame, aumentandone il valore nutrizionale, visto che le formiche non hanno un apparato di enzimi tale da permettergli di digerire efficientemente questo tipo di cibo.
La funghicultura attinica era nata nella sua forma più basilare.
E sembra che per i successivi 20 milioni di anni sia rimasta stabile, senza cambiare di una virgola. I reperti a nostra disposizione suggeriscono un periodo di stasi evolutiva o, se ci sono stati cambiamenti, questi non sono stati ancora scoperti.
Ma gli stravolgimenti climatici, e i conseguenti effetti sugli habitat dell’intero pianeta, stavano per mischiare le carte in tavola.
L’evoluzione dell’agricoltura attinica
A differenza del periodo appena descritto, fra 25 e 5 milioni di anni fa si verificò un periodo di grande diversificazione evolutiva di questa tribù di formiche.
Da un’agricoltura “inferiore”, basata sulla coltivazione di un’ampia gamma di specie fungine, oggi praticata da specie di formiche che si ritiene mantengano caratteristiche più primitive, si tese verso una specializzazione delle specie fungine coltivate.
In altri termini, invece di avere un orto con 100 ortaggi diversi, l’evoluzione ha favorito la coltivazione di orti con una o poche specie.
In questo periodo si sviluppa l’agricoltura dei funghi corallini (famiglia delle Pterulaceae), praticata da 34 specie appartenenti al genere Apterostigma, e l’agricoltura del lievito, praticata da specie del genere Cyphomyrmex, che coltiva delle “varietà” di funghi del genere Leucocoprinus, derivati dai funghi dell’agricoltura inferiore.
Ciò che ha dato la spinta a questi cambiamenti, come abbiamo già anticipato, è stato uno stravolgimento degli habitat. In Sudamerica, in quel periodo, si verifica una forte espansione delle praterie e parallelamente un arretramento delle foreste.
Venendo a mancare lo strato di foglie e di sostanza organica tipicamente presente sul suolo di una foresta, per le formiche, fu come ritrovarsi con i supermercati vuoti!
Sotto questa pressione selettiva, vennero selezionate quelle popolazioni di formiche che attivamente andavano a prendersi foglie e steli d’erba dalle piante. Nacquero così gli antenati delle formiche tagliafoglie.
L’apice dell’agricoltura attinica
Avrete sicuramente visto foto o documentari che mostravano una colonna di formiche marciare con pezzettini di foglie tenute fra le mandibole.
Potrebbe scioccarvi la notizia che, quelle foglie, non rappresentano il cibo delle formiche, ma vengono usate come compost per far crescere i funghi!
A differenza delle formiche attine più primitive, le formiche tagliafoglie hanno acquisito la capacità di tagliare e lavorare la vegetazione fresca (foglie, fiori ed erbe) e usarla come substrato nutritivo per i loro “orti fungini”.
Dal momento in cui non viene più introdotto materiale marcescente dall’esterno, la popolazione fungina nasce e muore all’interno del formicaio, senza avere la possibilità di scambiare geni con l’esterno. Queste dinamiche hanno causato un’evoluzione parallela e simbiotica dei due organismi che sono diventati sempre più interdipendenti.
Con il tempo, inoltre, le formiche hanno avuto modo di “testare” più ceppi fungini, e in base alle capacità detossificanti ed enzimatiche del ceppo, l’evoluzione ne ha favoriti alcuni piuttosto che altri.
Pensate, quando una formica regina figlia esce dal nido materno, deve portare in un’apposita sacca un po’ del fungo del nido, in modo che faccia da starter per il suo nuovo orto. Un po’ come si fa con il lievito madre.
Ma non finisce qui!
Il coadattamento conseguente a questa relazione molto stretta ha comportato la selezione di caratteristiche peculiari solo a queste specie.
Un esempio, oltre alla già citata tasca boccale delle formiche regine, è dato dallo sviluppo di mandibole più consone all’alimentazione di funghi anche nelle operaie.
Se invece consideriamo i funghi, l’esempio più lampante è lo sviluppo, nelle varietà coltivate solo dalle formiche, di rigonfiamenti ifali (gongylidia) ricchi di sostanze nutritive, che facilitano la raccolta da parte delle operaie e l’ingestione e l’alimentazione delle larve o delle ninfe.
Simbiosi a quattro vie
In una società complessa come quella delle formiche, il “nuovo stile di vita” ha comportato una nuova assegnazione di compiti fra le caste operaie, per raccogliere e processare le foglie e curare l’orto.
Il successo evolutivo di questa strategia ha determinato un ingigantimento delle colonie, che arrivano a vivere per 10-20 anni, con 5-10 milioni di individui che curano centinaia di orti fungini che, sommati, ricoprirebbero la superficie di un campo da calcio.
Ma cosa succede, in agricoltura, quando si hanno grossi appezzamenti di terra con la stessa coltura?
Di solito arriva un patogeno e te la distrugge senza fare complimenti. E questo è stato un rischio che le formiche tagliafoglie hanno corso, ma che hanno parzialmente risolto in quella che è una interazione simbiotica a quattro vie.
Abbiamo il rapporto mutualistico fra le formiche e le loro cultivar fungine, e fin qui ci siamo. A queste si aggiungono i batteri filamentosi del genere Pseudonocardia, che crescono sui tegumenti delle formiche. E siamo a tre interazioni mutualistiche.
A rovinare il quadretto dell’amicizia arriva poi un simbionte parassita, un fungo del genere Escovopsis, che attacca e infetta gli orti. Questo patogeno è controllato, almeno in parte, da un antibiotico prodotto dai batteri Pseudonocardia.
Conclusione
Il parallelismo con l’agricoltura moderna è sconcertante. La selezione di ceppi fungini da coltivare, il benessere e l’incremento demografico conseguente a questa scelta, la gestione degli orti e le problematiche con i patogeni. Addirittura, una pubblicazione parla di concimazioni a base di azoto degli orti attuate con l’ausilio di batteri azotofissatori.
Un universo incredibilmente attuale, in una metropoli sotterranea abitata da milioni di individui, che segue le sue regole e le sue dinamiche.
Pensateci quando vedete una formica!
Ovviamente questa è una sintesi della sintesi di quello che ci sarebbe da dire; la letteratura scientifica sul tema è infinita.
Agli esperti del mestiere: perdonate la semplificazione.
Ai non esperti come me: spero che queste nozioni vi mandino in fissa come hanno mandato in fissa me!
Nella seconda parte di questo articolo parliamo dell’allevamento degli afidi.
Plant Breeder di mestiere, divulgatore per hobby.
Nato sotto una foglia di carciofo e cresciuto a orecchiette e cime di rape, sono sempre stato interessato alla genetica. Ho studiato biotecnologie agrarie e, dopo un erasmus in Danimarca, ho proseguito con un industrial PhD nella stessa azienda sementiera presso cui stavo scrivendo la tesi. Dal 2019 sono rientrato in Italia e lavoro attivamente come plant breeder, realizzando varietà di ortaggi che molto probabilmente avete mangiato 🙂