Filosofi greci e teoria dell’evoluzione
Qualche tempo fa, in un articolo sulla figura di Lamarck, dicevo che l’evoluzione è un argomento complesso, a tratti contro-intuitivo, difficile da rendere semplice.
Proprio per questo, se ne dovrebbe parlare molto di più, in modo che tutti possano familiarizzare con i suoi concetti cardine e ne capiscano i meccanismi.
Questo articolo si inserisce in questo filone, una serie in cui possiamo parlare di evoluzione in maniera molto discorsiva.
Oggi andremo ben più indietro di Lamarck perché, per quanto possa suonare strano, l’idea che una specie possa discendere da un’altra specie, diversa dalla prima, ha origini molto antiche.
[Nota: in questo articolo, come ormai d’abitudine, utilizziamo la datazione temporale in formato Era Umana, EU, perché riteniamo che permetta di meglio comprendere gli avvenimenti passati come parte della storia umana, la cui data convenzionale di inizio è fissata al 10.000 a.C.]
La non-scienza di un tempo
I nomi che citeremo non suoneranno nuovi per chi fra voi ha studiato filosofia alle superiori.
I “filosofi” di un tempo, non erano spesso “solo filosofi”, nel senso moderno del termine. Le barriere fra le discipline erano, spesso, molto labili, e molte discipline come le conosciamo oggi neanche esistevano.
Anzi, se vogliamo essere puntigliosi, la scienza stessa per come la intendiamo oggi è un fenomeno iniziato soltanto all’inizio del 119° secolo EU (XIX secolo d.C.).
E l’uso stesso del termine scienza come sinonimo di scienza naturale si è imposto nello stesso periodo.
Nel mondo antico, “la scienza” era intesa in maniera molto diversa, non necessariamente con un intento finalizzato a migliorare la vita, come suggerisce il concetto attuale di progresso, ma più come un modo di osservare e descrivere il mondo [1].
E quindi un filosofo spesso si occupava di ambiti molto diversi; del resto, la prima nozione che apprendiamo è che filosofia significa “amore per il sapere”, in ogni sua forma.
Lo scopo di questo articolo è semplicemente quello di illustrare come alcune intuizioni moderne poggiano su abbozzi di idee formulate in passato.
Idee che erano inserite in discorsi molto più ampi e che oggi possono suonare un po’ assurdi.
Ed è con quest’ottica che dobbiamo inquadrare i personaggi di cui andremo a parlare, senza fare l’errore di attribuirgli idee e concetti sviluppati e articolati un millennio dopo, come spesso viene fatto in molti articoli sensazionalistici.
Dopo questa doverosa premessa, cominciamo.
Talete e la scuola milesiana
Il primo filosofo greco che viene studiato a scuola è, in genere, Talete di Mileto.
Indicato da Aristotele come il primo filosofo della storia del pensiero occidentale, Talete è famoso perché si ritiene sia il primo che avesse intrapreso la ricerca del principio, che egli identificò nell’acqua.
Talete ritiene che l’acqua sia origine del tutto, anche della vita. E questo è il primo tassello del nostro puzzle.
Il filosofo è uno dei più importanti esponenti della scuola milesiana. Essa era caratterizzata dall’osservazione dei fenomeni a cui faceva seguito una dimostrazione puramente logica, che era ancora molto distante dal metodo scientifico, ma che sicuramente deviava dalle spiegazioni “mitologiche”.
Evoluzione e Anassimandro
Uno dei discepoli di Talete, sempre della scuola di Mileto, fu Anassimandro (9389-9454 EU circa; 611-546 a.C.)
Anche Anassimandro si interrogò sulla sostanza fondamentale del mondo ma, a differenza del proprio maestro, arrivò alla conclusione che essa non potesse essere un solo tipo di materia, e quindi era indeterminata.
La centralità dell’acqua ipotizzata da Talete, però, ritorna in altri discorsi.
Anassimandro, infatti, ritiene che nel passato ci fu una fase in cui la terra era ricoperta di un’ “umidità” [2].
In senso lato, la Terra era coperta d’acqua.
Questo giustificava la presenza di conchiglie fossili in zone lontane dalla costa, un’osservazione che non si sa se attribuire già ad Anassimandro o a Senofane, suo allievo [3].
Di conseguenza, la vita doveva essere nata proprio nell’acqua.
Quando il Sole, poi, aveva evaporato l’elemento umido, si erano formati i mari e le terre, così come li conosciamo. I pesci, e animali simili ai pesci, gradualmente colonizzarono le terre emerse, dando poi vita agli animali terrestri.
Il primo uomo, diceva Anassimandro, deve derivare da un altro tipo di animale, verosimilmente acquatico, tipo un pesce.
E l’uomo deve aver attraversato una fase di crescita dentro questo nostro antenato per poi nascere già in età della pubertà, visto che i bambini umani sono delicati e non autosufficienti.
Anassimandro aveva anticipato di un millennio la teoria dell’evoluzione? Assolutamente no.
Di nuovo, tutte queste idee erano frutto di speculazioni logiche che, tranne per l’osservazione delle conchiglie fossili, non si basavano su impianti sperimentali. Ma proprio per questo le trovo estremamente interessanti.
Il nostro secondo pezzo del puzzle è quindi l’idea che l’uomo e gli altri esseri viventi non sono sempre stati così, ma derivano da altre creature.
Evoluzione ed Empedocle
È d’obbligo citare nella nostra lista anche Empedocle (9510-9570 EU circa; 490-430 a.C.), il quale postulò un concetto oggi molto conosciuto e molto ripreso dai suoi colleghi futuri, ossia che l’universo fosse composto da quattro elementi fondamentali: terra, aria, fuoco e acqua.
Questi elementi interagivano grazie a due forze fondamentali “Amore” e “Lotta”, che oggi potremmo tradurre in “attrazione” e “repulsione”.
Secondo Empedocle, i primi esseri viventi erano “organi disincarnati”, ossia parti di organi di piante e animali.
Molti di questi “abbozzi di esseri viventi”, definiti mostruosi, non erano compatibili con la vita e si estinsero. Ma attraverso le forze di attrazione e repulsione, essi si ricombinavano casualmente dando eventualmente vita ad animali e piante funzionali.
Non sappiamo da quali osservazioni Empedocle formulò la sua teoria, se avesse trovato ossa fossili che l’abbiano indotto a ipotizzare l’esistenza di “esseri mostruosi” nel passato, o semplicemente se fosse influenzato dai miti di creature mitologiche, come le sfingi, i centauri e le chimere, in cui vengono fuse le caratteristiche di animali diversi.
Ciò su cui vorrei porre l’enfasi, ed è il nostro terzo pezzo del puzzle, è il concetto di casualità delle combinazioni su cui poi l’ambiente può esercitare una selezione sulla base di ciò che è più adatto alla sopravvivenza o meno.
Incredibilmente moderno.
E ribadisco ancora una volta, Empedocle non ha anticipato la teoria dell’evoluzione, anche perché ipotizzava questa selezione come un evento passato, responsabile delle forme che vediamo oggi, ma non più attivo.
Evoluzione e Lucrezio
Sebbene molto successivo ai filosofi greci, è giusto riportare anche Lucrezio, poeta e filosofo romano (9901-9945 EU; 99-55 a.C.). Come molti suoi contemporanei, Lucrezio ha attinto a piene mani dalla cultura greca per creare le sue opere, e non sempre ha citato le fonti della propria ispirazione.
Lucrezio è sempre stato un autore cardine nella formazione accademica e per questo, grazie alle sue opere, come il De Rerum Natura, il pensiero di molti autori greci è arrivato fino a noi e ha influenzato i letterati del passato.
Grazie a Lucrezio, per esempio, la teoria degli atomi di Democrito e di Epicuro e le teorie di Empedocle sull’origine della vita erano di dominio pubblico.
Proprio riguardo a queste ultime, Lucrezio concordava sul fatto che la Terra avesse generato gli esseri viventi combinando casualmente parti diverse. Essi non erano mai organi disincarnati, ma sempre creature complete, non però necessariamente adatte alla vita.
Gli esseri viventi che non si sono estinti sono sopravvissuti grazie alla loro forza, velocità o astuzia, oppure grazie alla loro utilità per l’uomo. Ma Lucrezio non credeva che gli animali terrestri si fossero evoluti da quelli marini o che una specie potesse evolvere in una specie diversa. Per lui gli uomini hanno avuto origine da uteri attaccati agli alberi [4].
Come Empedocle, però, riteneva il processo di creazione di nuove specie fosse una cosa del passato, che ormai non si verificava più.
Se vi interessa approfondire questo aspetto, lo trovate nel libro 5 del De Rerum Natura, nei versi 837-886, di cui riporto degli estratti:
De Rerum Natura
“[…] Tutte le cose che sono, non rimangono a lungo simili a se stesse, ma tutte cambiano posto; sì, la natura le altera tutte, e costringe ognuna a cambiare forma. Perché una si affievolisce e, logorata dall’età, si affloscia, poi qualche altra cosa si alza […]
[…] E in quei giorni la terra si sforzò di incorniciare molti mostri, nati con una strana faccia e con le membra storte, l’uomo donna, a metà strada tra i due, eppure nessuno dei due, e a parte da entrambi; e alcuni erano privi di piedi, o mancanti di mani a loro volta, e alcuni furono trovati muti senza bocca, o senza lineamenti e ciechi […] E in quei giorni lontani molte razze di esseri viventi dovevano necessariamente morire, anzi, non c’era alcuna progenie che potessero generare e quindi conservare la propria specie.”
I grandi assenti
Parlando di filosofi greci sorge spontaneo chiedersi cosa pensassero i due top players dell’epoca: Platone e Aristotele.
Sembrerà strano, ma entrambi non hanno nulla di interessante da dire a riguardo.
Platone…
Sintetizzando al massimo, Platone sostiene che ogni tipo di oggetto naturale nel mondo osservato è una manifestazione imperfetta dell’ideale.
Nel Timeo dice che un dio ha creato il mondo dal caos, usando l’universo ideale astratto come modello.
Il creatore creò gli dèi minori e delegò loro il compito di creare il resto. Questi dèi crearono per primi gli uomini (maschi), che erano naturalmente copie imperfette dell’ideale della specie.
Le donne e le altre specie di animali sono nate attraverso la reincarnazione.
Le donne provenivano dalla reincarnazione di uomini vili e ingiusti. Gli uomini “volubili” divennero uccelli. Gli uomini che non usavano l’intelletto diventavano animali terrestri. I più ignoranti pesci e ostriche.
In generale, il suo concetto di immutabilità delle idee è sempre stato usato come argomentazione contro l’evoluzionismo.
… e Aristotele
Aristotele, invece, ha una storia più complessa data la sua propensione verso l’osservazione e la descrizione sistematica della natura.
Anche qui, in super sintesi, possiamo dire che non era assolutamente un evoluzionista, anche se a causa di traduzioni imprecise o di gente che ha applicato significati attuali a parole che in passato avevano accezioni diverse, in molti hanno provato a sostenere il contrario.
Per esempio, Aristotele ripeteva spesso che “la natura non fa nulla invano”, ritenendo che le caratteristiche degli organismi viventi si adattavano perfettamente alla loro funzione.
Quindi per lui era assurda la teoria di Empedocle secondo cui queste caratteristiche potessero essersi originate dal caso, visto che erano così perfette.
Però aveva notato che le cose terrene mutano nel tempo, il che è in parziale contrapposizione con quanto detto poco fa: se una cosa è perfetta, perché muta?
Allora, attingendo dal proprio maestro, anche Aristotele sostiene che gli oggetti reali sono imperfetti e i cambiamenti che vediamo sono i loro movimenti verso uno stato finale perfetto.
Ma anche questa affermazione presentava un problema, cosa spinge verso il cambiamento?
Arrivò quindi a postulare il Motore immobile o Primo Movente, come fonte di tutti gli altri moti, in seguito forzatamente comparato al Dio giudeo-cristiano.
Su questo filone ho notato che in molti articoli viene tirato in ballo il concetto di potenza-atto.
Aristotele sosteneva che tutte le cose hanno una potenzialità che può essere sviluppata in un’attualità. Banalmente, un seme sfrutta la propria potenzialità divenendo una pianta, realizzandosi nella sua forma.
Questo concetto è stato spesso applicato forzatamente alla teoria dell’evoluzione, intendendo le potenzialità di un organismo come la base genetica su cui agisce la selezione naturale per portarlo, nel tempo, a evolvere in forme diverse.
Per me è una grande forzatura.
Il concetto di potenza-atto è teleologico e prevede un’inizio e una fine, mentre l’evoluzione non è un processo che si arresta.
Per Aristotele, ogni organismo aspira all’ideale della propria specie, non si evolve verso un’altra specie diversa. Una posizione molto lontana dalla teoria dell’evoluzione.
Conclusione
Se siete arrivati fino a qui, vi ringrazio. Per ora ci fermiamo, ma presto ci sarà almeno un altro articolo sul filone storia ed evoluzione.
Sarei curioso di sapere se questo excursus storico vi interessa.
Concludo ricordandovi che questo post non vuole dimostrare che la teoria dell’evoluzione è un concetto già teorizzato nell’antichità. Assolutamente no. Oltre a essere scorretto, sarebbe una forzatura.
Nell’antichità conoscevano già la ruota, il carbone e il ferro, ma la locomotiva è comunque stata inventata solo in seguito alla rivoluzione industriale.
Plant Breeder di mestiere, divulgatore per hobby.
Nato sotto una foglia di carciofo e cresciuto a orecchiette e cime di rape, sono sempre stato interessato alla genetica. Ho studiato biotecnologie agrarie e, dopo un erasmus in Danimarca, ho proseguito con un industrial PhD nella stessa azienda sementiera presso cui stavo scrivendo la tesi. Dal 2019 sono rientrato in Italia e lavoro attivamente come plant breeder, realizzando varietà di ortaggi che molto probabilmente avete mangiato 🙂