Fare il sapone dal grasso umano: dai falsi miti ai “serial killer”

Chiunque abbia letto “Fight Club”, o anche solamente visto la sua trasposizione cinematografica, conosce uno degli aspetti più splatter della trama; per tutti gli altri questo articolo contiene uno spoiler!
(No, ma davvero c’è qualcuno che non ha ancora visto il film? Ma dove avete vissuto fino ad oggi?)

L’autore della storia, Chuck Palahniuk, un autentico “genio del male”, fa in modo che il protagonista (Tyler) riesca a procurarsi una quantità spaventosa di nitroglicerina utilizzando delle semplici nozioni di chimica.

Tyler in effetti riesce a ottenere l’esplosivo come sottoprodotto di un’attività veramente macabra: la realizzazione di sapone a partire dal grasso umano. Il grasso rubato dai “rifiuti speciali” delle cliniche per la liposuzione viene infatti trasformato chimicamente in sapone e glicerina. Alla glicerina viene poi aggiunto l’acido nitrico, ed il gioco è fatto.

Ora, seriamente, al di là di del fatto che per pensare una trama del genere devi avere dei problemi irrisolti molto seri, è tecnicamente possibile fare una cosa simile?
La risposta è sì: è schifosamente vero, si può fare.

Qualcuno ha fatto sul serio questa porcata in passato?
I nazisti producevano davvero sapone  a partire dal grasso delle vittime dei lager?

Alcune risposte vi stupiranno mentre altre vi daranno i conati, e magari non guarderete mai più quella saponetta al dolce profumo di lavanda nello stesso modo… prima di vedere gli aspetti più assurdi di questa storia, apriamo una brevissima parentesi di chimica.

La saponificazione, una reazione chimica antica

Che per produrre del sapone serva del grasso è un fatto noto da millenni. Già gli antichi romani, i celti e persino gli egizi nel 1600 A.C. utilizzavano i resti grassi della macellazione di bovini e suini per produrre detergenti,  questo perché a tutti gli effetti il sapone non è altro che un ‘sale di acidi grassi’.

Ovviamente oggi si utilizzano per lo più grassi vegetali, come olio d’oliva, di palma, di cocco e burro di cacao e di karité, ma il processo chimico è rimasto sostanzialmente invariato nei secoli, e prende appunto il nome di SAPONIFICAZIONE.

I trigliceridi, presenti nei diversi grassi ed oli, sono il punto di partenza della saponificazione, la materia prima indispensabile. Sono costituiti da una molecola di glicerolo legata a 3 catene di acidi grassi e sono quelli che, consumati in quantità eccessive, ci vanno ad ‘attappare’ le arterie e ci fanno morire male. Nel nostro corpo sono presenti nel tessuto adiposo: sono in parte quelli che ingeriamo con la nostra dieta  e in parte quelli prodotti dal nostro metabolismo. Diete ipercaloriche fanno in modo che sia la quantità di trigliceridi nel sangue sia quella accumulata nel tessuto adiposo aumentino sensibilmente. Ma questa è un’altra storia, oggi non spariamo a zero sul lardo e sui dolci fritti e sugni, oggi parliamo di sapone umano.

 

Il Dottor Nowzaradan ti giudica malissimo se mangi troppi cibi grassi e/o ipercalorici © serie TV ‘My 600-lb Life’

 

I trigliceridi, messi a reagire in acqua con una base forte, come idrossido di sodio (NaOH) o idrossido di potassio, vengono prima IDROLIZZATI in acidi grassi liberi e poi si combinano con il reagente alcalino. Durante tutto il processo, non devono mai mancare il calore e l’agitazione che fanno da catalizzatori per la reazione (la favoriscono e la accelerano) e ovviamente aiutano a sciogliere il grasso, mantenendo l’emulsione.

 

La reazione di saponificazione iper-semplificata. La glicerina è il sottoprodotto.

Una volta terminato il processo il sapone va poi “abbellito e profumato” con coloranti, essenze ed aromi e poi precipitato, aggiungendo un sale, solitamente il cloruro di sodio (il sale da cucina, NaCl). A questo punto il detergente può essere recuperato, gli si può dare la forma desiderata ed asciugarlo.
Solitamente per ottenere sapone liquido al posto dell’idrossido di sodio si utilizza quello di potassio (KOH), ma il processo rimane del tutto simile.

Il numero di saponi che è possibile ottenere con questa facile reazione è veramente illimitato: basta semplicemente utilizzare trigliceridi di partenza diversi, aggiungere aromi ed essenze differenti, coloranti a piacere ed ecco che si è realizzata una vastissima gamma di detergenti.

Ma quindi i popoli e le civiltà del passato che facevano il sapone, conoscevano la chimica ed avevo a disposizione composti chimici per produrlo? Glielo avevano forse insegnato degli alieni amanti dell’igiene? Manco per sbaglio. Semplicemente, in modo del tutto empirico, grazie all’esperienza diretta, erano arrivati a capire come funzionasse la reazione ed al posto della soda caustica utilizzavano la liscivia (cenere di scarti vegetali).

Ecco, dopo questo breve ripasso di chimica elementare veniamo alla parte vomitevole: il sapone dal grasso umano.

Serial killer (nostrani) amanti del sapone

Che ci crediate o meno esistono casi tristemente documentati di persone che hanno veramente usato il grasso umano per fare del sapone. Avete mai sentito parlare della “Saponificatrice di Correggio”? Questa poco simpatica donnina, all’anagrafe Leonarda Cianciulli, era affetta da disturbi psichiatrici molto seri anche se nel paese nel quale si era trasferita, aveva aperto un negozio ed era molto benvoluta. “Salutava sempre” avrebbero detto i suoi vicini di casa se intervistati, il problema era che oltre a salutarli, nel tempo libero, li ammazzava pure.

Esatto, la Cianciulli, nel suo folle delirio, causato anche da una vita abbastanza sfigata [1], si era auto-convinta che per proteggere il figlio richiamato al fronte, avrebbe dovuto fare dei sacrifici umani, e quindi tra il 1939 e il 1940 uccise tre vicine di casa. Non si limitò ad ucciderle ma fece a pezzi i loro corpi, li mise in un pentolone, e li sciolse nella soda caustica; con il sangue ed il grasso, ottenne biscotti dalle prime due vittime e appunto del sapone dall’ultima malcapitata. Una storia quindi di follia, omicidio, di amore per la cucina e per la saponificazione e di… cannibalismo.

 

Se lei vi offre dei biscotti, per Giove NON accettate! © wikipedia

Viene spesso riportato in letteratura che la Cianciulli sia stata la prima serial killer donna della storia; di certo le vicende della sua vita, dei suoi crimini, le inquietanti deposizioni del processo e il suo memoriale di 800 pagine, hanno ispirato una lunga serie di opere teatrali, musicali, cinematografiche e di letteratura. Insomma come molti serial killer è diventata una “star”. Per darvi un’idea di come giocasse a fare il piccolo chimico in modo macabro, ci limitiamo a riportare queste poche e agghiaccianti parole:

Tagliai qui, qui e qui: in meno di 20 minuti tutto era finito, compresa la pulizia. Potrei anche dimostrarlo ora!
-Leonarda Cianciulli, durante una lucida confessione, in una delle fasi del processo nel 1941-

La fake news della saponificazione delle vittime dei lager

Appurato che sia la chimica che la storia criminale italiana del secolo scorso confermano che è effettivamente possibile fare sapone da resti umani, veniamo ora ad una triste nota storica. Il nazismo si è macchiato di una serie sconfinata di crimini di guerra e contro l’umanità.  Esiste tuttavia anche una potente fake news che circola da decenni riguardo la parentesi storica più triste del secolo scorso: durante l’olocausto non è vero che vennero prodotte saponette a partire dal grasso umano nei campi di sterminio.

Probabilmente, i ‘rumors’ riguardo questa orribile produzione industriale circolarono a causa della cattiva interpretazione della sigla RIF riportata sulle saponette prodotte dal regime. RIF che molti ricondussero a “Rein-Judisches-Fett” (puro grasso ebreo) stava invece per “Reichsstelle für industrielle Fettversorgung” (centro nazionale dell’approvvigionamento industriale di grassi). Un aspetto veramente triste di questa vicenda è che anche i prigionieri dei campi finirono per credere nella fake news.

La cosa ancora più assurda è che i ‘negazionisti dell’olocausto’ si sono aggrappati a questa fake news per dimostrare (secondo loro) che lo sterminio degli ebrei non sia mai realmente avvenuto. Questo solo per dire come una qualunque bufala, anche la più scema, possa avere un risvolto pesantissimo.  Cioè seriamente, secondo questi simpatici “revisionisti storici“, le migliaia di testimonianze dirette, i resti, i reperti, le fosse comuni, le infinite ore di terribili video, i documenti fotografici e i registri minuziosamente compilati con dettagli e numeri agghiaccianti, sarebbero tutta una montatura; e la prova di ciò sarebbe una fake che gira (tutt’ora ahimè) sul sapone fatto con esseri umani: NO MARIA, IO ESCO!

 

Un tipico negazionista spiega che l’olocausto non è mai avvenuto perché circola la fake news sul sapone da grasso umano

L’artista che ha realizzato davvero il “sapone umano”

Chiudiamo l’articolo con un’ultima curiosità. L’artista olandese Julian Hetzel ha pensato bene (anzi male, malissimo) di realizzare davvero del sapone umano. Il suo “concept store” è stato proposto all’Adelaide festival del 2018 ed ha generato una discreta dose di disagio. Lo slogan del prodotto, ‘From people for people’ (DALLE persone PER le persone), rende molto bene l’idea dell’idea alla base della trovata; eppure i problemi, etici ed igienici, legati alle saponette hanno sollevato una serie di polemiche.

 

Costa 35 dollari, ha il 10% di grasso umano, ma ha anche dei difetti: il sapone preferito da Tyler Durden © Russell Millard/Adelaide Festival

Va precisato che il grasso è stato effettivamente donato consapevolmente da persone che hanno subito interventi di liposuzione (rimozione chirurgica del tessuto adiposo) e che l’artista ha lavorato con la supervisione di un’istituto zooprofillattico olandese per evitare qualsiasi problema sanitario per gli utilizzatori finali [4], [5]. Inoltre, il grasso umano è solo il 10% del totale degli ingredienti… rimane comunque il fatto che una barretta di sapone costava 35 dollari (mortacci sua)!

In realtà, come molte opere concettuali anche questa aveva lo scopo di creare scalpore su un problema serio: la disparità di risorse alimentari ed economiche tra i paesi sviluppati e quelli del terzo mondo. Per ogni barretta venduta infatti, l’artista ha donato acqua e sapone ad un villaggio del Malawi (ne aveva prodotte oltre 300 kg!) e raccolto fondi per la realizzazione di pozzi.

Chiudiamo l’articolo ricordando che lavarsi bene le mani può prevenire la diffusione della diarrea e delle infezioni respiratorie che ogni anno uccidono 3,5 milioni di persone nei paesi in via di sviluppo (questo dato della Centers for Disease Control and Prevention, è precedente alla pandemia del SARS-CoV-2 pertanto potrebbe essere rivisto al rialzo).

Quindi non importa se nel tuo intimo ci sia Chilly o meno, l’importante è lavarsi bene le mani e questo vale sempre, che ci siano o meno pandemie in corso… possibilmente con sapone non-umano.

 

Fonti:

[1] https://en.wikipedia.org/wiki/Leonarda_Cianciulli

[2] Neander, Joachim (2006). “The Danzig Soap Case: Facts and Legends around “Professor Spanner” and the Danzig Anatomic Institute 1944-1945″

[3] “Nuremberg Trial Proceedings Vol. 7, SIXTY-SECOND DAY, 19 February 1946, Morning Session”yale.edu. Retrieved August 2, 2016

[4] https://www.abc.net.au/news/2018-10-30/soap-made-from-human-fat-at-adelaide-festival/10441036

[5] https://www.theguardian.com/culture/2019/mar/13/its-very-good-how-soap-made-from-siphoned-human-fat-left-audiences-in-a-lather

Emanuele Falorio

Laureato in biotecnologie, lavoro da anni nel settore dell'industria alimentare. NERD da molto prima che facesse fico;  appassionato di divulgazione scientifica da quando mi ci sono ritrovato dentro per puro caso. Scrivo per Missione Scienza ad orari improbabili quindi mi scuso per tutti refushi e gli erorri di battitura, è già un miracolo che non mi sia mai addormentato sulla tastieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee

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