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Etimologia delle parolacce – un articolo del c…

Giunti alla puntata n. 2 di questa serie (qui la prima), riportiamo il nostro piccolo (ma necessario) disclaimer: alcune delle parole trattate in questa serie sulle “parolacce” necessiteranno di censura quando usate sulle nostre piattaforme social. Si sa, Instagram e Facebook sono pudici e timorati di Dio.

Qui sul sito no.

Qui sul sito vale la legge della giungla e scriviamo quello che ci pare (nei limiti del legale e di quello che crediamo sia giusto).

Ci dispiace se troverete queste parole offensive: se siete persone sensibili sentitevi pure nella libertà di non leggere 😀

Tuttavia, spero possiate apprezzare il distacco didascalico e l’interessante storia etimologica di queste parole. Inoltre, conoscere le radici degli insulti è un ottimo modo di capire come la nostra lingua sia influenzata dalla cultura (e viceversa).

Cominciamo a trattare una delle parolacce più usate nella lingua italiana.

Una parolaccia… come dire… “fallica”.

Il cazzo

La parola “cazzo” viene utilizzata spesso, e con varie sfaccettature, in tutta l’Italia.

Qualcosa di negativo è in genere “una cosa del cazzo”; un “cazzaro” è una persona che dice bugie (i.e., “cazzate”); un “cazzone” è una persona stupida e “sti cazzi” è un’espressione di stupore o di indifferenza, a seconda della regione da dove venite.

Ma da dove deriva questa parola?

Ecco, non lo sappiamo per bene.

Ci sono varie possibilità

1. L’ipotesi latina

Una delle ipotesi più accreditate è che questa parola derivi da una contrazione della parola latina capitium, ossia un diminutivo della parola caput (testa). Questa parola latina, che deriva dal proto-italico *kaput, è la stessa da cui derivano parole come “capitale”, “capitello”, “capitano”.

La contrazione dovrebbe aver portato da capitium a captium, per poi arrivare a cattio e infine a “cazzo”.

L’idea di questa etimologia sta dietro al fatto che questa parola fosse usata inizialmente per denominare una parte specifica dell’organo genitale maschile (anatomicamente nota come “glande”). Insomma, la parola “cazzo” deriverebbe da una sineddoche (ossia, quando si nomina una parte di un qualcosa per il tutto).

2. L’ipotesi bizantina

Supportata da alcuni linguisti, questa ipotesi vuole la parola in esame essere “pronipote” del termine tardo-greco bizantino ακάτιον (akàtion), letteralmente “albero maestro”. Di suo, questo termine è probabilmente un termine tecnico preso in prestito da altre lingue parlate nell’Egeo.

Tuttavia, questa parola sopravvive ancora oggi in italiano: “acazio”, infatti, è un tipo di nave leggera a due o tre alberi con vela quadrata, usata dagli antichi greci e, più tardi, dai pirati.

Insomma, in questo caso caso, la radice della parola sarebbe più “metaforica” che letterale…

Ci siamo capiti.

3. L’ipotesi “volatile”

Salta all’occhio l’ipotesi di un linguista trentino, Franco Crevatin, che vuole la parola “cazzo” essere il risultato della storpiatura del termine “ocazzo”. A sua volta, questa parola sarebbe una versione dispregiativa della maschilizzazione della parola oca (oca > oco > ocazzo). Secondo Crevatin, questo daterebbe la nascita della parola intorno alla prima metà del 114° secolo EU (XIV secolo d.C.), dato che prima non si hanno istanze sicure della parola “oco” nei testi recuperati dell’epoca.

Di certo tale ipotesi mantiene la coerenza con altre metafore “volatili” associate agli organi genitali (sia maschili che femminili). Tuttavia, questa ipotesi non regge secondo altri linguisti, dato che la parola “cazzo” appare ben prima del 114° secolo EU nel vocabolario dello stivale, soprattutto nell’Italia del Centro-Sud.

Le parolacce dal latino all’italiano moderno

Difatti, la prima reale istanza della parola “cazzo” si trova in un poemetto di Rustico Filippi, un brano del 11.259 EU (1259 d.C.) dedicato al podestà di San Gimignano.

Di seguito la prima quartina.

Fastel messer, fastidio de la cazza,
dibassa i ghebellini a dismisura,
e tutto il giorno arringa in su la piazza
e dice che gli tiene una ventura.

La locuzione fastidio de la cazza, secondo l’analisi di molti linguisti, sarebbe sinonima di “rompicazzi”. Attenzione al plurale! Perché cazza non è femminile, ma plurale neutro!

Questa specificazione è una vera è propria “indiscrezione linguistica”. Infatti, “cattia” o “cazza”, in lingua fiorentina dell’epoca (al femminile), voleva dire scodella.

Molti linguisti pensano, quindi, che cazza non fosse il plurale neutro di un qualcosa, ma semplicemente una immagine metaforica di “contenitore”…  Rustico Filippi avrebbe inteso, per fastidio de la cazza, qualcosa come il moderno “rompicoglioni”.

Ma quindi quando abbiamo iniziato a usare queste parolacce?

Ci leva ogni dubbio il Glossario Latino-Eugubino (ca. 11.300 EU, 1300 d.C.). Un codice di 133 fogli custodito nella Biblioteca del Real Seminario de San Carlos a Saragozza.

Fra le tante note morfosintattiche sulla lingua latina, questo glossario riporta la seguente definizione:

Mentula, id est lo cazzo

Ma quindi i latini non dicevano questa parolaccia?

Nope

La parolaccia in latino era mentula, e se lo dovrebbero ricordare bene i siciliani.

“Che m… dici?”

La parola mentula era usata per riferirsi in maniera volgare al membro maschile. L’etimologia è ignota, però, possiamo collegarla quasi certamente al verbo latino mingere, ossia “urinare” (per ovvie ragioni).

Sappiamo che fosse volgare grazie non altri che a Catullo! Nel carme 105 e 115, Catullo usa questa parola per prendere in giro un suo contemporaneo (probabilmente Mamurra, un importante ufficiale romano menzionato in altri dei suoi carme).

Questa parola è stata ereditata da molti dialetti regionali, e ha subito lo stesso cambiamento fonologico che ha permesso di passare dal latino vetus al moderno italiano “vecchio”:

vetus > vetulus > vetlus > veclo > vecchio

Da notare la trasformazione del cluster tl in cl. Quindi, nel caso della parola mentula:

mentula > mentla > mincla > minchia

Ebbene sì, grazie ad alcune lingue regionali le parolacce latine ce le portiamo fino ai giorni nostri!

Fonti

Glossario latino-eugubino (GLE) , Maria Teresa Navarro Salazar 1985. Codice: A,4,5 della Biblioteca del Real Seminario de San Carlos (Saragozza)

Carme Catulliani

Poemetto di Rustico Filippi

Tutte le etimologie sono basate su wiktionary.org

Luca Ricciardi

Laurea in chimica-fisica dei sistemi biologici, ottenuta all'università "La Sapienza" di Roma, PhD in Chimica Organica ottenuto all'università di Twente (Paesi Bassi), attualmente parte dell'Editorial Office di Frontiers in Nanotechnology e Frontiers in Sensors, a Bologna. Mi identifico come napoletano (anche se di fatto a Napoli ci sono solo nato). Un ricettacolo di minoranze (queer, vegano, buddista…) con una grande passione per la divulgazione.

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