Melanzana : la storia etimologica
L’origine di questo ortaggio, oramai diffuso un po’ ovunque, è abbastanza dibattuta. La pianta da cui le varie cultivar hanno avuto origine, però, è abbastanza certo provenga dal subcontinente indiano (e non somiglia affatto alle melanzane moderne, non sorprendentemente). La storia etimologica della parola melanzana nasce proprio qui, in India. Nel Sud dell’India, per essere precisi.
Linguisti che si occupano dello studio delle lingue dravidiche (ossia le lingue del Sud dell’India) hanno ricostruito che, intorno al 6000-7000 EU (4000-3000 a.C.), la popolazione che abitava il Sud del subcontinente indiano si riferiva a quella che, lentamente, sarebbe diventata la moderna melanzana con la parola *vazhVt (dove “zh” si pronuncerebbe più o meno come la “j” nella parola francese “jour”, mentre V rappresenta una vocale che, però, non è ancora chiaramente determinata).
Questa radice proto-dravidica si ritrova ancora oggi nelle lingue dravidiche moderne come il Telegu, dove melanzana si dice “vankaya”, e il Malayalam, dove, invece, si dice “valutanaṇṇa”.
Ma come arriva in Europa?
Tra il 7000 e il 7200 EU (3000-2800 a.C.), però, un’altra popolazione migrò nel Nord del subcontinente indiano, una popolazione che noi conosciamo bene: gli Indoeuropei. Questa migrazione è, ancora oggi, visibile nella chiara suddivisione fra le lingue del Nord dell’India (che sono indoeuropee) e quelle del Sud (che sono dravidiche).
Gli indoeuropei che migrarono in India non conoscevano la melanzana e, con buona probabilità, ne entrarono in contatto grazie alle popolazioni dravidiche. Per questo motivo è opinione comune che in sanscrito, una delle più antiche lingue indoeuropee del subcontinente, la parola melanzana derivi dalla radice proto-dravidica.
In sanscrito, infatti, la parola melanzana si dice “bhandhākī”, ed è attraverso il sanscrito, in particolare attraverso l’interazione fra le popolazioni indoariane, che la parola arriva nell’antica Persia, diventando prima “bândengân” e poi “bâdenjân” in persiano antico.
Dalla Persia, l’ortaggio, con il suo nome, arriva alle popolazioni arabe che, quindi, le diedero il nome (che sussiste ancora oggi) “bādinjan” o “al-bādinjan”.
Come ha fatto questa parola a diventare melanzana?
La versione della parola araba senza l’articolo “al-” viene adottata in molte lingue europee, in particolare nelle lingue romanze del Sud Europa (italiano e spagnolo). In spagnolo castigliano la parola diventa “berenjena”, mantenendo l’araba “b” all’inizio della parola. Questo ha influenzato il portoghese (sia europeo che brasiliano), in cui si dice “berinjela” e altre lingue della penisola iberica, come il basco, in cui si dice “berenjena”
In italiano, invece, la parola diventa “melanzana”, probabilmente a risultato di una assimilazione della parola “mela” all’interno del nome.
Ma non è proprio così semplice.
Ricordiamoci che stiamo probabilmente parlando di un periodo storico che risale agli inizi del medioevo.
Non esistono, infatti, termini latini o greci classici che si riferiscono a questo ortaggio, me ne abbiamo indicazioni nel latino medievale (dove la parola è, infatti, “melongena” e rimane tutt’oggi nel nome della specie, che è Solanum melongena). L’incorporazione della parola nella lingua italiana è, quindi, successiva al latino classico, ma precedente alla standardizzazione della Lingua italiana.
Cosa vuol dire questa cosa? Vuol dire che la parola venne incorporata in maniere differenti nelle diverse lingue gallo-italiche e, a seguito della standardizzazione dell’Italiano, la versione tosco-fiorentina della parola divenne standard.
Per questo motivo, le parole nelle lingue gallo-italiche (ossia il mucchio di lingue che noi chiamiamo “dialetti”, sono molto varie e differenti. In napoletano, infatti, si dice “mulignana”, in alcune varianti del siciliano “mulinciana” o “mirinciana”, in alcuni dei dialetti del pugliese “marangiana”, nella zona del milanese è comune la parola “meresgian”, mentre in Umbria è “marignanu”.
Questo prestito in italiano, dall’arabo, è uno dei casi in cui le parole sono andate dalla penisola italiana a quella ellenica. La parola greca per chiamare questo ortaggio, ossia “melitzana”, è infatti frutto della parola greco-bizantina (che è la stessa), che è un prestito linguistico dall’italiano.
L’italiano, per motivi socio-politici, ha influenzato anche altre lingue ben lontane (geograficamente e linguisticamente). Infatti, in tigrinya, una delle lingue ufficiali di Etiopia ed Eritrea, appartenente alla classe delle lingue semitiche, la parola per definire la melanzana è, appunto, “mälänzana”.
Ma quindi perché in inglese si dice aubergine?
Per capire questa cosa bisogna tornare all’arabo.
Come abbiamo già detto, in arabo, la parola può essere preceduta dall’articolo “al-”. Il catalano adotta, infatti, la versione con l’articolo (ossia “al-bādinjan”). In catalano si dice “albergìnia”. Dal catalano la parola passa al francese, in cui diventa “aubergine” e, dal francese, attraverso l’influenza normanna, passa in inglese e in tedesco.
E “eggplant”?
Questa dicitura, comune in inglese americano e inglese australiano è dovuta a una particolare cultivar della melanzana. La cultivar è bianca e particolarmente ovoidale; la cosa ha portato le persone a chiamare questo ortaggio proprio “egg-plant”, ossia “pianta uovo”.
La parola, quindi, è relativamente moderna.
Fonti
Proto-Dravidian Agriculture – University of Pennsylvania [eng] (pdf)
Melanzana nelle lingue gallo-italiche – dialettando.com
Laurea in chimica-fisica dei sistemi biologici, ottenuta all’università “La Sapienza” di Roma, PhD in Chimica Organica ottenuto all’università di Twente (Paesi Bassi), attualmente parte dell’Editorial Office di Frontiers in Nanotechnology e Frontiers in Sensors, a Bologna. Mi identifico come napoletano (anche se di fatto a Napoli ci sono solo nato). Un ricettacolo di minoranze (queer, vegano, buddista…) con una grande passione per la divulgazione.
Bellissimo l’articolo sulle peregrinazioni del nome, da vazhVt a Bandhaki a melanzana. Per quest ultimo termine io avevo trovato, in un libro di storia della cucina (Montanari o altri non lo ricordo) l’etimologia mela insana. Questa deriverebbe dal fatto che all’arrivo in Italia qualcuno ha assaggiato il frutto crudo e l’ha trovato per lo sgradevole o dannoso a causa della solanina. Qualcuno può confermare? Mah!
Ciao Cipriano!
Purtroppo l’etimologia “mela insana” è una leggenda metropolitana. Certamente la radice araba è stata incrociata con quella più nostrana “mela” (anche tenendo in considerazione che la parola mela era usata per qualsiasi frutto in maniera generica), ma nulla di più ^^.
[Narmo]
in realtà ho letto tempo fa che se le chiamava “melo” a tutti in frutti che venivano da lontano ed in effetti veniva denominata “mela insana” perché alcuni credenze le attribuivano la causa di malumori e depressione
Ciao! La storia della “mela insana” è molto diffusa, ma in realtà non ha vere e proprie radici storiche accertate. In questi casi si parla di “etimologia popolare” o “paretimologia”, ossia un processo che, sulla base di un’assonanza (e una bella storia), costruisce un’etimologia per una parola “a posteriori”. Verissimo che la parola “mela” in latino si riferiva un po’ alla frutta in generale (vedi, ad esempio, la parola “melagrana”). Tuttavia, non ci sono attestazioni della parola locuzione “mela insana” (anche se la storia è molto bella).
In genere le paretimologie si generano proprio perché le parole “suonano simili”, ad esempio la parola “liquirizia” non deriva dalla crasi di “liquida delizia” come credono molti, ma dal greco “glykyrrhíza” (radice dolce), oppure la parola “stoccafisso” non deriva dal fatto che il pesce fosse “stoccato” o “fisso”, ma dalla parola olandese “stocvis” (pesce seccato sui bastoni).
In altre parole, la paretimologia si genera da una sorta di “inglobamento” lessicale, ossia alcune parole prese in prestito da altre lingue si modificano per rientrare “meglio” nel contesto lessicale della lingua ricevente. Un esempio di questo è la parola spagnola “bellaco” (che si legge “begliaco” e deriva dalla parola latina “bellum”, infatti significa “malvagio”) che in italiano è diventata “vigliacco” e, per l’assonanza alla parola “vile”, ha assunto un significato leggermente differente.
Anche gli antichi Romani sono stati vittima di questo fenomeno. Il nome Benevento (cittadina campana), infatti, è stato modificato per colpa di una paretimologia. Il nome originario della città era Maloeis (o Malielis), che in Osco o Sannita si riferiva alla grande produzione di frutta della zona. Il nome venne inizialmente latinizzato in Maleventum e, data l’assonanza completamente casuale a una locuzione che faceva pensare a del vento cattivo, il nome venne cambiato in “Benevento”, per evitare cattivi presagi.