L’etimologia degli insulti – questo autore è un c…

Si avvicina l’inverno e, con questo, il freddo, i tè caldi e i soliti moltissimi insulti che circolano nel linguaggio di noi esseri umani.

Ma perché insultare le persone senza consapevolezza?

Missione Scienza è qui per aiutarvi! Con una serie di articoli, affronteremo l’etimologia e l’origine storica di parole considerate “brutte e cattive”.

Piccolo (ma necessario) disclaimer: alcune di queste parole necessiteranno di censura quando usate sulle nostre piattaforme social. Si sa, Instagram e Facebook sono pudici e timorati di Dio.

Qui sul sito no.

Qui sul sito vale la legge della giungla e scriviamo quello che ci pare (nei limiti del legale e di quello che crediamo sia giusto).

Ci dispiace se troverete queste parole offensive, se siete persone sensibili sentitevi pure nella libertà di non leggere 😀

Tuttavia, spero possiate apprezzare il distacco didascalico e l’interessante storia etimologica di queste parole. Inoltre, conoscere le radici degli insulti è un ottimo modo di capire come la nostra lingua sia influenzata dalla cultura (e viceversa).

Vi siete persз le puntate precedenti?

Ecco i link agli articoli!

Etimologia della merda
Etimologia del cazzo

Continuiamo con una parola ulteriormente importante!

I coglioni

La parola “coglione” è utilizzata, come dice la Treccani, come “nome popolare del testicolo”.

Questa parola, utilizzata al plurale in tantissime locuzioni (e.g., “non rompermi i coglioni” o “levarsi dai coglioni” o “mi girano i coglioni”), è anche la base di moltissimi insulti riferiti a persone.

Un “coglione” è una persona poco sagace che, in genere, prende decisioni sbagliate.

L’etimologia

Non sorprendentemente, la parola deriverebbe dal latino volgare *cōleōnem (testicolo), che, a sua volta, potrebbe derivare dal latino cōleus (usata per riferirsi allo scroto, ma anche per parlare in generale di sacchetti che contenessero liquidi o semi).

Ancora una volta, ci ritroviamo di fronte a un caso di sineddoche (in questo caso, il “contenente”, lo scroto, per il contenuto, “il testicolo”). Tuttavia, nel caso di cōleus, specificamente nel passaggio da “sacchetto” in generale a “scroto” nello specifico, possiamo osservare un altro fenomeno linguistico. Il nome usato per qualcosa di molto generale è anche utilizzato per qualcosa di estremamente specifico e, nel tempo, questo significato specifico prende il sopravvento.

La stessa identica cosa è avvenuta per la parola inglese humour (umorismo), la parola deriva dal francese normanno, che prende dal latino medievale ūmor (o hūmor). Questa parola noi italiani ce la ritroviamo con un senso molto più generale di “umore” (ossia, stato d’animo). Tuttavia, in inglese, questa parola ha assunto un significato molto più specifico e ristretto.

La parola latina cōleus deriva probabilmente dal greco antico κολεός (koleós, “guaina”), che è stata ricollegata alla radice proto-indo-europea *ḱel-, connessa a significati come “coprire”. Nota a margine, pare che questa parola fosse utilizzata sia per parlare dei genitali maschili che di quelli femminili.

Da questa stessa radice proto-indo-europea otteniamo parole come “elmo”, “cella”, “ciglia” e “cielo”.

Ok, ma quindi gli insulti?

Di nuovo, ci viene in aiuto il caro Cicerone e i graffiti di Pompei.

Cicerone scrive, nelle sue Epistulae ad Familiares che honestī cōleī Lānuvīnī, Clīternīnī nōn honestī, letteralmente, “i coglioni di Lanuvio sono rispettabili, quelli di Cliternia sono indecenti”. Questa frase, un po’ oscura, sembra indicare che, a seconda della città (Lanuvio o Cliternia), la parola “coglioni” fosse considerata offensiva o no.

A Pompei, invece, un graffito recita senī supīnō cōleī cūlum tegunt (ossia, “quando un vecchio si stende, i testicoli gli coprono il didietro”).

Non proprio un insulto, ma una chiara indicazione che gli antichi romani, a prescindere dall’estrazione sociale, conoscessero bene la parola “coglione”.

I testimoni

Il fatto che questa parola fosse, se non offensiva, quantomeno volgare è anche indicato dal fatto che, nell’antica Roma, un’altra parola per “chiamare” i testicoli c’era.

Ed era proprio “testicoli”.

La parola deriva da un diminutivo (suffisso “-iculus“, che vediamo anche in parole come “vicolo” o “pericolo”) della parola testēs, letteralmente “testicolo” o “testimone”. Non è chiaro se l’omofonia di queste parole rappresenti un caso o no. D’altronde, i testicoli sono lì… A “testimoniare” la presenza di genitali.

Cicerone stesso afferma “testēsverbum honestissimum in iūdiciō, aliō locō nōn nimis (“in tribunale, la parola testimone ha un significato rispettabilissimo, non è lo stesso in altri luoghi”).

Questo doppio significato ha dato la possibilità a mirabili poeti come Marziale di vergare frasi immortali come quid quod habet testēs, Postume, Caecilius? (Postumo, che ne facciamo del fatto che Cecilio ha dei testimoni/testicoli?).

In ogni caso, non sono stato in grado di trovare esempi in cui la parola “coglione” fosse rivolta come insulto a persone prima del Settecento. Nello specifico, Don Ciccio, il protagonista della Cicceide (libro di Giovanni Lazzarelli, del 11.688 EU, 1688 d.C.), potrebbe essere il primo essere umano a venir definito un “coglione”.

coglione in letteratura

Un po’ di maschilismo…

“Avere i coglioni”, apparentemente, è diverso da “essere coglioni”. Questo, per ragioni che non hanno assolutamente nulla a che fare con il rampante maschilismo nella nostra società.

Ne sa qualcosa Petronio, che scrive sī nōs cōleōs habērēmus, nōn tantum sibi placēret (se avessimo avuto i coglioni, non sarebbe stato così contento con sé stesso).

Questo perché “avere i coglioni” è sinonimo di “essere uomini”, ed essere uomini è una cosa molto bellina (apparentemente).

Questo ha portato a un grande anacronismo nella storia della lingua e della semiotica dell’italiano.

Sappiamo che già dal 11.688 EU (1688 d.C.) essere coglioni era una cosa negativa. Tuttavia, nel 11.123 EU (1123 d.C.) il significato prevalente della parola, per quanto magari volgare, era associato a “virilità” e “possanza”.

E questo lo sapeva bene la Famiglia Colleoni. Questa famiglia, formata da nobili di origine Longobarda, assunse il nome dal suo fondatore Ghisalberto Attone, detto “Il Coglione”.

Non sto scherzando.

Ricordatevi, però, che questa parola era associata anche al termine “testicolo” (ossia testimone). Ghisalberto era figlio di un notaio, ossia una persona che testimonia per contratti e simili. Non è detto che un longobardo avesse chiara la valenza offensiva della parola; inoltre, il fatto che “avere i coglioni” fosse una cosa da duri sicuramente non ha aiutato.

Ci tengo a specificare che non esistono reperti di testi latini in cui la parola “coglione” sia usata per indicare “testimone”.

Ghisalberto ha fatto tutto da solo.

Lo stemma della famiglia aveva addirittura degli scroti rappresentati, su campo rosso-bianco. Uno stemma che è rimasto tale per centinaia di anni. Sappiamo, ad esempio, che Bartolomeo Colleoni (vissuto intorno al Quattrocento-Cinquecento) era talmente fiero del suo stemma testicolare da riempire le sue dimore di vessilli e bandiere che lo rappresentassero.

Ad oggi, molti rami della famiglia hanno optato per sostituire i piccoli scroti con dei più sobri “cuori capovolti”.

stemma colleoni

Se ci vedete ancora degli scroti… La malizia sta nell’occhio di chi guarda.

Fonti

Famiglia Colleoni – Heraldrys Institute of Rome [ita]

Ghisalberto “Il Coglione” – Wikipedia [ita]

Ad Familiares, Cicerone – The Latin Library [lat]

La Cicceide – Wikipedia [ita]

Tutte le etimologie da wiktionary.org

Luca Ricciardi

Laurea in chimica-fisica dei sistemi biologici, ottenuta all'università "La Sapienza" di Roma, PhD in Chimica Organica ottenuto all'università di Twente (Paesi Bassi), attualmente parte dell'Editorial Office di Frontiers in Nanotechnology e Frontiers in Sensors, a Bologna. Mi identifico come napoletano (anche se di fatto a Napoli ci sono solo nato). Un ricettacolo di minoranze (queer, vegano, buddista…) con una grande passione per la divulgazione.

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