E tu ci credi?
“Oh no, è passato un gatto nero! Cambia strada!”
“Non si passa sotto le scale!”
Ti rivedi nelle frasi precedenti? Pensi che abbiano ragione e ci credi? Noi siamo qui per smentirti e spiegarti un grande imbroglio del nostro cervello: le superstizioni.
Le superstizioni sono avvenimenti del tutto casuali che il nostro cervello associa a un evento, senza nessuna vera correlazione. Ma perché si crede alle superstizioni?
Perché crediamo alle superstizioni
Skinner, psicologo statunitense, documentò la modifica di un comportamento associata a un evento, anche detta condizionamento operante.
Il ricercatore costruì una gabbia dove il cibo veniva distribuito azionando una leva e ci posizionò dentro dei piccioni. Questi impararono ad attivare la leva per ottenere il cibo.
Successivamente, Skinner cambiò meccanismo, in modo che il cibo arrivasse a intervalli di tempo e non più per un’azione. Cosa fecero i piccioni? Cominciarono a ripetere l’ultimo comportamento, del tutto casuale, che stavano facendo prima che arrivasse il cibo.
La motivazione delle nostre credenze, quindi, si può spiegare tramite il condizionamento operante: la persona associa un determinato oggetto o situazione a un evento positivo o negativo.
Se stai pensando: “Ma quelli sono piccioni, la mente umana è diversa…”, mi spiace avvisarti che la stessa documentazione l’abbiamo sull’uomo. Koichi Ono, ricercatore dell’Università Komazawa di Tokyo, costruì una stanza dove erano presenti un segnapunti, un tavolo e 3 leve. Il compito degli studenti era riuscire a ottenere più punti possibili.
Quello che non sapevano, però, è che i punti venivano aumentati a intervalli di tempo e che nulla in quella stanza era collegato con il contatore. Alla fine, nei ragazzi emersero i comportamenti più strani come: tirare la leva, toccare il soffitto, picchiettare sul muro, salire sul tavolo.
Vediamo, quindi, come il nostro cervello crea associazioni a eventi completamenti casuali.
Ma, se originano da eventi casuali, allora da dove sono nate le nostre più famose superstizioni?? Scopriamolo insieme!
“Non si passa sotto le scale!”
Chi di noi non ha mai sentito tale affermazione dai propri genitori o nonni? Ma perché questa paura? Innanzitutto, dobbiamo scavare nelle religioni, a partire dall’antico Egitto: Horus, divinità egizia, anche chiamata “dio della scala”, dava sostegno ai morti verso “l’eterna luce”. Ma non finisce qui: nella Bibbia Giacobbe sogna una scala che porta in cielo e Maometto parlò di una scala verso Allah.
Passare sopra le scale, nell’immaginario comune, porta verso un posto migliore; al contrario, passare sotto le scale porterebbe all’ira divina.
Una seconda spiegazione risale al medioevo: i difensori dei castelli solitamente versavano olio o pece bollente sugli assedianti che si arrampicavano nelle mura sulle scale.
“Se un gatto nero ti attraversa la strada porta sfortuna.”
Anche qui le radici risiedono nel medioevo, quando le religioni che non erano Cristianesimo erano viste molto negativamente e i gatti erano oggetto di culto pagano. Inoltre, il gatto nero era associato al demonio, probabilmente per la sua tendenza alla vita notturna.
“Non si apre l’ombrello dentro casa!”
Anche questo un grande classico. In passato, in tempi sicuramente peggiori, quando c’erano dei buchi sul soffitto, si apriva l’ombrello per ripararsi dell’acqua. Quindi, il gesto veniva associato alla miseria e povertà della famiglia. Alcuni lo associavano anche al “baldacchino” che copriva i preti quando davano l’estrema unzione.
“Tocca ferro!”
Tutto si ricollega al ferro di cavallo, che si appende davanti le case perché porta fortuna. Ma perché porterebbe fortuna? Il mito si deve alla storia di San Dunstano, che mise dei ferri agli zoccoli del diavolo e lo ricattò dicendogli che l’avrebbe liberato solo se non fosse più entrato in case dove fosse esposto il ferro di cavallo.
Curiosità: in altri paesi è il legno a scongiurare la sfortuna.
“Non 13, porta sfortuna!”
Anche questa superstizione ha origini religiose. All’inizio il collegamento era prevalentemente a tavola: richiamando l’ultima cena di Gesù, non bisognava sedersi in 13 in uno stesso tavolo, perché si poteva portare alla morte di una tra le persone.
Curiosità: i numeri variano tantissimo a seconda delle culture, per esempio in Giappone è il numero 4 a essere sfortunato.
“Di Venere o di Marte non si sposa né si parte, né si dà principio all’arte”
Questo strana avversione per venerdì e martedì, come se i giorni potessero davvero influenzare qualcosa, ha origine in parte nel medioevo e in parte nell’antica Roma, sempre per motivi religiosi.
Il venerdì è il giorno in cui crocifissero Gesù: visto come un giorno di penitenza, chi avrebbe riso o fatto qualcosa di bello quel giorno sarebbe stato punito.
Martedì, invece, era il giorno del dio Marte per i Romani, dio della guerra e della discordia, quindi era visto come un giorno negativo.
“Hai rotto uno specchio? 7 anni di sfiga!”
L’origine di questa superstizione è legata alla morte, infatti si pensava che rompere il vetro e quindi l’immagine di qualcuno riflesso significasse fare del male o uccidere la persona stessa. Il perché del numero 7 è conseguente alle credenze degli antichi romani, che pensavano che la vita delle persone si rinnovasse ogni 7 anni.
“Ti è caduto il sale per terra? Sfortuna!”
I romani collegavano la caduta del sale nel terreno a poca fertilità e prosperità, questo perché il sale rende i terreni sterili. Inoltre, una leggenda narrava che chi spargesse il sale per terra poi avrebbe dovuto raccoglierlo con le palpebre nell’altro mondo.
“I quadrifogli portano fortuna”
Quest’ultima superstizione è dovuta alla rarità del quadrifoglio, che ha una frequenza di circa 1 ogni 10000 trifogli. Questo rende la persona che lo trova, o che lo riceve come regalo, una persona fortunata in reputazione, ricchezza, amore e salute (quattro, come le foglie).
La superstizione fa bene?
Adesso che hai imparato le origini, ci crederai ancora? Noi ti consigliamo di sì!
Infatti, anche se non è scientifico credere alle superstizioni, potrebbe essere utile farlo! Perché, dici?
Devi sapere che le superstizioni hanno un vero e proprio potere nelle nostre vite, soprattutto le superstizioni positive. I riti scaramantici o i portafortuna, infatti, danno a chi lo compie una sensazione di sicurezza e fiducia in sé stessi, così da spingerli a fissare grandi obiettivi e puntare in alto.
Questa ricerca, affrontata dai ricercatori Damisch, Stoberock e Mussweiler dell’Università di Köln (Colonia) in Germania, ha dimostrato che coloro che avevano un portafortuna, utilizzavano riti come incrociare le dita o che seguivano superstizioni legati a detti, ottenevano un miglioramento dei risultati, sia a livello motorio sia cognitivo (come la soluzione di anagrammi).
Le superstizioni positive, quindi, rafforzano la fiducia personale, e il pensiero che la vita dipenda da qualcosa altro, come il destino, aiuta le persone ad alleviare la tensione verso il proprio risultato.
Fonti
– Psicologia della superstizione – CICAP
– Psicologia della superstizione – La Mente è Meravigliosa
– Articolo di Damisch, Stoberock e Mussweiler – PubMed (en)
– Perché siamo superstiziosi? La scienza ne accetta i benefici – MediciItalia.it
– Origini e significato delle superstizioni – Focus.it
– Perché è così difficile trovare i quadrifogli? – Focus Junior
Siamo Maria Chiara Nastasi, Jolanda Serena Pisano e Altea Pasqualotto, tre Dottoresse Magistrali in Etologia laureate presso l’Università di Torino. Ci chiamiamo Bionaute perché amiamo viaggiare tra le meraviglie della scienza; un viaggio in cui vogliamo coinvolgere quante più persone possibile.
Jo scrive da anni, per siti e associazioni no profit. Attualmente, oltre che per le Bionaute, è una medical writer e produce contenuti divulgativi per aziende e piattaforme di comunicazione della scienza online, tra cui Dove e Come mi Curo e BioPills. Sta frequentando il Master in Comunicazione della Scienza e dell’Innovazione Sostenibile dell’Università Milano-Bicocca e un tirocinio come ricercatrice nell’ambito della comunicazione sanitaria presso l’Istituto Mario Negri.
Chiara ha lavorato come guida e divulgatrice scientifica in progetti per la valorizzazione ecoturistica e attraverso convegni scientifici, presentando anche i propri lavori. Infatti è coinvolta da anni nella ricerca e attualmente sta lavorando a due articoli scientifici e ne ha uno in pubblicazione.
Altea si è avvicinata alla divulgazione frequentando il corso di divulgazione scientifica “Il rasoio di Occam” a Torino; ha messo in pausa la divulgazione per dedicarsi allo studio dell’etologia ma continuando a mantenere la passione per la comunicazione della scienza.