Perché si è destrimani o mancini?
Vi siete mai chiesti perché siete mancini o destrimani? Da cosa dipendesse, se ci siete nati o lo siete diventati? Prima di addentrarci in spiegazioni un po’ più dettagliate vorrei farvi alcune domande a cui vorrei che mi (vi) rispondeste:
Con quale mano reggete la bottiglia e con quale usate l’apribottiglie?
Quando siete in fila aspettando e cercate riposo, su quale gamba spostate il vostro peso?
Se vi chiedessi di farmi la “The Rock face“, quale sopracciglio riuscite ad alzare?
Bene, tenete a mente le risposte, dato che ci ritorneremo dopo aver approfondito un po’ i vari aspetti che possono condizionare questa peculiare caratteristica.
Destrimani e mancini, solo una cosa umana?
La prima domanda che mi è sorta spontanea approfondendo questo argomento è se questo fenomeno si verificasse anche nelle altre specie animali.
Nonostante non possiamo chiaramente definirli mancini o destrimani, diversi studi hanno dimostrato come ci sia una “preferenza” dell’uso di una o l’altra parte del corpo anche in altri animali non umani.
Da notare, quando parliamo di uso di un arto (preferenze per le mani, per i piedi, per le zampe o per le pinne) nel regno animale, dobbiamo tenere in considerazione principalmente l’uso che ne fanno nelle attività motorie, come l’atterraggio post-volo su una delle due zampe per un volatile o l’uso di una mano per una scimmia.
Cosa dice la ricerca scientifica?
In particolare, in uno studio condotto da Ströckens nel 12013 EU (2013 d.C.) (1), si raccolgono dati per circa 119 specie animali differenti (nel regno dei vertebrati da specie di scimmie a quelle di uccelli, da felini a pesci) cercando di fare un po’ di chiarezza. Ne emerge una divisione principalmente in 3 gruppi:
- Il primo gruppo è quello in cui non viene mostrata nessuna preferenza nell’uso degli arti, definito come gruppo in cui c’è assenza di asimmetria.
- Il secondo gruppo invece è definito come gruppo con asimmetria a livello individuale, ovvero che l’uso degli arti mostra una preferenza a livello individuale dove abbiamo la possibilità di riscontrare un 50-50 % di possibilità di imbatterci in un mancino o destrimano.
- Il terzo gruppo invece è definito come gruppo con asimmetria a livello di popolazione (dove siamo inseriti anche noi esseri umani) ovvero che c’è una forte presenza asimmetrica di individui che utilizzano principalmente uno dei 2 arti.
Dallo studio è emerso che circa la metà delle specie osservate appartengono al 3° gruppo ovvero mostrano una preferenza a livello di popolazione di uno dei due arti, un esempio sono il miniottero comune o miniottero di Schreibers (Miniopterus schreibersii) una specie di pipistrello.
La restante metà si divide in 20 specie appartenenti al secondo gruppo e 38 specie invece al primo.
Bene, appurato che non siamo l’unica specie ad avere un’asimmetria a livello di popolazione, andiamo ad analizzare i Fattori Genetici e Culutrali possono essere dietro questo tipo di sviluppo e formazione.
Fattori genetici
Quando parliamo di fattori genetici dobbiamo necessariamente addentrarci in due processi:
- lateralizzazione
- principi evolutivi
La lateralizzazione è il processo, , di natura genica, che porta un individuo biologico a sviluppare due emisomi (ossia, “metà del corpo”) uguali e simmetrici, distinguibili in destro e sinistro. Questo processi si basa su un’espressione asimmetrica dei marker molecolari, e si verifica molto precocemente nella fase di sviluppo, nei vertebrati, prima della gastrulazione. (2)
Questa espressione asimmetrica, oltre ad essere coinvolta nella preferenza di uno dei lati del corpo, è in realtà un forte vantaggio evolutivo in quanto permette all’individuo con cervello “lateralizzato”, di non dover “duplicare” neuroni e, conseguentemente, funzioni cognitive, in entrambi gli emisferi, fornendo più “spazio cognitivo” da poter essere sfruttato in differente modi.
Facciamo qualche esempio
Grazie alla lateralizzazione, un animale può andare in cerca di cibo (sfruttando l’emisfero sinistro) mentre resta attento dagli attacchi dei predatori (attività localizzata nell’emisfero destro). (3)
La lateralizzazione quindi, oltre ai risvolti (ed eventuali vantaggi) evolutivi, coinvolge in maniera generale la formazione del corpo dell’individuo in 2 lati simmetrici e, inevitabilmente, è coinvolto anche nella preferenza dell’utilizzo di un arto rispetto all’altro.
Un recente studio dell’Università di Bochum, dimostra come il processo di lateralizzazione può essere già identificato a 8 settimane post-concepimento (PC)!
Infatti, lɜ ricercatorɜ sono andatɜ ad analizzare i segmenti dell’appena formato midollo spinale, focalizzandosi sui segmenti cervicali C7, C7 e C8 e sul segmento toracico T1, i quali innervano direttamente mani e braccia.
In particolare, sono andatɜ sia ad analizzare l’espressione di microRNA e RNA messaggeri, ma anche i livelli di metilazione di alcuni geni che mostrano un’alta associazione con la mano (ovvero, LRRTM1, PCSK6), e il gene del recettore degli androgeni, andando poi a valutare eventuali asimmetrie.
I risultati degli esperimenti, avvenuti a 8 – 10 – 12 settimane PC, mostrano che:
- A 8 settimane dal concepimento, le asimmetrie di espressione genica tra le due metà del midollo spinale erano più pronunciate, con il 3,29% di tutti i trascritti che mostravano differenze di espressione genica sinistra-destra biologicamente rilevanti.
- A 10 settimane di PC, questo numero è diminuito sostanzialmente allo 0,05%
- A 12 settimane di PC è diminuito ulteriormente (0,01%)
Ad 8 settimane dal concepimento, si verifica un indirizzamento verso uno dei due lati del corpo e che, quindi, al contrario di come erroneamente si pensava, l’uso di un particolare arto non dipende esclusivamente dalla corteccia motoria!
Fattori Culturali
La genetica da sola, però, non basta a spiegare e a dimostrare questa preferenza nella lateralizzazione in noi esseri umani.
Infatti, se andiamo ad osservare il fenomeno sotto l’aspetto socio-culturale, possiamo notare come alcune scelte in ambito educativo e sociale hanno avuto un enorme impatto sull’asimmetria destra-sinistra.
Se partiamo dall’etimologia della parola mancino, vediamo che questa deriva dalla parola latina “mancus”, ovvero, mancante, mutilato. La parola sinistro anche ha un’accezione del tutto negativa in quanto viene associata a qualcosa di diabolico o malaugurante. Ne abbiamo già parlato su Missione Scienza, in questo articolo.
Nel corso della storia, si è profusa questa convinzione che la mano sinistra fosse un simbolo di negatività. Basti pensare che per i Greci gli dei curavano e guarivano con la mano destra, mentre con la sinistra esercitavano azioni nocive, come lanciare maledizioni o ferire.
Durante tutto il corso del Medioevo, le persone mancine sono state perseguitate e, nei secoli successivi, l’educazione dei bambini prevedeva vere e proprie torture per correggere l’utilizzo della mano. Insomma, per buona parte della storia dell’essere umano, le persone mancine non se la sono vista bene!
Solo a partire dagli anni ‘70 si inizia ad inquadrare l’uso della mano mancina con un occhio più oggettivo, se non scientifico, che stigmatizza l’avversione nei confronti di questa categoria.
La “Correzione” e l’allenamento
Attraverso varie torture e modificazioni comportamentali dell’uso della mano, le persone mancine, con metodi piuttosto discutibili, sono sempre riuscite ad apprendere a usare la mano opposta.
Infatti, è possibile allenare l’utilizzo della mano (e del corpo in generale) per svariate attività, da quelle quotidiane come scrivere, usare forbici, tagliare una pizza, a quelle specializzate, come avviene negli sport. Basti pensare che, nella scherma, per avere un vantaggio, i bambini venivano educati e allenati a usare la sinistra, per creare un vantaggio nei confronti degli avversari che, nella quasi totalità dei casi, era destrimano.
Abbiamo visto che, a livello genetico, c’è una “preferenza” nel lato del corpo da usare ma, per l’appunto, non una determinazione definitiva!
Se ci si allena con costanza e dedizione nell’utilizzare l’altra mano, è possibile ottenere ottimi risultati. Soprattutto se in giovane età, è molto più facile poter educare all’utilizzo di entrambe le mani, questo perché non si è ancora “fissato” un uso specifico di una delle due mani nello svolgere una determinata azione.
L’essere umano tende a essere abitudinario. Ovvero, cerca di ridurre le energie usate nello svolgere una determinata azione, proseguendo e rifacendo tutto sempre nello stesso modo (in particolare per compiti manuali, dove è richiesta ancora meno attenzione alla gestualità o manualità dell’azione stessa). Questo, indirettamente, va a influire sull’idea che una persona sappia usare una sola mano, destra o sinistra, mentre l’altra resta inutilizzabile o vien ritenuta inferiore.
Conclusioni
Ricapitolando, abbiamo visto e analizzato i vari fattori che influenzano la visione del destrismo o mancinismo. Geneticamente, non ci sono prove, al momento, che testimoniano la determinazione dell’uso degli arti, ma si evidenzia una lieve differenza temporale nella formazione degli arti, nelle prime fasi di vita dell’embrione.
La realtà è che non abbiamo un solo arto preferito, non nasciamo sapendo usare solo la mano destra o sinistra, non siamo predeterminati a nessun livello, per quanto riguarda questo argomento!
Semplicemente, ci siamo abituati ad usare un arto specifico per eseguire o svolgere un’azione specifica.
Ricordate le domande poste ad inizio articolo? Se vi chiedo con quale mano reggete la bottiglia e con quale usate l’apribottiglie? Quando state in fila aspettando e cercate riposo, su quale gamba spostate il vostro peso? Se vi chiedessi di farmi la “The Rock” face, quale sopracciglio riuscite ad alzare? Adesso rispondetemi(vi), e vedete se usate sempre lo stesso arto o lato del corpo per svolgere tutte queste diverse azioni!
BIBLIOGRAFIA
1 – Laterality: Asymmetries of Body, Brain and Cognition – Ströckens et al., 2013 – doi:10.1080/1357650X.2012.723008
2 – Lateralizzazione – Wikipedia (ITA)
3 – Brain Lateralization and Cognitive Capacity – Rogers, 2021 – doi:10.3390/ani11071996
4 – Epigenetic regulation of lateralized fetal spinal gene expression underlies hemispheric asymmetries – Ocklenburg et al., 2017 – doi:10.7554/eLife.22784