De Havilland Comet: più veloce della scienza

La storia del De Havilland Comet è una storia peculiarmente poco conosciuta: da pioniere dell’aviazione a reazione è diventato un caso quasi dimenticato, un flop colossale, a causa di una serie di incidenti.

Come mai è successo? È presto detto: tutto questo ha a che fare con un piccolo ma non insignificante problema. Essere troppo avanti rispetto la scienza del tempo.

La storia del De Havilland Comet

Il De Havilland Comet era un aereo a reazione, non solo “uno”, ma bensì il primo aereo passeggeri a reazione. Questo aereo ha fatto il primo volo commerciale il 2 maggio del ’52 per la British Overseas Aircraft Corporation (BOAC).

Essendo a reazione, poteva volare più in alto e più velocemente, promettendo di tagliare i tempi di volo da una parte all’altra del globo, era la modernità dopo la seconda guerra mondiale. Inoltre, aveva battuto sul tempo tutti gli altri concorrenti, Lockheed, Boeing, Douglas, Sud aviation, Tupolev, Ilyushin.

Permetteva ai passeggeri un viaggio più veloce, più comodo e più silenzioso rispetto agli aerei a elica del periodo. Di conseguenza, doveva essere il primo e più conosciuto.

Un Comet della BOAC a Heathrow, nel ’53. © Fonte

Tuttavia, tre una serie di incidenti sconvolsero la storia del Comet. Nel giro di pochi mesi, si verificarono tre incidenti simili che forzarono l’intera flotta di questo aereo a rimanere a terra per tutta la durata dell’investigazione sugli incidenti.

Con tre incidenti, vennero condotte tre investigazioni separate e questo costò all’aereo il non poter volare per la durata di un intero anno. Dopo questi incidenti, e dopo averne scoperta la causa, i Comet sono stati quasi del tutto ridisegnati e ricostruiti, creando altre tre versioni, il Comet II, III e IV.

Ma il danno ovviamente era già stato fatto, e alla fine il Comet varrà utilizzato quasi solo dalla BOAC e ritirato dal servizio nel ’64.

La rottura a fatica dei materiali

Prima di procedere a capire cosa sia successo e cosa abbiano scoperto le indagini, è importante capire cosa sia la fatica dei materiali. Per prima cosa, ci sono due tipi di rotture di un materiale.

La prima è quella a cui siamo abituati tutti: si sottopone un materiale a un carico (una forza) maggiore del suo carico di rottura. Questo è quello che capita se prendiamo una matita e la spezziamo con le mani.

Risulta più difficile visualizzare la rottura a fatica. Invece di avere un singolo carico superiore al carico di rottura, si hanno cicli di carico, tutti al di sotto del carico di rottura. A un certo punto il materiale si romperà comunque.

Prendiamo ad esempio un elastico. Possiamo allungarlo un sacco di volte, ma a un certo punto ci si romperà tra le mani, pur non avendo mai applicato una forza eccessiva. Questa è la rottura a fatica.

Non tutti i materiali sono creati uguali però. Infatti, se si parla di materiali metallici, la faccenda si complica non poco. Alcuni hanno resistenza a fatica infinita, come gli acciai. Questo significa che possono essere sottoposti a una serie infinita di cicli

Altri metalli invece, come l’alluminio, hanno una vita a fatica finita. In questo altro caso, dopo un tot di cicli (per l’alluminio aeronautico vengono certificate decine di migliaia di cicli) il materiale arriverà a rottura.

Anche la rottura a fatica però non è così semplice. Si sviluppa di solito da punti precisi, che vanno monitorati. Infatti, la rottura a fatica si sviluppa da concentrazioni di stress (non è poi così diverso da noi l’alluminio). Le concentrazioni di stress sono dove cominciano a partire le crepe (in termine tecnico cricche).

Cosa trovarono le indagini

Le indagini successive agli incidenti hanno rivelato un problema cruciale: la forma quadrata delle “finestre”. Immagina di piegare ripetutamente un foglio di carta in un punto: alla fine si formerà una crepa. Lo stesso accadeva negli angoli acuti delle finestre del Comet, dove si concentravano tensioni eccessive che indebolivano la struttura.

Attenzione però, il problema non era rappresentato da ciò che comunemente intendiamo con finestrini, per quanto anch’essi siano poi stati revisionati per diminuire le concentrazioni di stress.

Dalle indagini risultò che il punto di origine delle cricche che hanno distrutto l’aereo erano le finestre per le antenne, e non i finestrini (risulta che i finestrini della prima serie del Comet avessero le stesse dimensioni dei Boeing 737, ma con i lati scambiati).

comet
Un comet successivo alle indagini con i finestrini tondi, all’Imperial War Museum. Fonte: Wikimedia Commons

Come mai un problema così grave era sfuggito ai controlli di qualità? Insomma, non era il primo aereo a essere pressurizzato. Consideriamo però che le complessità che emergevano con lo sviluppo dell’aviazione commerciale a getto erano del tutto nuove e, come in tutti i grandi progetti, alcune scelte iniziali si sono trascinate in fattori che hanno acuito il problema.

Per esempio, il Comet era stato costruito con fogli di alluminio molto sottili per aggirare problemi di bassa potenza del motore.

Inoltre, la mancata, o meglio, la scarsa conoscenza dei fenomeni connessi alla fatica dei materiali portarono a fare delle prove di resistenza in modo errato. Per esempio, erano stati eseguiti dei test a cicli di pressurizzazione in acqua al doppio della pressione e per settori minori della fusoliera, ma mai per la fusoliera completa.

Questo impedì la rilevazione della problematica, perché la sovrapressione aveva reso più malleabile il metallo e quindi le cricche non si sviluppavano negli stessi punti dell’aereo in volo normale.

Alessandro Mantani

Sono studente di ingegneria aeronautica full time, e altrettanto full time posso perdermi a parlare di tutto lo scibile umano, con una predilezione per i mezzi veloci o che hanno un grosso motore, per arrivare fino a cose che non c'entrano granché, come la filosofia o la letteratura.

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