Dante e la scienza-Parte 2
Nella prima parte di questo viaggio abbiamo parlato di Dante e della scienza della fine del duecento. In questa parte, finiremo di parlare della scienza nelle restanti due cantiche della Commedia dantesca. Seguiremo il suo viaggio, passando prima dal purgatorio e poi nel paradiso, per poi parlare dell’astronomia.
Il purgatorio
Nel purgatorio, via di mezzo tra gli inferi dell’inferno e il cielo del paradiso, parla di arcobaleno, croce del sud, ciclo dell’acqua, propagazione della luce, diverse velocità di rotazione, luci telluriche e di fusi orari
La conoscenza della croce del sud da parte di Dante è dibattuta. Nel primo canto, infatti, ci dice che vede quattro stelle nel cielo che nessuno aveva mai visto all’infuori di Adamo ed Eva (vv. 22-24). La costellazione era nota ai greci e ai latini, i quali però la consideravano parte della costellazione del Centauro. Con il passare del tempo e della precessione degli equinozi, in Europa non diventa più visibile. Di conseguenza, alcuni ritengono che la costellazione a forma di croce a cui il sommo poeta fa riferimento, citata appena esce dall’inferno nel canto primo del purgatorio, sia solo un’allegoria. Secondo altri, invece, attraverso conoscenze degli arabi, era a conoscenza di questa costellazione, e quindi l’avrebbe sfruttata per la sua simbologia.
Nel canto ottavo, Dante ci dice “li occhi miei ghiotti andavan pur al cielo,/Pur là dove le stelle son più tarde/sì come rota più presso a lo stelo”. Riconosce quindi il fatto che non tutte le stelle ruotano alla stessa velocità. Infatti, ci dice che le stelle più vicine al polo si muovono più lentamente. il verso successivo ci dice che queste stelle si muovono come la ruota, in cui le parti più vicine all’asse di rotazione si muovono più lentamente. Questo non dovrebbe stupirci più di tanto, visto che è un’esperienza che si può fare senza particolari difficoltà. Però, come Dante lo traspone alla volta celeste (sbagliando, poiché mette la terra al centro, ma Copernico era ancora lontano) è notevole.
Interessante è anche come Dante ci parla della propagazione della luce. Nel canto XV del purgatorio, infatti, ci dice che l’angolo di riflessione è pari all’angolo di incidenza. Ma questo non è interessante per se, quanto più per quello che ci dice dopo. Infatti, dopo ci dice “Sì come mostra esperienza e arte” (vv17-21). Insomma, ci dice che è qualcosa che ci mostra sia l’esperienza che la scienza, ci parla di quello che noi ora chiamiamo pensiero scientifico, che analizzeremo più in dettaglio più avanti. Forse è stato usato proprio mentre parla di ottica in virtù degli esperimenti di Ibn al-Haytham (Alhazen per gli europei), considerato il padre dell’ottica e del metodo sperimentale moderno.
Il paradiso
Nel paradiso, Dante ci parla principalmente di teologia ma intervalla il discorso teologico con alcuni altri discorsi abbastanza interessanti. Ovviamente la maggiore conoscenza di Dante in questa cantica è l’astronomia, di cui, per l’importanza, parleremo dopo in maggior dettaglio. Ci parla poi di mimetismo, orologi, bussola magnetica, la relatività del moto, metodo scientifico e del teorema di talete.
Nel canto Secondo, durante la conversazione con Beatrice, a proposito del motivo per cui la Luna ha le macchie ci parla di quello che noi ora chiamiamo “Metodo scientifico”. Anche se il Poeta arriva a una conclusione sbagliata, che gli perdoniamo per la mancanza di telescopi e della sua visione Aristotelica della fisica.
Come abbiamo già detto prima, il primo a utilizzare il metodo scientifico moderno è stato Alhazen, tra la fine del X e l’inizio del XI secolo. E nel suo libro “Deli Aspecti” (Sull’Ottica) com’era conosciuto nella traduzione italiana troviamo una prima idea del metodo scientifico. Possiamo ipotizzare che Dante conoscesse quest’opera, anche perché l’unica edizione per cui il trattato sull’ottica di Alhazen è giunto fino a noi è una traduzione latina, perché gli originali arabi sono andati persi. Oltretutto, probabilmente Galileo conosceva il metodo scientifico anche attraverso la Commedia (anche se probabilmente era già di dominio pubblico tra gli scienziati).
Inoltre, Dante ci parla in questa cantica dell’orologeria.
Bisogna ricordarsi che l’orologeria era già nota dall’antichità, si pensi anche solo al meccanismo di Anthikithera. Come molte scoperte scientifiche, tra la fine dell’età antica e l’alto medioevo è stata persa, con l’XI secolo e i contatti con gli arabi si ricominciò a usarlo in Europa per gli orologi, anche quelli astronomici. Nel canto decimo, ai versi 139-146 descrive il moto di un orologio che segna l’ora con un rintocco, nel canto ventiquattresimo, ai versi 13-15 descrive un movimento simile al movimento dei vari ingranaggi per descrivere il movimento degli angeli.
Nel canto dodicesimo, paragona la sua reazione alla voce di San Bonaventura al movimento della bussola, nota ai cinesi dal periodo della dinastia Han, ma usato in navigazione solo dall’undicesimo secolo. Questa è stata portata in europa dal missionario Alexander Neckam alla fine del XII secolo. Un’altra attestazione dell’uso in europa della bussola è del 1218, in uno scritto di Jacques de Vitry. Nel mediterraneo risulta attestato durante il XIII secolo. Anche se non si capisce se la bussola cinese sia stata portata in europa o se si tratta di un’invenzione autonoma da parte degli europei.
Come già detto, Dante ci cita il Teorema di Talete.
Il primo ad attribuire a Talete questo teorema è Diogene Laerzio e da proclo, che documentano attraverso quanto detto da Panfila di Epidauro, dicendo “Talete fu il primo a inscrivere in un cerchio un triangolo rettangolo”. A quanto pare, i matematici babilonesi e indiani già conoscevano questo teorema, almeno per dei casi particolari. Secondo molti, Talete sentì questi casi particolari nei suoi viaggi a babilonia e poi lo dimostrò. Dante ci dimostra di conoscerlo, infatti ci dice “O se del mezzo cerchio far si puote/triangol sì ch’un retto non avesse”. Una volta parafrasato in italiano, si riconosce esattamente il teorema.
L’astronomia in Dante
Dante, ci dice:
“Ancora è altissima di tutte le altre, però che, sì come dice Aristotile nel cominciamento de l’Anima, la scienza è alta di nobilitade per la nobilitade del suo subietto e per la sua certezza; e questa più che alcuna de le sopra dette è nobile e alta per nobile e alto subietto, ch’è de lo movimento del cielo; […] alta e nobile per la sua certezza, la quale è sanza ogni difetto, sì come quella che da perfettissimo e regolatissimo principio viene. E se difetto in lei si crede per alcuno, non è da la sua parte, ma, sì come dice Tolomeo, è per la negligenza nostra, e a quella si dee imputare.” (Convivio, II, 13).
Come abbiamo detto, il convivio doveva essere una sorta di enciclopedia del sapere di quel periodo.
Di conseguenza, ci esprime anche l’importanza che teneva l’astronomia nel pensiero dantesco. Dobbiamo fare alcune considerazioni, parlando dell’astronomia in Dante. Non troveremo la matematica o la forza di gravità. Difatti, siamo ancora in una visione filosofica, in cui il movimento è dato dal Logos, dall’amore di Dio. Dobbiamo infatti ricordare che anche Copernico vedeva in questo modo filosofico il mondo (o più propriamente l’Universo). Dobbiamo aspettare Galileo per una visione completamente meccanicistica. Oltretutto, stiamo ancora parlando di esperienze che gli studiosi facevano con l’occhio nudo umano, senza alcun ausilio, e stiamo parlando di una visione tolemaica dell’universo.
I motivi per cui si parla molto spesso dell’astronomia della Commedia è la bravura e la precisione di Dante nel descrivere il cielo nei momenti in cui la Commedia si svolge.
Usa infatti l’astronomia come un calendario, per indicare precisamente i momenti in cui la sua Commedia si svolge. Difatti, l’osservatorio di Arcetri, in un convegno (v. fonti) ci spiega che Dante, indicando le 14, nel canto XXV del purgatorio, usa la seguente formula: “Ora era onde ‘l salire non voleva storpio;/ch’e’ il sole aveva il cerchio di merigge/lasciato al Tauro e la notte a lo Scorpio” parafrasando: salire non doveva avere ostacoli, perché il sole aveva lasciato al toro il meridiano e la notte allo scorpione.
La sua precisione è anche utile perché, come sappiamo, il cielo non è fermo e immutabile. Di conseguenza, possiamo confrontare il cielo raccontatoci dal Sommo Poeta con quello che sappiamo da studi scientifici e ipotesi. Da qui poi valutare l’affidabilità delle teorie. Per Dante, l’astronomia non è solo una scienza, ma anche una copia della mente umana, quindi viene utilizzato molto con un significato simbolico, ma questo interessa meno agli astronomi moderni.
Conclusioni
Sappiamo che questo è un testo molto importante nella lingua italiana e nella letteratura mondiale, soprattutto per capire il modo di pensare e la teologia del due-trecento. Ma come abbiamo visto, è anche importante per la storia della scienza e della tecnologia; difatti quanto scritto nella commedia ci parla di una certa padronanza da parte di Dante di queste conoscenze. Sappiamo inoltre che Galileo ha tenuto delle lezioni sulla Commedia, principalmente sull’inferno, quindi sicuramente ha anche esercitato un’influenza su di lui.
Fonti
Le fonti sono da intendersi sia per la prima che per la seconda parte
Universo di Dante – Marco Bersanelli
https://medium.com/swlh/the-science-of-the-divine-comedy-57468aba3712
https://library.brown.edu/create/poetryofscience/
Per le parafrasi, mi sono appoggiato a https://www.divinacommedia.weebly.com
Sono studente di ingegneria aeronautica full time, e altrettanto full time posso perdermi a parlare di tutto lo scibile umano, con una predilezione per i mezzi veloci o che hanno un grosso motore, per arrivare fino a cose che non c’entrano granché, come la filosofia o la letteratura.