Cos’hanno in comune scienza e sesso?

Cos’hanno in comune scienza e sesso?

La scienza è il risultato delle operazioni del pensiero. Si manifesta come un sistema di conoscenze ottenute attraverso l’elaborazione a partire da assiomi (nelle scienze formali) o dall’attività di ricerca organizzata con procedimenti metodici e rigorosi (nelle scienze empiriche). Davvero poco da discutere.

Per il sesso è un po’ più complicato. Quando si usa la parola ‘sesso’ ci si riferisce generalmente all’attività sessuale, anche se la stessa parola appare nelle nostre carte di identità, nelle obsolete definizioni sesso maschile o sesso femminile. Originariamente infatti, la parola ‘sesso’ era quasi esclusivamente utilizzata per riferirsi agli organi genitali, da cui la locuzione “rapporto sessuale”, a intendere l’attività dove tali organi entrano in contatto (quale poeticità). Al giorno d’oggi davvero poche persone utilizzano la terminologia specifica “rapporto sessuale” (o peggio ancora, amplesso o coito) e nemmeno loro dovrebbero.

Ma cosa connette sesso e scienza?

Lasciando da parte tutti i fenomeni come la sapiosessualità (ossia l’attrazione sessuale verso l’intelligenza, esiste davvero… cercatela su Google) e i vari memini come “scientists do it better” (gli scienziati lo fanno meglio), scienza e sesso sono collegate da un filo molto antico e resistente, la loro etimologia.

Anche se il significato attuale di queste parole è estremamente differenziato, la storia delle parole è spesso tortuosa controintuitiva e sempre sorprendente.

Cominciamo con la scienza

‘Scienza’ deriva dal latino scientia, dove significava generalmente “conoscenza”. Questa parola latina deriva dalla combinazione del participio presente del verbo sciō (“sapere” o “capire”), ossia sciens (colui che capisce o che sa), e del suffisso “-ia”.

Il suffisso latino “-ia” fu preso in prestito dal greco antico (“-ια” o “-εια”) e deriva direttamente dalla radice protoindoeuropea *-ieH2. In protoindouropeo questo suffisso serviva a indicare una collettività di determinati elementi,. In greco antico (come in latino) il suffisso serve a trasformare un concetto concreto in uno astratto.

Da “sciens” (colui che sa) deriva “scientia” (la caratteristica astratta di colui che sa), ossia “la conoscenza”.

Il verbo latino “sciō” (pronunciato come in italiano “scio” nel latino ecclesiastico, ma “schio” in latino classico) deriva direttamente dal protoindoeuropeo (attraverso la forma protoitalica *skijo). Specificamente, questo verbo deriva dalla radice protoindoeuropea *skey-, connessa al concetto di “dividere” o “separare”. Ancora una volta siamo di fronte ad un processo di astrazione che ha influenzato il significato di un termine. La radice *skey- ha dato origine a parole estremamente concrete, ad esempio la parola “scudo” in italiano (dal latino “scutum”, possibilmente dal protoindoeuropeo *skey-tom), ma un’interpretazione metaforica del verbo “separare”, inteso come “organizzare”, “distinguere” e infine “capire”, ha dato origine al percorso che ha portato alla nascita della parola “scienza”.

Ma possiamo fare un altro passo indietro.

Per capire cos’hanno in comune scienza e sesso va introdotto il concetto di “metatesi”.

La metatesi è un mutamento fonetico che può avvenire in diversi stadi dell’evoluzione di una lingua. A seguito di una metatesi, due fonemi (ossia suoni) all’interno di una parola si invertono, cambiando il suono della parola a seconda di quello che coloro che parlano una determinata lingua considerano corretto. È grazie a fenomeni metatetici che la “aer” latina è diventata la nostra “aria”, ma è rimasta “air” in inglese; il “formaticus” latino è diventato il “formaggio” italiano, ma il “fromage” francese; la “parabola” latina è la “parola” italiana, ma la “palabra” spagnola e la “crux” latina ha dato origine alla “croce” italiana e alla “cross” inglese, ma alla “kors” danese.

La metatesi è estremamente comune nelle radici protoindoeuropee, motivo per il quale non è raro che a un unico concetto (o gruppo semantico di concetti) siano associate due radici, una la forma metatetica dell’altra, che poi si evolvono indipendentemente a seconda delle varie lingue. Un esempio molto comune sono le radici *dyew- e *deyw-. Entrambe queste radici sono associate ai concetti di divinità e cielo (considerato divino all’epoca) ed entrambe si sono realizzate nella lingua latina, specializzandosi però in campi semantici ben distinti. La radice *dyew- (da cui fra l’altro deriva il nome greco del dio dei cieli e delle tempeste, Zeus) è diventato il latino “dies”, ossia “giorno”, mantenendo un significato letterale. La radice *deyw- si è invece realizzata in latino come “divus”, assumendo un significato più spirituale.

Ma che c’entra tutto questo con il sesso?

La stesso procedimento è applicabile alla radice *skey-, che possiede una una forma metatetica (*seyk- o semplicemente *sek-) con un significato simile, ma generalmente inteso in senso più letterale, ossia “tagliare” e “separare”.

Questa radice ci ha regalato parole come “secanti”, “intersezione”, “secolo”, “segare” e “setta” (tutte in qualche modo derivanti dal verbo latino “secare”, ossia “tagliare”), ma anche qualcosa di molto più concettuale (e antiquato).

cos'hanno in comune scienza e sesso

Ebbene, la radice *sek- (tagliare) ha dato anche origine alla parola latina “sexus” (attraverso la forma protoitalica *seksus, derivata dalla nominalizzazione di *sek attraverso l’infissione di una “s”) che voleva dire sia “genere” che “sesso biologico”. Anche se oggi sappiamo che questi due concetti sono ben diversi e non sovrapponibili, e che comunque la letteratura antica romana non è priva di riferimenti a figure che oggi chiameremmo gender non-conforming (uno per tutti il riferimento di Catullo alla figura di Attis, paredro di Cibele), in latino i “sexūs” (plurale, quarta declinazione) racchiudevano entrambi i significati già menzionati.

La parola “sexus” ha mantenuto in italiano il suo significato “anatomico”. La parola “genere” (dal latino “genus”, “tipo” o “gruppo”) è fortunatamente emerso per supplire alla necessaria distinzione di questi due concetti.

Successivamente, prima solo in maniera colloquiale e poi nella lingua comune, “fare sesso” è diventato un modo frizzantino e ribelle di riferirsi al “rapporto sessuale”.

Grazie al cielo.

Cos’hanno in comune scienza e sesso?

Partendo da due radici dal significato e dalla forma virtualmente indistinguibile (*skey- e *seyk-), attraverso i secoli si può arrivare a due parole totalmente differenti sia in forma che in significato come “scienza” e “sesso”. Non solo siamo stati in grado di tracciarne la storia, ma acquisiamo anche informazioni cruciali sull’evoluzione della cultura della specie umana.

Bonus Round

Abbiamo detto che la parola “scienza” deriva dal verbo latino “sciō” (conoscere). Ebbene grazie a esempi di letteratura… come dire… un po’ al livello dei cinepanettoni attuali… sappiamo che in antica Roma dire “scivi illum”, ossia “quello l’ho conosciuto” (ammicco-ammicco), era un modo colloquiale per sottolineare l’avvenuto congiungimento genitale.

Inoltre il verbo “segare”…

Vabbè… non lo dico nemmeno.

Metatesi
Lista riferimenti etimologici:
scienza
sesso
sexus
scio
*seyk-
*skey-

Luca Ricciardi

Laurea in chimica-fisica dei sistemi biologici, ottenuta all'università "La Sapienza" di Roma, PhD in Chimica Organica ottenuto all'università di Twente (Paesi Bassi), attualmente parte dell'Editorial Office di Frontiers in Nanotechnology e Frontiers in Sensors, a Bologna. Mi identifico come napoletano (anche se di fatto a Napoli ci sono solo nato). Un ricettacolo di minoranze (queer, vegano, buddista…) con una grande passione per la divulgazione.

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